II
In merito a Churchill si è scritto molto, traendo sia lodi che giudizi sprezzanti. Gli
episodi, trattati nei capitoli di questa tesi, dovrebbero fungere da esempi per legittimare,
oppure confutare le critiche, che alle volte si sono trasformate in vere accuse.
I testi consultati mi hanno mostrato un Churchill opportunista, politicamente
impulsivo e soprattutto bellicista. Alcuni autori hanno enfatizzato queste caratteristiche,
altri le hanno sottovalutate o giustificate. Secondo questi ultimi, data la gravità delle
situazioni di guerra in cui Churchill si trovava, il suo comportamento non poteva essere
diverso.
Agiografia e polemica aperta sono state le due voci dicotomiche di classificazione
degli autori presi in esame. Dalle citazioni, che ho inserito nel mio lavoro, si noterà
quanta stima o disdegno gli storici hanno nutrito nei confronti di questo statista.
Mi sono perciò domandato se si potesse parlare per alcuni testi del tanto discusso
revisionismo. Talvolta la risposta è stata affermativa, in altri casi invece, si è trattato di
semplice revisione. Revisionismo e revisione, dunque: un dualismo concettuale che
accende le polemiche. Ma non ci si può dimenticare l’insegnamento di Benedetto Croce,
in merito alla necessità di un costante aggiornamento della ricerca, quindi di revisione,
al fine di ricostruire nel migliore dei modi la verità.
1
Di conseguenza gli errori, che Churchill avrebbe commesso, dovrebbero far parte
della sua biografia con la medesima evidenza attribuita ai suoi successi e alle sue
vittorie.
Durante la ricerca, le mie riflessioni sono state accompagnate dalla aspirazione,
forse ingenua, di mantenere una posizione di imparzialità nei confronti di Churchill e di
coloro che ne hanno scritto. Tuttavia mi ricordo gli ammonimenti di Angelo d’Orsi:
[Allo storico] non potremmo domandare mai l’imparzialità: una volta che ha adempiuto
al dovere rankiano di ricostruzione fattualistica delle res gestae, egli è libero di interpretare gli
avvenimenti. Nondimeno lo storico deve rinunciare a giudicare, poiché il giudizio implica la
nozione di bene e di male, che […] è del tutto estranea alla scienza storica, la quale si limita a
stabilire dei fatti, a collegarli a certe cause e a mostrarne le conseguenze.
2
Come si vedrà, questa posizione di giudice è stata assunta spesso dai critici di
Churchill. Essi hanno polemizzato acutamente circa le scelte operate dallo statista
inglese. Non penso di esagerare, se dico che alle volte lo hanno fatto salire su uno
scomodo, quanto anacronistico, banco degli imputati.
1
B. CROCE, Teoria e storia della storiografia, Milano, Adelphi, 2001, p. 14.
2
A. D’ORSI, Piccolo manuale di storiografia, Milano, Paravia Bruno Mondadori, 2002, p. 47.
III
La mia convinzione che queste analisi non fossero corrette ha rischiato di farmi
commettere il medesimo errore: cioè trarre delle conclusioni ‘astoriche’ nei confronti
degli autori consultati, i quali hanno giudicato Churchill in termini morali ed etici. I
suggerimenti della professoressa Scarpellini, invece, hanno corretto la mia direzione.
La ricerca storica oggettiva è possibile quando lo studioso si impegna a distaccarsi
dal proprio bagaglio di emozioni, idee e di passione conoscitiva. L’esito positivo non è
il raggiungimento completo di questa meta, bensì la dimostrazione che sia stato
compiuto ogni sforzo per arrivarvi.
1
1. ANNI DI TIROCINIO
1.1 Valutazioni critiche
La critica nei confronti di Churchill si orienta verso l’osservazione della sua carriera
politica e della sua personalità. Si tratta di una polemica ancora oggi molto animata:
presunzione, opportunismo e cinismo sono alcune delle accuse rivolte più frequentemente
a questo politico inglese.
Nel corso della sua lunga vita Churchill è stato il bersaglio di giudizi negativi sia da
parte degli oppositori, sia da chi l’ha sostenuto. Attualmente però non c’è una storiografia
revisionista concentrata sui suoi anni di formazione. Forse perché questi non suscitano
tanto interesse quanto il periodo successivo al 1918. Però se è vero che l’indole di una
persona si plasma e si modifica con gli anni, è anche dimostrato che proprio nella
giovinezza si possono rintracciare gli aspetti della personalità che costituiranno una linea
continua durante tutta l’esistenza dell’individuo.
Gli anni della giovinezza di Churchill – his early life, per parafrasare il titolo di una
sua autobiografia
1
– sono utili per chiarire come questo grande protagonista della storia sia
cresciuto, in quale contesto familiare e sociale e perché sia divenuto oggetto di valutazioni
tanto ostili.
1.2 A scuola e in accademia
1.2.1 L’infanzia poco serena
Sono molti gli avvenimenti che arricchiscono l’infanzia e la giovinezza di Churchill.
Tra il 1874 e il 1900, rispettivamente anno di nascita e della prima elezione ai Comuni, il
futuro Premier forgia quel suo carattere determinato e al tempo stesso spregiudicato, più
incline a risolvere situazioni difficili, che a navigare in acque tranquille. Ed è anche in
questi anni che il suo operato suscita le prime avversioni che lo accompagneranno per tutta
la vita.
1
W. S. CHURCHILL, My Early life, London, Thornton Butterworth Limited, 1930 (tad. it. Gli anni della
mia giovinezza, Milano, Garzanti, 1961).
2
I biografi che si sono interessati di questo quarto di secolo, il figlio Randolph
Churchill, Martin Gilbert, Roy Jenkins e tanti altri, fino a un recente lavoro di Antonio
Spinosa, concordano nel presentare il giovane Winston irrequieto e avventuroso, per alcuni
aspetti anche una testa calda.
Da bambino è spesso lasciato solo dai genitori. Insieme al fratello, cresce circondato
da governanti premurose, nei palazzi della grande aristocrazia britannica. Padre e madre
non hanno né tempo né dimestichezza con i figli: sono amanti del viaggiare e del bel
mondo, sono impegnati in politica e nelle seasons altolocate. Con Winston e John si
limitano a mantenere fugaci rapporti epistolari.
Dalle lettere si percepisce quanto tutto ciò sia motivo di sofferenza per il giovane
Churchill. Verso il padre, Lord Randolph, egli nutre un timore che non permetterà di
dimostrargli a pieno le sue qualità. Nei rapporti con la madre l’affetto è sincero, ma anche
malinconico per un legame fisicamente lontano e inceppato da frequenti incomprensioni.
E’ stato ipotizzato che fu proprio la madre a trasmettere l’irrequietezza al figlio. Non
è da escludere. Il desiderio insaziabile di viaggiare, i flirts scandalosi e i matrimoni falliti
dimostrano come Lady Randolph non fosse un personaggio tranquillo.
Churchill bambino è uno scolaro indisciplinato. Pretende di studiare solo ciò che
vuole e come vuole: Virgilio, Shakespeare, la matematica e poi la storia, soprattutto
romana e militare. Non ha un metodo, si ribella alle regole e pretende di aver imparato
abbastanza quando è solo a metà del programma didattico. Ne Gli anni della mia
giovinezza, Churchill ammetterà di essere stato un enfant terrible. “Avevo sette anni –
scriverà - ed ero, nell’espressione disinvolta degli adulti, un vero discolo.”
2
Tutti i suoi biografi riportano l’aneddoto della sua contrarietà a declinare il vocativo
latino di “tavola”: una richiesta ai suoi occhi irrazionale. Lo stesso Churchill racconta che
i suoi insegnanti si ostinavano a chiedergli cose che non sapeva, tralasciando quindi quelle
che invece aveva studiato. La conseguenza era perciò logica: “ottenevo brutti voti”.
3
2
Ivi, p. 16.
3
Ivi, p. 23.
3
1.2.2 L’accademia è l’unica possibilità
Il padre ascolta i giudizi degli insegnanti e per questo non si fa illusioni sul futuro del
figlio. Pensa di farne un avvocato, almeno per trovargli un’occupazione, ma alla fine lo
manda in caserma.
Così, dopo non aver brillato all’Harrow College, uno dei più prestigiosi istituti inglesi, nel
1893 Churchill è ammesso, per altro al terzo tentativo, al collegio militare di Sandhurst:
l’accademia preparatoria degli ufficiali britannici. L’ingresso non gli fa onore: tre prove
fallite più un piccolo aiuto, ma a Winston non interessa il modo, quanto il fatto di aver
raggiunto lo scopo.
Opportunismo? E’ un atteggiamento che induce a questa conclusione. Il padre è il
primo a essere deluso da Winston, ma accetta suo malgrado, convinto che su un giovane
così poco promettente non si possano costruire grandi progetti.
E’ anche vero che la scontrosità di Lord Randolph non nasce dal nulla, bensì dal suo
grave stato di salute. La sifilide, di cui è affetto, ha condizionato la sua carriera politica e il
rapporto con la famiglia. Randolph Churchill muore nel 1895, a soli quarantasei anni.
Qualcuno lo aveva definito la forza della natura della politica britannica, ma le sue
dimissioni da Cancelliere dello Scacchiere avevano dimostrato il contrario.
Nello stesso anno, Churchill esce da Sandhurst come sottotenente di cavalleria ed è
inquadrato nel Quarto Ussari, reggimento di stanza ad Aldershot. Anche in questa nuova
vita manifesta sintomi di irrequietezza: i fatti quotidiani di politica e di guerra lo
appassionano ed esserne semplice osservatore non è sufficiente, desidererebbe viverli in
prima persona.
4
1.3 Il tenente Churchill
1.3.1 Bellicismo collettivo
Churchill è smanioso di fare qualcosa di grande e di eroico. Ma si tratta di
un’aspirazione non unicamente personale. Tutti i giovani d’Europa, nati tra gli anni
Settanta e la fine dell’Ottocento, provano un senso di noia e apatia per uno stile di vita
privo di forti emozioni.
I giovani inglesi sono stanchi della Pax britannica, mentre sul continente i
contenziosi, che hanno provocato le guerre di metà secolo, sono stati accantonati. La
guerra franco-prussiana, le guerre di indipendenza in Italia, la Questione d’Oriente sono
tutti casi ancora irrisolti. Si avvicina il momento della resa dei conti.
Ma questi non sono semplicemente problemi politici. Il desiderio, perché di questo si
può parlare, della guerra e la sete di combattere animano le leve nate fino al 1899. Saranno
tutte tragicamente soddisfatte. Molti storici, appartenenti alle scuole di pensiero più
antitetiche, hanno tentato di spiegare questa aspirazione. Alcuni hanno parlato in termini
psicologici di una follia collettiva; ma forse per una maggiore comprensione del fenomeno,
è meglio fare riferimento alle testimonianze dirette.
La bellezza della guerra è un paradosso esaltato da molti scrittori: dai classici come
Tacito, ai decadenti di fine Ottocento. Prima del 1914 i giovani preferiscono affrontare la
“bella morte”, piuttosto che morire anziani e pacificamente in un letto.
Il romanziere tedesco Ernst Jünger descrive chiaramente questa sensazione nel suo
Giochi africani. In questo romanzo autobiografico, il giovane protagonista fugge di casa
per arruolarsi nella Legione straniera. E’ stanco dell’indolenza borghese e mira a
raggiungere un’ideale, quanto reale, terra promessa. Non conosce il mondo se non da quel
che ha letto, non ha mai partecipato a una battaglia, ma sa già che il fischiare delle
pallottole sarebbe per lui una musica celestiale.
4
Lo stesso Churchill scrive quanto sia
esaltante trovarsi nel mezzo di una carica di cavalleria.
4
E. JÜNGER, Afrikanische Spiele, Stuttgart, Ernst Klett, 1936, (trad. it. Giochi africani Milano, SugarCo
Edizioni, 1982).
5
1.3.2 Il bellicismo di Churchill
Il tenente Churchill sente la passione per terre lontane e desidera il battesimo del
fuoco. Cerca quindi sui giornali un luogo dove divampi una guerra. Con questo modo di
fare si dimostra un esibizionista, un dandy. In società appare una sorta di Lord Brummel:
leggermente blasé e affettato, disilluso dalle vicende della vita.
Si può perciò parlare di un Churchill guerrafondaio? Egli non è altro che un giovane
ufficiale e in questa veste vorrebbe compiere il suo dovere. La guerra gli appare come il
suo mestiere e ne parla in termini professionali. Ne Gli anni della mia giovinezza,
Churchill si lamenterà di come essa si sia imbruttita. Darà la colpa alla democrazia e alla
scienza: “due guastamestieri che hanno messo piede nel campo bellico.”
La guerra era crudele e magnifica, oggi è crudele e squallida, ha smesso di
essere uno sport di gentiluomini.
5
La decadenza della guerra come valore estetico e la sua tecnicizzazione hanno fatto
credere alla generazione di Churchill che l’esercito inglese non avrebbe più preso parte a
un conflitto in Europa. I giovani temono che con l’avvento di un regime liberale e
democratico la guerra sia diventata impossibile. E’ la noia della Pax Britannica.
L’epoca della guerra tra nazioni civili è tramontata per sempre. Se fossi nato
cent’anni prima, quelli erano tempi! Avere diciannove anni nel 1793, avere davanti a
me venti anni di guerra con un Napoleone di fronte! Ma inutile, quei tempi erano
passati. Dopo la guerra di Crimea i soldati inglesi non avevano più scambiato un colpo
di moschetto con un nemico di razza bianca.
6
Nel suo Winston Churchill del 1947, Lewis Broad osserva che il futuro Premier ha
guardato la guerra come un avido dilettante. “Ti sei divertito?”, chiederà a un sergente
dopo la carica di Ondurman nel 1898. Vent’anni dopo porrà la stessa domanda a un
soldato, nell’inferno delle trincee della Grande guerra.
7
5
W. S. CHURCHILL, Gli anni della mia giovinezza cit., p. 73.
6
Ivi, p. 52.
7
L. BROAD, Winston Churchill, London, Hutchinson, 1947, (trad. it Winsotn Churchill, Bari, Leonardo da
Vinci Editrice, 1951, p. 10).
6
1.3.3 Il battesimo del fuoco
Nel 1895 scoppia una rivolta nella colonia spagnola di Cuba. Madrid interviene con
un corpo di spedizione. E’ l’occasione per Churchill di mettere alla prova le sue doti
militari, di cui è pienamente convinto. Quando il Quarto Ussari gli concede una licenza di
dieci settimane, invece di fare come i suoi colleghi, che in questi frangenti pensano a
riposarsi, si imbarca con un amico per l’isola caraibica. La sua intenzione è di essere
inquadrato nei ranghi dell’esercito spagnolo come osservatore straniero e cronista per il
Daily Graphic.
In procinto di partire, il suo atteggiamento è sprezzante. Nella lettera alla madre del 4
ottobre 1895, si percepisce un progetto di vacanza più che di guerra. Churchill scrive infatti
che raggiungerà New York in piroscafo, tra il 28 ottobre e il 2 novembre, per poi recarsi a
L’Avana, successivamente farà rotta verso la Giamaica, Haiti, un’altra volta New York e
quindi il ritorno in patria. Tutto questo in circa due mesi. Nella lettera seguono i costi del
viaggio e altre delucidazioni pratiche.
8
Non è soltanto una questione di toni, nelle parole usate si avverte leggerezza, quasi
superficialità. Churchill non fa il minimo accenno al fatto che sta andando a rischiare la
vita.
D’altra parte nemmeno la madre si scompone. Nella risposta dell’11 novembre
l’apprensione materna è risolta con un blando: “ho solo te e Jack da amare”.
9
Bisogna
aggiungere il commento poco incoraggiante sul progetto di scrivere la cronaca del viaggio
per il Daily Graphic:
Non hai certo l’arte dello scrivere, né di mettere le cose nella loro luce migliore,
ma capisco che è un tuo diritto e che è naturale che tu voglia viaggiare.
10
Paradossalmente nel 1953 il figlio riceverà il premio Nobel per la letteratura.
Per Lady Randolph la guerra non è un argomento da menzionare. “New York è una
città paurosamente cara e ti annoierai a morte laggiù”. E conclude apprensivamente:
“Vorrei sapere di più del tuo amico”.
11
E’ possibile che la flemma e l’educazione
anglosassone non concedano spazi ai sentimenti, ma, leggendo queste lettere,
l’impressione che si ha è piuttosto di indifferenza.
8
R. S. CHURCHILL, Winston S. Churchill, vol. I, Youth, 1874-1900, London, William Heinemann Ltd,
1966, p.263.
9
Ivi, p. 264.
10
Ivi, p. 264.
11
Ibidem.
7
La missione a Cuba è la prima esperienza di guerra per Churchill e da questa torna
ammirato per quanto che ha vissuto. Nelle lettere, raccolte dal figlio Randolph nella
biografia del padre, le scene di guerra e di violenza, anche cruente e realistiche, non sono
censurate. Ma tali descrizioni sono ovattate in un’asciuttezza stilistica, che permette di
mostrare la verità senza mezzi termini.
Il viaggio fa meritare a Churchill la prima onorificenza, che però essendo spagnola
non è autorizzato a fregiarsene. Inoltre il generale Valdez, comandante delle truppe
spagnole, si congratula con lui per i nervi saldi mantenuti nel pieno degli scontri.
Al contrario in Inghilterra e a New York l’impresa è fonte di polemiche. La stampa
di provincia e popolare lo accusa di aver combattuto contro i cubani: un popolo colpevole
solo di aspirare all’indipendenza. Il 7 dicembre 1895 il Newcastle Leader scrive:
La gente di buon senso sarà curiosa di sapere i motivi che spingono un ufficiale
britannico a immischiarsi in una lotta in cui non ha niente a che fare.
12
Churchill si difende sostenendo di non aver sparato un colpo, di aver fatto parte dello
stato maggiore di Valdez come osservatore e di essere stato decorato solo a titolo di
cortesia.
Rileggendo le cronache elaborate da Churchill sul conflitto, si nota che esse non sono
una mera esaltazione delle forti emozioni e dei rischi. L’autore ammette la cattiva
organizzazione dell’esercito spagnolo e pone in luce i modi crudeli e disumani adottati
contro i ribelli cubani.
Nelle mani di un governo simile le rivoluzioni saranno periodiche, la proprietà
instabile e l’uguaglianza sconosciuta.
13
Conclude formulando una propria soluzione: non l’indipendenza di Cuba, bensì
l’intervento degli Stati Uniti.
12
Ivi, p. 276.
13
Ivi, p. 278.
8
1.4 Progetti per il futuro
Tornato in patria, la meta successiva potrebbe essere Creta, in rivolta contro
l’egemonia turca. Ma il Quarto Ussari viene spedito in India nel settembre 1896 e il tenente
Churchill, seppur con riluttanza, deve seguirlo.
L’avventura cubana l’ha esaltato, ma sta già riflettendo se la sua strada sia quella di
proseguire nell’esercito, oppure lasciare tutto per la politica. Di una cosa è comunque
sicuro: il tempo che spenderà in India sarà sprecato. In realtà l’esperienza coloniale si
rivelerà utile nei successivi incarichi ministeriali.
Nella perla dell’Impero Churchill vive di persona l’idea kiplinghiana del white man
burden. Nelle sue lettere non nasconde il disagio di trovarsi in un paese abitato da uomini e
sopratutto da donne volgari, che si credono attraenti.
Le persone con charme sono poche in India e lontane tra loro, sono come oasi
nel deserto. Questo è un paese abominevole per viverci a lungo.
14
Le carte dimostrano che Churchill si sente in prigione: non ha nessun altro a cui
scrivere se non la madre e il fratello, si trova in difficoltà finanziarie ed è intenzionato a
lasciare l’esercito. L’unica cosa che potrebbe fargli cambiare idea sarebbe una guerra a cui
prendere parte. E’ sempre convinto che questa sia la sola strada per il successo.
Tuttavia è sulla base dell’esperienza indiana che Churchill matura la sua idea di
colonialismo. In linea con lo spirito vittoriano più autentico, è contrario all’autonomia di
popoli che, a suo avviso, non sono ancora storicamente evoluti per poter governarsi da soli.
Tale posizione causerà molte critiche in futuro. I suoi colleghi politici, i critici a lui attuali
ma anche gli storici lo giudicheranno un razzista.
Ma l’India non è per Churchill soltanto ozio e polo. Nell’estate del 1897 il Quarto
Ussari è inviato a sedare la rivolta delle tribù indo-afghane al passo di Malakand, presso
l’altopiano del Palmir. Il futuro Premier ne fa parte, occupando però una posizione
anomala: oltre al suo incarico di ufficiale, è stato infatti delegato dal Pioneer e dal Daily
Telegraph di inviare le cronache della spedizione. Questa seconda esperienza di guerra gli
frutta denaro, popolarità e critiche. Ai suoi colleghi e soprattutto ai superiori non piace il
doppio mestiere che Churchill ha assunto: soldato e giornalista.
14
Ivi, p. 297.
9
1.5 La via per il successo
1.5.1 Il primo scritto
Finita la campagna del Palmir, Churchill raccoglie le sue memorie in The Story of the
Malakand Field Force. Questo suo primo libro ha un successo immediato. Lewis Broad
racconta che tutti lodano l’autore: recensori, pubblico e persino il principe di Galles.
Ma a queste congratulazioni si contrappongono i circoli militari, che ribattezzano il
testo Consigli di un ufficiale subalterno ai generali. Chi sarebbe questo scrittore alle prime
armi, che ha il coraggio di criticare i suoi superiori in merito alle strategie di battaglia?
Agli occhi dei critici, l’esperienza del tenente Churchill è talmente scarsa che non potrebbe
permettersi tanta presunzione.
15
Ciononostante Churchill non si cura della polemica che ha suscitato. Anzi, l’obiettivo
di far parlare di sé è stato raggiunto. Attraverso uno stile giornalistico battagliero e
polemico ha ottenuto la popolarità.
16
Ha saputo trasformare la sua vita in una notizia
sensazionale.
1.5.2 Giornalismo, politico e ancora guerra
Tornato da Malakand però, il problema della monotonia si pone nuovamente
all’irrequieto ufficiale. Ma dove andare dopo l’India? La spedizione di Kitchener appare
una nuova occasione per Churchill.
La guerra per la riconquista del Sudan è uno degli episodi più famosi della storia del
colonialismo britannico. Nel 1885 i Dervisci, comandati dal Mahdi, profeta islamico
fanatico, avevano massacrato le truppe inglesi del generale Gordon. Nel 1898 Londra
decide di vendicare l’umiliazione di questa Adua inglese. Il generale Kitchener, Sirdar,
cioè comandante dell’esercito anglo-egiziano, organizza l’operazione. Churchill pretende
di farne parte, ma il suo progetto è di difficile realizzazione. Il resoconto di Malakand gli
ha reso la vita militare difficile, quindi i suoi superiori non fanno altro che ostacolarlo.
Contemporaneamente Churchill si sta convincendo che la sua vera strada non può
che essere quella politica. Nel giugno del 1898 ha pronunciato un discorso a Bradford e ha
riscosso un discreto successo. Molti vecchi colleghi del padre hanno espresso la loro
speranza di vedere Winston tra gli scranni dei Comuni. Il problema è: il giovane Churchill
15
L. BROAD, op. cit., p. 14.
16
Ibidem.
10
è pronto per raccogliere l’eredità politica paterna? Le emozioni che ha provato a Malakand
lo hanno galvanizzato. La sete di combattere non si è esaurita. Così commenta il figlio
Randolph:
[Churchill] vede la possibilità di aumentare la sua fama; come Antonio e
Napoleone aspira ardentemente a un’operazione militare lungo il Nilo.
17
La carriera nell’esercito assume quindi il significato di accessoria per raggiungere
altri scopi.
Sempre Randolph Churchill è il primo ad ammettere che alcuni atteggiamenti del
padre possono essere giudicati quanto meno eccentrici. E’ significativo che abbia intitolato
questo passaggio An object of controversy.
18
Churchill ha appena ventiquattro anni e in lui è già radicato un senso del destino, che
sarà di potenza e grandezza. E’ schiettamente egocentrico. Questo gli aliena molti
conoscenti, sia suoi coetanei che amici del padre, i quali, pur auspicando un suo futuro
politico, nutrono forti perplessità per via di questo carattere. La sua ambizione è troppo
manifesta. Churchill ne è consapevole, ma non se ne dà cura. Decide di correre il rischio,
perché a suo avviso non ha nulla da perdere. E’ un soldato di fortuna, senza un impiego
ben definito.
19
Il Churchill di questi tempi è ambizioso, forse addirittura senza scrupoli. Sfrutta il
suo nome e le amicizie di famiglia per raggiungere il risultato. Inoltre è convinto che la
carriera militare sia un requisito essenziale per il lancio in politica; suppone che una buona
esperienza di guerra possa stupire gli elettori. Nella lettera che scrive alla madre il 22
maggio 1898, ancora dall’India, dice: “Se una spedizione cominciasse l’anno prossimo e
non ne facessi parte, non potrei mai perdonarmelo”. E poi insiste:
Sono determinato ad andarci, perché penso che sarà un’esperienza importante
sia per la mia educazione, quanto per i vantaggi finanziari che potrei trarne.
20
Benché la madre faccia pesare la sua influenza in favore del figlio, nessuno sembra
prestarle ascolto. Anzi, l’opposizione di Kitchener si acutizza ogni volta che Lady
Randolph lo incontra.
17
R. S. CHURCHILL, Winston S. Churchill, vol.I cit., p. 387.
18
Ivi, p. 397.
19
Ibidem.
20
Ivi, p. 390.
11
Improvvisamente però la fortuna gira in favore di Churchill. Lord Salisbury, Primo
ministro e titolare del dicastero degli Esteri, fa degli apprezzamenti sul suo The story of the
Malakand Field Force e lo invita a Downing Street.
L’episodio è raccontato ne Gli anni della mia giovinezza.
21
Churchill ricorda con
quanta cortesia è accolto, nella stessa sede di governo dove in futuro egli sarà il
protagonista di tante battaglie. E’ un colloquio intenso e informale: un vecchio leone del
conservatorismo vittoriano incontra il rappresentate di una nuova generazione. Pur non
avendo le idee chiare sul suo futuro, Churchill ha comunque intuito l’utilità di un incontro
con il Primo ministro. Lord Salisbury lo congeda con queste parole:
Mi permetta di dirle che lei mi ricorda moltissimo suo padre. Con lui ho vissuto
dei momenti molto importanti della mia vita politica. Se in qualunque momento ci sarà
qualcosa che potrò fare per lei, non dimentichi di informarmene.
22
Churchill non potrebbe aspettarsi di meglio. La mano offertagli dal Premier gli apre
la strada per la guerra. Quindi, malgrado il disappunto di Kitchener, Churchill è trasferito
al 21° reggimento dei Lancieri e parte per l’Africa.
Di questa nuova avventura si sa molto grazie al libro che Churchill pubblica nel
1899: The River War. Dato alle stampe più volte, è considerato uno dei suoi scritti migliori.
A questo bisogna aggiungere alcune lettere e degli stralci dei dispacci che invia al Morning
Post. Anche in questo caso l’essere semplice ufficiale non gli basta, il quotidiano inglese lo
ha assunto come reporter e lui ha accettato senza indugi.
In questo frangente Churchill rivolge una pesante critica al Sirdar. Il motivo non è
una questione militare, bensì l’aver profanato la tomba del Mahdi. Secondo Churchill,
Kitchener ha agito senza rispettare le regole di civiltà che l’ Impero britannico ha da
sempre esportato in tutto il mondo.
E’ il primo atto di una relazione, tra Churchill e Kitchener, astiosa, ma non priva di
punti di incontro. Sedici anni più tardi i due siederanno fianco a fianco come ministri dello
stesso gabinetto liberale di Asquith. Saranno i primi drammatici mesi della Grande guerra.
Il rapporto manterrà i caratteri contrastanti, ma diluiti dal fair play tipico della politica
anglosassone. Rispetto, fiducia e forse anche stima reciproca caratterizzeranno quel loro
momento di collaborazione, che terminerà tragicamente con la scomparsa in mare del
feldmaresciallo nel 1916.
21
W. S. CHURHILL, Gli anni della mia giovinezza cit., p. 175.
22
Ivi, p. 176.