G. Marino (2011)
zornology.com
V
Introduzione
0.1. Natura del progetto e struttura dell’elaborato
Come previsto per il corso di laurea in Informatica per la Comunicazione del
Patrimonio Culturale, questa prova finale consiste nella presentazione di un
progetto multimediale; nello specifico, come da titolo, del progetto di un sito. E
pertanto si compone delle seguenti parti:
- Spiegazione della scelta dell’argomento (John Zorn, compositore e performer)
- Spiegazione del concept (il primo reference site storico-critico su Zorn)
- Descrizione della struttura, delle funzionalità e dei contenuti (progettati
secondo i criteri-base del web design di accessability, usabiliy e targeting)
- Presentazione di pagine-campione (proposta di layout della pagina)
Il sito è stato progettato, non realizzato
1
: realizzare a tutti gli effetti il sito
per come è stato progettato (e cioè per come mi interessa renderlo effettivamente
disponibile online
2
) è un’operazione che richiede competenze tecniche specifiche
che al momento non possiedo e che non mi è richiesto di possedere (back-end, php,
javascript avanzato, ecc.).
Questo lavoro, quindi, in linea con il profilo di figura professionale ‘ibrida’
che il corso di laurea intende formare e promuovere (un web-comunicatore
specializzato nella pianificazione, attento alla scelta e alla strutturazione dei
contenuti, alla soddisfazione di un’utenza specifica, capace di muoversi in una
dimensione internazionale), non presenta il sito nella sua implementazione
informatica, ma nel suo essere prima di tutto un’idea, un prodotto dell’ingegno, un
progetto culturale.
Nota
Anche e soprattutto indipendentemente dalla stesura del presente elaborato,
ho dedicato molto tempo, energie e risorse a questo progetto. Spero quindi che il
progetto zornology questo elaborato riesca a scavalcarlo, diventando il sito web che
1
Se ne presenta soltanto il layout delle pagine-guida; fase di Visual design-Proposta di layout, cfr.
Goto e Kotler 2001.
2
Il 9 luglio 2011 ho acquistato l’url zornology.com via Register.it; cfr. Img 2.
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VI
ho immaginato e, sviluppando la parte propriamente saggistica dedicata alla musica
di Zorn, costituendo la base di ulteriori approfondimenti
3
.
0.2. Conoscenze e competenze
In questo lavoro ho cercato di integrare esperienze e competenze di tipo
diverso:
- Quelle di tipo teorico, metodologico, storico-critico e tecnico acquisite
con i corsi specialistici (Musicologia e Storia della Musica,
Metodologia della Critica della Musica per la comunicazione
multimediale, Letterature digitali, Semiotica, Teoria e tecnica della
progettazione e della programmazione web);
- Quelle di tipo critico-giornalistico (scrittura, conoscenza del contesto,
ecc.) e di comunicazione web acquisite grazie alla mia collaborazione
con la webzine di informazione e critica musicale «Sentireascoltare»
4
.
Da marzo 2009, ho scritto più di 300 tra articoli, monografie,
interviste e recensioni di ambito popular e ho avuto modo di seguire
da vicino anche l’ultima produzione zorniana, con 9 articoli dedicati
(tra questi anche la recensione di un concerto dal vivo), e di
intervistare Zorn via mail
5
. Facendo parte del nucleo redazionale della
3
Magari nella forma di un progetto per un dottorato di ricerca.
4
Cfr. Sitografia.
5
Cfr. Bibliografia Marino, cfr. Appendice Zorn 2010.
Img 2: zornology.com on Whois Source
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zornology.com
VII
rivista, curo inoltre alcuni aspetti della comunicazione web, tra cui la
gestione della pagina Facebook, che si è dimostrata uno strumento
indispensabile per la promozione del brand e dei contenuti del sito
6
;
- La mia conoscenza personale della musica di Zorn;
- La mia natura di ‘archivista ossessivo’ (è stata l’operazione di
salvataggio su hard disk di molte risorse web relative a Zorn, alcune
delle quali poi non più disponibili online, e la ricerca di quelle già
offline, ad avermi fatto pensare ad un reference site storico-critico
dedicato al personaggio).
Vista la complessità del personaggio («credo l’unicità di Zorn stia proprio in
questa impossibilità di coglierlo appieno con un singolo sistema di riferimento»
Bettinello 2010), ho cercato insomma di mettere insieme punti di vista diversi:
accademia, comunicazione e critica militante. Ed esperienza personale (ascolto
diretto, ricerche e contatti sul web): perché «bisogna rassegnarsi a raccontare la
propria via crucis, il martirio che attende chiunque osi accostarsi a tale gigantesco,
pantagruelico monumento, nell’illusione di poter arrivare a circondarlo (o circo-
scriverlo) fino a farlo veramente “suo”» (Salvatore 2000
7
).
Le conoscenze e l’esperienza da insider, e cioè da fan, per quanto ‘critico’, si
rivelano fondamentali nell’affrontare lo studio di un personaggio come Zorn:
l’ascolto ‘da fan’ consente infatti di avere contezza di una discografia che, se
affrontata esclusivamente sul piano analitico, rischia di non essere mai sondata in
maniera consistente e quindi quantitativamente rappresentativa; il contatto e
l’immersione nella comunità del fandom zorniano (gli zornofili) si rivelano uno
strumento prezioso, per quantità e qualità delle risorse messe in campo, in sede di
reperimento delle fonti e di vaglio filologico delle stesse
8
.
0.3. zornology.com
Il sito, come indicano il sottotitolo (mapping John Zorn on the web) e la
description (an extensive online collection of critical materials about the 1953 New
6
Cfr. Sitografia.
7
La frase è riferita a Frank Zappa; cfr. 1.14.4 Le due zeta: Zappa e Zorn.
8
Cfr. 2.11. La raccolta dei materiali, 2.12 I materiali esclusivi.
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VIII
York born Jewish avant-garde composer, saxophonist and improviser), intende
colmare un vuoto storiografico, critico e comunicativo, proponendosi come sito di
riferimento sul compositore e performer John Zorn.
Si tratta del primo progetto di questo tipo relativo al personaggio
9
e cioè del
primo sito che intende offrire una mappatura delle più importanti risorse e dei più
importanti testi critici relativi al musicista (articoli, saggi, interviste, analisi
musicologiche, voci di enciclopedie e dizionari, ecc.), disponibili su carta (libri e
riviste) e online (siti dedicati e pagine singole). È un sito pensato per un pubblico
internazionale di addetti ai lavori e specialisti: studiosi, critici-giornalisti, musicisti,
appassionati di Zorn. Il dominio pertanto è un .com e il sito è tutto scritto in lingua
inglese.
9
Esistono esempi di collezioni ragionate, ma si tratta di tentativi molto circoscritti ed episodici,
probabilmente estemporanei, comunque non a carattere critico (cfr. Sitografia Squidoo – John Zorn
interview). Esistono invece risorse rigorose di mappatura della discografia di Zorn, per quanto non
aggiornate (cfr. Wnur.org – John Zorn). Va sottolineato poi come i reference site in generale
trascurino spesso anche la più minima indicazione riguardo la letteratura critica e scientifica esistente;
cfr. Sitografia Mauricio Kagel, Archivio Luigi Nono, Schoenberg.at, Stravinsky Fundation,
Information Is Not Knowledge, MilesDavis.com, Miles Davis Online, Miles Ahead, completamente
privi di qualsiasi indicazione sulla letteratura critica; farà eccezione, sembra, il mega-archivio dedicato
a John Cage (cfr. Sitografia), al momento in fase di costruzione e quindi offline.
G. Marino (2011)
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1
1. L’argomento: John Zorn
Il seguente saggio intende tracciare un profilo di Zorn musicista
(compositore e performer) e personaggio (discografico, provocatore, icona) che ne
faccia comprendere l’importanza nel panorama musicale contemporaneo,
giustificando il progetto di sito che esporrò successivamente.
Terrò presenti i principali contributi descrittivi (es. eclettismo, collagismo,
cinematograficità, ecc.) e interpretativi (es. postmodernismo, decostruzionismo,
ecc.) esistenti in letteratura (di stampo critico-giornalistico, musicologico,
culturale), puntando ad offrire una visione di sintesi e dal taglio personale (e
proponendo anche spunti interpretativi inediti e da sviluppare
1
).
1.1. Perché John Zorn
Perché John Zorn? Perché è il musicista più interessante su cui poter volere
scrivere. Perché un sito su John Zorn? Perché mancava.
La prima risposta
2
ci viene da Ben Watson, ed è doppiamente autorevole,
perché data da uno studioso specialista del campo
3
che, se non proprio un
detrattore, sicuramente non è un fan di Zorn
4
: insomma, come a dire, onore al
nemico. La seconda risposta, come vedremo più avanti
5
, ci viene dallo stesso web:
non esiste infatti un sito che si occupi in maniera organica e critica di John Zorn. E
vista l’importanza del personaggio, questa assenza, per quanto pure assolutamente
spiegabile
6
, rimane imperdonabile e da colmare.
1
Cfr. 1.14. Appunti su ipotesi interpretative.
2
Integralmente: «Zorn! What an interesting musician to choose to write about! Probably the MOST
interesting, in fact», Watson 2010.
3
Cfr. Appendici – Comunicazioni personali e materiali esclusivi di zornology.com (selezione)
4
In sintesi, Watson ammira lo Zorn improvvisatore (cfr. Watson 2004), mentre critica lo Zorn
compositore (cfr. Watson 2010)
5
Cfr. 2.11. La raccolta dei materiali.
6
Cfr. 1.6. Un buco storiografico.
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2
1.2. Chi è John Zorn
La tesi di questo lavoro è che Zorn sia uno degli artisti (non soltanto dei
musicisti) chiave del secondo Novecento (dove chiave va inteso come:
rappresentativo, interessante, importante) e che per questo motivo vada studiato
(vaglio della letteratura critica esistente e produzione di nuovo materiale) e
‘comunicato’ (il sito).
Vale per Zorn, autore di un’opera vasta e complessa, quello che diceva
Richard Ellmann di James Joyce, «dobbiamo ancora imparare ad essere suoi
contemporanei, a capire questo nostro interprete». Ed è adesso il momento di farlo,
di dare impulso a questi studi, perché è arrivato il momento, Zorn ancora vivente
(anzi, assolutamente ancora giovane; classe 1953), di storicizzarlo, di porre dei
punti fermi: nella storiografia e nella critica musicale, dato che de facto, nel bene e
nel male, storicizzato Zorn lo è già
7
.
Dopo un lungo periodo (metà anni Settanta-primi anni Duemila) di
sperimentazione insistita e polidirezionale su tutti i linguaggi (musica composta,
musica improvvisata; free impro, performance, jazz, classica-contemporanea, rock
e sottogeneri popular) e i formati musicali possibili (solo, quartetto jazz, gruppo
rock, ensemble da camera, orchestra classica), alternando in una produzione
sconfinata
8
e a ritmi quasi industriali opere geniali, mestiere e puri e semplici
riempitivi, Zorn sembra da qualche anno appollaiato su una aurea mediocritas dalla
quale comunque, grazie anche a uno status di culto ormai ampiamente conclamato
9
,
riesce a intrigare nuovi ascoltatori e a sorprendere con veri e propri colpi di coda
anche quanti ne seguono da tempo le mosse.
7
Zorn ha di per sé una spiccata tendenza alla catalogazione delle proprie opere (cfr. 1.8. Corpus
discografico e progettualità); ma operazioni recenti come la ristampa in cofanetto dell’opera omnia dei
Naked City o il remaster di Chimeras si lasciano leggere come segnali di una certa consapevolezza di
aver raggiunto ormai la storicizzabilità (tanto nel bene, quanto nel male, è lecito aggiungere).
8
Bettinello 2010 parla di «bulimia creativa». Ma la più dura critica alla prolificità zorniana viene dallo
storico della musica Piero Scaruffi: «John Zorn […] e` un ottimo esempio di come un talento enorme
possa essere penalizzato dalla facilita` con cui si pubblicano dischi nel 2000. La media dei suoi dischi
e` decisamente sotto il 5/10, ma alcuni dischi sono notevoli. Ne faceva cinque invece di 500, e lo
considererei uno dei massimi compositori viventi. Cosi` invece lo considero una delle massime truffe
dei nostri tempi (e la sua etichetta Tzadik altrettanto). Roba da rimpiangere i tremila bootleg di
Hendrix» (Scaruffi 2004a).
9
Cfr. 1.4. Personaggio e icona.
G. Marino (2011)
zornology.com
3
Storicizzarlo: e cioè analizzarne l’opera da punti di vista diversi e
complementari, capirne i meccanismi profondi
10
, soppesarne pregi e difetti in
un’ottica diacronica; non, finita l’eco dei clamori mediatici di fine anni Ottanta,
archiviarlo definitivamente o tantomeno, all’opposto, accettarne acriticamente tutti
i progetti e le uscite discografiche
11
.
1.3. La musica di Zorn: le musiche di Zorn
Per dare un’idea di chi sia Zorn e quindi, essenzialmente, di cosa abbia fatto,
di cosa abbia prodotto, può essere utile una veloce carrellata bio-discografica
brevemente annotata, da tenere presente a mo’ di skeleton key nel corso della
trattazione a seguire.
Zorn è un ascoltatore ossessivo e la sua formazione, tutti i suoi amori e le sue
folgorazioni musicali, dall’infanzia fino alla primissima maturità artistica, si
specchiano punto per punto nella sua produzione musicale: le colonne sonore dei
film (Morricone, Barry) e dei cartoon (Stalling) di quando era bambino; la classica-
contemporanea (Kagel, Ives, Partch, Stravinsky, Schoenberg e allievi, ecc.) di
quando era ragazzino (aveva già deciso che avrebbe fatto il compositore) e suonava
il basso in una surf-rock band; il freejazz ‘strutturato’ scoperto ai tempi del college
(BAG/Black Artist Group e AACM/Association for the Advancement of Creative
Musicians); la free improvisation o improvvisazione non idiomatica sperimentata
da Derek Bailey, che è il contesto naturale in cui si è trovato ad agire quando si è
affacciato sulla scena musicale a metà degli anni Settanta
12
.
10
Cfr. 1.11. Peculiarità compositive.
11
Sembrano questi i due atteggiamenti di ricezione più diffusi oggi su Zorn.
12
Cfr. con la breve autopresentazione ufficiale rintracciabile in Tzadik, Hips Road Edition, Myspace –
John Zorn, Zorn ed. 2000.
Img 3:
Theater
of
Musical
Optics
G. Marino (2011)
zornology.com
4
Con studi musicali piuttosto discontinui alle spalle, sostanzialmente
autodidatta tanto come compositore che come sassofonista, Zorn si lancia nella
scena dell’underground newyorkese: contemporaneamente all’acquisizione di una
tecnica sassofonistica da virtuoso
13
e alla definizione di uno stile rumoristico e
onomatopeico, fatto di fischi, strepitii, gracchiamenti, sputacchiamenti e ogni altra
sorta di effettacci e maltrattamenti dello strumento (es. The Classic Guide to
Strategy Volume One, 1983
14
), Zorn sperimenta forme di musica-senza-musica in
performance di mini-teatro oggettuale, fortemente debitrici del teatro musicale di
Mauricio Kagel, che chiama Theater of Musical Optics (cfr. Img 3), con le quali
afferma che «la musica non ha niente a che vedere col suono e col tempo», ma con
la pura e semplice organizzazione dei materiali
15
.
Zorn idea una serie di game pieces, composizioni-gioco basate sulla
strutturazione dell’improvvisazione collettiva (da metà anni Settanta fino ai primi
Novanta; il primo, inedito, è Baseball, 1976; il più celebre, più compiuto e più
complesso è Cobra, composto nel 1984 e registrato per la prima volta nel 1987), e
la tecnica delle file cards, ancora una forma di mediazione tra composizione e
improvvisazione, basata su forme di notazione grafica e verbale e sulla costruzione
dei brani con il contributo fondamentale dei performer (es. Godard, 1986, Spillane,
1987, fino al recentissimo Interzone, 2010).
Nella più completa diversità di tecniche compositive ed organici impiegati, si
dedica a operazioni di ‘omaggio ai maestri’, secondo diverse gradualità: rilegge
Ennio Morricone (The Big Gundown, 1986), Ornette Coleman (Spy vs Spy, 1988),
l’hard bop meno conosciuto (The Sonny Clark Memorial Quartet, 1986; News for
Lulu, 1988 e More News For Lulu, 1992); scrive composizioni ispirate a e dedicate
a Jean-Luc Godard (cfr. supra), Mickey Spillane (cfr. supra, The Bribe, registrato
nel 1986, pubblicato nel 1998), Jean Genet (Elegy, 1992), George Bataille (Leng
T’che, 1992), Agnes Martin (Redbird, 1995), Maguerite Duras e Marcel Duchamp
(Duras: Duchamp, 1997), l’occultismo e in particolare Aleister Crowley (IAO,
2002, Magick, 2004, Mysterium, 2005, Rituals, 2005, From Silence to Sorcery,
2007), Antonin Artaud (Le Mȏmo in Madness, Love and Mysticism, 2001), Carl
13
Cfr. particolarmente Gebbia 2010.
14
Come per tutti i successivi riferimenti discografici, cfr. Discografia.
15
Cfr. Troyano e Bianchi in Rovere e Chiti 1998; esplicito in una dichiarazione del genere il richiamo
alla concezione di organized sound di Edgard Varèse.
G. Marino (2011)
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5
Jung (Liber Novus, 2010), William S. Burroughs (Interzone, 2010; Nova Express,
2011), ma anche l’eterno femmineo (Femina, 2009), ecc.
Mette in piedi progetti che riflettono il suo interesse per l’hardcore (punk,
industrial, metal): Naked City 1990-1993
16
; Painkiller, 1991-1994; Moonchild Trio,
2006-2010.
Compone colonne sonore per film, cartoon e spot pubblicitari (raccolte nella
serie Filmworks, cominciata nel 1997, contenente musiche composte a partire dal
1986, e giunta al suo ventiquattresimo volume, The Nobel Prizewinner, 2010);
compone brani classico-contemporanei (spesso programmaticamente scritti ‘alla
maniera di’: atonali e seriali, ispirati al collagismo della cartoon music, ecc.) per
ensemble da camera, orchestra e strumento solo (es. Cartoon/SM, 2000, che
contiene i suoi esercizi su quartetto d’archi, Cat o’ Nine Tails, e pianoforte, Carny).
Riscopre e rilegge, fondendola con la tradizione strumentale e
improvvisativa del freejazz colemaniano, la tradizione musicale delle proprie radici
ebraiche, il klezmer (l’abbrivio con il cameristico Kristallnacht, eseguito nel 1992,
pubblicato nel 1993; il primo canzoniere Masada, 200 brani, e i dischi del relativo
quartetto acustico, 1994-1998, e le sue tante derivazioni-ramificazioni, Bar Kohkba
sextet, Masada String Trio, Electric Masada, fino a tutta la serie Masada Book Two
– The Book of Angels, 300 brani, cominciata nel 2005 e giunta al diciassettesimo
volume, Caym, 2011).
Riscopre la lounge music e l’exotica e le trasforma in piattaforme per una
morbida improvvisazione jazzistica influenzata tanto dal minimalismo di stampo
glassiano, quanto dalla world music filtrata dall’esperienza Masada (tendenza
inaugurata da The Gift, 2001, e proseguita con i successivi volumi della serie Music
Romance, The Dreamers, 2008, O’o, 2009, Ipos, 2010 e Alhambra Love Songs,
2009, In Search of the Miraculous, 2010, The Goddess, 2010).
Non si contano poi gli episodi isolati (es. l’esplorazione delle possibilità free
impro della chitarra di The Book of Heads, suite minimal-rumorista per chitarra
scritta nel 1978 per Eugene Chadbourne e registrata nel 1995 da Marc Ribot;
l’elettronica noise, concreta e glitch di Songs from the Ermetic Theater, 2001) e le
collaborazioni di Zorn, praticamente con tutti i più importanti esponenti
dell’improvvisazione internazionale e dell’intersezione tra nicchie rock-popular,
16
I Naked City rappresentano un unicum e una vera pietra miliare nella carriera di Zorn e nella storia
della musica, e meritano una, per quanto breve, trattazione dedicata, cfr. 1.10 Naked City.
G. Marino (2011)
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6
jazz e contemporanea. Ugualmente, impossibile rendere conto del suo lavoro come
produttore, talent-scout e discografico (con la label giapponese Avant, 1992, prima
e la label personale Tzadik, 1995, poi).
1.4. Personaggio e icona
Zorn è la più compiuta espressione, il prodotto finale del processo che,
macroscopicamente dalla metà degli anni Sessanta, ha portato all’abbattimento
degli steccati tra mondi musicali prima difficilmente comunicanti (popular, colta,
jazz, folk), allo scavalcamento dei generi all’interno della musica popular (pop,
rock, nicchie underground, ecc.), al mescolamento di materiali cosiddetti bassi e
alti
17
. Zorn come un ircocervo (Morelenbaum 2009), le sue musiche come chimere
(Agostini 2001).
La portata della sua figura va però oltre la dimensione squisitamente
musicale: almeno dai primissimi anni Novanta, Zorn è diventato un’icona, il
simbolo dell’emersione, affermazione come tendenza e infine vera e propria
istituzionalizzazione dei fenomeni underground, che trova la propria lontana
origine nella nascita del movimento Beat. Zorn è «il più accettato outsider della
scena musicale o, se vogliamo, il più conosciuto artista underground»
(Morelenbaum 2009), una figura letteralmente idolatrata da gran parte del mondo
della popular music indie, e specialmente da quelle nicchie ‘estreme’ da cui lui per
primo si è fatto influenzare
18
, e riconosciuto dall’establishment culturale
19
.
17
Cfr. capitolo 2 Musica e critica rock in Marino 2008.
18
Grazie soprattutto ai dischi dei Naked City (fondamentali, tra le altre cose, per la nascita di un intero
genere, il jazzcore; cfr. Marino 2009c) e a quelli dei Painkiller, pubblicati dall’etichetta madre del
Img 4:
Zorn with SOB
t-shirt at Stuttgart
Jazz Summit 1990
Img 5:
Marsalis vs Zorn,
JazzTimes, March
2000 cover
G. Marino (2011)
zornology.com
7
Zorn si è imposto con personalità sulla scena internazionale, con una serie di
mosse artistiche e d’immagine sempre molto oculate, tutte costantemente volte a
sottolineare la propria alterità rispetto al contesto in cui si trova ad operare. Fin dal
look adottato. Negli anni il suo abbigliamento si è fatto sempre più riconoscibile,
fino a cristallizzarsi, intorno alla fine degli anni Ottanta, in una vera e propria
divisa, quasi un costume da combattimento: occhialini tondi, capelli corti e coda-
crestino sulla nuca, magliettina di un gruppo punk o metal estremo (cfr. Img 4)
20
ostentata con gusto presso i più importanti festival jazz mondiali. E, soprattutto, i
pantaloni da tuta mimetica, grigio-verdi o arancioni, i proverbiali ‘pantalonacci’
21
.
Lo stesso discorso val per l’iconografia ‘forte’ utilizzata per i dischi (violenza,
sadomasochismo, esoterismo)
22
.
È con questa mise e questo background che Zorn si presenta sulla scena
musicale mondiale, quando tre sue opere lo fanno balzare agli onori della critica:
The Big Gundown (1986), le sue riletture di alcune colonne sonore scritte da Ennio
Morricone, Spillane (1987), il suo omaggio cinematico e cinematografico
all’eponimo scrittore di romanzi hard boiled e, soprattutto, Torture Garden (1990),
il disco delle hardcore miniatures trita-generi del supergruppo Naked City.
Zorn diventa un artista di culto, l’enfant terrible che coagula attorno a sé,
con il suono inconfondibile del suo sassofono rumorista, il meglio della scena avant
di Downtown New York
23
. Zorn diventa il provocatore, il «guitto colto, cartoonist
alternativo del pentagramma» (Capuano 2005) che fa zapping tra i generi e gli stili,
il catalogatore (Chiti in Rovere e Chiti 1998) camaleontico e trasformista (magpie,
grindcore, la Earache (cfr. es. Mai 2010), in un circolo virtuoso insomma di scambi e influenze
reciproche. Gebbia 2010 sottolinea l’importanza sociologica della musica di Zorn, che ha tragettato il
pubblico popular verso certa avanguardia e viceversa.
19
Si vedano le commissioni di opere da parte di ensemble classico-contemporanei di rilievo (su tutti il
Kronos Quartet, con Cat o’ Nine Tails, scritto nel 1988 e pubblicato per la prima volta nel 1993), la
circolazione delle sue composizioni ‘serie’ (es. «il game piece Cobra è probabilmente la composizione
più eseguita dagli ensemble americani dai tempi di In C di Terry Riley», Mandel 1999) e l’attribuzione
di premi prestigiosi come il McArthur Fellow (il cosiddetto ‘genius grant’, nel 2006).
20
Accused, Agnostic Front, Butthole Surfers, Napalm Death, SOB/Sabotage Organized Barbarian, Zu;
ma anche la scritta ‘Die Yuppie’ o la foto di Pier Paolo Pasolini.
21
cfr. Fabbri 2002; cfr. Facebook – John Zorn s’habille comme una merde.
22
I manga splatter di Suehiro Mauro dei Naked City (cfr. infra), le dissezioni di cadaveri dei
Painkiller, le immagini spettrali e macabre impiegate nelle successive opere cameristiche.
23
Precisamente tra il Lower East Side e l’East Village: è la New York di locali off & cool come la
Knitting Factory, il Tonic e The Kitchen (a cui si aggiungerà nel 2005 quello gestito dallo stesso Zorn,
The Stone), quella dei loft dei minimalisti, della No-Wave di Brian Eno, dell’Ontological-Hysteric
Theater di Richard Foreman. Sull’importanza della newyorkesità di Zorn cfr. Mancuso 2010, Gordon
2008, Ross 2007 e 2010, Strickland 1988, Marr 1992, Scaruffi 2004b e 2005a.
G. Marino (2011)
zornology.com
8
gazza ladra, si dice in Jones 1995), un po’ schizofrenico
24
, il «most wildly eclectic
composer ever» (Strickland 1988).
1.5. La svolta ebraica
A completare il ritratto dello Zorn personaggio after-and-beyond his music,
la riscoperta delle sue radici ebraiche, che trova il proprio big bang nella stesura,
assieme al chitarrista Marc Ribot, del manifesto della Radical Jewish Culture (che
si propone come continuazione e aggiornamento del Sionismo Culturale
propugnato da Asher Ginzberg, opposto al Sinonismo politico di Theodor Herzl;
cfr. Zorn 2006) e nella presentazione presso il festival Art Project di Monaco,
appositamente organizzato, dell’opera Kristallnacht (cfr. supra; da molti
considerata il capolavoro di Zorn), pezzo cameristico in più movimenti dedicato
appunto alla Notte dei Cristalli (1938; convenzionalmente inteso come l’atto
d’inizio dell’Olocausto), che rappresenta il prodromo di Masada (cfr. supra). La
Radical Jewish Culture si propone di sottolineare le radici ebraiche di molte forme
culturali e specialmente musicali americane contemporanee
25
.
24
Sulle venature patologiche della musica zorniana cfr. Chiti in Rovere e Chiti 1998, Maurizi 2011;
sulla scorta delle liner notes di First Recordings 1973, alcune fonti (cfr. Alunni 2009 e Morelenbaum
2009), registrano il passaggio di Zorn, dagli 8 ai 16 anni, sul lettino dello psichiatra.
25
Si veda la serie di omaggi dedicati a musicisti di origine ebraica o ebrei e le opere di nuovi artisti
ebrei pubblicate nella serie Tzadik dedicata.
Img 6:
Zorn panel, Radical
Jewish Culture room at
Berlin Jewish Museum
G. Marino (2011)
zornology.com
9
La svolta ebraica costituisce il dato identitario più forte all’interno della
carriera di Zorn, avendolo reso un’icona dei nuovi fermenti culturali ebraici (Cfr.
Img 6)
26
, ma anche oggetto di un acceso dibattito critico, che ne ha visto spesso
contestare la genuinità delle intenzioni, i risultati artistici, la dichiarata radicalità
della proposta
27
.
1.6. Un buco storiografico
Se non ci sono siti critici dedicati a Zorn, il motivo è lo stesso per cui non ci
sono neanche i libri, suggerisce l’autore del primo libro in lingua inglese scritto
sulla musica di Zorn (su alcuni aspetti della musica di Zorn e su alcuni dischi
specifici), John Brackett
28
: «the reason for the relative paucity of writing on Zorn's
music and musical thought has to do with the difficulties and challenges they
present both for listeners and scholars» (Brackett 2009).
La quantità e la complessità dell’opera zorniana la rendono infatti
manifestamente refrattaria a un tentativo di comprensione unitaria e globale, corpus
ipertrofico e labirintico ancora tutto da sondare
29
. E se in effetti descrivere la
musica (le musiche) zorniane non è in sé un’operazione difficile, cercare di
coglierne le motivazioni, l’essenza, cercare di interpretarle è invece una vera sfida
ermeneutica: «anyone can describe. We want something more: we seek the whys to
justify the whats» (Brackett 2008, p. XII).
Zorn è da sempre un detrattore della critica di stampo giornalistico («I really
don’t think any writer today is capable of appreciating and understand it all... and
in that sense they don’t understand the BIG picture…», Zorn 2010) e ha
sintetizzato con ironia e rara efficacia descrittiva le posizioni più diffuse nei
confronti della sua musica:
26
Nel 2001 Zorn riceve il Jewish Cultural Award in Performing Arts dalla National Foundation for
Jewish Culture; una sua gigantografia è inserita in una sala del Museo Ebraico di Berlino, cfr. Img 6;
cfr. Furness 1999, Lee Beeber 2006, Coen e Toso 2009).
27
Cfr. Furness 2000, Cuthbert 2001, Milosavljevic 2008; fino al ‘pentimento’ dello stesso Ribot
registrato in Mandel 1999.
28
Cfr. Brackett 2008.
29
L’autodichiarato decano dei critici rock americani, Robert Christgau, inserisce Zorn tra i suoi
Subjects for Further Research (cfr. Christgau 1990).
G. Marino (2011)
zornology.com
10
«Per molti è stato un problema quando ho cominciato a tirar fuori quei
generi musicali in frammenti, in pillole, certi pensano che si tratti di
parodia o di satira, o che io li usi con intendo ludico, scherzoso. Altri
credono sia un esercizio intellettuale, magari postmoderno o altro, e
altri ancora sono convinti che io non sia assolutamente in grado di
suonare quei generi e allora li riduca a due battute perché non sono
capace di suonare un pezzo intero» (cit. in Minganti, in Rovere e Chiti
1998).
Mentre ha esplicitamente incoraggiato, viste le specificità compositive messe
in campo
30
, studi di tipo analitico-musicologico sulle proprie musiche
31
.
Di fatto, per quanto su Zorn sia stato scritto tantissimo a livello episodico e
soprattutto analisi e saggi su argomenti e ancora meglio dischi o brani specifici,
manca una visione di globale sul personaggio. È anche per questo che Zorn, per
questa sua sfuggevolezza e non-riassumibilità, è assente da molti reference book
sulla musica del Novecento
32
e anche quando presente viene trattato in maniera
parziale
33
o comunque incompleta
34
.
Non deve neppure sorprendere troppo, allora, se il maggior critico musicale
contemporaneo, l’inglese Simon Reynolds
35
, si trova a confessare «I'm afraid I
don't have any opinions at all about John Zorn. That doesn't happen very often, but
occasionally there is an artist that completely bypasses me and he is one of them!»
(Reynolds 2010, controcorsivo mio).
1.7. La metafora del prisma: disseminazione e possibilità
Ho definito Zorn compositore e performer prismatico perché l’immagine del
prisma è effettivamente utilizzatissima dallo stesso Zorn e dai suoi esegeti per
30
Cfr. 1.11.3 Plagiarismo.
31
Cfr. Gagne 1993, Duckworth 1995, Brackett 2008 p.XII.
32
Es. Fabbri 2010.
33
Cfr. Philippe 1994.
34
Cfr. Niklas 2001, Taruskin 2009.
35
Cfr. Marino 2008.