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Approcci alternativi all'Unione Monetaria Europea - Relazioni possibili tra Paesi In e Paesi Oot

L’obiettivo dell’Unione Monetaria nel Trattato di Maastricht
L’unione monetaria è la parte prevalente del Trattato di Maastricht. In questo Trattato ad essa ed ai percorsi virtuosi che ogni paese indipendentemente dagli altri deve seguire per conseguirla, è stata data un’enfasi eccessiva rispetto ad altri obiettivi che quanto meno dovrebbero accompagnare il processo di unificazione, quali il rafforzamento delle istituzioni comunitarie, il coordinamento delle politiche di bilancio, l’armonizzazione delle strutture tributarie, il rafforzamento del bilancio comunitario da impiegare per compensare cadute di reddito ed occupazione che derivano dall’impossibilità per ogni singolo paese ad usare la politica monetaria e del cambio.
L’Unione Monetaria Europea non si fa al solo scopo di combattere l’inflazione, ma innanzitutto per rilanciare la produzione, la produttività e l’occupazione in Europa. Il problema non è imporre la disciplina monetaria ad una inflazione riottosa che non recede di fronte ad altre cure, ma curare una recessione che ha portato i tassi di disoccupazione a livelli preoccupanti.
Il Trattato prevede l’unione monetaria come un obiettivo lontano e degli obiettivi intermedi di convergenza economica che devono essere raggiunti dai paesi che, firmando il Trattato, vogliono l’unificazione monetaria con gli altri paesi firmatari.
Per alcuni, questa unificazione è un obiettivo secondario: l’importante è il percorso di rigore finanziario a cui i paesi si sottopongono se vogliono raggiungere l’unione monetaria stessa, rigore che le loro istituzioni politiche non sono state in grado di adottare. Per altri, l’Europa si deve unire, ma la liberalizzazione degli scambi di merci e fattori non implica l’unificazione monetaria; è auspicato un accrescimento di cooperazione tra paesi europei sui terreni di programmi tecnologici, industriali e di infrastrutture, ma lasciando ad ogni singolo paese autonomie nelle politiche macroeconomiche e del cambio in particolar modo. Per altri ancora, la moneta unica è un obiettivo strettamente connesso con l’unificazione politica dell’Europa; tuttavia il percorso di unificazione monetaria previsto dal Trattato di Maastricht, a causa dell’obbligo del raggiungimento degli obiettivi finanziari intermedi, allontana anzichè avvicinare l’obiettivo finale.
Per essere un obiettivo desiderabile l’unione monetaria deve comportare dei benefici superiori ai costi. Questo bilancio potrà essere positivo o negativo a seconda del modo in cui l’unione monetaria si realizzerà. Il primo motivo a favore dell’UME è di natura extra-economica: la moneta comune è un “cemento” per i popoli europei. Passando ai fattori economici un importante motivo a favore discende dalle considerazioni critiche che riguardano sia un sistema di cambi fissi sia un sistema di cambi flessibili. Il regime di cambi fissi, in economie in cui i prezzi e i salari non sono flessibili, comporta, per essere mantenuto, un misto di politiche fiscali restrittive e di alti saggi di interesse al fine di: a) contrastare l’inflazione (e quindi la rivalutazione reale della moneta); b) di attirare flussi di capitale. Se si attua solo una politica monetaria restrittiva e una fiscale espansiva dopo un certo periodo di tempo il paese è costretto ad affrontare la crisi finanziaria dei “twin deficits” (crisi finanziaria da debito interno e esterno). Un comportamento virtuoso e che consenta una stabilità di lungo periodo di un’economia in regime di cambi fissi comporta quindi una propensione deflazionistica dell’economia. Il regime di cambi flessibili per altro verso comporta una propensione inflazionistica del sistema, per il fatto che per ogni paese gli effetti disinflazionistici di quando rivaluta sono meno sensibili degli effetti inflazionistici di quando svaluta. In regime di cambi flessibili il mercato può essere “disorientato” da bolle speculative ed inoltre i singoli paesi sono più facilmente seducibili dall’adozione di misure protezionistiche.
Il principale motivo contrario alla unione monetaria tra più paesi è dato dal fatto che ogni paese verrebbe a perdere lo strumento di politica economica rappresentato dalla variazione del cambio, che è tanto più importante quanto più si manifestano shocks esterni su aree di un sistema economico nel quale vi sia una mobilità del lavoro molto bassa come avviene in Europa per cause etniche, linguistiche e culturali. Questa è la ragione secondo molti economisti americani per cui l’Europa a differenza degli Stati Uniti non è un’area valutaria ottimale... (continua)

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Introduzione Nel processo di unificazione monetaria europea si sono registrate due gravi crisi dell’Europa delle monete. La prima è arrivata dopo un periodo relativamente lungo di stabilità e quando la strada verso l’unione monetaria sembrava definitivamente imboccata. Nel settembre 1992, due paesi importanti all’interno della Comunità Europea, Italia e Gran Bretagna, sono stati indotti ad uscire dal sistema. Alcune valute deboli, come la Peseta spagnola o la Sterlina irlandese, sono state più volte svalutate. Il periodo di turbolenza ha preceduto e seguito la crisi, non riguardando esclusivamente monete deboli e ha condotto ad un nuovo destabilizzante episodio nell’estate 1993: la riforma del Sistema Monetario Europeo (SME) con l’allargamento delle bande di oscillazione al 30%. Un sistema con queste caratteristiche assomiglia, solo vagamente, al sistema di cambi quasi fissi - con bande di oscillazione del 4,5% e senza riallineamenti - in vigore nella seconda metà degli anni ottanta e nei primissimi anni novanta e che rappresentava all’interno della logica del Trattato di Maastricht la strada maestra verso l’unificazione monetaria europea. La crisi del sistema monetario europeo non ha un significato puramente tecnico. Al contrario, va letta in una chiave più ampia, che partendo da un'analisi critica dell’interpretazione dei processi di integrazione tra economie nazionali, sottostante alla proposta europea, tenga conto anche dei mutamenti intervenuti nelle economie dell’Europa orientale.

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