Blue synaesthetic roots
I primi Bluesman, come Ledbetter, noto Leadbelly, tentarono di tirar giù, qui sulla terra, un angolo di cielo. Ogni risveglio, al mattino, ricordava loro che il diavolo esiste!
Oggi, a distanza di oltre un secolo dalla nascita del Blues, possiamo affermare che il tentativo di neutralizzare il “blue devil”, evidente sintomo di malessere e dolore fisico e psichico, ha avuto esiti positivi.
Gli Africano-americani, perdenti per definizione nella lotta impari contro un sistema dominante, separatore e sfruttatore, hanno saputo creare l’opera divina mai realizzata dall’uomo: il blues – jazz, arte – manifestazione delle convergenze musicali ma, soprattutto, dell'intima connessione fra i popoli dell'intero globo.
Tra il 1890 e il 1895, la prima generazione di contadini neri, nata dopo l’abolizione della schiavitù concessa dal Presidente Abraham Lincoln nel 1863, iniziò ad intonare una lirica musicale, più tardi definita “blues di ambiente rurale per voce solista e con un unico strumento accompagnatore, il banjo e poi la chitarra”
Sono i luoghi simbolico – culturali che consegnano la vita al blues: territorio geografico, ai confini tra Georgia e Texas orientale, sulla piana alluvionale del Delta del Mississipi, dove, soprattutto a New Orleans, si continua ad accompagnare la quotidianità e a vestire di ritmi e note i propri corpi, non meno laceri delle camicie indossate, per resistere alle sofferenze inflitte da una società sempre più ostile e violenta che non aveva più, da tempo, la dimensione “dell’umano”. Ciò avveniva passo dopo passo, accompagnandosi con le note blues, residui di vocalità arabizzante, senegambese con melismi, sulle impronte dei canti solitari dei field holler che avanzano, strisciando, nella fatica rurale delle piantagioni, o sotto l’occhio dei padroni nell’orrido tintinnio di catene e, piccone dopo piccone, al ritmo dei work songs cittadini, a schiena china sulle rotaie di una ferrovia, simbolo di un progresso in frenetico divenire materialistico.
[...] In tale contesto storico, desiderare di essere maschi non bastava: occorreva essere “resilienti”, a prescindere dal genere di nascita. Furono essenzialmente donne dalla personalità forte e dominante che conducevano uno stile di vita movimentato, spesso cantanti e ballerine nei locali notturni e poi nel giro dei teatri di vaudeville, quelle a cui arrise il successo grazie a editori in cerca di novità da lanciare sul mercato discografico.
Siamo ormai negli anni Venti del '900: compaiono queste stelle e il cantante blues non è più solo il bluesman delle origini. L’assenza di nomi di donna, prima dell’avvento del disco in vinile , conferma la dimensione esclusivamente maschile del Blues.
Pertanto, il sistema d'intonazione di tutte le musiche africano-americane, dal blues all’hip hop, dal jazz al soul e al gospel spazia dal diatonismo europeo alle sole blue notes, oppure integra i due sistemi con tutte le sfumature intermedie. Una sintesi nuova che, attraverso il blues, il jazz, il rock, il pop e certa musica classica, ha radicalmente trasformato l’estetica musicale occidentale del primo Novecento, ancora fondata sull’idea espressa graficamente dal pentagramma, secondo cui le note hanno un’intonazione fissa. L’intonazione variabile è anche al cuore dei nuovi timbri del jazz, in una fusione inscindibile di intonazione e colore che, lungo un processo di africanizzazione, ha investito gran parte della musica occidentale del Novecento.
Sostanzialmente, in origine, le principali blue note erano la citata terza minore e la sottotonica (il settimo grado della scala diatonica), in questo modo: Do, Mib (blue), Fa, Fa#, Sol, Sib (blue).
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Informazioni tesi
Autore: | Anna Maria Ilardi |
Tipo: | Diploma di Laurea |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Conservatorio di Musica Antonio Scontrino - Trapani |
Facoltà: | ALTA FORMAZIONE ARTISTICA E MUSICALE |
Corso: | Canto Jazz |
Relatore: | Veronica Farnararo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 110 |
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