Introduzione
11
INTRODUZIONE
Il sistema vitivinicolo a livello internazionale si trova, da alcuni anni, in una fase
di profondo cambiamento. Il presente lavoro si pone anzitutto come obiettivo di
fornire una base informativa sull’evoluzione dello scenario competitivo e una
chiave di lettura dei fattori che determinano l’evoluzione dei sistemi vitivinicoli,
con particolare riferimento a due Paesi produttori: Italia e Francia.
A fronte di un mutamento di contesto caratterizzato dalla presenza di nuovi
concorrenti, nuovi consumatori e nuovi distributori, si cercherà di individuare
quali modelli di business adottano le aziende vitivinicole italiane e francesi e se
sono costrette a modificare la loro strategia al fine di mantenere la propria
posizione distintiva.
La lettura complessiva dell’elaborato mostra che, per quanto il sistema
vitivinicolo mondiale sia stato investito da processi di internazionalizzazione dei
flussi commerciali, le filiere produttive nei singoli Paesi mostrano un forte
radicamento territoriale. Questo è vero soprattutto per il sistema europeo, nel
quale la costruzione storica della qualità è sempre stata legata a spazi territoriali
ben definiti. Sarà allora interessante comprendere se il territorio rappresenta un
vincolo o un’opportunità per le imprese vitivinicole che vogliono
internazionalizzarsi.
Partendo, infatti, dal presupposto che la localizzazione e il radicamento al
territorio costituiscono caratteristiche distintive delle aziende vitivinicole su cui
fondano il proprio vantaggio competitivo, l’interrogativo che ci si pone è se tali
aziende sono in grado di valorizzare queste caratteristiche senza chiudersi
eccessivamente entro i confini nazionali, ma anzi utilizzando le risorse locali
come spinta verso un’apertura internazionale.
Più in generale, appare chiaro che, per rispondere alle sfide del mercato
mondiale, i sistemi produttivi devono essere in grado di organizzarsi secondo una
visione strategica che permetta anche la riuscita competitiva del territorio.
Il livello competitivo di un territorio non dipende solo dalla sua capacità di
attrarre nuove risorse e rigenerare quelle esistenti per orientarle verso la
Introduzione
12
creazione del valore, ma anche dall’intensità delle relazioni che il territorio attiva
con le imprese, poiché si vedrà che esse evolvono contestualmente. Ecco allora
delinearsi un altro obiettivo di questa ricerca: indagare le tipologie di reti di
relazioni che si creano in una data area, individuare quali attori partecipano
alla filiera vitivinicola, a che livello sono coinvolti e in che misura apportano
vantaggio competitivo sia al territorio sia alle aziende in esso presenti.
Le relazioni non sono importanti solo a livello locale, ma sempre più è
necessario imparare a relazionarsi con i mercati se si vuole sostenere il futuro
competitivo dei vini italiani e francesi. In particolare, gli elementi di maggior
difficoltà, su cui le aziende dovranno lavorare, riguardano in primo luogo le forti
asimmetrie informative tra produttore e consumatore tipiche di uno scenario
così complesso come quello del vino; in secondo luogo fanno riferimento alla
capacità che le imprese devono avere non solo nel realizzare un prodotto
qualitativamente adeguato alle aspettative del target di consumo cui deve
rivolgersi, ma anche alle capacità di promuoverlo e distribuirlo adeguatamente in
tutto il mondo. A questo proposito emerge un ulteriore interrogativo, di difficile
soluzione, a cui, tuttavia, si forniranno spunti di riflessione. Si tratta della
modalità con cui gli imprenditori vitivinicoli italiani e francesi cercano di
trasmettere all’estero il proprio patrimonio di saperi e di cultura. È possibile,
utilizzando come veicolo una bottiglia di vino, far arrivare ai consumatori
internazionali i medesimi valori dell’azienda e le peculiarità del contesto in cui
produce i suoi beni?
Per cercare una risposta a questi quesiti, si è strutturato l’elaborato in tre
macro parti. Una prima parte (capitoli 1 e 2), di natura teorica, prevede la
spiegazione del processo di internazionalizzazione delle PMI e il loro legame con
il territorio. Nella seconda parte (capitoli 3 e 4) si entra nel merito della
questione, analizzando il settore vitivinicolo in Italia e in Francia con focus
sull’area delle Langhe in Piemonte e sull’area della Côte d’Or in Borgogna. Infine
la terza parte (capitolo 5), di natura empirica, raccoglie i casi di alcune aziende
vitivinicole italiane e francesi.
Introduzione
13
Più nel dettaglio, il primo capitolo ha lo scopo di illustrare a livello teorico le
caratteristiche delle Piccole e Medie Imprese (PMI) italiane e le modalità con cui
esse affrontano i mercati internazionali. Si osserveranno le difficoltà a cui devono
far fronte e le opportunità che il mercato offre loro per poi valutare, in un
secondo momento, se questi elementi sono riscontrabili anche a un più specifico
livello, e cioè nelle aziende del settore vitivinicolo.
Nel secondo capitolo si affrontano due tematiche diverse ma strettamente
interrelate: il territorio e la filiera. Dopo aver fornito una definizione di questi
due concetti, si analizzeranno, in particolare, il territorio del vino e la
corrispettiva filiera vitivinicola, allo scopo di individuare gli attori che vi prendono
parte e le relazioni che si innestano per valorizzare l’offerta dei beni prodotti.
La seconda e la terza parte sono impostante seguendo uno schema il più
possibile speculare, al fine di agevolare la comparazione tra Italia e Francia.
Il terzo capitolo offre un quadro dettagliato del settore vitivinicolo descrivendo
i trend e le logiche competitive prima a livello globale e poi a livello nazionale,
grazie alla consultazione di fonti primarie e secondarie. Si delinea, in questo
modo, uno scenario evolutivo in cui poter inserire le aziende vitivinicole del
Piemonte e della Borgogna.
La situazione competitiva di queste due regioni sarà approfondita nel quarto
capitolo, dove verranno altresì analizzate due zone specifiche di tali regioni: le
Langhe e la Côte d’Or, al fine di individuare per ciascuna di esse lo stato attuale
della filiera e i principali attori che vi operano.
Il quinto ed ultimo capitolo consiste nella verifica empirica, su un campione di
quattro aziende italiane e quattro francesi, degli elementi emersi nel corso dei
capitoli precedenti. Si cercherà di comprendere, mediante l’elaborazione dei dati
qualitativi raccolti durante le interviste, in che modo le realtà delle Langhe e della
Côte d’Or affrontano le logiche del mercato e vendono i propri prodotti all’estero
allo scopo di rafforzare la loro posizione distintiva rispetto ai concorrenti. Si
valuterà, infine, la situazione competitiva di ciascuna azienda così da delineare,
secondo una logica induttiva, un ipotetico quadro generale della situazione
competitiva italiana e francese in campo vitivinicolo.
14
15
Capitolo 1
L’INTERNAZIONALIZZAZIONE
DELLE PMI ITALIANE
1.1. L’attuale scenario economico: globalizzazione e crisi – 1.2. Le caratteristiche delle PMI: punti di forza e
di debolezza – 1.3. I fattori che influenzano i comportamenti di internazionalizzazione delle PMI – 1.4. Le
modalità d’ingresso sui mercati esteri – 1.4.1. Esportazione diretta e indiretta – 1.4.2. Integrazione- 1.4.3.
Investimenti diretti all’estero (IDE) – 1.5. Le sfide delle PMI: innovazione e delocalizzazione/localizzazione –
1.5.1. Le organizzazioni distrettuali – 1.5.2. Le organizzazioni consorziali
L’obiettivo di questo primo capitolo è quello di spiegare, in primo luogo, quali sono le
caratteristiche distintive e i fattori di debolezza delle PMI italiane, per poi descriverne in
un secondo momento le logiche di internazionalizzazione, le modalità con cui operano
nei mercati esteri e le sfide che il contesto attuale le costringe ad affrontare. Saranno
infine presentate due tipologie organizzative caratteristiche del nostro Sistema Paese, i
distretti ed i consorzi, che, data la loro stretta relazione con il territorio, serviranno ad
introdurre le tematiche del secondo capitolo.
L’internazionalizzazione delle PMI italiane
16
1.1. L’attuale scenario economico: globalizzazione e crisi
Nel corso dell’ultimo decennio, lo scenario economico mondiale è
profondamente cambiato. La globalizzazione dell’economia, il crescente peso
sulla scena internazionale della Cina, la sempre più decisiva rilevanza del capitale
umano come fattore strategico per lo sviluppo, la crisi della domanda interna e
dei sistemi produttivi locali impongono alle imprese piccole, medie e grandi una
maggiore presenza sui mercati internazionali all’interno dei quali risulta
indispensabile incrementare le proprie capacità di competizione.
È importante sottolineare che l’internazionalizzazione non attiene
esclusivamente alle imprese di grandi dimensioni; infatti, un’azienda non deve
essere necessariamente grande per competere in campo globale. Si ritiene
invece che le variabili determinanti l’internazionalizzazione delle PMI siano la
risorsa umana e le relazioni che questa riesce a sviluppare non solo all’esterno,
ma anche nello stesso territorio in cui è inserita. Informazione condivisa,
conoscenza e innovazione sono quindi gli elementi strategici sui quali le imprese
italiane dovrebbero puntare per aggredire con successo i mercati internazionali
1
.
Pertanto, la globalizzazione non comporta una mancanza di futuro per le PMI
italiane: infatti, nei vari mercati, anziché riscontrare la presenza di consumatori
universali ai quali offrire prodotti unici utilizzando politiche commerciali
identiche, è possibile individuare segmenti di consumatori con bisogni diversi ai
quali offrire prodotti differenziati
2
. Di conseguenza, le PMI possono continuare
ad operare in particolari segmenti sfruttando le risorse e le competenze
distintive possedute.
Non si può affrontare l’argomento dell’internazionalizzazione delle piccole e
medie imprese italiane senza prima aver fornito un accenno dell’attuale scenario
economico ed, in particolare, della crisi scoppiata nell’estate del 2007, che
tutt’oggi sta interessando in maniera omogenea e trasversale e con intensità
1
Esposito G. F., La globalizzazione dei piccoli: fattori di competizione e promozione
dell’internazionalizzazione per le PMI, FrancoAngeli, Milano, 2003.
2
Galdini D., L’internazionalizzazione d’impresa. Processi, metodi e strategie, Giappichelli, Torino,
2009.
Capitolo 1
17
differenziate, tutte le aziende delle regioni italiane. Un breve ed interessante
quadro della situazione è offerto dal rapporto 2009 dell’istituto Tagliacarne, che
affronta il problema di riposizionamento e riorganizzazione delle PMI “oltre” la
crisi.
L'Italia chiude il 2009 con un PIL in calo del 4,9% sul 2008, ma si stima un
leggero rialzo dello 0,2% nel 2010
3
. Nel rapporto
4
si afferma che le criticità più
marcate incontrate dal tessuto produttivo sono riconducibili a tre ordini di
fattori: la riduzione dei consumi, dovuta anche alla diminuzione dei valori dei
risparmi delle famiglie italiane penalizzate dalla crisi delle Borse; la difficoltà delle
imprese, in particolare di piccole dimensioni, ad accedere al credito; il
rallentamento dell’economia internazionale che deprime l’andamento delle
nostre esportazioni.
Il 2008 si contraddistingue comunque per una buona performance delle PMI
manifatturiere italiane. Il saldo del fatturato, infatti, si attesta al +8,7% a fronte
del valore negativo del 2007 (-15,7%). Inoltre, non tutti i settori sono affetti dalla
crisi in eguale misura. Ad esempio, le imprese del comparto alimentare e delle
bevande sperimentano la crescita più sostenuta sia in termini di produzione
(+6%) che di fatturato (+7,1%). Tale andamento dell’industria alimentare si può
far risalire al fatto di essere un settore che offre beni di prima necessità, la cui
domanda è, quindi, meno influenzabile dal ciclo economico.
Infine, il rapporto ha individuato nella riduzione delle spese esterne, nella
ricerca della qualità e in un miglior rapporto qualità/prezzo, le principali leve su
cui le aziende interverranno per contrastare gli effetti della crisi.
1.2. Le caratteristiche delle PMI: punti di forza e di debolezza
In un Paese come l’Italia, dove le piccole e medie imprese rappresentano il
tessuto portante del sistema economico, il tema dell’internazionalizzazione delle
PMI assume notevole interesse. Le PMI sono l’asse portante dell’industria
3
Il Corriere della Sera, 12/02/2010.
4
Istituto G. Tagliacarne (a c. di), Le piccole e medie imprese nell’economia italiana. Rapporto
2009. Riorganizzazione e riposizionamento delle PMI italiane “oltre” la crisi, FrancoAngeli, Milano,
2010.
L’internazionalizzazione delle PMI italiane
18
italiana ed in particolare delle “4A” dell’eccellenza del Made in Italy. Con questa
espressione si intendono quattro grandi aree di attività manifatturiera che
pongono l’Italia ai vertici mondiali. Esse sono: arredamento-casa, abbigliamento-
moda, automazione-meccanica, agro-alimentare. Dalle PMI dipendevano, nel
2005, il 90,7% dell’occupazione e il 77,6% dell’export del Made in Italy
5
. Nel
2007, il 90% del tessuto manifatturiero italiano si componeva di aziende con non
più di diciannove addetti, l’80% non superava i nove addetti
6
.
Nel corso degli ultimi decenni, le PMI italiane hanno conseguito importanti
risultati a livello internazionale. Il loro successo sui mercati internazionali si lega
ad una serie di caratteristiche distintive identificabili nella qualità del prodotto,
associata ad un competitivo rapporto qualità-prezzo e nella capacità di adattarsi
flessibilmente alle variazioni di mercato.
Nell’attuale scenario competitivo internazionale, caratterizzato da una
domanda sempre più sofisticata e in rapida evoluzione, la flessibilità si rivela un
fattore di notevole importanza. Grazie a questa caratteristica le piccole e medie
imprese italiane riescono a mutare con efficacia ed in tempi brevi la qualità e la
quantità della propria produzione, adattandosi con facilità all’andamento del
mercato e al cambiamento dei gusti dei consumatori
7
.
L’attenzione al prodotto è l’elemento caratterizzante dell’offerta delle PMI
italiane, soprattutto quelle operanti nei settori tradizionali. Esse, infatti, essendo
nate per merito di artigiani in possesso di competenze tecniche, presentano
ancora oggi un forte attaccamento al prodotto che permette loro di realizzare
beni di alta qualità, con un elevato contenuto di immagine, innovazione e
design
8
. Inoltre, la particolare attenzione delle imprese italiane alla soddisfazione
del cliente, le porta a personalizzare e modificare costantemente la loro offerta
secondo le esigenze e le specifiche dei diversi acquirenti.
5
Fortis M., Le due sfide del Made in Italy: globalizzazione e innovazione. Profili di analisi della
seconda conferenza nazionale sul commercio con l’estero, Il Mulino, Bologna, 2005, p.77.
6
AIP (a c. di), Modelli di crescita delle PMI: ritorno alla competitività tra questione dimensionale,
innovazione e internazionalizzazione, Il Sole 24ore, Milano, 2007.
7
Depperu D., L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, EGEA, Milano, 1993.
8
Brunetti G., Mussati G., Corbetta G. (a c. di), Piccole e medie imprese e politiche di facilitazione,
EGEA, Milano, 1997.
Capitolo 1
19
Infine, strettamente legato alla qualità del prodotto vi è la capacità delle PMI
italiane di ottenere un rapporto qualità-prezzo particolarmente competitivo.
Tale rapporto assume connotazioni diverse nelle varie fasi del ciclo di vita del
prodotto. Nella fase di lancio e di sviluppo, la politica di prodotto è la più
importante, almeno finché riesce a mantenere il proprio carattere innovativo;
nella maturità è il prezzo a farsi preponderante
9
.
Invece gli aspetti relativi al marketing, alla commercializzazione, al reperimento
di informazioni, alla distribuzione sono oggetto di un’attenzione molto più
limitata e ad essi le imprese vi investono scarse risorse.
Accanto ai fattori di forza esistono, tuttavia, numerosi punti di debolezza nella
crescita internazionale delle imprese minori italiane: scarsa cultura
all’internazionalizzazione, carenze di natura informativa, inadeguatezza della
struttura organizzativa, mancanza di personale qualificato e scarsi mezzi
finanziari.
Innanzitutto, va rilevata un’insufficiente cultura all’internazionalizzazione
10
. Le
imprese italiane partecipano attivamente all’esportazione nazionale, ma sono
restie ad avviare collaborazioni ed investimenti transnazionali, in quanto temono
che esportare tecnologia e know-how in altri Paesi porti a rafforzare la
concorrenza esterna. Non si può inoltre trascurare che i vantaggi competitivi
delle imprese minori hanno spesso carattere localizzato, nel senso che risiedono
in un sistema territorialmente integrato e complementare di clienti, fornitori,
servizi e conoscenze (che costituisce appunto il distretto), il quale manifesta
carattere di unicità ed è difficilmente replicabile all’estero
11
.
Si riscontrano carenze di natura informativa, concernenti ad esempio i Paesi di
riferimento, i potenziali mercati, la distribuzione, gli strumenti di comunicazione,
la concorrenza e i clienti. In genere i sistemi informativi delle PMI si
caratterizzano per un elevato grado di informalità e risultano essere poco efficaci
9
Pepe C., Lo sviluppo internazionale delle piccole e medie imprese, FrancoAngeli, Milano, 1984,
p. 89.
10
Cedrola E., Il marketing internazionale per le piccole e medie imprese, Mc Graw-Hill, Milano,
2005.
11
Mariotti S., Mutinelli M., La crescita internazionale per le PMI. Strumenti, modelli e strategie
per conquistare i mercati, Il Sole 24ore, Milano, 2003.
L’internazionalizzazione delle PMI italiane
20
ed efficienti, risultando inadeguati per la raccolta e l’elaborazione delle
informazioni. Per sopperire a queste mancanze, è necessario che l’azienda
disponga di un adeguato sistema di informazioni. Tuttavia la raccolta di materiale
informativo è costosa, richiede tempo e personale qualificato, in contrasto col
poco tempo disponibile e la scarsità di risorse manageriali e finanziarie della
piccola impresa.
Si rilevano, inoltre, difficoltà legate alla gestione e all’organizzazione delle
attività internazionali. La conduzione delle piccole aziende è il più delle volte
affidata in prima persona all’imprenditore-proprietario o a persone con intuito
ed esperienza, ma insufficientemente abilitate al coordinamento di tutte le
attività aziendali. La scarsa esperienza e formazione dell’équipe dirigenziale (o
del proprietario-imprenditore) può essere all’origine di diversi impedimenti nel
momento in cui l’impresa s’internazionalizza. Essa allora si troverà nella necessità
non solo di rivedere le strutture organizzative, ma anche la modalità di gestione
che dovrà essere caratterizzata dall’impiego di un sistema informativo più
efficace e da un’azione commerciale più incisiva
12
. Per l’impresa
internazionalizzata è più difficile gestire dal centro tutte le attività aziendali, in
quanto operare direttamente sui mercati esteri significa insediarvi strutture
produttive, commerciali, distributive che l’imprenditore non può gestire senza
delegare ai suoi collaboratori
13
. Sicuramente un interessamento in prima
persona dell’imprenditore è elemento positivo, in quanto permette decisioni
rapide conferendo flessibilità all’azienda, ma può d’altro canto limitare le
possibilità di sviluppo internazionale. Infatti, accentrare nelle mani
dell’imprenditore la gestione di funzioni e compiti diversi, porta spesso ad
un’insufficiente selezione delle informazioni, ad analisi incomplete e
all’impossibilità di pianificare lo sviluppo internazionale.
Un ulteriore punto di debolezza è rappresentato dalla carenza di risorse umane
specializzate
14
. Spesso, infatti, i dirigenti (o l’imprenditore-proprietario) si
pongono di fronte all’attività internazionale con evidenti limiti personali, come
12
Pepe C., op. cit.
13
Depperu D., L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, EGEA, Milano, 1993.
14
Galdini D., op. cit.
Capitolo 1
21
l’impreparazione linguistica o la diffidenza verso ambienti culturalmente diversi.
Invece, di fronte a mercati sempre più competitivi, l’impresa deve rendersi
flessibile e disporre di personale in possesso di adeguate competenze. La
difficoltà di reperimento si estende, oltre che alle figure manageriali, anche al
personale tecnico. Tuttavia, per le PMI, procurarsi personale qualificato e
disponibile a trasferimenti all’estero comporta costi elevati e generalmente
possono permetterselo solo quando l’attività internazionale è già consolidata.
Infine, la scarsità di mezzi finanziari di cui dispongono le PMI incide
negativamente su tutte le funzioni aziendali. Infatti, la dimensione internazionale
può esigere un rinnovamento tecnologico, un potenziamento delle funzioni
commerciali, una raccolta di informazioni accurate oltre ad un possibile
autofinanziamento almeno in una fase iniziale
15
.
Tab. 1.1: Sintesi dei punti di forza e di debolezza delle PMI italiane
PUNTI DI FORZA PUNTI DI DEBOLEZZA
flessibilità; scarsa cultura all’internazionalizzazione;
orientamento al prodotto; sistema informativo carente;
buon rapporto qualità-prezzo. struttura organizzativa inadeguata;
personale qualificato insufficiente;
scarsi mezzi finanziari.
In conclusione, le PMI si trovano evidentemente di fronte ad una situazione in
cui la scarsità di risorse umane e finanziarie e di conoscenze ostacola il processo
di internazionalizzazione, incidendo in particolare sulla possibilità di effettuare
un’attenta analisi e valutazione delle opzioni strategiche e sulla capacità di
instaurare rapporti stabili con i mercati esteri. Tuttavia, per le imprese che
intraprendono questa strada, si intravede la possibilità di raggiungere importanti
successi grazie all’accesso a nuove fonti per il reperimento di risorse e
competenze
16
.
15
Pepe C., op. cit.
16
Caroli M., Lipparini A., Piccole imprese oltre confine. Competenze e processi
d’internazionalizzazione, Carrocci editore, Roma, 2002, p. 202.
L’internazionalizzazione delle PMI italiane
22
1.3. I fattori che influenzano i comportamenti di
internazionalizzazione delle PMI
Il processo di internazionalizzazione di un’impresa ha origine da una serie di
fattori che possono essere di natura interna o esterna all’impresa.
Le spinte di origine ambientale comprendono le caratteristiche dei sistemi
competitivi in cui l’impresa opera e di quelli in cui vorrebbe operare e possono
essere distinte in due categorie
17
: la prima è formata dalle condizioni che
determinano l’apertura dei mercati e dei sistemi produttivi tendenti a collocare
anche l’azienda minore in una dimensione internazionale. La seconda categoria è
costituita dall’insieme delle condizioni tangibili e intangibili che caratterizzano
l’ambiente e che incidono sulla capacità delle imprese locali di seguire con
successo un determinato processo di internazionalizzazione.
Nell’ambito dei sistemi competitivi, gli attori che vi prendono parte (fornitori,
consumatori, concorrenti) possono, con i loro comportamenti, incentivare od
ostacolare l’impresa nel suo processo di internazionalizzazione
18
. Per fare un
esempio, quando i consumatori di diversi Paesi tendono all’omogeneizzazione, le
imprese sono indotte a produrre e vendere un prodotto uniforme che risponda
in maniera indifferenziata ai bisogni da questi manifestati. Anche i sistemi politici
ed economici, sia del Paese di origine sia dei Paesi in cui l’azienda intende
operare, rappresentano una forza che può spingere o contrastare
l’internazionalizzazione in base alla presenza o meno di barriere normative e a
seconda delle scelte di politica economica, monetaria e degli investimenti. Infine,
l’evoluzione tecnologica è un elemento favorevole all’internazionalizzazione in
quanto consente alle imprese di mettere a punto offerte differenziate o di
sviluppare la ricerca nei Paesi di riferimento.
L’insieme degli elementi interni che influenzano il processo di
internazionalizzazione può essere sintetizzato nella cosiddetta formula
imprenditoriale, riconducibile cioè alle caratteristiche dell’imprenditore o dei
17
ivi
18
Depperu D., L’internazionalizzazione delle piccole e medie imprese, EGEA, Milano, 1993.
Capitolo 1
23
soggetti che hanno potere decisionale. Più in generale, il processo di espansione
estera è influenzato dall’insieme di risorse che la PMI ha a sua disposizione. È
necessario che abbia adeguate informazioni circa il mercato di riferimento, che
possieda le risorse finanziare necessarie per avviare la propria espansione, che
abbia capacità produttiva ed organizzativa. Inoltre, l’orientamento strategico
dell’impresa è influenzato dalle variabili aziendali, riconducibili all’assetto
istituzionale, agli obiettivi e alla struttura dell’impresa
19
. Le caratteristiche
dell’assetto istituzionale sono determinanti per l’analisi del processo di
internazionalizzazione delle imprese e da esse dipendono gli obiettivi aziendali
che l’impresa intende conseguire a livello internazionale. La struttura
dell’azienda dà un’idea dei punti di forza e di debolezza, delle risorse e delle
competenze sulle quali l’impresa può contare per realizzare l’espansione
all’estero.
Oggi per una PMI non è possibile inserirsi in un nuovo mercato estero senza
svolgere una serie di attività, tra cui
20
:
- analisi delle variabili macroeconomiche del Paese;
- analisi della potenziale domanda rispetto al bene/servizio che l’azienda
intende commercializzare nel Paese;
- analisi dei canali di distribuzione dei beni e servizi oggetto
dell’internazionalizzazione;
- analisi dei potenziali competitor presenti sul mercato estero, per capire
le reali possibilità di penetrazione del mercato;
- analisi delle condizioni accessorie/servizi post vendita del nuovo
mercato potenziale.
Infatti, la decisione di internazionalizzarsi richiede non solo la disponibilità di
informazioni differenziate per ciascun mercato estero, ma anche lo sviluppo di
adeguate capacità di analisi e valutazione di situazioni disomogenee.
Informazione e capacità di elaborazione diventano pertanto fattori strategici di
primaria importanza nell’ambito delle scelte di internazionalizzazione
21
. Le analisi
19
Ibid.
20
Moneta A., “Processi di internazionalizzazione delle PMI: minaccia o opportunità?”, in PMI,
2007, n.6, p. 57.
L’internazionalizzazione delle PMI italiane
24
brevemente descritte permettono quindi all’imprenditore di orientarsi in modo
concreto verso le possibilità di entrare con successo in un mercato
internazionale.
Se il processo di internazionalizzazione offre numerose opportunità alle PMI,
questo non è certo privo di rischi. Le principali minacce sono
22
: la necessità di
adeguamento delle caratteristiche del prodotto/servizio ai gusti del mercato di
riferimento internazionale; la necessità di individuare il canale distributivo più
efficace allo sviluppo commerciale desiderato; gli alti investimenti in termini di
comunicazione e pubblicità per penetrare il nuovo mercato; la necessità di
presidiare il mercato con risorse umane competenti e di fiducia che facciano
proprie la cultura e la mission dell’azienda, onde evitare di dare un’immagine
sbagliata della stessa. Per quanto riguarda le opportunità, vanno ricordate
23
: la
possibilità di aumentare in modo sensibile il fatturato, ormai difficile sul mercato
nazionale; la spinta all’innovazione continua del prodotto/servizio, che può
portare benefici anche sul mercato nazionale; la maggiore diversificazione del
portafoglio clienti, quindi minori rischi in caso di insolvenze; i vantaggi
competitivi che hanno determinato il successo sul mercato domestico possono
essere facilmente replicati all’estero; infine, localizzarsi all’estero consente di
aumentare i vantaggi competitivi grazie alla possibilità di accedere a fattori
produttivi a più basso costo tra cui le risorse umane e le materie prime, ma
anche a risorse intangibili come il know-how o le tecnologie più evolute.
1.4. Modalità d’ingresso sui mercati esteri
Una volta presa coscienza delle minacce e delle opportunità offerte
dall’internazionalizzazione e dopo aver effettuato un’analisi attenta ed
approfondita di tutti gli aspetti inerenti al Paese di riferimento, l’azienda deve
21
Cafferata R., Genco P. (a c. di), Competitività, informazioni e internazionalizzazione delle
piccole-medie imprese, Il Mulino, Bologna, 1997.
22
Moneta A., op. cit.
23
Ibid.
Capitolo 1
25
considerare alcuni ulteriori fattori, tra cui
24
: i costi di attuazione e gestione, i
benefici previsti nel breve e lungo periodo, il livello di rischio atteso e la capacità
dell’impresa di sfruttare le proprie leve competitive. A questo punto può
decidere qual è la modalità di insediamento più idonea attraverso cui gestire e
organizzare le attività estere.
Le modalità d’ingresso sui mercati esteri si suddividono in tre macro-classi:
l’esportazione (diretta o indiretta);
gli accordi contrattuali;
gli investimenti diretti all’estero (IDE).
In generale si può affermare che le PMI tendono a minimizzare gli investimenti
fissi specifici e scelgono pertanto la modalità di internazionalizzazione
caratterizzata dal grado minimo di investimento fisso specifico, cioè
l’esportazione. Tenderanno dunque a preferire modalità più “leggere” di crescita
internazionale, vale a dire quelle che richiedono un minor impiego di risorse
finanziare e manageriali
25
.
Oggi, tuttavia, anche tra le piccole e le medie imprese, le forme di
internazionalizzazione diverse dall’esportazione hanno raggiunto una diffusione
significativa.
Poiché quasi nessuna azienda vitivinicola italiana analizzata ha posto in essere
accordi contrattuali internazionali e nessuna effettua investimenti diretti
all’estero, di queste due modalità si farà solo un breve accenno, mentre si
dedicherà maggiore spazio alla modalità di esportazione.
24
Cedrola E., op. cit., pp. 89, 90.
25
Mariotti S., Mutinelli M., op. cit., p. 120.