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Cosa accade al singolo utente che cerca informazioni sul Web? Attraverso quali
strumenti? Quali regole? È possibile progettare uno strumento che agevoli la
costruzione di questa conoscenza condivisa? E soprattutto, è possibile definire un
"modello teorico" che rappresenti il processo di costruzione della conoscenza basato sul
medium Internet? Sicuramente la complessità del tema richiederà approfondimenti
futuri, il presente studio ha lo scopo di capire questa realtà nelle sue linee generali
utilizzando un approccio cibernetico. In particolare adotterò il concetto di "intelligenza
collettiva" proposto da Pierre Lèvy (Lèvy, 1994) integrandolo con la teoria dei sistemi
cibernetici, al fine di proporre un modello applicabile al processo di costruzione della
conoscenza. Alcune conclusioni potranno essere mere speculazioni, in ogni caso avrò
raggiunto lo scopo attivando un dibattito attorno ad un tema spesso ignorato. Il mio
lavoro è un contributo alla "tribù" dell'Open-Source, una comunità composta di migliaia
d'individui che condividono la conoscenza per il piacere di farlo.
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Contenuto della Tesi e Riferimenti Teorici
Il presente lavoro è organizzato in cinque sezioni nelle quali sarà definito un modello
teorico, per l'interpretazione di un fenomeno cresciuto e sviluppatosi grazie
all'introduzione delle nuove tecnologie della comunicazione. L'oggetto di studio è
l'intelligenza collettiva definita, nelle sue caratteristiche generali, da Pierre Lèvy (Lèvy,
1994). Lèvy ipotizza un'interconnessione tra gli utenti che comunicano attraverso
Internet, tale da configurare un'intelligenza, frutto del contributo intellettuale e
conoscitivo messo a disposizione dagli utenti stessi. L'intuizione di Lèvy viene
sviluppata ed integrata con il ricorso alla teoria dei sistemi (Bertalanffy, 1969), con
particolare riferimento ai sistemi cibernetici (Weiner, 1965) impiegati nel paradigma
mentale proposto da Bateson (Bateson, 1979). Il risultato di questa operazione è un
modello denominato Web Open Knowledge System (WOKS), ovvero un sistema per
l'analisi della conoscenza costruita in un ambiente "virtuale" quale quello costituito
dalla rete Internet. Il primo capitolo, Sistemi e Conoscenza, è un'introduzione alla teoria
dei sistemi ed alle sue relazioni con l'epistemologia che ha lo scopo di delineare come è
possibile utilizzare i modelli cibernetici, ed in particolare quello proposto da Bateson,
per analizzare le tematiche relative alla costruzione della conoscenza. Il capitolo
successivo, La comunicazione su Internet, delinea le caratteristiche principali di Internet
quale sistema di comunicazione. Descrivendo le caratteristiche tecniche, le implicazioni
sociali e psicologiche introdotte da questo "New media", si vuole dimostrare come,
grazie ad esso, sia sorto un fenomeno del tutto originale denominato intelligenza
collettiva. Il terzo capitolo, Il modello dell'intelligenza Collettiva, è il fulcro centrale
della tesi. In esso viene definito il modello formale WOKS e sono descritti gli strumenti
che lo caratterizzano. Una particolare attenzione è riservata al Forum telematico, un
sistema di comunicazione che fonde alcune caratteristiche del dialogo orale con altre del
testo scritto creando un sistema ibrido, fondamentale per il funzionamento
dell'intelligenza collettiva.
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Nel quarto capitolo, Il fenomeno Open Source, viene verificata la consistenza del
modello proposto applicandolo all'analisi delle comunità virtuali dedite allo sviluppo del
software "Open Source". Le comunità che condividono la filosofia "open", vale a dire
l'approccio alla programmazione del software che garantisce la divulgazione delle
informazioni (codice sorgente) necessarie a modificarlo, sono un esempio concreto
dell'esistenza dell'intelligenza collettiva. Nell'ultimo capitolo, OpenKnowledge uno
Strumento per la Collaborazione sul Web, viene proposto un software, appositamente
sviluppato per la tesi, avente l'obiettivo di migliorare la collaborazione tra gli utenti
impegnati nel perseguimento di un obiettivo. Il software in questione si pone come
strumento d'integrazione al Forum telematico, insieme al quale, costituisce un sistema di
negoziazione e memorizzazione della conoscenza in dinamica interazione.
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Ringraziamenti
Nel periodo passato allo sviluppo del presente lavoro, spesso mi sono sentito come un
esploratore che, sprovvisto di una bussola che indicasse chiaramente la direzione,
cercava di tracciare un sentiero nel folto della “foresta” d'idee e contributi che altri
“avventurieri” della conoscenza avevano contribuito a sviluppare prima di me. Il timore
di allontanarmi troppo dal “campo base”, costituito dalle conoscenze istituzionalmente
validate, senza sapere bene dove mi avrebbe condotto il "viaggio" intellettuale
intrapreso, ha talvolta ingenerato smarrimento e mi ha portato più volte a pensare di
abbandonare l'impresa. È in tali situazioni che la vicinanza intellettuale ed emotiva di
alcune persone aiuta a ritrovare la motivazione e l’entusiasmo delle fasi iniziali del
lavoro, necessarie per concluderlo con successo. Desidero ringraziare il mio relatore
Prof. Giuseppe Favretto, per avermi dato la fiducia e l'indipendenza intellettuale
indispensabili per avventurarsi in un progetto tanto ambizioso. Un ringraziamento
particolare va all'ing. Matteo Guardini, che in qualità di relatore esterno, oltre ad
“iniziarmi” al mondo della formazione a distanza, fonte d'ispirazione per il presente
lavoro, è stato un attento lettore, un puntuale critico del progetto e, non ultimo, un buon
"motivatore". Un affettuoso ringraziamento va a mia moglie Marina e a mia figlia
Giorgia che hanno dovuto accontentarsi, per un discreto periodo di tempo, di un marito
e papà "part-time". Ringrazio inoltre papà e mamma grazie alla cui educazione ho
imparato ad amare la conoscenza. L'ultimo ringraziamento va ad una "Mente"
particolare, formata da migliaia di persone, che si è lasciata analizzare per svelare il
segreto del suo funzionamento.
"Immagination is more important
than knowledge"
Albert Einstein
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CAPITOLO 1
TEORIA DEI SISTEMI E CONOSCENZA
1.1. Cibernetica e conoscenza
Il concetto di sistema, nasce, come modello interpretativo della realtà biologica, per
merito di Von Bertalanffy, il quale nel suo "Teoria Generale dei Sistemi", traccia le
linee generali di un approccio allo studio di realtà complesse, prestando attenzione alle
relazioni tra gli elementi che in essa interagiscono. La definizione che Bertalanffy
(Bertalanffy, 1969) da di sistema è la seguente:
Un sistema può essere definito come un complesso di elementi interagenti. Interazione
significa che gli elementi p, sono connessi da relazioni R, in modo tale che il
comportamento di un elemento p in R è differente da quello che sarebbe il suo
comportamento rispetto ad un'altra relazione R1 (ibidem, p. 97).
Si desume da questa definizione che la portata rivoluzionaria dell'approccio sistemico è
dovuta all'attenzione posta alle relazioni tra gli elementi che compongono la parte di
realtà osservata. Le relazioni definiscono dei processi che caratterizzano il
comportamento del sistema stesso. Seguendo quest'approccio, un fenomeno è studiato
come un processo prodotto dalle relazioni scambiate tra gli elementi in interazione. Un
sistema, quindi, è il disegno strutturale delle relazioni che intercorrono tra gli elementi
di una determinata parte della realtà. I processi sono, altresì, le funzioni espresse dal
sistema durante il suo funzionamento. L'applicazione della teoria dei sistemi allo studio
di fenomeni non meccanici come la conoscenza o la comunicazione è legittimata dallo
stesso Bertalanffy, il quale afferma in proposito: "I teorici dei sistemi si trovano
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concordi nel dire che il concetto di sistema non è limitato agli enti materiali, ma che può
essere applicato a ogni intero che consista di componenti interagenti." (Bertalanffy,
1969, p. 175).
Fatta questa breve descrizione, il presente lavoro è volto allo studio del processo di
costruzione della conoscenza secondo un approccio sistemico. Come dimostrato da
Bruner (Bruner, 1993) e Vygotskij (Vygotskij, 1934), l'acquisizione della conoscenza si
configura come un'attività sociale che cresce e si sviluppa nell'ambito delle relazioni
sociali; può, quindi, a buon diritto, configurarsi come un sistema.
Nello specifico, si vuole indagare come si svolge il processo di costruzione della
conoscenza in un medium particolare qual è Internet, cercando di descrivere cosa
accade quando una persona decide di sviluppare un'idea cercando il contributo di altre
persone dislocate spazialmente e temporalmente ai quattro angoli del pianeta. La
potenzialità di mettere in comunicazione un numero enorme di persone offerta da
Internet è, profeticamente, già presente nella descrizione dei sistemi aperti data sempre
da Bertalanffy, il quale ricorda in proposito:
Tuttavia, in un meccanismo retroattivo chiuso, l'informazione può solamente diminuire e
mai crescere: il che equivale a dire che l'informazione può essere trasformata in rumore,
ma non viceversa. Il sistema aperto può tendere attivamente a uno stato di organizzazione
più elevata: può insomma passare da uno stato d'ordine inferiore ad uno d'ordine
superiore, grazie alle condizioni del sistema. Un meccanismo retroattivo può raggiungere
reattivamente uno stato di organizzazione più elevata grazie all'apprendimento, e cioè
all'introduzione d'informazione nel sistema (Bertalanffy, 1969, pp. 235-236).
Notiamo come la chiusura del sistema sia una caratteristica non attribuibile al Web, il
quale, per sua natura, ha un alto grado di apertura rispettando, di conseguenza, quanto
contenuto nella precedente affermazione. Tuttavia questo pone alcuni problemi che,
come vedremo, sono superati dall'introduzione dei sistemi cibernetici.
È noto che un gruppo ben amalgamato ha un tasso di produttività e d'innovazione
certamente superiore rispetto a quanto può fare una singola persona, quello che Internet
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aggiunge a ciò è "un'apertura" verso l'esterno che determina una fonte aggiuntiva
d'informazione, impedendo in tal modo l'effetto negativo provocato dalla chiusura del
sistema o, nello specifico, dal ristagno innovativo tipico dei piccoli gruppi. Analizziamo
ora la differenza tra un sistema aperto e un sistema chiuso per poi descrivere le
caratteristiche dei sistemi cibernetici, veri modelli di riferimento per il presente studio.
Un sistema si dice aperto se le relazioni che intrattiene con l'esterno sono di carattere
informativo o, per meglio dire, se hanno la possibilità di perturbare il suo
funzionamento. Nel caso contrario il sistema si dice chiuso. La chiusura di un sistema,
se da un lato ne facilita lo studio dei processi che vi avvengono, dall'altro è poco
applicabile a situazioni reali in cui le relazioni con l'ambiente sono fondamentali. Per
contro i sistemi aperti sono difficilmente descrivibili a causa delle complesse relazioni
che sono intessute con l'ambiente in cui sono inseriti. La soluzione a questa "empasse",
è superata ricorrendo i sistemi cibernetici, i quali, pur presentando le caratteristiche
strutturali dei sistemi chiusi, interagiscono con l'ambiente attraverso un processo di
"retroazione" o "feedback", che rappresenta l'esito prodotto dall'azione del sistema in
relazione con l'ambiente. Una chiara definizione di sistema cibernetico, la fornisce il
Boscolo: " Pertanto, si dirà cibernetico qualsiasi sistema in cui la relazione fra gli
elementi e le relazioni da e con l'ambiente, abbiano un contenuto di informazione, sia
questa inviata sotto forma di stimolo, comando, proibizione ecc., attraverso gli inputs e
gli outputs del sistema stesso" (Boscolo, 1969, p. 23). In definitiva, un sistema
cibernetico, "regola" il suo comportamento in conformità a come reagisce l'ambiente, o
meglio, l'insieme ambiente-sistema. Un sistema cibernetico ha il pregio di riunire le
caratteristiche proprie dei sistemi aperti e dei sistemi chiusi permettendo la costruzione
di modelli facilmente descrivibili nel loro funzionamento. Un sistema cibernetico è
interessante per il suo scambio d'informazione da e con l'ambiente.
Questo è esattamente ciò che dovrebbe avvenire nel processo di apprendimento, in cui
la conoscenza è incrementata sulla base dei rapporti di scambio di informazioni che il
singolo intrattiene con le altre fonti presenti nell'ambiente sociale in cui è inserito, in un
processo continuo di confronto tra quanto già conosciuto e quanto deve essere acquisito.
Tali fonti possono avere diverse caratteristiche ed essere materiali od immateriali: nel
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primo caso facciamo riferimento ad un'informazione "già elaborata" quale quella
contenuta nei libri di testo, o in supporti multimediali, nella seconda ipotesi, invece, il
riferimento è al prodotto che deriva da un'elaborazione intellettuale per opera di un altro
soggetto (o gruppo di soggetti) con cui si è in relazione. Il ricorso ad un modello
d'indagine particolare, qual è quello cibernetico, impone una, seppur superficiale, analisi
epistemologica di com'è strutturata la conoscenza. Cosa studia l'epistemologia? Può
essere definita come la disciplina che ha per oggetto “la riflessione sui fondamenti, sui
metodi e sul valore della conoscenza scientifica” (Maiorca, 1999, p. 88); si occupa
quindi di cosa é, e di come é strutturato il sapere scientifico. Da ciò si deduce che la
conoscenza ha diverse forme, ognuna delle quali si differenzia per l'accreditamento e la
dignità scientifica che la caratterizza. La conoscenza contenuta nel proverbio “Rosso di
sera bel tempo si spera”, ad esempio, pur essendo patrimonio comune di generazioni di
uomini che osservavano attentamente i fenomeni meteorologici, ha scientificamente lo
stesso valore di una superstizione. Precisiamo subito che non si tratta di una conoscenza
di valore inferiore rispetto a quella scientifica, ma semplicemente non rispetta le regole
che la comunità scientifica sì é data, per verificare se un assunto ha le caratteristiche per
essere definito scientificamente fondato. Quello che é importante per la presente
trattazione é individuare precisamente le relazioni che intercorrono tra le diverse forme
di conoscenza, al fine di capire come il suo accrescimento possa essere agevolato
dall'utilizzo di Internet.
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1.2. La conoscenza
Attraverso quali mezzi l'uomo conosce l'ambiente che lo circonda? È possibile
conoscere la realtà in sé? Sono queste domande che hanno accompagnato filosofi e
studiosi d'ogni disciplina fino ai giorni nostri, e che ancor oggi devono trovare risposta
definitiva. Seppur può apparire una "querelle" filosofica “la questione se sia corretto
pensare gli elementi primitivi della conoscenza come dati neutri liberi da qualunque
struttura o sovrastruttura teorica, oppure come fatti, come qualcosa, di fatto, in quel
peculiare modo da una qualche teoria o da qualche insieme di teorie” (Boniolo, 1990, p.
13), é decisiva per comprendere perché riteniamo alcune affermazioni informative
mentre altre no. I sostenitori dell'accesso alla realtà in sé o "noumenica", hanno avuto
come pensatore principe Francesco Bacone, secondo il cui pensiero, l’essenza della
realtà è accessibile all’intelletto umano. In contrapposizione a tale interpretazione, per
Immanuel Kant, e quanti hanno seguito il suo pensiero, l’accesso alla realtà pura è
negato all’uomo cui resta la possibilità di interpretarla attraverso il filtro mentale
costituito dagli "a priori". Bacone raccomandava un approccio alla conoscenza con “la
mente come una tabula rasa”, mentre Kant credeva che essa fosse il frutto di
"un’interpretazione". La tesi più accreditata nella comunità scientifica è quella avanzata
da Kant che, sottolineano bene, non nega l'esistenza del reale, ma evidenzia
l'impossibilità per l'uomo di conoscerlo. La nostra conoscenza scientifica, si basa su
modelli teorici che interpretano la realtà pur senza coglierne l'essenza. Si tratta di
un'approssimazione che ci permette di agire quotidianamente, ma di cui non possiamo
prevedere le conseguenze fino in fondo. Nel nostro vivere quotidiano, ci affidiamo a
diverse forme di sapere, cui diamo molte volte valenza addirittura superiore a quella
riposta nella scienza: pensiamo solamente all'esperienza religiosa o al coinvolgimento
emotivo.
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Sono stati conoscitivi non riducibili al paradigma scientifico e per questo motivo fonte
di accese diaspore sviluppatesi attorno all'indimostrabilità delle conclusioni. Ciò non
toglie che, quando parliamo di conoscenza, esistono diversi modi di considerarla, a tal
proposito vale la pena ricordare la pratica della meditazione Zen tesa al raggiungimento
del “satori” o illuminazione, attraverso l'inibizione del pensiero razionale, a beneficio
dell'esperienza sensoriale.
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1.3. La società scientifica
La società occidentale ha "costruito" il suo sapere (da un certo periodo storico in avanti)
sul paradigma scientifico. Non é sempre stato così, basti solo ricordare i secoli bui del
medioevo intrisi di superstizioni e false credenze, dettate più dalla volontà di mantenere
il popolo nell'ignoranza per meglio dominarlo che, da una reale volontà conoscitiva.
L'anno zero dell'approccio scientifico universalmente accettato è il 1632, anno in cui
Galileo Galilei pubblicava il “Dialogo sopra i due massimi sistemi”. L'importanza del
lavoro galileano, a prescindere dai contenuti, sta nel metodo utilizzato per dimostrare le
sue scoperte, infatti, lo studioso elaborò una serie di regole da seguire per addivenire ad
una dimostrazione scientificamente fondata. Da allora non é più possibile avvallare una
teoria per deduzione, come avveniva seguendo i precetti aristotelici, ma é necessaria
una verifica empirica dei risultati ottenuti. Il messaggio scientifico è quindi molto
chiaro: se affermi qualche cosa, devi dimostrare empiricamente la sua validità. La
ricerca scientifica si é evoluta molto dal XVII secolo, però il concetto di fondo che
guida la ricerca, rimane quello galileano. L'occidente ha basato il proprio progresso e
credibilità sulla scienza, tanté che oggi si sente parlare di “scientismo” quasi come
forma di religione. Occorre però ricordare che esistono popolazioni che non seguono il
paradigma scientifico e che vivono la loro esistenza tranquillamente, come ad esempio
le popolazioni amazzoniche. La società scientifica é quindi lo sviluppo di una
popolazione sulla base di un preciso modello conoscitivo che chiamiamo scienza,
culturalmente e spazialmente determinato. È evidente come la conoscenza possa
influenzare la costituzione e lo sviluppo di una società e, soprattutto, come sia un filtro
per distinguere ciò che é “informazione” da ciò che non lo è. Sul tema dell'informazione
avremo modo di approfondire il discorso nel seguito di questo lavoro.
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1.4. Conoscenza scientifica
La comunità scientifica ha stabilito delle precise regole su come deve svilupparsi la
conoscenza e di riflesso la società. Il sistema cibernetico, costituito dalla conoscenza
accumulata da una società, influenza il sistema sociale in cui si sviluppa, determinando
sovente, anche le componenti etiche e morali. Quali sono le potenzialità ed i limiti del
metodo scientifico? Le potenzialità del metodo scientifico derivano direttamente dal
procedimento strutturato d'acquisizione e validazione dell'informazione, che porta ad un
processo cumulativo della conoscenza. Anche se alcuni epistemologi (Khun, 1983)
sostengono che alcune scoperte scientifiche non sono cumulative, ma avvengono altresì
per “salti” o meglio per "rivoluzioni", é comunque fuor di dubbio che, anche l'eventuale
rivoluzione è resa possibile da un "background" culturale che racchiude in sé l'intero
sapere pregresso di una determinata comunità. L'efficienza del paradigma scientifico é
data dalla prerogativa di costruire modelli della realtà che, con diversi gradi di
approssimazione, permettono di operare delle interferenze su di essa operando delle
previsioni. In sostanza la potenza del modello scientifico è data dalla capacità di predire
il comportamento futuro della parte di realtà osservata. È proprio nell'efficienza del
metodo scientifico però, che si annidano i suoi limiti, molte volte non considerati a
sufficienza. La realtà, qualunque cosa essa sia, non funziona a comparti stagni, ma ha
intrinsecamente una natura sistemica, che tende a propagare le interferenze locali
all'intero. Utilizzando la terminologia dell'approccio sistemico, la realtà è un sistema
aperto che per essere descritta deve contemplare un enorme numero di variabili ed
interazioni, quali neanche l'insieme dei calcolatori presenti sulla terra riuscirebbe ad
elaborare. Questo significa che un modello scientifico deve necessariamente ridurre il
numero di variabili considerate rischiando di diventare un sistema chiuso, con una
capacità previsionale limitata. Se prendiamo ad esempio le previsioni meteorologiche,
ci accorgiamo di quanto i modelli possono presentare limiti anche consistenti; esse sono
elaborate grazie a complessi modelli matematici che devono ridurre il numero di
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variabili considerate, (pena l'impossibilità di fornire un risultato in un tempo che non sia
dell'ordine di qualche giorno) anche se sono “processate” da grossi calcolatori,
inficiando il risultato finale e facendoci partire per le agognate ferie in calzoncini corti
sotto un diluvio di proporzioni bibliche. Considerati i limiti strutturali del metodo
scientifico, é comunque alla sua capacità di cumulare conoscenze universalmente
condivisibili e operare previsioni per il futuro che prestiamo attenzione. La comunità
scientifica, al di là dalle differenze culturali, segue lo stesso metodo e permette, a
chiunque accetti le sue regole, di contribuire al progresso.
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1.5. Induzione e Deduzione
Nel precedente paragrafo abbiamo parlato di processo cumulativo della conoscenza, ma
come avviene? Per rispondere al quesito é necessario riferirsi alle dispute sviluppatesi
attorno a temi quali la deduzione e l'induzione. Tradizionalmente si assegna
all'induzione la palma d'oro della scoperta scientifica, relegando il processo deduttivo a
mera riorganizzazione di conoscenze già contenute nei dati di partenza. Si può
affermare che l'induzione ha la prerogativa di ampliare la conoscenza, contrariamente a
quanto avviene per la deduzione cui spetta, semplicemente, un compito di
rielaborazione della stessa. Il problema sorge però, nel momento in cui ci si accorge che
l'induzione non può essere fondata razionalmente: é la questione nota come: ”Problema
tradizionale dell'induzione”, che fu sollevato da Hume nel 1739 nel Trattato sulla
natura umana. Sostanzialmente, in questa trattazione, si sostiene che non può esistere
un principio induttivo, razionalmente fondato, che porta da premesse vere a conclusioni
vere che ampliano la conoscenza. “La ragione umana, ragionando sulle sue potenzialità,
é cosi giunta a porsi un limite che essa stessa non può valicare” (Boniolo, 1990, p. 28).
Hume attacca anche il principio di causalità, asserendo sostanzialmente che la causalità
è una costruzione dell'indagine umana e non una proprietà immanente alla realtà. Sono
questioni queste cui è difficile dare una risposta definitiva, anche se vale la pena
ricordare gli esperimenti di Micotte (Micotte, 1946) che dimostrano come il principio di
causalità sia già presente in neonati che non hanno potuto ancora "costruire"
un'interpretazione "causale " della realtà. Nei sui esperimenti Micotte fa osservare a dei
neonati, un'animazione in cui una sfera "urta" un'altra sfera che si trovava in stato di
quiete controllando le reazioni dei bambini. L'unica variabile dell'esperimento è il
tempo che intercorre dal contatto tra due sfere al movimento della sfera ferma. I risultati
dimostrano che solo con un preciso intervallo temporale, che in effetti dà la sensazione
della causalità, i neonati reagivano con manifestazioni di gioia.