Il fenomeno della presidenzializzazione in Italia: i casi di Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Gli anni '90 rappresentano in Italia una fase cruciale per la politica e per la gestione di tutto il sistema statale. Come in nessun altro paese, viene meno, nel giro di pochi mesi, il sistema partitocratico che l'aveva fino ad ora governato.
Molti dei vecchi attori, tra cui la Dc, scompariranno e in un mondo orfano dei suoi governanti si crea la possibilità per nuovi soggetti di interpretare un ruolo politico. In questo momento, i cambiamenti del sistema italiano si intrecciano con i cambiamenti del contesto internazionale e con il progresso dei mezzi di comunicazione, così che, in ritardo rispetto alle altre democrazie, anche l'Italia dovrà a fare i conti con tutte le trasformazioni che influenzano il mondo politico. Questo porterà il paese ad avvicinarsi agli altri stati occidentali, intraprendendo il percorso di "presidenzialismo in stile-americano" (Calise 2005, 102), ovvero, è da questo momento che possiamo iniziare a parlare anche in Italia dell'inizio di un processo di presidenzializzazione.
Questo fenomeno è stato parzialmente anticipato, negli anni '80, da Bettino Craxi e dalla riforma 400 dell'88, ma è rimasto fino al '94 un evento secondario ed isolato. Ma, con l'inizio della Seconda Repubblica, inizieranno a presentarsi, sulla scena politica, in maniera più rilevante e continua, elementi riconducibili alla presidenzializzazione e personaggi con uno stile politico nuovo e capaci di dare una svolta in senso personalistico e presidenzialista al nostro sistema.
Per l'esclusività della storia politica italiana, che abbiamo sopra descritto, anche il processo di cambiamento e la possibile affermazione di un sistema più presidenziale vanno analizzati con molta attenzione, verificando se davvero i nuovi leader politici hanno creato un accentramento sul singolo attore nelle arene esecutiva, partitica ed elettorale.
Il punto di partenza per l'analisi di questo fenomeno risiede nel fatto che il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica necessariamente contiene dei cambiamenti nella gestione del sistema che non sono il frutto di cambiamenti costituzionali, che seppur caldeggiati più volte negli anni da svariati attori, da Craxi a Berlusconi, da D'Alema a Renzi, nel concreto non sono mai stati realizzati. Eppure, dei cambiamenti concreti, a partire dalla fine del XX secolo, si sono realizzati: trasformazione del sistema partitico, scomparsa della maggioranza dei vecchi partiti e creazione di nuovi, indebolimento delle organizzazioni collettive nella società, crescente ruolo politico di media e magistratura, cambiamenti nella formazione dei governi e riforma della Presidenza del Consiglio nell'88. Per tutti questi cambiamenti si può pensare che anche in Italia si sia presentato il fenomeno della presidenzializzazione, ma per vedere se queste novità hanno effettivamente favorito una presidenzializzazione del sistema, bisogna osservare quelle che sono le possibili cause che potrebbero averla generata e che dovrebbero presentarsi a partire proprio dagli anni '80/'90, nella fase concitata di rottura del sistema partitocratico, momento cruciale, per l'affermazione di un "presidentialized government" (Poguntke e Webb 2005).
Innanzitutto, le prime due cause da considerare e con le quali anche l'Italia deve fare i conti sono la tendenza comune a tutte le più grandi democrazie industriali di crescita dello stato e di internazionalizzazione della politica, che nel nostro caso, come negli altri paesi nell'orbita europea, risente molto dal processo di unificazione e costruzione dell'Unione Europea. [...]