Aspetti e momenti della critica letteraria nel giornalismo veneziano e milanese del Settecento.
L’intenso movimento riformatore che vivificò la seconda metà del XVIII° secolo rivolse la propria attenzione alla letteratura, con lo scopo ben preciso di emanciparla dai legami tradizionali e di renderla più aderente alla realtà e più utile al progresso civile e sociale (1).
Come accade in ogni rivolta ideale, i ‘modernisti’ critici e giornalisti di ispirazione illuministica guardarono al passato con uno spirito fortemente antistoricista, tanto da cadere in eccessi di pessimo gusto; nonostante ciò, ebbero il duplice merito di infondere colore alla critica e di divulgare le loro idee per mezzo di speciali pubblicazioni periodiche (2).
La fisionomia del letterato illuminista è contraddistinta da alcuni caratteri fondamentali: il cosmopolitismo, il gusto per i viaggi, l’esperienza di problemi sociali ed economici, la curiosità per i diversi rami del sapere. A questi interessi corrisponde naturalmente la scelta di forme letterarie agili ed antiretoriche, come il saggio, il libello di intervento ( o pamphlet), l’articolo giornalistico.
La diffusione delle nuove conoscenze presso strati di popolazione sempre più ampi fa perno proprio su tali strumenti, soggetti ad un continuo ricambio e rinnovamento, così che questi generi letterari, abitualmente considerati come ‘minori’, assumano un ruolo di primaria importanza nella divulgazione illuministica, attirando spesso degli scrittori di qualità, o comunque costringendoli a dare misura del loro valore anche su questo terreno. Non va trascurato, infatti, che nella seconda metà del Settecento il giornalismo rappresenta il miglior mezzo per l’intervento immediato dello scrittore sui problemi del proprio tempo. Il favore del pubblico, d’altra parte, può garantire al compil pubblico vasto ed attento, anche se non necessariamente colto (sovente era di estrazione borghese), ma comunque interessato alla discussione ed all’aggiornamento: e non è un caso che la pubblicistica, la saggistica di intervento ed il giornalismo raggiungano l’apogeo della loro importanza proprio nel triennio giacobino (1796-99), quando la parola scritta diventerà anche strumento di lotta e di azione politica.
Il giornale viene quindi presentato come uno strumento nuovo, rispetto al libro: sorge l’esigenza di rivolgersi ad un pubblico europeo ed in questo contesto la rivista diventa mezzo di espressione e di comunicazione degli intellettuali, ma anche strumento di diffusione della cultura popolare. Nuove discipline, come il commercio e l’economia, entrano a far parte degli articoli di giornale, come testimoniato da “Il Caffè”.
Purtroppo il mecenatismo non è ancora finito, anche se risulta indebolito: l’intellettuale non vive solo della propria penna, ma ha bisogno del signore, per pubblicare (3): è il caso di insigni letterati, quali Carlo Goldoni e Giuseppe Parini (4).
Considerata l’importanza, quindi, del giornalismo, si inizierà il presente lavoro trattando le riviste venete del ‘700, per affrontare, nel secondo capitolo, la questione su “La frusta letteraria” del Baretti ed approdare, nell’ultima parte di questa tesi, a discutere dell’importanza della rivista milanese “Il Caffè”.
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Informazioni tesi
Autore: | Marco Martini |
Tipo: | Tesi di Specializzazione/Perfezionamento |
Specializzazione in | Italianistica |
Anno: | 1999 |
Docente/Relatore: | Roberta Turchi |
Istituito da: | Università degli Studi di Firenze |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 40 |
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