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del lavoro, hanno dato vita ad una figura femminile storicamente nuova, caratterizzata dal
sommarsi di due presenze parziali e ad uno nuovo paradigma interpretativo del
comportamento femminile, quello che Ł stato definito la doppia presenza (Balbo, 1978).
DOPPIA PRESENZA : MONDO DEL LAVORO E MONDO FAMILIARE
Le donne sono state per decenni invisibili nelle statistiche ufficiali. ¨ a partire dagli anni 90
che l Istat ha investito sullo sviluppo delle statistiche di genere, scoprendo cos quanto
l universo femminile sia fortemente eterogeneo e dinamico (Sabbadini, 2004).
Le donne si iscrivono piø spesso ai cicli post-obbligo, abbandonano gli studi meno
frequentemente ed ottengono risultati migliori in termini sia di tempo impiegato a concludere
il percorso, sia di votazioni ottenute. Anche sul piano delle nuove tecnologie, terreno
tradizionalmente piø favorevole al sesso maschile, le ragazze hanno ormai annullato lo
svantaggio e lo hanno fatto nel giro di pochissimi anni. Nonostante questo, per , le ragazze
diplomate e laureate trovano lavoro piø tardi dei ragazzi, hanno una retribuzione piø bassa e
trovano spesso perlomeno all inizio lavori meno qualificati e meno stabili (Sabbadini,
2004).
PerchØ le laureate hanno un rendimento del loro investimento in istruzione minore di quello
dei laureati anche se la loro performance scolastica Ł migliore? La risposta sta nella
segregazione occupazionale: donne e uomini con lo stesso livello di istruzione sono abbinati
a posti di lavoro diversi (Rosti, 2006). Ma perchØ avviene questo ?
Le donne si concentrano in particolari professioni e mansioni per due ordini di ragioni:
- in ragione delle loro stesse preferenze, sia biologicamente determinate sia
condizionate da stereotipi sociali (offerta di lavoro);
- in ragione delle preferenze altrui o delle barriere erette dalla discriminazione
(domanda di lavoro).
Dal lato dell offerta, la segregazione si spiega con la teoria della divisione ottimale del lavoro
di Becker (1985), secondo la quale la differenza biologica o la presenza di una
discriminazione sessuale sul mercato del lavoro rende piø conveniente per le donne svolgere
l attivit domestica e per gli uomini offrirsi sul mercato del lavoro.
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Dal lato della domanda, il modello di Arrow (1972) evidenzia un circolo vizioso per il quale i
datori non investono nelle donne perchØ le donne non investono nel lavoro e le donne non
investono nel lavoro perchØ i datori non investono nelle donne.
E perchØ le donne non dovrebbero investire sul lavoro ?
La teoria dei tornei di Lazear e Rosen (1981) evidenzia che, a causa della divisione familiare
dei ruoli, le donne che lavorano devono sostenere un costo maggiore degli uomini per
partecipare al torneo, ma al maggior costo sostenuto dalle donne non corrisponde un
beneficio maggiore di quello degli uomini, perchØ il compenso Ł indipendente dalla
prestazione e quindi gli incentivi a partecipare al torneo sono minori per le donne che per gli
uomini.
La famiglia e il lavoro sono spesso presentati nella storia come dimensioni di vita contrastanti
se non contraddittorie tra loro e l industrialismo non ha fatto che accentuare tale
separazione. Eppure lavoro e famiglia costituiscono due aspetti essenziali per la vita umana,
due luoghi al cui interno la persona cerca la realizzazione di sØ (Bocca, 1997). PerchØ la
donna Ł costretta a scegliere quale delle due dimensioni prediligere?
Ci che emerge Ł che la maternit non sembra andare d accordo con il mondo del lavoro
(De Luca). Il comune di Torino evidenzia che le donne con figli piccoli hanno un tasso di
occupazione di 13,6 punti inferiore a quello delle donne senza figli, il tasso di occupazione
degli uomini con figli Ł di 10 punti superiore a quello degli uomini senza figli. Inoltre, una
donna su cinque abbandona l attivit lavorativa nel primo anno di vita del figlio (Savoldi,
2007). La presenza di figli ha dunque un impatto diverso nella condizione lavorativa di una
donna e di un uomo.
Da una indagine sulla durata complessiva della vita lavorativa degli italiani (Schizzerotto,
1995), le donne presentano mediamente carriere lavorative piø brevi di quelle degli uomini; il
possesso di un titolo di studio superiore allunga la loro permanenza tra le forze di lavoro e il
matrimonio e, in misura ancora maggiore la maternit , l abbreviano. Matrimonio e maternit
non si limitano ad incrementare i rischi di uscita definitiva delle donne dal mercato del lavoro,
ma irrigidiscono anche la carriera. Questa ridotta mobilit accentua i rischi di abbandono
definitivo della sfera lavorativa (Bison, Pisati, Schizzerotto, 1996). Nulla di tutto questo si
osserva negli uomini. L estensione temporale delle carriere maschili Ł indipendente da ogni
altra variabile che non sia lo stato dell economia o del mercato del lavoro.
In sostanza questo implica che il comportamento lavorativo delle donne Ł condizionato in
larga misura dal matrimonio e dal ciclo di vita familiare all interno del quale esse agiscono
(Bison, Pisati, Schizzerotto, 1996). La divisione dei ruoli Ł ancora rigida all interno della
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famiglia e il contributo degli uomini al lavoro familiare, seppur di maggiore collaborazione in
questi ultimi anni, continua ad essere molto contenuto rispetto a quello delle donne. Le
donne lavorano in media 75 minuti in piø degli uomini (Monti, 2007) : il monte ore di lavoro di
almeno un terzo delle donne in Emilia Romagna supera le 70 ore alla settimana, mentre la
media si colloca dalle 56 alle 60 ore, circa 14 ore in piø dei loro compagni o mariti (Zanarini,
2003).
Le differenze nei profili delle giornate tipo di uomini e donne diventano piø marcate quando
nelle coppia ci sono anche dei figli. Al crescere del numero dei figli le donne occupate sono
costrette a riorganizzare tutti i tempi di vita quotidiana. La presenza di figli sembra non
rappresentare per i padri un particolare aggravio di lavoro familiare, visto che gli uomini in
coppia senza figli dedicano al lavoro famigliare 2h03 contro 1h51 dei padri (Sabbadini,
2005).
Inoltre l organizzazione della giornata lavorativa non Ł modellata sui bisogni delle famiglie,
ma su quelli del mondo del lavoro. Nel nostro paese la maggior parte delle donne che lavora
ha dovuto adeguarsi ad un modello occupazionale di tipo maschile, caratterizzato da un
orario prolungato e dalla continuit lavorativa lun go tutto l arco della vita adulta (Zanatta,
2002). I contesti organizzativi continuano a essere un freno : le aziende tendono a investire
meno sulle donne cos da evitare il rischio potenziale legato all appartenenza di genere e alle
assenze per maternit o lavoro di cura. Le donne po rtano su di sØ il peso di piø ruoli: quello
in seno alla famiglia, quello lavorativo, quello della cura, della salute degli anziani, dei
bambini, delle relazioni parentali, con competenze organizzative straordinarie, apprese sul
campo per svolgere contemporaneamente tutto (Zanarini, 2003) eppure le donne sono
ancora discriminate sul lavoro a causa della fatica del doppio ruolo.
IL TEMPO E LA DONNA ACROBATA
L esigenza di determinare il tempo non Ł mai stata cos grande e onnipresente come negli
stati dell et moderna e degli stati industriali. I membri di questi stati hanno un bisogno quasi
inevitabile di sapere, almeno approssimativamente, che ore sono. Questa acuta sensibilit
per il tempo sembra radicata cos in profondit e c ostituisce un attributo cos forte nella loro
personalit tanto da essere considerata parte integ rante di sØ. E una di quelle costrizioni
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della civilt che non sono proprie della natura uma na e formano ci che viene indicato come
seconda natura (Elias, 1986).
Il tempo, secondo Cristina Bombelli (2001) non esiste di per sØ, ma Ł un attribuzione che
consente di definire un fenomeno e di accertarne la collocazione storica. Il tempo, insieme
allo spazio, con cui costituisce una relazione inscindibile, rappresenta il contenitore entro cui
avvengono le relazioni ed Ł continuamente scandito, programmato, ottimizzato.
L evoluzione nel tempo pu essere cos sintetizzata :
- Ieri: il lavoro rappresentava l attivit principal e nella vita di un individuo ed era
completamente slegato dalla sfera familiare e personale;
- Oggi: tutte le sfere della vita sono fortemente concatenate e le aziende tentano di
offrire forme di integrazione adeguate.
In particolare le donne che hanno figli e lavorano fuori casa devono confrontarsi con la sfida
quotidiana del tenere insieme .
Tenere insieme tanti piatti senza possibilmente farne cadere nemmeno uno,
perchØ se ne cade uno pu anche essere il bambino dimenticato all asilo, la
riunione in ufficio non preparata, gli sguardi di rimprovero dei colleghi che
sottintendono se non ce la fa potrebbe stare anche a casa
(Piazza, 2005, pp. 110)
ed il tempo viene sempre piø percepito come limitato.
Ma le donne ce la fanno e non mollano. Anche se con sempre maggiori difficolt perchØ al
contrario delle loro madri hanno orari piø lunghi, compiti di maggiore responsabilit perchØ
hanno studiato e si sono qualificate anche se le possibilit di carriera sono scarse, hanno
meno sostegni perchØ i servizi sociali invece di aumentare diminuiscono, hanno pure meno
supporti familiari perchØ anche le nonne spesso lavorano. (Piazza, 2005)
E quindi chi Ł la mamma acrobata ?
E una donna che aspira a una vita nella quale ci sia posto per tanti ingredienti
diversi: il lavoro, la maternit , l amicizia, l amo re, gli interessi e i valori personali, i
sogni per il futuro. Non volendo negare nessuna delle sue aspirazioni, le dosa
nelle diverse fasi della vita a seconda dei problemi che si pongono, trovando
equilibri sempre nuovi
(Rosci, 2007, pp. 27)
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Mamme acrobate perchØ in bilico tra passato e futuro, contese tra la realizzazione degli altri
e la realizzazione di sØ, incerte sui valori da perseguire e sulle priorit da assegnare (Rosci,
2007).
Ann Crittenden illustra in modo incisivo l incastro dei tempi delle madri:
Mamma e pap stanno guardando la tv quando la mamma dice: sono stanca,
vado a letto . Si alza e va in cucina a mescolare la salsa, tira fuori la carne dal
freezer per la cena del giorno dopo e apparecchia per la prima colazione. Poi
carica la lavatrice da far partire l indomani, riattacca un bottone caduto.
Passando nel corridoio raccoglie un paio di giocattoli e riporta al suo posto
l agenda telefonica. Qui trova il diario del figlio, con una nota della maestra alla
quale scrive una risposta. Gi che c Ł butta giø la nota spese per il droghiere.
Giunta in bagno si pulisce il viso con la lozione tre in uno e si lava i denti.
Indossa il pigiama e controlla che la porta sia chiusa a quattro mandate. Nel
frattempo pap dall altra stanza annuncia: sono s tanco, vado a letto . E ci va.
(Piazza, 2005, pp. 109)
Questo breve brano evidenzia come la radice principale delle difficolt esistenti per conciliare
gli impegni famigliari e quelli lavorativi stia nella diseguale distribuzione del lavoro di cura tra
donne e uomini. Ma non bisogna nascondere che vi Ł anche una
coercizione interna delle donne, segnata dall adesione al modello oblativo di
dedizione che impedisce il rispetto di se stesse per eccessivo rispetto dell altro.
Che impedisce di creare attorno a sØ uno spazio di delimitazione dei confini, di
costruzione della propria soggettivit
(Piazza, 2005, pp. 23-24)
con il rischio che la doppia presenza si trasformi in doppia assenza, un possibile risultato
catastrofico della eccessiva implosione e successiva esplosione del mix di fatica che
comporta il fatto di reggere le due presenze (Piazza, 2005).
In conclusione, questo modello familista non funziona affatto in modo soddisfacente. Esso
produce almeno tre effetti negativi:
- mantiene bassi i livelli di occupazione delle donne;