1
CAPITOLO 1
DINAMICHE GLOBALI DEL MERCATO
VITIVINICOLO
1.1 IL MERCATO MONDIALE
1.1.1 La produzione mondiale
Negli ultimi 20 anni il mercato vinicolo mondiale ha subito profondi mutamenti,
che ne hanno modificato la struttura produttiva e l’organizzazione.
Rilevanti cambiamenti si riscontrano dal lato dell’offerta dei prodotti, delle
dinamiche degli scambi internazionali, dei circuiti di commercializzazione,
nonché della domanda e delle aspettative dei consumatori.
Attualmente le regioni e le aziende vitivinicole si trovano ad operare in un
ambiente molto più competitivo, alla ricerca di nuove strategie per affrontare le
sfide globali.
Partendo dall’analisi della superficie vitata mondiale è possibile notare come
questa ha manifestato un andamento relativamente stabile negli ultimi 15 anni,
evidenziando una ripresa all’inizio degli anni 2000 che ha portato nel 2010 ad un
valore che si attesta a circa 7,58 milioni di ettari.
2
Questa stabilità nasconde una crescita delle aree devolute alla viticoltura in alcuni
paesi extraeuropei, che ha compensato il calo verificatosi nell’Unione Europea.
La distribuzione per area geografica è infatti cambiata con un calo nel vigneto
europeo a favore di un aumento della superficie vitata in aree quali Asia, Africa,
America del Sud e soprattutto in Oceania. (Fig. 1.1)
Fig. 1.1 – Superficie vitata nel mondo
Fonte: OIV
1
, 2011
1
Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino.
3
Analizzando i dati dei singoli Stati, distinguendo il “Vecchio Mondo” che
comprende i Paesi Europei in particolare Italia, Francia, Spagna e Portogallo, dai
Paesi emergenti denominati il “Nuovo Mondo”, costituito da Stati Uniti,
Australia, Sud Africa, Cile e Argentina, si nota come la costante crescita nelle
aree emergenti ha compensato il declino del vigneto Europeo e molti dei paesi che
rappresentano queste aree si stanno affermando come nuovi competitor sullo
scenario globale del mercato del vino. (Tab. 1.1)
Tab. 1.1 - Superficie coltivata a vigneto
(in ettari; Anni 2000-2007; variazione e incidenza per paese)
2000 2006 2007 Var. % Var. % Quota %
2007/06 2007/00 2007
Spagna 1.167.703 1.135.229 1.157.853 2,0 -0,8 15,9
Francia 860.979 845.787 827.561 -2,2 -3,9 11,4
Italia 872.730 786.300 770.000 -2,1 -11,8 10,6
Portogallo 231.959 222.528 222.600 0,0 -4,0 3,1
UE 3.920.220 3.662.261 3.640.944 -0,6 -7,1 50,1
Europa 4.375.540 4.068.714 4.041.429 -0,7 -7,6 55,6
Cina 286.128 418.303 433.266 3,6 51,4 6,0
USA 383.016 379.271 379.000 -0,1 -1,0 5,2
Argentina 187.740 218.991 220.000 0,5 17,2 3,0
Cile 156.859 180.000 182.000 1,1 16,0 2,5
Australia 110.623 158.167 163.951 3,7 48,2 2,3
Sud Africa 108.419 112.717 115.000 2,0 6,1 1,6
Mondo 7.341.221 7.298.987 7.272.583 -0,4 -0,9 100,0
Fonte: elaborazioni Istituto G. Tagliacarne e LEL su dati FAO
4
Dal lato dell’offerta la produzione mondiale di vino sta oscillando, dagli anni
novanta, intorno ai 260 – 280 milioni di ettolitri, salvo un picco a 300 milioni di
ettolitri nel 2004 (Fig. 1.2).
Fig. 1.2 – Produzione mondiale di vino
Fonte: OIV, 2011
5
Considerando l’andamento di lungo termine vi è stata una netta diminuzione della
produzione nella seconda parte degli anni ottanta principalmente come
conseguenza del calo della produzione che ha interessato in particolare i paesi
tradizionalmente produttori come Italia, Francia e Spagna, che detengono
complessivamente il 49,14% della produzione mondiale (Tab. 1.2).
Tab. 1.2 - Produzione mondiale di vino per Paese
2006-2009 e variazione percentuale 2006/2009 (Hl)
Paese 2006 2007 2008 2009
Incidenza %
sul tot. Dei Litri
2009
Variazione %
2006/2009
Tot. Mondo 28.729.000 27.128.800 27.173.900 26.759.900 100.00% (6.85%)
Francia 5.302.500 4.654.700 4.280.600 4.700.000 17.56% (11.36%)
Italia 5.460.000 4.918.100 5.047.000 4.650.000 17.38% (14.84%)
Spagna 4.367.900 4.207.000 4.190.900 3.800.000 14.20% (13.00%)
Stati Uniti 2.438.300 2.510.800 2.431.500 2.777.200 10.38% 13.90%
Argentina 1.539.600 1.504.600 1.470.000 1.210.000 4.52% (21.41%)
Australia 1.325.000 955.000 1.237.000 1.171.000 4.38% (11.62%)
Chile 844.800 828.000 869.000 987.000 3.69% 16.83%
Germania 899.500 1.036.300 999.100 928.000 3.47% 3.17%
Sud Africa 939.800 851.600 763.300 780.700 2.92% (16.93%)
Portogallo 754.200 604.900 562.000 600.000 2.24% (20.45%)
Russia 628.000 600.000 600.000 600.000 2.24% (4.46%)
Romania 501.400 528.900 678.600 560.000 2.09% 11.69%
Cina 392.000 424.900 458.100 460.000 1.72% 17.35%
Moldavia 291.800 374.400 397.900 397.600 1.49% 36.26%
Grecia 351.100 387.300 360.000 350.000 1.31% (0.31%)
Fonte: Wine Institute, 2010
6
In Francia e in Italia, i due primi produttori mondiali, il calo produttivo si è
protratto fino all’inizio del nuovo millennio, dopodiché i volumi prodotti da
entrambi i Paesi si sono mantenuti fra i 45 e i 55 milioni di ettolitri. (Fig. 1.4)
Fig. 1.4 – Andamenti della produzione di vino
Fonte: OIV, 2011
A livello mondiale invece l’andamento decrescente si è interrotto già dall’inizio
degli anni novanta: da allora l’effetto negativo dei due principali produttori è stato
bilanciato dall’incremento delle produzioni provenienti da alcuni Paesi,
prevalentemente extraeuropei, come Australia, Cile, Cina e Stati Uniti (dati OIV,
2002-2010).
In definitiva si può affermare che la gerarchia dei primi cinque produttori
mondiali di vino è rimasta pressoché invariata negli ultimi 10 anni, con Francia,
7
Italia e Spagna ai primi posti che detengono quasi il 50% della produzione
mondiale, anche se l’ascesa dei nuovi attori market oriented, accumunati da un
orientamento internazionale e accentuate politiche di marca, hanno stabilito nuovi
standard nelle strategie competitive nel business del vino innalzando il livello
della competizione.
1.1.2 La struttura imprenditoriale e l’aumento della pressione
competitiva nel contesto internazionale
La struttura produttiva del settore vitivinicolo mondiale appare oggi estremamente
differenziata e presenta tratti che la distinguono da altre industrie delle bevande e
agroalimentari.
L’evoluzione delle imprese del vino, negli ultimi venti anni, ha condotto ad una
situazione strutturale caratterizzata da quattro principali gruppi: le multinazionali
delle bevande con interessi nel vino, le grandissime imprese specializzate nel
vino, le imprese medio grandi specializzate nel vino e, infine, le imprese medie e
piccole.
Il primo gruppo è quello delle multinazionali delle bevande alcoliche che, nel
corso degli anni ’80, hanno potenziato in modo significativo le politiche di marca
come elemento centrale delle strategie di marketing e, negli anni ’90, hanno esteso
le loro attività nel campo del vino (esempi sono Fortune Brands, LVMH, Diageo,
8
e Pernod Richard). Tali imprese riescono a sviluppare con il vino un fatturato di
entità paragonabile a quelli delle principali imprese vinicole mondiali.
Il secondo gruppo di nuovi attori che hanno determinato la crescita della
competizione è quello delle grande imprese market oriented del Nuovo Mondo, la
cui azione ha finito per minacciare il dominio europeo sul mercato del vino.
L’azione di questi nuovi attori nell’ambito del commercio internazionale si
innesta su un forte orientamento al mercato basato sull’innovazione tecnologica e
sulla comunicazione. Queste imprese per la loro dimensione finanziaria e per le
risorse manageriali, hanno condizionato lo stile di marketing nei mercati
internazionali rendendo la situazione competitiva particolarmente accesa.
Ma accanto a queste grandi imprese convivono moltissime aziende di piccola
dimensione, talvolta a conduzione familiare, che si occupano di tutti gli stadi della
produzione e commercializzazione.
L’esistenza di queste realtà è evidente soprattutto in Europa, dove le aziende
piccole sono centinaia di migliaia spesso organizzate in cooperative e in
organismi associativi, ma viene talvolta dimenticata a proposito dei paesi del
Nuovo Mondo, nascosta dall’ingombrante presenza delle grandi aziende che
dominano il mercato.
Uno dei fattori che stanno contribuendo a rafforzare le imprese di dimensione
elevata è il cambiamento nelle strutture distributive dei beni di largo consumo,
che si manifesta anche per il vino. La quota di vendite di vino che passa attraverso
9
la grande distribuzione supera oggi il 60% in tutti i paesi occidentali (Dati AC
Nielsen). Diventa dunque fondamentale possedere gli strumenti e le capacità per
rifornirla e per negoziare con essa.
La frammentazione, che caratterizza molti paesi europei, rappresenta un ostacolo
al raggiungimento delle dimensioni critiche necessarie per disporre dei volumi e
della forza contrattuale richiesti. D’altra parte, però, proprio la frammentazione
permette il mantenimento di un’ampia varietà di tecniche e di consuetudini,
frenando l’omogeneizzazione che si sta verificando per altri prodotti globalizzati.
1.1.3 I consumi mondiali
Il consumo mondiale di vino, dopo un forte ridimensionamento fra la metà degli
anni ottanta e la metà degli anni novanta, quando ha raggiunto i 223 milioni di
ettolitri, ha visto una lenta ripresa che condurrà agli attuali livelli di consumo del
vino che si attesta, nel 2010, attorno ai 238 milioni di ettolitri (Fig. 1.5)
L’Europa, che rimane l’area a maggior consumo, con una quota del 64,9% nel
2010, prosegue il trend di decrescita in atto (-10% rispetto al 1995) quando
deteneva una quota del 72%.
10
Fig. 1.5 – Consumi globali di vino
Fonte: OIV, 2010
I consumi sono variati in modo diverso all’interno dell’Europa: i paesi
tradizionalmente produttori come Francia, Italia e Spagna hanno infatti subito i
maggiori ribassi (-29,4%, -24,5%, -10,9% rispetto al 2005) compensati però dalla
11
crescita nei consumi nei Paesi del Nord Europa (UK, Irlanda, Germania, Olanda,
Svezia).
A livello mondiale l’aumento del consumo del vino continua invece in modo
considerevole negli Stati Uniti (+27,1% dal 2005) , in Cina(+ 14,3%dal 2005), in
Australia (+5,3% dal 2005) e in Canada (+4,4% dal 2005) (Fig. 1.6).
Fig. 1.6 – Variazioni dei consumi rispetto al 2005
Fonte: OIV, 2010
Per quanto concerne i livelli di consumo individuale, i più elevati si concentrano
nei Paesi Europei con una forte tradizione vitivinicola: Francia, Italia, e
Portogallo; anche se, negli ultimi anni, si osserva uno stato di declino generale nei
consumi pro-capite. (Fig. 1.7)
12
Fig. 1.7 – Consumo di vino pro - capite
Fonte: OIV, 2010
La riduzione dei consumi nel “Vecchio Mondo” scaturisce dal cambiamento negli
stili di vita che ha interessato (e sta interessando) le società avanzate. A seguito di
questo fenomeno, nei paesi tradizionalmente produttori e consumatori di vino si
stanno imponendo nuovi modelli di consumo, che presentano forti similitudini
con quelli prevalenti nei mercati emergenti.
Si tratta innanzitutto di un tipo di consumo più occasionale, meno diffuso nella
popolazione, che si manifesta nei mercati tradizionali con la diminuzione
congiunta dell’incidenza dei bevitori di vino e della quantità consumata
individualmente dai bevitori.
13
Fino ad alcuni decenni fa, nei paesi produttori il vino veniva considerato come un
alimento, con una funzione nutritiva. Esso serviva per raggiungere l’apporto
calorico necessario per svolgere le attività fisiche, lavorative e domestiche. Con il
mutare degli stili di vita, fattori quali la sedentarietà e l’attenzione verso aspetti
salutistici, l’aumentato potere d’acquisto, l’accresciuta offerta di generi alimentari,
l’interesse per la loro qualità, hanno contributo a trasformare il vino in un
complemento non necessario del pasto, o una bevanda riservata ad occasioni
sociali e conviviali. I bisogni che, oggi, il vino è chiamato a soddisfare sono
diventati la ricerca del piacere sensoriale, l’emulazione di un certo stile di vita, la
tutela di tradizioni culturali e storiche, l’accrescimento del benessere fisico.
Rispetto alle tipologie di vino consumate, negli ultimi decenni si è verificata
un’evoluzione verso prodotti di qualità, specie nei paesi del Vecchio Mondo, dove
un tempo si consumavano grandi quantità di vino scadente.
Quello che si è osservato negli ultimi anni è una ridefinizione dei comportamenti
di consumo che può essere riassunta nel passaggio da un tendenziale decremento
ad un rilancio selettivo.
Questo processo di evoluzione “dalla quantità alla qualità” è legato ad un
consistente cambiamento nell’ “immagine del vino” che, da prodotto a basso
valore aggiunto d’uso quotidiano, legato alla funzione nutrizionale, si è
trasformato progressivamente, nel corso degli anni, a un prodotto il cui consumo
assume una funzione sempre più legata ad aspetti di piacere e socialità.
14
Il consumatore, in definitiva, beve meno vino ma di miglior qualità ed è più
attento al rapporto qualità/prezzo nelle sue scelte.
1.2 GLI SCAMBI INTERNAZIONALI
Il mercato del vino può sicuramente essere considerato un interessante esempio di
globalizzazione. Quest’ultima ha portato ad una maggiore unificazione dei
mercati con un aumento della propensione all’export e con un nuovo accesso ai
mercati internazionali, rappresentato da tariffe in diminuzione e costi logistici e
barriere al commercio più basse.
Dall’analisi dei dati si può notare come gli scambi internazionali di vino sono in
crescita da una quindicina di anni. Se nel 1995 il volume medio delle esportazioni
era di 55 milioni di ettolitri, nel 2005 raggiungeva un valore superiore ai 75
milioni di ettolitri per culminare nel 2010 a quota 93,5 milioni di ettolitri
(Fig.1.8).
La crescita della propensione all’esportazione ha riguardato tutti i maggiori
produttori. Nei paesi del “Vecchio Mondo”, la diminuzione dei consumi interni ha
reso necessario deviare i loro vini verso nuovi mercati di sbocco, mentre i
produttori del “Nuovo Mondo” hanno sempre avuto come obiettivo strategico la
conquista di mercati esteri ed è soprattutto grazie ad essi che hanno potuto
accrescere la loro produzione.
15
In termini assoluti restano ancora Italia, Francia e Spagna i maggiori esportatori
mondiali, seguiti da Australia e Cile (dati OIV, 2010).
Fig. 1.8 – Esportazioni mondiali di vino
Fonte: OIV, 201
Allo stesso modo l’andamento delle importazioni ha mostrato un trend crescente
che dal 1995 al 2010 ha fatto registrare un incremento del 70% passando da un