Recupero del sistema di relazioni tra le torri di avvistamento del Cilento: un museo territoriale costiero
Il paesaggio costiero del Cilento risulta uniformemente caratterizzato da una fitta “rete” di oggetti che, se in passato hanno avuto la funzione di torri costiere, oggi sono diventati parti integranti di questo territorio. Infatti, avendo perso il ruolo per cui erano state edificate, spesso nel tempo sono diventate anonime macerie, e ormai rientrano nell’immaginario collettivo dei Cilentani come elementi del paesaggio, di nessuno ma per questo di tutti. La forza di quelle torri non deriva più dall’essere spaventose armi di difesa, ma al contrario, dall’aver contribuito nel corso di secoli a con-formare il paesaggio. Inoltre, è possibile ritrovare un elemento che le accomuna tutte: la presenza, nelle immediate vicinanze, di costruzioni sorte come ricoveri per i torrieri, ampliate nel tempo per accogliere le rispettive famiglie fino a costituire in certi casi un vero e proprio borgo. Così, i percorsi che conducevano alle torri sono diventati direttrici militari, commerciali, agricole o anche semplicemente locali, ma tutte puntellate da costruzioni di vario genere: casali, masserie, guardiole, ricoveri, vedette, monasteri, eremi, dimore nobiliari, ecc.
La torre costiera costituì, quindi, la matrice di un nuovo sistema di manufatti, testimonianze concrete della cosiddetta civiltà rurale cilentana e delle sue tradizioni costruttive. Tale sistema rappresenta una vera e propria “rete minore” legata e intrecciata a quella difensiva, ma costituita da “maglie” spesso dimenticate, sconosciute e in certi casi anche di dubbia proprietà. Come ridare un senso a tutto questo?
Le torri costiere ormai difficilmente possono accogliere al loro interno una funzione al servizio della comunità; ecco allora che la “rete minore” può assumere un ruolo di notevole interesse: punti di vista privilegiati, da cui osservare la “rete principale” delle torri che così acquisterebbero un nuovo senso nell’essere oggetti da avvistamento e non più di avvistamento, da ammirare come sculture nel paesaggio.
Le costruzioni cosiddette minori, invece, una volta recuperate potrebbero accogliere al loro interno le funzioni più svariate di supporto in particolare all’andar per torri e, più in generale, all’osservazione amatoriale e scientifica, alla contemplazione, all’escursionismo, alla gestione naturalistica dei boschi, così come recitano testualmente le norme di attuazione del Piano del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano. In tal modo, oltre ad acquisire finalmente un nuovo ruolo nel territorio che non sia soltanto quello di rudere sconosciuto, diventerebbero in un certo senso anche promotrici del rispetto delle tradizioni locali e dello sviluppo della cultura cilentana.
Il problema che sorge a questo punto è di natura prettamente progettuale e l’unica soluzione concreta appare la comprensione attenta di questi luoghi pensando ad un progetto che ne esalti le caratteristiche distintive rispetto agli altri, le potenzi, reinterpretando aspetti o elementi irriproducibili nelle modalità originarie ma fonte da cui attingere per la modernità.
Bisogna appropriarsi delle conoscenze costruttive tradizionali, comprendere l’origine di tipologie ricorrenti, prendere confidenza con i materiali da costruzione utilizzati. Così, grazie alla conoscenza approfondita di questi ed altri aspetti, le componenti tipiche dell’architettura cilentana possono davvero diventare strumento per esaltare le potenzialità di questi luoghi.
Una volta indagato il tema progettuale per l’intera fascia costiera del Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano attraverso indagini dirette e ricerche documentarie, è stato necessario scegliere un’area di intervento più ristretta per elaborare concretamente una metodologia di intervento, applicabile poi alla scala più ampia in accordo con le previsioni del Piano del Parco. Si è scelto il Comune di Castellabate che, con le sue particolari caratteristiche, ha offerto un’ampia casistica allo studio, permettendo così di esplicitare l’idea più generale del “museo territoriale”.
La prima questione da affrontare è stata quella della riconoscibilità di tale sistema. Era necessario rendere allo stesso tempo distinguibili ed uniformi i percorsi, mostrando le loro peculiarità ma anche la loro appartenenza ad un sistema superiore di relazioni. Questo approccio ha suggerito la progettazione di piccoli oggetti allestitivi che, distribuiti lungo i percorsi, costituiscono il filo d’Arianna per raggiungere la meta (la torre) tra un edificio e l’altro...
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Informazioni tesi
Autore: | Marina Gorruso |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Napoli - Federico II |
Facoltà: | Architettura |
Corso: | Architettura |
Relatore: | Paolo Giardiello |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 26 |
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