Se il nostro modello di vita da qui ai prossimi 5/10 anni sarà del tipo: “ok, decido di diventare
un nomade del lavoro, vestendo i panni di un professionista camaleontico a seconda delle
trasformazioni del mercato” bè, mettiamoci il cuore in pace. Avremo un’altra serie di problemi.
Non ultimo quello dell’abitazione.
Il nomade medio è costretto ad accontentarsi di alloggi impersonali (e visti i prezzi di mercato,
pure piccoli e con strane situazioni di convivenza). Non ha il tempo di intervenire
sull’appartamento, non può fare grandi investimenti per mobili, soluzioni per ottimizzare lo
spazio. La sua permanenza è vacillante come il suo contratto di lavoro, e l’acquisto di qualsiasi
oggetto che superi le dimensioni di un cd o di un computer portatile è pericolosa visto che
rischia di non entrare nella prossima valigia (o addirittura in casa).
Se da un lato il mercato t’impone di plasmarti sulle diverse situazioni lavorative, di cultura,
abitudini, dall’altro non possiamo fare molto per metterci a nostro agio, sentirci a casa e farci
confortare dai nostri modi di vivere, nello spazio domestico. Spesso non è una questione di
prezzo, Dink e Bobos dilapidano il loro nutrito stipendio in chiccherie, chincaglierie costosissime
apparse su chissà quale giornale di tendenza. Certo è che non tutti si possono permettere di
acquistare Flap, il divano di Edra, (Svaroschi compresi) il divano dalle mille soluzioni
trasformative, visto che poi, se da Milano mi devo trasferire per un tempo indefinito a Sidney,
il prezioso oggetto non seguirà le mie orme, ma verrà, ahimè, regalato o svenduto.
Dobbiamo accontentarci dei mobili che la casa già dispone e rispettare la loro rigida
monofunzione. Il mercato immobiliare milanese riesce ad affittare a peso d’oro monolocali di
qualsiasi metratura. In una situazione così misurata, dove tutto entra ad incastro, come
possiamo pensare di riuscire a giocare con il nostro spazio, ma soprattutto con i nostri mobili?
La ricerca condotta mette in luce i controsensi con i quali la categoria degli
aspiroadentrareinsocietà si trova a dover convivere, a livello lavorativo, di nuovi scenari sociali,
a livello di rapporto con gli oggetti.
Partendo da una panoramica degli sviluppi sociali, crisi dei mercati in corso compresa, vengono
analizzate le nuove tipologie di lavoro –flessibile e atipico-, lo sviluppo di nuove famiglie –dalle
coppie di fatto alle famiglie lunghe, passando per i single -realtà metropolitana sempre più in
crescita- e di classificazione di nuovi targhet di riferimento e consumo –tra Dink, Bobos,
Flexecutive, in un groviglio di tipologie in progress.
Un occhio di riguardo è per le tendenze in atto, che condizionano i modi di consumare, avere,
comportarsi o pregare, seguendo regole di mode e mercato. Una sorta di manuale di
comportamento sociale per integrarsi, sentirsi parte di qualche cosa e rivestire qualsiasi gesto
compiuto in un tassello di chissà quale schema di comportamento sociale.
Uno scenario dove gli oggetti sono le uniche cose ancora idolatrate. Oggetti come possessi,
come comunicatori di ideologie e stili di vita, ingannatori di qualcosa che non siamo ma che
vorremmo essere –riferimento alla moda.
Oggetti che ci rappresentano, ma non solo, spesso ci coccolano, ci confortare e proteggono.
Cresce l’interesse per una categoria di prodotti che deve parlare con noi, sostenerci, essere
mutevole in base alle nostre evoluzioni sociali e pratiche.
Il tema della personalizzazione dei prodotti, negli ultimi anni, ha subito un’impennata notevole
andando a coinvolgere i prodotti della moda, del design, addirittura anche quelli del campo
automobilistico.
Tutte queste premesse sfociano nell’ideazione di oggetti nomadici, trasformabili e trasportabili,
sensibili ai nostri cambiamenti e ai nostri umori. Presenze discrete nelle nostre abitazioni che ci
danno la possibilità di giocare con lo spazio e trovare infinite combinazioni e soluzioni di
abitabilità.
1 Società
Siamo protagonisti di una serie di trasformazioni sociali che negli ultimi anni ci hanno fatto
rivedere i nostri modi di relazionarci al mondo del lavoro, a quello del consumo, influendo sui
nostri rapporti con le persone, i sistemi di comunicazione e di stile di vita.
In campo tecnologico si sono fatti passi da gigante, tali da rendere impensabile oggi, uno stile
di vita simile solo a ieri. Non pare più possibile vivere senza cellulare, o non disporre di
internet –la nostra vera finestra sul mondo. Chi se li ricorda più i tempi in cui si spedivano i
documenti, o quando ci si doveva attenere esclusivamente ad orari serali per contattare una
persona. Tutto ciò ha significato una serie di possibilità in più. In un mondo che va talmente di
fretta da vedere appassire offerte nel giro di poche ore, la tecnologia ci viene in soccorso
rendendoci perennemente in contatto tra di noi.
In campo lavorativo siamo stati testimoni di un’apertura dei mercati che ha coinvolto in prima
persona l’Europa. Una chanse in più ma anche un tormento in più. Oggigiorno se non si
conosce l’inglese e l’uso del pc, di strada sembra se ne possa fare poca. Si arriva forse, solo
dietro l’angolo. Da un parte è sicuramente più facile muoversi, cogliere occasioni che ci portino
in altri paesi, dall’altra sembra che per trovare IL posto di lavoro tanto ambito, non serva più
solo laurea, eventuali master, ma buona esperienza nel campo, adattabilità, passione e, perchè
no, la voglia di crearsi un nuovo lavoro, studiando un po’ il mercato e fiutando le
trasformazioni in atto. Pare che il mercato ricerchi una serie di camicaze da sperimentare in
nuovi campi, inghiottendoli.
Siamo protagonisti attivi di una società alla quale non possiamo sottrarci, se non ne vogliamo
restare esclusi.
Ad appesantire la situazione è arrivato anche l’11 settembre, della serie: già prima era difficile
salire sulla “ruota panoramica” di Risico (il gioco che ti fa conquistare il mondo con l’astuzia e
la dedizione), figuriamoci adesso.
Senza parlare dell’avvento della dimensione global/no-global, il tormentone di qualche mese
fa, che ha stimolato riflessioni, seguite dallo sviluppo di nuove ideologie di pensiero e di
rapporto con oggetti e consumo. La convergenza di sensibilità, la costituzione di identità più
solide, il processo di responsabilizzazioni civili, l’avvento di dimensioni globali, il riemergere
dell’interiorità, la logica della varietà e il ritorno alla memoria storico-individuale, tutti concetti
che costituiscono oggi orizzonti di riferimento vitali e che continueranno a svilupparsi nei
prossimi anni e rappresenteranno il terreno d’innesto per futuri concept e comportamenti.
È in questa direzione che si trasforma anche la logica del consumo. Il mercato non è più
caratterizzato da regole rigide, da strategie orientate e fin dall’inizio vincenti, ma si apre verso
nuovi orizzonti flessibili. Diventa così necessario approfondire l’analisi e le riflessioni sulle
diverse categorie di prodotto, non più considerate in termini esclusivamente merceologici, ma
anche e soprattutto in termini di etica quotidiana e di qualità trasversale, in sintonia con
l’emergere delle sensibilità convergenti e con il consolidarsi del terreno delle affinità, più o
meno elettive.
Viviamo in una società che non ha più tempo neanche per il sonno, non c’è tempo di dormire e
se non si dorme non si sogna, e se non si sogna non si riescono ad elaborare nuove immagini,
nuove prospettive, nuovi possibili orizzonti all’interno del quale muoversi.
1.1 Nuovi scenari di una società complessa
Siamo di fatto passati da una società di massa a una società complessa: una società
molteplice, dove i comportamenti sono estremamente diversificati e i target non sono più delle
quantità misurabili, ma qualcosa che assomiglia a uno stato gassoso assolutamente fluido. Una
società dove il valore delle differenze diventa sempre più importante, così come quello
dell’immaginazione. Una società che ha sostituito a una logica razionale fondata su valori certi,
con un suo sviluppo lineare (di massa), una logica fuzzy (molteplice), a infinite variabili. Una
società che si struttura come sistema caotico in permanente e rapida modificazione.
Questo lo scenario in cui già ora ci troviamo ad operare e di cui dobbiamo essere in grado di
cogliere le nuove potenzialità. Dal momento che una logica fuzzy proprio per la sua
indeterminatezza è in grado di assicurare una più facile adattabilità e flessibilità, adeguandosi,
di volta in volta, alle esigenze di quella società che abbiamo definito molteplice. Questa la
rivoluzione a cui, come individui o come imprese, ci è dato di partecipare e che dobbiamo
imparare a governare. La vera attività del soggetto contemporaneo, quella che implica il
maggior dispendio di energia, è quella di difendere il vuoto, il silenzio, il deserto del sé delle
continue sollecitazioni che gli provengono in tempo reale, e in presa diretta dall’ambito
esterno, in modo quasi “automatico”. La maggiore difficoltà diventa paradossalmente quella di
non consumare, di non cedere alle lusinghe incrociate di prodotti, vetrine e mass media di una
sorta di gioco comunicativo rovesciato. La vera scelta, la più impegnativa, è il non acquisto, il
non legarsi a un prodotto o a un servizio che s’impone con tale insistenza da diventare
apparente opzione obbligata, difendendo una realtà che appare sempre più evidente: è il
consumatore che diventa merce rara.
C’è un senso di vertigine che ci attraversa quando guardiamo la nuova meta al di là della
frattura insanabile, del precipizio, che si è creato tra il vecchio modo di pensare e la nuova
realtà. Mentre il mondo procede per inerzia, ai comportamenti di ieri non corrispondono più gli
stessi risultati, né gli stessi valori. Sono cambiate le regole del gioco. Lo sanno bene i
produttori di alcuni beni considerati di lusso, come i gioielli o le pellicce, o di alcuni giocattoli
mitici, come il "meccano" o i "mattoncini" Lego, o di alcune tipologie di mobili, come quelli per
l’ufficio, che hanno visto le loro vendite contrarsi fortemente. Non che oggi la gente non compri
più. Semplicemente sono cambiate le priorità di scelta. Anche il gusto si è evoluto.
Contrapposizioni, una volta nette, tra stili diversi, tra classico e moderno, tra oggetti di gusto e
non, tra necessario e superfluo, hanno perso molto del loro valore. Oggi tutto è inutile, mentre
ogni cosa può essere fondamentale. In tema di gusto si parla di basic, di etnico, di
metropolitano, di vernacolare, di tribale, di linguaggi di clan. Su un piano emozionale si parla
di complicità e di memoria, di high-touch, di tecnologie friendly. Sono, dunque, cambiati i
parametri di riferimento. Lo stesso concetto di lusso, come le classificazioni relative a classi di
prodotto, del tipo "di fascia alta"o "di fascia bassa", hanno perso quasi del tutto il loro
significato proprio a causa della contaminazione tra i diversi modelli.
Un cambiamento che ha procurato una frattura profonda, uno scarto, all’interno dei mercati.
Mentre da un lato la forbice tra domanda e offerta nel campo di beni tradizionali ha continuato
ad allargarsi, dall’altro la crescente richiesta di prodotti diversi, talvolta immateriali, resta
spesso inevasa, non riuscendo l’offerta a fornire una risposta adeguata (e tempestiva) alle
attese. Un cambiamento nei comportamenti che ha contribuito (assieme ad altri fattori) a
mettere profondamente in crisi i modelli di produzione legati alle logiche di un mondo che non
esiste più.
“Siamo in un momento di grande sfide. Non ci troviamo più nella fase della “leggerezza
dell’essere”: siamo invece in una dimensione di grande “pesantezza” e responsabilità, per cui
bisogna cercare di produrre alcuni stimoli potenti, lavorare a nuovi modi possibili, e non più
nella dimensione del frammento, dell’energia personale, non più proponendo semplicemente la
fantasia la potere, ma qualcosa che ha un obiettivo molto più consistente, molto più ambizioso,
che è proprio quello di creare nuovi standard qualitativi, nuove forme di vita, nuovi
comportamenti, un nuovo linguaggio partendo dalle logiche del desiderio e del fantastico”, dice
Francesco Morace nel saggio Metatendenze; “Ci troviamo oggi come se fossimo al grado zero
dello sviluppo sociale e culturale e dovessimo in qualche modo ripartire. Ciò naturalmente non
è vero, perché sappiamo che c’è una memoria, ma il tipo di motivazione deve essere quello.
Dovremmo recuperare le tensioni e le energie che ci sono quando ci troviamo nel deserto, e
bisogna ripartire da zero come cercano di fare i tre protagonisti di “Generazione X”
raccontandosi delle storie. Pur sapendo che invece abbiamo dei riferimenti, abbiamo gia dei
valori sui quali lavorare, abbiamo già degli elementi, degli oggetti, delle dimensioni in cui
poterci muovere; lo sforzo, la tensione deve essere la stessa del pellegrino o del naufrago su
un’isola deserta, di Ulisse che deve riconquistare il proprio mondo.
[...]Oggi siamo da soli con noi stessi e con quelli che ci circondano, e insieme dobbiamo
cercare di uscire da questa fase di transizione che sicuramente stiamo vivendo non solo in
termini sociali, civili, ma anche in termini di cultura filosofica; non ha più senso fare riferimento
ai classici: va bene conoscerli però bisogna lavorare sulla memoria del futuro. Non cancellare
niente perché comunque niente va cancellato, sono cose che sono sulla nostra pelle, nel nostro
sangue, nel nostro cervello, però è assolutamente necessario riperdere questi elementi come
fondamenta su cui costruire qualcosa che non siano solo cattedrali costruite sulla sabbia del
deserto”.
1.2 Velocità, flessibilità
È dagli anni Ottanta che nell’orizzonte socioculturale permangono due fenomeni che
caratterizzano l’intera vita dei soggetti: l’accelerazione e la variabilità (o transitorietà). È
attorno a queste due logiche, a queste due concezioni dello spazio e del tempo, che sono
andate organizzandosi le forme di vita più caratteristiche del decennio, e che le identità
individuali sono andate costituendosi nel loro nucleo più profondo. Variabilità ed accelerazione
hanno cioè rappresentato il terreno in cui si sono radicati i valori, i comportamenti, gli stili di
vita più significativi del periodo.
Il modello affermatosi appare quello di un’organizzazione disponibile, liberale, in cui ciascuno si
sente stimolato all’iniziativa, al cambiamento, in un processo accelerato di innovazione
obbligatoria. “I rapporti sociali sono stati favoriti da un modulo informale, affettivo, amicale,
ma poco durevole e poco coinvolgente, fondato sullo scambio piuttosto che sulla reale
cooperazione sociale”. La categoria che ha dominato appare essere la transitorietà (degli
oggetti, dei luoghi, dei rapporti), che impone all’individuo di impegnarsi personalmente in
un’attività concorrenziale di innovazione, senza fornire un quadro di referenza stabile in una
struttura protettiva.
Un vissuto di “entropia e instabilità”, orientata comunque verso il polo del cambiamento:
assenza di un sistema permanente di valori, di ideologia, di filosofia, di religione, parziale
assenza di modelli, di eroi, di figure di autorità, di miti e di totem. Il valore diviene lo stesso
“cambiamento”, che non incarna più un principio di trasformazione tra una realtà e l’altra, ma
rappresenta un valore in sé. “Sradicamento temporale e spaziale, per assenza apparente di
storia, di passato e di tradizione, così come di divenire e di prospettiva, e per assenza di
territorio, di patria e di comunità di appartenenza. Dimensione di instabilità, di cambiamento
permanente, di metamorfosi aleatoria, di vissuto istantaneo e di “spontaneismo”, nello spazio
e nel tempo”.
Le due dimensioni del tempo e dello spazio propongono un’unica regola fondamentale:
cambiare tanto, cambiare sempre e speso, cercando in questo modo di esprimere
continuamente la propria personalità, non più basata sulla permanenza dei valori, ma sulla
volubilità dei comportamenti, sui capricci del desiderio. Si vive cercando di comunicare
immediatamente agli altri un’impressione di noi: non c’è progetto in questa attività ma una
furberia immediata, uno scambio immediato giocato sull’apparenza.
1.3 Il mercato futuro
Il soggetto più avanzato ormai non più essere incasellato in maniera precisa; gli strumenti di
segmentazione del mercato fino ad oggi adottati non sono più sufficienti: i consumatori più
avanzati dispongono infatti di strumenti culturali ed economici per poter “saltare” da una
dimensione di consumo all’altra. Gli effetti di questa nuova “poligamia” nel consumo sono sotto
gli occhi di tutti. Già oggi compaiono abitazioni plurali e camaleontiche, in cui si intrecciano
diverse logiche abitative, caratterizzate da spazi polifunzionali, in cui lo standard ricercato non
è spaziale o materiale, ma qualitativo e immateriale, traducendosi spesso in “servizio”. Si
diffonde un abbigliamento sempre più eclettico e personalizzato, in cui si mescolano confort e
narcisismo; in cui il casual si combina con il classico, lo stile sportivo con quello elegante. Si
afferma un’alimentazione caratterizzata da esigenze diversificanti e tra loro combinabili:
l’attenzione alla salute, il piacere orale. Il risparmio di tempo, le preoccupazioni dietetiche; il
pranzo tradizionale accanto al surgelato dietetico e semipronto, lo snack accanto al pasto
completo e gratificante.
Si compie il connubio tra comportamenti di consumo apparentemente contraddittori: un giorno
acquisto d’impulso, il giorno dopo spesa iperrazionale, il mezzogiorno a caccia di offerte-
sconto, pomeriggio votato alla follia voluttuaria.
Il consumo non è solo razional-funzionale oppure ostentativo, ma diviene anche percettivo,
mediato dall’intelligenza e dall’emozione, in grado quindi di coinvolgere non solo la percezione
visiva ma anche gli altri sensi attraverso rinnovate esperienze sperimentali legate agli altri
sensi (tattili, olfattive, uditive e gustative) e soprattutto al sesto senso. Si affermerà dunque la
tendenza a percepire il sistema di oggetti che ci circonda in termini più globali, come un
sistema integrato di informazioni e sensazioni. Ai beni e ai prodotti che utilizziamo si richiederà
sempre più spesso di essere –oltre che funzionali ai bisogni specifici che devono soddisfare ed
esteticamente attraenti- anche sensorialmente piacevoli, percettivamente multidimensionali,
ecologicamente equilibrati ed esteticamente propositivi. È necessario che il prodotto seduca
globalmente: la decisione d’acquisto sarà sempre più influenzata e guidata in tale direzione. Il
nuovo concetto di qualità comprende tutti quegli elementi, e ingloba nuovamente l’orizzonte
etico dell’approfondimento che negli ultimi anni era stato allontanato dalla cultura del progetto:
calarsi nella dimensione profonda della realtà, per coglierne gli umori e i sussulti, diviene la
strategia operativa più corretta, che sostituisce lo scivolamento disimpegnato ed evasivo
(anche se creativo) caratteristico del decennio precedente.
La multidimensionalità non esclude la ricerca di nuovi equilibri all’interno del sistema del
consumo ma anzi la incoraggia, e spinge i consumatori alla definizione di nuove regole nel
rapporto tra la domanda e l’offerta, tra progetto di consumo e nuova cultura industriale.
La principale manifestazione che caratterizza il vissuto del consumo di questi ultimi anni ,
riguarda la richiesta crescente di un’esperienza quotidiana sempre più vitale e personalizzata.
Si punta cioè su uno spazio del consumo maggiormente legato alle diverse attività vitali
dell’individuo e che divenga in un certo senso diretta espressione di esse. Questa esigenza
viene soddisfatta attraverso strategie anche molto diverse, che cercano comunque di realizzare
lo stesso obiettivo: fornire identità alle esperienza. Alla penetrazione graduale dell’alta
tecnologia nella nostra esperienza quotidiana, si accompagnano, per esempio, interventi a
bassa tecnologia e di self-help fondati sul bisogno di marcata personalizzazione, partendo da
un’affettività di base che molti esprimono in modo preciso, parlando di innamoramento per gli
oggetti, il colpo di fulmine, o il fascino.
Le ricerche più avanzate sulla scelta, l’acquisto e il vissuto dei prodotti di consumo, dimostrano
che il nostro rapporto emotivo e razionale con gli oggetti è profondamente cambiato. Ciò che
cerchiamo è sempre meno il possesso e l’acquisizione: ci dimostriamo meno interessati alla
loro rappresentatività sociale e culturale, mentre privilegiamo un rapporto emotivo, percettivo
e di affinità elettiva con il prodotto. Di amicizia e di parentela con gli oggetti.
Vestire il corpo o arredare la casa coincide con una sorta di progetto felice per il soggetto, che
deve sentirsi in sintonia con l’oggetto, e individuare delle affinità profonde con gli elementi del
proprio abbigliamento o dell’ambiente domestico. Si comincia ad arredare la casa partendo da
alcuni oggetti fortemente inventivi in termini sia economici sia affettivi, e si procede con
elementi sempre più di contorno, che verranno poi sostituiti nel tempo in una strategia di
“arredo in progress”.