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Tra storia, cinema e letteratura: la rivoluzione napoletana del 1799

Studiare Il resto di niente, uscito nelle sale italiane nel marzo del 2005, ci ha permesso di riflettere sul rapporto che la società oggi ha con il suo passato. I contenuti storici del film riguardano un argomento ben conosciuto, almeno nei luoghi in cui si svolse la breve vicenda della Rivoluzione Napoletana a cui è dedicato un intero capitolo intitolato “La Rivoluzione Napoletana fra storia e storiografia”. La Repubblica del 1799, nata come conseguenza di quel rivolgimento politico, resistè a Napoli solo pochi mesi e, per alcuni, fu un’esperienza effimera che, sin dalla sua nascita, era destinata a fallire il suo scopo: creare il mondo nuovo, realizzare l’utopia illuministica. Ma ciò che non pochi storici e studiosi definirono come un gioco infantile diede ai giovani aristocratici giacobini napoletani che lo praticarono la possibilità di divenire dei martiri ancora oggi oggetto di numerose agiografie. Napoli a fine ‘700 appariva come un vivace centro di elaborazione politica e culturale grazie anche a studiosi come Filangieri e Genovesi che nei decenni precedenti vi avevano esercitato un ruolo decisivo nella formazione della coscienza di molti. L’analisi dell’esperienza del 1799 non può perciò prescindere dalle sue radici culturali. Inoltre, se si volge lo sguardo oltre il momento della capitolazione degli ultimi giacobini, nel giugno del 1799 (ma le esecuzioni dei prigionieri politici da parte dei Borbone continueranno per oltre un anno) l’esperienza di Napoli assume grande significato storico e politico nella prospettiva lunga del processo unitario italiano. Lo dimostra anche il fatto che alcuni personaggi legati al mito della Repubblica del 1799, come quello di Luisa Sanfelice, divennero nel XIX secolo icone del patriottismo per tutta la penisola.
Il quadro storico sulla Repubblica del 1799 è stato arricchito solo di recente grazie alle celebrazioni bicentenario del 1999, quando un ritrovato interesse per quei fatti e un mutato panorama storiografico hanno portato a nuove scoperte ed importanti risultati storiografici. Il film di Antonietta De Lillo, regista partenopea che vive da tempo a Roma, narra la vicenda di una protagonista della Repubblica del 1799, Eleonora Fonseca Pimentel, ed è tratto dall’omonimo romanzo di Striano pubblicato per la prima volta nel 1986 a Napoli. La regista ha dichiarato che esso non tradisce lo spirito del romanzo né quello della Storia ma opera un processo artistico di scomposizione e ricomposizione degli eventi. Sul tema delle differenze fra romanzo e film è incentrato il secondo capitolo di questa tesi dal titolo “Il Confronto”.
Striano nato a Napoli aveva alla spalle una grande conoscenza della storia di Napoli e degli eventi del 1799. Ciononostante gli autori della sceneggiatura de Il Resto di Niente hanno svolto un intenso lavoro preliminare di raccolta e cernita della sconfinata pubblicistica sulla Repubblica che a Napoli, e non solo, è stata data alle stampe nel corso degli anni. Grazie a tale operazione, il film ha mantenuto un forte rigore storico per quanto riguarda fatti e personaggi principali, già comunque molto conosciuti e rappresentati da letteratura, cinema e televisione. Inoltre, è evidente anche un forte impegno nel ricostruire forme culturali e modi di vivere del volgo. Il film è stato girato a Napoli, ma senza rispettare i luoghi reali dove si svolsero le vicende storiche narrate. La macchina da presa che adotta spesso la soggettiva di Eleonora Pimentel (una bravissima Maria De Medeiros) sottolinea l’intenzione di immergersi dentro la vicenda esistenziale e nella storia personale di questa donna e di conseguenza è la sua esperienza della storia quella che lo spettatore vivrà. Tuttavia Antonietta De Lillo dietro la macchina da presa ha cercato di cogliere quanto normalmente sfugge all’occhio umano: lo spirito di una vicenda storica radicata nella memoria comune dei napoletani e che è ancora presente nei luoghi in cui essi vivono. Un’intervista alla regista de Il resto di niente conclude il percorso di questa tesi sulla Rivoluzione Napoletana del 1799 tra storia cinema e letteratura. La regista è stata interrogata sulla sua idea di cinema ed ha espresso la convinzione che questo è il mezzo che più di tutti riesce a rappresentare la nostra società che è fatta di rapporti umani di sinergie e di scontri. Le sue risposte alle nostre domande sul rapporto che il film ha con la storia e con le fonti storiografiche hanno, invece, evidenziato come lei abbia dato una sua visione della vicenda filtrata da una forte sensibilità artistica, che rimane sempre in primo piano nel suo lavoro, ma senza compromettere la volontà di rispettare la storia. Dalle risposte di Antonietta De Lillo è, infine, emerso il rammarico per la poca visibilità che è stata decretata per il suo film nei circuiti commerciali cinematografici.

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1 Introduzione Il mondo del cinema sin dalla sua nascita, alla fine del secolo XIX, ha incrociato il percorso della storia e degli storici così come era avvenuto più di un secolo prima per la letteratura quando, in Inghilterra, fece la sua comparsa il romanzo borghese. Daniel Defoe, nel 1719, pubblicò il suo Robinson Crusoe, una falsa autobiografia 1 , con il proposito di illustrare una storia autentica e non una fiction. Poco dopo, nel 1749, viene stampato The History of Tom Jones di Henry Fielding. Intitolando il romanzo The history anziché The life l’inglese intendeva accrescere il prestigio di un genere culturalmente ancora poco stimato, sfruttando l’autorevolezza della storia e allo stesso tempo rivendicava per il romanziere pari dignità rispetto allo storico. Fielding proprio da uno storico, Clarendon, acquisì la capacità di dilatare e condensare il tempo, come si può osservare sfogliando l’indice dei due volumi che compongono il Tom Jones. Nonostante il titolo significativo il lavoro dell’inglese rimaneva un romance 2 , ma rendeva evidenti i segnali di una crisi che stava per investire l’antichissima disciplina degli storici che avrebbero trovato nei romanzieri degli antagonisti. Solo di recente la gran parte degli storici ha abbandonato una netta posizione di incompatibilità tra 1 Cfr. D. Defoe, The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe of York, Mariner: who lived Eight and Twenty Years, all alone in an uninhabited Island on the coast of America, near the Mouth of the Great River of Oroonoque; Having been cast on Shore by Shipwreck, wherein all the Men perished but himself. With An Account how he was at last as strangely deliver'd by Pirates. Written by Himself, Oxford University Press, London, New York, 1972; C. Ginzburg, Il filo e le tracce, Feltrinelli, Milano, 2006, pp. 301-305. 2 L. Braudy, Narrative Form in History and Fiction, Princenton, 1970, p. 13, in C. Ginzburg, Il filo e le tracce, Feltrinelli, Milano, 2006, p 305.

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