Batterie e accumulatori usati: il problema ambientale e le nuove prospettive delineate dalla revisione della direttiva 91/157/CEE
Il mercato delle batterie “primarie” (o “non ricaricabili”) e “secondarie” (o “ricaricabili”, più propriamente definite “accumulatori”) può essere suddiviso in due gruppi principali: il settore "portatile", nel quale le batterie generalmente pesano meno di 1 kg ed il settore "industriale e da autotrazione", nel quale le batterie generalmente pesano più di 1 kg.
Nel 2002 sono circolate nella UE-15 1.207.260 tonnellate di batterie, di cui 158.270 t portatili, 859.500 t per autotrazione e 189.490 t di batterie industriali.
Da queste cifre si comprende come le batterie rappresentino una fonte essenziale di energia per la nostra società: d’altro canto, proprio a causa della loro massiccia diffusione, al tempo stesso costituiscono un rischio ambientale qualora – a fine vita - vengano smaltite in maniera non rispettosa dell’ambiente.
La problematica dello smaltimento improprio di batterie a accumulatori nel flusso dei Rifiuti Solidi Urbani (RSU) non riguarda tuttavia né il segmento”industriali” né il segmento “da autotrazione” in quanto, in relazione all’elevato valore del materiale in esse contenuto e per l’esistenza di validi strumenti legislativi e di modelli organizzativi ormai collaudati, si può ritenere che il prodotto esausto affluisca alla raccolta differenziata pressocché al 100%.
Diverso è il discorso relativamente al segmento “portatile” per il quale l’assenza di incentivi economici verso chi contribuisce alla raccolta differenziata, la mancanza di una adeguata informazione circa i rischi ambientali di uno smaltimento improprio e la facilità di stoccaggio in ambiente domestico hanno sino ad ora portato ad un massiccio afflusso di questo prodotto, quando esausto, nei Rifiuti Solidi Urbani.
I maggiori rischi per l’ambiente conseguenti a questo comportamento sono legati al contenuto in mercurio, piombo e cadmio che caratterizzano molte tipologie di pile ed accumulatori. Questi metalli, attraverso le diverse vie di smaltimento dei RSU (l’incenerimento o l’immissione in discarica), possono diffondere nell’ambiente dando luogo a fenomeni di accumulo e di ingresso nella catena alimentare.
Allo scopo di tutelare l’ambiente dalla questa fonte di rischio, nel 1991 venne emanata la direttiva 91/157/CEE (modificata dalla direttiva 93/86/CEE e dalla direttiva 98/101/CE) il cui scopo principale era quello di vietare la commercializzazione di pile contenenti livelli di metalli pesanti superiori ai limiti prefissati e di indirizzare verso la raccolta differenziata tutte le pile che contenevano questi elementi.
Questo quadro normativo trova tuttavia applicazione solo nei confronti di una ristretta tipologia di batterie e accumulatori: la necessità di assoggettare alla disciplina comunitaria una più ampia gamma di prodotti, congiunta alla constatazione sull’inefficacia della raccolta differenziata strutturata secondo i dettami della direttiva 91/157/CEE e alla luce delle stime di rapida crescita del contenuto di cadmio da batterie Ni-Cd nei RSU, spinsero verso una revisione di questa legislazione.
E’ così che nel novembre del 2003 la Commissione Europea elaborò una proposta di direttiva destinata a sostituire quella in vigore.
L’iter valutativo/negoziale risultò molto lungo ed evidenziò posizioni a volte molto distanti tra gli attori istituzionali coinvolti nel processo decisionale.
Non senza difficoltà, il compromesso venne raggiunto nel luglio 2006 quando il Parlamento Europeo prima, ed il Consiglio successivamente approvarono un testo condiviso, rivoluzionario nei contenuti, le cui disposizioni - che hanno preso corpo nella direttiva 2006/66/CE - disciplineranno il settore a partire dal 2008.
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Informazioni tesi
Autore: | Massimo Riga |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università degli Studi di Udine |
Corso: | Scienze e tecnologie per l'ambiente e la natura |
Relatore: | Luca Marchiol |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 165 |
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FAQ
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