Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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marito, aveva tentato di rovinarlo, la donna emancipata che liberò le
donne dai loro ruoli tradizionali? Era tutte queste donne messe insieme o
qualcosa di completamente diverso? Una risposta a queste domande,
deve partire dagli studi esistenti. E a questo proposito è interessante
trovare che i critici si posizionano in modi diversi: alcuni sono studiosi di
Scott Fitzgerald, altri appartengono al revisionismo femminista, altri
ancora scrivono affettuose e coinvolgenti memorie. Questi, con il loro
personale punto di vista, hanno interpretato i momenti più importanti e
significativi della vita dei Fitzgerald in modo diverso.
Nel cercare di definire Zelda Fitzgerald occorre ripercorrere le
tappe della sua vita all’insegna del viaggio: Montgomery, New York, St.
Paul, Baltimora, Philadelphia, Parigi, Costa Azzurra, Italia, Inghilterra,
Svizzera. Furono luoghi importanti, ma forse quello al quale ella rimase
più attaccata fu proprio quello dal quale partì, la sua casa a Montgomery,
nel suo tanto amato e odiato Sud. A lasciare il segno però non furono
solo questi luoghi; tracciarono un solco profondo nella vita di Zelda
anche i luoghi chiusi, che rappresentarono le prigioni della sua vita.
Se i quadri di Zelda Fitzgerald mostrano la sua sensibilità e la
predisposizione verso l’aspetto più sensuale dell’esistenza, i romanzi
Save Me the Waltz e Caesar’s Things, quest’ultimo purtroppo lasciato
incompiuto, aprono scorci sui suoi pensieri più intimi. Il primo è il
racconto della sua vita scritto nel tentativo di prenderne le distanze per
poterla capire meglio. La ricerca di sé della protagonista Alabama,
costituisce il nodo centrale del romanzo, da cui si sviluppano le vicende
successive: l’urgenza di indipendenza, il tentativo di trovare uno scopo
nella vita, l’importanza della figura del padre come emblema di forza e
sicurezza. Alabama capisce alla fine che non può continuare ad
appoggiarsi agli altri, come suo padre o suo marito, e a cercare in loro la
propria sicurezza, deve trovarla in se stessa.
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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Il rapporto di Zelda col marito è difficile da definire. È molto
romantico pensare al sentimento tra i Fitzgerald come a un grande amore
senza tempo. La loro situazione era però molto più difficile. Sicuramente
l’amore ci fu, ma fu spazzato via da troppi rancori, dall’egoismo, e la
debolezza di entrambi. La Coppia Dorata, o Coppia Celestiale, come fu
chiamata da molti, era davvero tale? Io credo non si possa parlare di
amore senza tempo per i Fitzgerald ma fu sicuramente importante il
supporto reciproco. Chissà se Scott sarebbe diventato quello che è stato
se non avesse incontrato Zelda; Cline pensa di no: aveva scritto poco
prima di incontrarla e scrisse poco dopo il loro allontanamento. Dal canto
suo Zelda aveva bisogno di qualcuno a cui aggrapparsi e fare riferimento
e, sebbene per un breve periodo, Scott fu anche questo per lei.
Nella mia intenzione di ri-vedere, ri-visitare il mito di Zelda
Fitzgerald, parto ora dal libro che mi ha suggerito lo spunto per farlo.
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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CAPITOLO I
FORTUNA LETTERARIA DI ZELDA FITZGERALD A
PARTIRE DALL’ULTIMA REVISIONE CRITICA
La Vera Voce di Zelda: Sally Cline, Her Voice in Paradise
Her Voice in Paradise
1
scritta da Sally Cline e pubblicata nel 2002
è la prima biografia di Zelda Fitzgerald in trenta anni. Prima di lei nel
1970 Nancy Milford aveva pubblicato la biografia Zelda, e nel 1971 Sara
Mayfield le sue memorie con il titolo Exiles from Paradise
2
. Le esaustive
ricerche di Cline, durate ben sei anni, hanno portato alla luce nuove fonti:
il libro si chiude con quasi cento pagine di note. La voce di Zelda, troppo
spesso in passato ridotta al silenzio, ci viene riportata attraverso scritti
autobiografici, lettere, diari, articoli e racconti. Nel narrare la sua vita,
Sally Cline evoca vividamente visioni, suoni, ossessioni intossicanti e
intossicate dell’America dell’Età del Jazz, includendovi amici dei
Fitzgerald come Edmund Wilson, Ernest Hemingway, John Dos Passos,
Gertude Stein e Alice B. Toklas, Dorothy Parker, H.L. Mencken, Sinclair
Lewis, Lillian Hellman, e tanti altri contemporanei.
Emerge una nuova Zelda, non più relegata al ruolo di “moglie di”
Frances Scott Fitzgerald, ma un’artista dotata di creatività e talento. Lo
scopo principale di questa biografia è dare a Zelda una propria vita, una
propria voce, separata da quella del marito e dalla loro immagine di
Coppia Dorata che è entrata a far parte del mito per il quale ancora oggi
vengono ricordati. Cline presenta un ritratto molto più complesso e
1
Sally Cline, Zelda Fitzgerald. Her Voice in Paradise (Londra: John Murray Publishers,
2002; New York: Arcade Publishing, 2003).
2
Nancy Milford, Zelda: A Biography (New York: Harper & Row, 1970). Sara Mayfield,
Exiles from Paradise: Zelda and Scott Fitzgerald (New York: Dell Publishing, 1971).
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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controverso di Zelda e del suo matrimonio, aggiungendo spessore e
svelando il lato oscuro di una storia nota a molti. Viene per la prima volta
sfatata la leggenda dell’intensa e romantica storia d’amore senza tempo
dei Fitzgerald, che in realtà fu per entrambi un inferno fatto di furiosi
litigi, rancori e vendette. La voce di Zelda, forse per la prima volta,
diviene perfettamente udibile, tanto da sovrastare tutte le altre. Molti libri
hanno trattato della “pazzia” di Zelda, dell’alcolismo di Scott, della loro
reciproca distruzione; per Cline Zelda fu allo stesso tempo musa
ispiratrice e ostacolo per la scrittura di uno tra i più famosi scrittori
americani, una donna vissuta all’ombra del talento e del successo del
marito, pur avendo anche lei un dono creativo che purtroppo non riuscì a
far emergere completamente.
Durante le sue ricerche, Cline ha intervistato persone che avevano
conosciuto Zelda notando che risulta spesso difficile distinguere i loro
ricordi da tutto ciò che invece è entrato a far parte del mito e cerca quindi
di delineare con precisione questa differenza. Uno degli aspetti più
interessanti della sua analisi riguarda l’uso della fiction a testimonianza
di fatti reali. I Fitzgerald raccontarono la loro tempestosa relazione in
romanzi, racconti, articoli che diventarono una forma di comunicazione
privata, così che la narrazione fu un modo per parlare e raccontare del
loro matrimonio. Entrambi infatti ritenevano la finzione più potente della
realtà. Anche il personaggio di Zelda ha assunto un carattere simbolico,
la sua vita ha in sé l’essenza stessa del mito, della leggenda, “Zelda
Fitzgerald’s life was made for story. It had page-turning qualities even
before Zelda and Scott amended it for the legend”
3
, afferma Cline. La sua
storia romantica, il suo amore tormentato e appassionato per Scott
innalzò entrambi in maniera spettacolare e poi li fece precipitare
disastrosamente.
3
Cline, p. 3.
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
6
Non sorprende certamente la creazione di un mito intorno a un
personaggio come quello di Zelda che univa creatività, intelligenza,
bellezza, spirito ribelle e selvaggio e un particolare talento nel saper
gestire la notorietà. Molta responsabilità per tutto ciò è certamente
attribuibile a Zelda in prima persona; i suoi comportamenti irresponsabili
e irrazionali servirono a quanti ne inventarono e reinventarono il mito e
ne fecero, insieme a Scott, il simbolo degli Anni Venti. L’alcolismo di lui
e la malattia di lei minarono il loro matrimonio. Zelda non fu più in grado
di incarnare il ruolo affidatole da Scott, della moglie affascinante e della
Flapper irriverente, non era più in grado di recitare la sua parte: divenne
sempre più piena di risentimento e insicura, non sapeva più distinguere
ciò che rappresentava da ciò che era in realtà. Cominciò a tradire una
forte emotività e un’ansia persistente ma la devozione e la dipendenza dal
marito la portarono, nonostante tutto a rimanere con lui. Anche Scott era
turbato dagli stessi dubbi e si dibatté per anni tra amore, fedeltà e
amarezza. A entrambi andavano ormai stretti i ruoli che essi stessi si
erano assegnati ma non potevano più farne a meno.
Per la leggenda, le crisi, i crolli psicologici, la “pazzia” di Zelda,
hanno purtroppo, rivestito molta più importanza delle sue doti, dei suoi
talenti artistici. Sally Cline rivaluta invece l’importanza dell’arte nella
vita di Zelda, prestando attenzione al suo talento come scrittrice,
ballerina, pittrice. Uno dei suoi temi più forti è il conflitto con Scott
rispetto alla scrittura. Egli tagliò pesantemente le forme di espressione a
disposizione di lei e le impedì di scrivere della loro vita e di danzare. Il
romanzo di Zelda, Save Me the Waltz, fu scritto in appena quattro
settimane, mentre Scott continuava a lottare per la stesura di Tender Is
the Night per la quale impiegò ben nove anni. Non riuscendo ad accettare
che qualcun altro, oltre a lui, potesse utilizzare la loro vita e le loro
esperienze in comune come materiale letterario, chiese e ottenne che
venissero apportate notevoli revisioni al manoscritto, mentre lui
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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utilizzava liberamente dialoghi, lettere, diari, sentimenti personali e
episodi della malattia di Zelda per le proprie opere, alcune volte con il
suo consenso, altre senza. Inoltre la incoraggiava a scrivere articoli e
racconti che venivano poi pubblicati a nome di entrambi o addirittura
soltanto a nome proprio. Cline dimostra come opere che gli studiosi di
Scott definiscono “ispirate da” Zelda siano in realtà prestiti diretti di
pezzi scritti da lei.
Nel corso degli anni si sono create due linee opposte di sostenitori.
Da una parte, Zelda è stata sostenuta dal movimento delle donne come
un’eroina femminista oppressa da un marito ambizioso e invidioso che
plagiava i sui lavori e utilizzava le sue esperienze personali per fini
puramente letterari; dall’altra invece, Zelda è stata la causa della rovina
di Scott; una malata, una pazza che con le sue spese folli aveva rovinato
finanziariamente il marito e gli aveva impedito di raggiungere il meritato
successo letterario con il suo infantile desiderio di autonomia. Esponenti
di entrambe le parti hanno sostenuto e avvalorato le loro tesi in biografie,
memorie, tesi, studi critici e articoli, trasformando così Zelda in una
figura di culto. Sally Cline cerca di unire queste due fazioni opposte,
indagando su perché Scott si sentisse autorizzato a ridurre al silenzio la
voce artistica di Zelda e su quanto questo abbia influito sulla vita di
entrambi. Scott stesso e successivamente i suoi studiosi hanno sostenuto
che la motivazione fosse che il vero scrittore, il professionista era lui,
mentre lei era soltanto una dilettante.
Secondo i canoni tradizionali un vero artista può essere
specializzato solo in una disciplina, mentre Zelda sapeva scrivere,
dipingere, danzare. Generalmente si tende a dare credito e importanza a
un’arte quando questa è praticata in modo consistente e continuo e
produce un corpus completo sul quale può essere dato un giudizio. Ma la
scrittura di Zelda non era affatto continuativa, gli anni di maggiore
produttività furono tra il 1929 e il 1934, periodo di intermittenti ricoveri
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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in clinica psichiatrica, e tra il 1940 e il 1948, dopo la morte del marito,
fino alla propria. Gran parte della produzione di Zelda non è nemmeno
datata; manca la progressione artistica, lo sviluppo lineare che si richiede
a una professionista. Oggi sappiamo invece, che la professionalità di un
artista è troppo spesso attribuibile ai suoi riconoscimenti finanziari più
che al suo talento. Cline si oppone alla definizione che critici prima di lei
avevano dato al rapporto letterario tra Scott e Zelda definendolo “rivalità
artistica”, questa infatti implica una competizione, ma non una
sopraffazione come quando uno dei due ha maggiore potere e riduce al
silenzio l’altra. Nel caso di Scott e Zelda non si può parlare di semplice
rivalità.
Con un diverso approccio viene affrontata anche l’ossessione di
Zelda per la danza e per la sua insegnante Madame Egorova, talvolta
interpretata come relazione lesbica. La maggior parte dei medici, Scott e
tutti i precedenti biografi, si trovavano d’accordo nel ritenere la danza e
la scrittura dannose per la salute di Zelda, e anzi sostenevano che fossero
state la causa del suo crollo psicologico. Cline smentisce tutte queste
affermazioni sostenendo che il crollo non fu dovuto alla danza, ma al
profondo desiderio, destinato a non realizzarsi mai, di indipendenza
artistica da Scott.
La pittura era invece approvata e ritenuta terapeutica sia dai dottori
che da Scott e sicuramente era per lui meno dannosa. Non avendo
spiacevoli conseguenze sulla sua carriera di scrittore, gli consentiva di
preservare il suo status di marito-protettore. Cline considera la pittura
essenziale per Zelda come donna e come artista. In precedenza i critici vi
avevano prestato ben poca attenzione, dato che molte opere erano andate
perdute o distrutte. Cline riesce invece a vedere gran parte dei lavori
prodotti tra il 1925 fino al 1948; ne interpreta la tecnica, le influenze, i
temi ricorrenti, e sostiene che la non convenzionalità presente in tutti gli
aspetti della vita di Zelda è realizzata nel modo più completo attraverso
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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l’arte visiva. La pittura è stata secondo lei, la sua più grande
affermazione come artista, quella che lei ha esercitato più assiduamente e
fino alla fine.
I biografi di Scott hanno dato l’impressione che dopo la morte di
lui, nel 1940 non fosse accaduto più niente degno di nota a Zelda, ma
Cline lo smentisce, perché durante i successivi ultimi otto anni di vita
l’arte di Zelda fiorì come non mai, libera da impedimenti o restrizioni. La
leggenda parla di otto anni trascorsi senza speranza, di una Zelda persa
nella follia, una vedova abbandonata che vagava per le strade con la
Bibbia in mano cercando di convertire la gente. Zelda era invece in grado
di vivere abbastanza indipendentemente, nonostante fosse una donna
profondamente danneggiata dagli eventi della vita, e finalmente era
giunta a ritagliarsi un proprio spazio. Scott era stato troppo preso da se
stesso per comprendere la genialità della moglie e per esserle di supporto.
Apparentemente egli era rimasto fino alla fine fedele alla moglie “pazza”
ma si era rifiutato di farla uscire dall’ospedale nel quale veniva sottoposta
a trattamenti dannosi, per timore delle conseguenze distruttive che ciò
avrebbe potuto avere sul suo lavoro.
Le ricerche di Sally Cline hanno svelato una storia clinica fatta di
diagnosi sbagliate e di rimedi letali. Tra le numerose fonti, troviamo
anche referti medici e un’intervista all’ultimo psichiatra di Zelda, il dott.
Irving Pine, la cui diagnosi risulta diversa da quella che invece entrò a far
parte della leggenda. La versione conosciuta da tutti definiva lo stato di
Zelda come “schizofrenia”, mentre il suo vero problema era definibile
come “mania depressiva”. L’incapacità di Zelda di uniformarsi al
tradizionale ruolo femminile, è stata evidentemente diagnosticata come
disordine mentale. Cline mostra l’atrocità dei trattamenti ai quali venne
sottoposta durante i vari periodi di ricovero in ospedale a causa dei quali
soffrì più che per la malattia stessa. Si trattava di cure agghiaccianti:
elettro-shock, iniezioni di siero di cavallo, morfina, clisteri sedativi,
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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shock di insulina e trattamenti convulsivi. La descrizione delle sofferenze
che Zelda dovette sopportare non sono qui affrontate in maniera
superficiale come nella biografia di Nancy Milford, scritta soprattutto
sotto la spinta del revisionismo femminista. Quest’ultima focalizzò la sua
attenzione sulle condizioni mentali di Zelda e sulla sua ambiguità
sessuale in maniera così esagerata da suscitare pesanti proteste da parte
della figlia di Zelda, Scottie, la quale le impose di apportare numerose
modifiche e tagli alla sua biografia prima della pubblicazione.
Sally Cline racconta la storia di una nuova Zelda, le restituisce la
voce soffocata per troppi anni e dimostra che la creazione di miti e
leggende, come nel caso del matrimonio dei Fitzgerald, della
Generazione Perduta, dei Ruggenti Anni Venti, rappresenti un pericolo
per la cultura che viene così sacrificata alle immaginarie e immaginate
glorie del passato.
Le Voci di Zelda
Nel restituire a Zelda Fitzgerald la propria voce, Sally Cline
struttura il libro intorno alle “voci”, molto diverse tra di loro e a volte
persino contrastanti, che ne modellarono la vita. Zelda viaggiò molto,
nata a Montgomery, Alabama, si trasferì nel 1920 nel moderno Nord, a
New York, dove si respirava un’aria del tutto diversa da quella polverosa
e calda del Sud, viaggiò attraverso l’Europa – Francia, Italia, Svizzera,
Inghilterra – conducendo un’esistenza priva di radici.
Il libro si apre sulla “Voce del Sud” che caratterizzò l’infanzia e
l’adolescenza di Zelda. Il Sud nel quale crebbe e si formò, una terra dai
colori caldi e profumi intensi, dove la Guerra Civile era ancora un ricordo
molto vivido nella mente della popolazione, la persecuzione razziale non
era finita con la fine del conflitto, le persone di colore venivano
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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impiccate agli alberi, i linciaggi, le mutilazioni, i marchi a fuoco erano
ancora mezzi con i quali questi venivano puniti. Lo stesso padre di Zelda,
il giudice Sayre, aveva creato una legge, la Sayre Election Law, che
impedì ai neri di votare fino alla promulgazione nel 1964 del Civil Rights
Act.
Zelda incarnava perfettamente il modello della ragazza del Sud, la
Southern Belle. Proveniva da una vecchia e stimata famiglia, era la
ragazza più ammirata, sempre circondata da corteggiatori, estremamente
popolare e consapevole di esserlo. La società del Sud era molto protettiva
verso le sue donne e Zelda ne sentiva tutto il peso, ma allo stesso tempo
questo le dava un senso di sicurezza e di protezione che poi gli sarebbe
mancato quando avrebbe abbandonato la sua città d’origine. Zelda
desiderava fuggire dalla claustrofobica Montgomery eternamente avvolta
nel suo passato e quando conobbe Scott individuò in lui l’opportunità di
una nuova vita lontano da tutto ciò, a New York.
Il secondo capitolo si apre proprio a New York e ci fa udire la
“Voce del Nord”. Sono i primi anni di matrimonio, gli anni della
notorietà, degli incontri negli atri degli alberghi più lussuosi, i Ruggenti
Anni Venti che Fitzgerald rinominò l’Età del Jazz e della quale divenne,
insieme a Zelda, simbolo, icona, portavoce. Furono gli anni dei tanto
discussi bagni nelle fontane e delle corse per la città sui tetti dei taxi, dei
party selvaggi a base di alcolici che duravano per giorni interi, anni di
spese folli.
Nella romantica e languida Montgomery Zelda era considerata una
celebrità che era riuscita a dominare uno scrittore in difficoltà, ma il
matrimonio a New York cambiò tutto. Scott non era più in difficoltà e
Zelda non era più una celebrità. Lui aveva degli amici, mentre lei non ne
aveva, non aveva più neanche la sua famiglia; divenne così la sua
consorte spiritosa, arguta e fantasiosa. Ma per la prima volta nella loro
relazione era soltanto un accessorio decorativo, era soltanto “la moglie
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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di” Scott Fitzgerald. I provocatori atteggiamenti di Zelda erano dovuti
solo in parte al suo temperamento ribelle, in parte si trattava di un modo
per gestire una sensazione per lei del tutto nuova, quella di trovarsi in un
nuovo mondo che non sapeva controllare. Scottie afferma infatti che
l’educazione tipica del Sud costituì per Zelda un grosso problema a New
York. Il suo forte accento, spontaneo e colorito, suonava decisamente
ridicolo e volgare nella sofisticata metropoli. Nel Sud la vita era sicura,
accogliente, piena di amore e di romanticismo; Zelda non si sentiva a suo
agio in una città dinamica e fredda come New York, dove doveva sempre
essere ciò che la gente si aspettava da lei: la compagna arguta e elegante
di un uomo famoso. Non era preparata a tutto ciò, sebbene esternamente
nascondesse queste difficoltà dietro al ruolo assegnatole.
Nonostante l’estraneità di entrambi a questo mondo scintillante
(Scott era nato nel Midwest a St. Paul, Minnesota), Scott e Zelda
arrivarono ad incarnare lo spirito della New York dei Ruggenti Anni
Venti, una metropoli lussuosa, popolata da una nuova generazione
appena arrivata da diversi stati piena di ambizioni e di ricchezza.
Divennero il simbolo di una gioventù edonistica, crearono un nuovo tipo
di coppia e ciò contribuì al loro successo. Si erano giurati una vita nuova
in cui ciascuno avrebbe generato il divertimento per l’altro. Zelda
incarnava il mito della Flapper, la nuova donna degli anni successivi alla
fine della guerra che portava gonne corte, beveva, fumava, invocava la
libertà sessuale, rifiutava il matrimonio. Riuniva a sé due personalità
molto diverse fra loro, la languida Southern Belle e l’emancipata Flapper,
un’operazione culturale molto importante che univa due modi di essere
che contraddistinguevano due parti contrapposte degli Stati Uniti.
Zelda e Scott erano personaggi molto in vista, frequentavano feste
esclusive ed erano sempre presenti nelle pagine dei rotocalchi. I
giornalisti trasformarono i loro bizzarri atteggiamenti nel mito, che a sua
volta li incoraggiava a inventare ulteriori gesti sorprendenti, così che
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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furono catturati in un circolo vizioso che li lasciò confusi e alienati. Non
sapevano più cosa ci si aspettava da loro e come avrebbero dovuto
comportarsi per non deludere le aspettative del pubblico.
I Fitzgerald vennero idealizzati come una coppia felice, ma sotto il
costante scrutinio pubblico e afflitti da problemi personali, lottavano
contro un matrimonio che si stava sgretolando. Tanta era stata la voglia
di scappare dal Sud, ma tanta divenne per Zelda anche quella di tornarvi,
e quando lo fece insieme a Scott nell’estate 1920, quando i profumi
floreali del Sud e la vista delle giovani con i lori vestiti d’organza
apparvero davanti ai suoi occhi, Zelda venne sopraffatta dalla nostalgia.
Il soggiorno durò poco, i Fitzgerald viaggiavano continuamente, Scott ci
era abituato fin dall’infanzia, ma tale transitorietà la faceva sentire fuori
posto. Nel Sud ci si muoveva meno rispetto al Nord, la gente rimaneva
profondamente legata alla terra, alla famiglia, alla comunità.
Zelda si sentiva a disagio anche nel freddo e umido Nord di St.
Paul, dove Scott volle aspettare la nascita di Scottie, la loro bambina. Era
una città nuova, che aveva visto solo tre generazioni; la sua mancanza di
radici ancestrali dava a Zelda un senso di insicurezza, provvisorietà,
alienazione. Per lei era un mondo troppo distante non solo
geograficamente ma soprattutto psicologicamente dall’Alabama nella
quale era cresciuta e che nonostante tutto, era ancora l’unico posto al
mondo in cui si sentiva veramente a casa. A loro volta la maggior parte
degli abitanti di St. Paul considerava la sua provenienza dal Sud come
qualcosa di alieno.
Il terzo capitolo riguarda le “Voci Straniere”, gli anni di esilio
trascorsi in Europa, principalmente in Francia, dove era esplosa la
rivoluzione artistica nelle sue innumerevoli forme, gli anni degli
americani a Parigi, delle estati in Riviera, anni in cui il matrimonio dei
Fitzgerald cominciò a vacillare. In Europa fecero importanti amicizie:
Hemingway e sua moglie Hadley, Gerald e Sara Murphy, Gertrude Stein
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
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e Alice B. Toklas, Picasso, Léger e molti altri. I Fitzgerald non
conoscevano nemmeno il francese, vivevano come turisti e non entrarono
a far parte della comunità degli espatriati, né visitarono chiese o musei.
Nel sud della Francia, Scott si chiudeva per giornate intere a
scrivere il suo romanzo The Great Gatsby, e abbandonava Zelda a una
vita monotona e noiosa. Scottie veniva affidata alla bambinaia, e lei
aveva disperatamente bisogno di compagnia. Fu allora che incontrò
Jozan, l’aviatore francese del quale si innamorò, e la sua relazione, che
probabilmente rimase esclusivamente su un piano platonico, di desiderio,
portò ad una spaccatura profonda nel matrimonio. Come era loro uso, i
Fitzgerald ci ricamarono sopra e ne fecero uno dei tanti episodi che
entrarono a far parte dei loro miti, delle loro leggende. Significativo è che
per la prima volta, Zelda distolse l’attenzione da Scott e dal suo lavoro,
ciò che egli si aspettava da lei; allontanare la sua attenzione era forse più
grave che allontanare il suo corpo, per questo motivo egli affermò “that
September 1924 I knew something had happened that could never be
repaired”
4
. Zelda desiderava realizzarsi pubblicamente e riacquistare
l’indipendenza che aveva perso lasciando l’Alabama. A Montgomery
aveva fatto esattamente tutto quello che aveva voluto ed era ammirata per
la sua intelligenza, bellezza e bravura. Quello che scriveva era apprezzato
dal pubblico. A New York, nel Minnesota, a Parigi, in Riviera, invece,
era Scott che scriveva, mentre Zelda recitava la sua parte.
A Capri nel 1925 Zelda cominciò a prendere le prime lezioni
formali di pittura. Il suo soggetto preferito erano i fiori ispirati dai solari
paesaggi italiani, ma influenzati dal costante e persistente ricordo del suo
Sud. Sono dipinti che mostrano immagini più volte riprese da artisti del
meridione, caratterizzati dalla sua penetrante luce e dai fiori esotici della
loro terra. I Fitzgerald tornarono poi in Francia dove i loro problemi si
intensificarono: Zelda aveva problemi di salute, Scott era ormai sempre
4
Cline, p. 154.
Eleonora Tedeschi, Zelda Fitzgerald: La Revisione del Mito
15
ubriaco. Erano fuggiti dalle selvagge distrazioni di New York per cercare
rifugio a Parigi, ma decisero di tornare negli Stati Uniti per scappare
dalla loro vita dissoluta e sconsiderata in Francia. Questo però non servì,
niente avrebbe potuto più riparare al danno.
Le voci successive sono le “Voci Creative” degli anni dedicati alla
pittura, alla scrittura, alle lezioni di danza, ai tentativi per affermarsi
artisticamente. Scott non notava nemmeno i suoi sforzi per scrivere e
dipingere, non si rendeva conto di quanto poco spazio egli le lasciasse
per concentrarsi sul suo lavoro piuttosto che su quello di lui. Scriveva
articoli che venivano pubblicati a nome di entrambi ma in realtà erano in
gran parte opera di Zelda. La maggior parte dei biografi di Scott
menziona solo accidentalmente questi furti di proprietà intellettuali e li
considera espedienti di mercato senza conseguenze.
Zelda ritornò ad un interesse precedente, la danza, nel tentativo di
potersi esprimere, fiduciosa nel proprio talento era decisa a raggiungere il
proprio obiettivo, a qualsiasi costo. Ma più l’autodisciplina di Zelda si
rafforzava, più Scott si indeboliva: cominciò a bere per stimolare la
propria creatività, lei non aveva più influenza su di lui e lui non aveva
nessun controllo su se stesso. Sebbene Scott ormai potesse essere
difficilmente definito uno scrittore di successo, la loro vita continuava a
svolgersi intorno al suo ruolo di scrittore. Più Zelda sentiva il bisogno del
supporto del marito, più egli glielo negava; contrastava la sua dedizione
alla danza, la soffocava, la terrorizzava perché beveva troppo. Zelda
trovava sollievo solo nella danza e la praticava instancabilmente. Quando
non danzava, dipingeva. Scott provava risentimento e invidia per la sua
produttività, soprattutto perché gli ricordava gli scarsi progressi che egli
aveva fatto con il suo romanzo. Zelda continuò a prendere lezioni di
danza anche a Parigi dove si trasferirono, nuovamente per fuggire ai loro
problemi e alla loro vita disperata in America.