Introduzione
Nel presente elaborato viene analizzata la messa in scena dello
spettacolo Zio Vanja per la regia di Gabriele Vacis. In particolare,
la tesi si propone di indagare le principali caratteristiche del lavoro
delregistateatraletorineseallalucedell’esperienzapersonalefatta
durante il laboratorio sulla Schiera, laboratorio tenutosi al Piccolo
Teatro Unical dal 21 al 30 Settembre 2009.
Il lavoro di Gabriele Vacis è incentrato sullo sviluppo della re-
lazione teatrale intesa non solo come compresenza di attore e spet-
tatore, ma anche e prima di tutto come relazione tra gli attori
stessi. Lo sguardo è l’ascolto comune sono il veicolo di questa
relazione, il mezzo attraverso il quale si crea un contatto sulla sce-
na e con il pubblico in sala. Vacis lavora sui corpi, sulle persone
riscoprendone la specificità di individui prima che di personaggi,
tessendounlegametragliattorichesidilatacoinvolgendoglispet-
tatori. Essi nel teatro di Vacis sono testimoni di un evento, vivono
un’esperienza che li vede partecipi attivamente.
Nellaprimapartedell’elaboratovengonosinteticamenteesposte
le principali caratteristiche del teatro di Cechov. In particolare,
l’attenzione è focalizzata su Zio Vanja e sugli aspetti drammatur-
gici maggiormente utili ai fini della comprensione del lavoro svolto
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da Vacis per la messa in scena del testo.
LasecondapartedellatesièdedicataallavorodiGabrieleVacis
e all’analisi dello spettacolo Zio Vanja andato in scena in tournée
al cinema-teatro Garden di Cosenza nel Novembre 2009.
La struttura dello spettacolo di Vacis è incentrata sulla re-
lazione teatrale. Gli attori si trovano già sul palcoscenico all’en-
trata degli spettatori, parlano, si vestono, si presentano prima
come persone che come personaggi, assumendosi così la respon-
sabilità delle parole che verranno pronunciate. Gli attori interpre-
tano il proprio ruolo senza isolarsi sulla scena, rompendo così la
tradizionale “quarta parete”. In questo modo essi riescono a man-
tenere un contatto con il pubblico attraverso un continuo scambio
di sguardi che avvolge lo spettatore trasportandolo nelle atmos-
fere cechoviane. Per Vacis teatro è comunicazione reale e diretta
tra gli uomini, scambio costante che può avvenire solo grazie a
un’autentica consapevole presenza in scena dell’attore e all’ascolto
dell’altro.
Lo spettacolo di Gabriele Vacis ha come linea guida dram-
maturgica il recupero e lo sviluppo della coralità presente in Lesji,
opera che Cechov scrisse nel 1889 e che poi modificò, arrivando nel
1897 alla definitiva stesura di Zio Vanja.
La coralità delle scene funge da contrasto alla solitudine e al-
l’individualità dei personaggi cechoviani. Nella messa in scena di
Vacis questa viene creata visivamente in quanto tutti gli attori
sono sempre presenti sul palcoscenico anche se non coinvolti nella
scena principale partecipando così indirettamente, ma attivamente
all’azione.
Vacis elabora espedienti in grado di mantenere la consapev-
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olezza tanto nell’attore quanto nello spettatore. Così, ad esempio,
le luci di sala vengono tenute accese durante lo spettacolo. È un
modo per recitare con il pubblico e non per il pubblico. Esse non
sono mai accessorie, ma, così come avviene per ogni altro elemento
scenico, vengono utilizzate solo in quanto indispensabili alla nar-
razione. Ed è proprio dalla necessità che nasce il teatro di Vacis:
nulla è artificioso o forzato, ma tutto accade come risposta a do-
mande e bisogni essenziali. Di conseguenza la recitazione degli
attori è naturale, fluida, priva di enfatizzazione.
IllavorodiVacissultestodiCechovèunlavoropersottrazione
e frammentazione. I lunghi monologhi vengono frazionati e inter-
vallati in modo da conferire allo spettacolo un ritmo fluido e in-
calzante che non lascia spazio alla noia di molte messinscene con-
venzionaliestereotipatedellequalisonospessovittimeipersonaggi
cechoviani.
La partitura scenica elaborata da Vacis viene successivamente
confrontata con le note di regia relative alla messa in scena dello
Zio Vanja diKonstantinStanislavskij. Ilconfrontorivelaquantoil
lavoro del regista torinese sia legato alla tradizione e nel contempo
quanto se ne distacchi, evolvendola.
L’impostazione dello spettacolo fa emergere la struttura su cui
Vacis lavora e che si rivela colonna portante dei suoi spettacoli.
Questa struttura, inserita nel tessuto della drammaturgia degli
attori, si chiama “Schiera”.
AlmetododellaSchieraèdedicatalaterzaeultimapartedell’e-
laborato. Schiera è un “luogo” in cui gli attori lavorano allo svilup-
po della consapevolezza della loro presenza scenica e alla creazione
di una relazione tra loro e un potenziale pubblico in sala. Si tratta
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di un training fatto essenzialmente di sguardi, di ascolto dell’altro,
in cui si cerca di abbandonare qualsiasi affettazione per spogliar-
si del superfluo ed essere pronti a rispondere semplicemente alla
necessità.
Per lo studio e l’analisi della Schiera mi sono basata sul labora-
torio che ha avuto luogo presso i locali del Piccolo Teatro dell’Uni-
versità della Calabria nel Settembre 2009, laboratorio al quale ho
partecipato attivamente.
Otto sono i passi che gli allievi compiono sulla scena, spostan-
dosi nello spazio e creando un unico corpo mobile. In principio
tutto è regolare, cadenzato, ma improvvisamente un elemento si
distacca cambiando il fluire interno della struttura, aumentando o
diminuendo il ritmo dell’azione, rompendone la continuità. Dopo
la rottura nuovamente l’incontro, la ricostruzione dell’unità, del-
la Schiera che riprende a muoversi sul palcoscenico, riacquistan-
do regolarità. Scopo principale di questo esercizio è creare libertà
d’azioneeliminandoperquantoèpossibilel’interventodelpensiero
e i filtri della ragione e dando invece spazio al corpo e alla fisicità.
Gli allievi possono diventare autori della propria partitura fisica
a patto che imparino a smontare impalcature recitative acquisite,
eliminando rigidità che intralciano i movimenti, che viziano at-
teggiamenti, voce, gesti. Se grazie a questo training quotidiano gli
attoririesconoadessererealmentepresenti, inascolto, tuttoquello
che successivamente verrà creato in scena acquisterà un senso più
autentico e profondo.
Vacis è arrivato alla Schiera elaborando il concetto che sta al-
la base del teatro di Grotowski, ovvero basandosi sulla relazione
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attore-spettatore e sull’eliminazione degli elementi non necessari
all’atto teatrale. Ogni rappresentazione è un’esperienza colletti-
va che appartiene unicamente a quanti sono presenti e coltivano
l’ascolto comune. Grotowski, attraverso un complesso lavoro di
sottrazionedelnonstrettamentenecessario, hadefintounpercorso
formativoperl’attoreaffinchèeglipossaarrivareadesserepresente
in scena non per il pubblico ma con il pubblico.
È precisamente a partire da questi ineludibili presupposti che
si sviluppa e prende forma il lavoro di Gabriele Vacis.
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Capitolo 1
Zio Vanja di Anton Cechov
1.1 Il teatro di Anton Cechov
A
nton Cechov nasce a Taganrog nel 1860
1
. Narratore e dram-
maturgo russo, frequenta la facoltà di medicina a Mosca e si
laureanel1884; esercitasolosaltuariamentelaprofessionedimedi-
co, preferendo dedicarsi all’attività letteraria. Nel 1884 pubblica
la raccolta Racconti di Melpomene, cui fecero seguito nel 1886 i
Racconti variopinti e nel 1887 Nel crepuscolo. Del 1888 è la lunga
novella intitolata La steppa. Nel 1892 il racconto La corsia n. 6
che viene considerato uno tra i suoi capolavori.
1
Le sintetiche notizie sulla vita e le opere di Cechov sono tratte da Gerardo
Guerrieri, Introduzione, in Anton Checov, Teatro, a cura di Gerardo Guerrieri,
Mondadori, Milano, 2006 (1982), pp. XXIII-XXXIV. Per ulteriori approfondi-
menti si vedano in particolare: Ettore Lo Gatto, Storia della letteratura russa.
Sansoni, Firenze, 1964; Id., Storia del teatro russo, Sansoni, Firenze, 1952;
Vittorio Strada, Anton Cechov, in Storia della letteratura russa. Il Novecento.
Dal decadentismo all’avanguardia, I, Einaudi, Torino, 1986; Cesare Molinari,
Naturalismo e realismo psicologico, in Storia del teatro, Laterza, Bari, 2002
(1996). Per un’edizione completa delle opere teatrali del drammaturgo cfr.
Anton Cechov, Tutto il teatro, Mursia, Milano, 1974 (1962).
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Gravemente ammalato di tubercolosi, trascorre molto tempo
viaggiando in Crimea e nella sua tenuta di Melichovo dove cerca
di aiutare i contadini a migliorare le loro condizioni di vita. Nel
1895 conosce Tolstoj, di cui rimane amico per tutto il resto della
sua vita.
Cechov si impone sulla scena russa ed europea maggiormente
come autore di teatro. Tra il 1884 e il 1891 scrive otto atti unici o
vaudevilles,fracuiTragico contro voglia. Fraisuoidrammipiùim-
portanti: Il gabbiano (1895), Zio Vanja (1899), Tre sorelle (1901)
e Il giardino dei ciliegi (1903). Con Il gabbiano inaugura nel 1898
il Teatro d’Arte di Mosca, fondato da Konstantin Stanislavskij,
ottenendo un successo clamoroso. Nel 1901 sposa l’attrice Olga
Knipper, che gli rimane accanto fino alla morte nel 1904.
Nel I atto del suo dramma Il Gabbiano, attraverso le parole
del personaggio Konstantin Trepliov, Cechov ci restituisce la sua
dichiarazione di scelta estetica contro le consuetudini del teatro
borghese e il naturalismo:
Ma per me il teatro d’oggi, è routine, pregiudizio, ciarpame. Quando si
alza il sipario, e alla luce della ribalta, nella camera a tre pareti, questi
grandiartisti, questisacerdotidell’artesacra, sipavoneggianofacendoci
vedere come la gente mangia, beve, fa all’amore, passeggia, si mette la
giacchetta; quando da scene e dialoghi di una volgarità scoraggiante,
si sforzano di pescare una morale piccola, facile, comoda, ovvia, di
uso comune, pedestre; quando con mille varianti mi si porta in tavola
sempre la stessa cosa, la stessa cosa, la stessa cosa, io scappo, scappo!
(Il Gabbiano, I. 1)
2
CechovscriveilsuoprimodrammaPlatonov,intornoal1880/81,
durante la frequentazione del Ginnasio. Egli compie la sua ricerca
drammaturgicaeteatraledomandandosiqualepossaessereilsenso
2
Tutte le citazioni delle opere di Cechov presenti nel testo sono tratte da
Anton Cechov, Teatro, cit.
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