II
La cosiddetta tecnologia on demand, che consente di sviluppare servizi
evoluti di Tv interattiva, portali dinamici e giochi, offre alle major l’opportunità
di fare “Personal media sharing”, vale a dire trasferire contenuti multimediali,
come foto e file mp3, dal Pc al televisore di casa.
Stando a queste premesse, si potrebbe pensare ad un futuro dalle tinte
davvero rosee per la Tv digitale. Tuttavia, la strada per l’affermazione
dell’IPTV, potrebbe non essere così in discesa.
Tra le minacce che incombono sulla Tv digitale, vanno segnalate senz’altro
l’attuale strategia degli operatori, troppo orientata sulle prestazioni più che su
contenuti e servizi, e quella, di gran lunga maggiore, rappresentata dalla
Web Tv, la televisione del peer-to-peer (P2P), della condivisione e dei
contenuti auto-prodotti e che, per alcuni, è addirittura da considerarsi la vera
erede del tubo catodico.
La Web Tv (che seppur penalizzata dalla lenta diffusione della larga banda in
Italia, sta riscuotendo un enorme successo), in un primo momento potrebbe
sembrare una mera trasposizione del televisore sul Pc.
In realtà è molto di più.
Essa può infatti contare su una quantità di canali decisamente più vasta e
contenuti on demand, come nella normale Tv via cavo, ma completamente
gratuiti. A questo bisogna aggiungere gli enormi vantaggi derivanti dall’uso di
strumenti tipici del mondo di Internet che portano gli utenti a interagire fra
loro.
Ovviamente, esistono diversi tipi di Web TV.
Si va da quella generalista, che ripropone i format della TV tradizionale ma in
una chiave nuova e più interattiva (N3TV) a quella che raccoglie e assembla
tra loro video girati da altri e sparsi in giro per il Web, per arrivare a quella
tematica, che produce contenuti su un tema specifico.
Il concetto base è sempre la ‘tele-visione’, ovvero l’atto di guardare delle
cose a distanza, ma questa volta con un importante valore aggiunto:
consentire a tutti di poter diffondere contenuti auto-prodotti, da condividere
con gli utenti della Grande Rete (i cosiddetti Ugc, ‘users generated content’).
III
Un nuovo modo di comunicare dunque, ma anche e soprattutto un nuovo
modo di fare informazione.
Il modello mainstream non esiste sul Web e, d’altra parte, il fatto stesso che
chiunque possa fare Web TV, preclude la possibilità che tale modello ‘da-
uno-a-molti’ (top-down), proprio della Tv tradizionale, possa riproporsi.
Fino a non molto tempo fa, la TV si ‘subiva’ passivamente, oggi, grazie ad
Internet, la Tv si può creare, in qualunque momento, e ad ognuno è
consentito di esprimersi in tutta libertà.
È quasi superfluo dire che, la qualità e l’utilità di un servizio attraverso la
Rete, dipenderanno strettamente da ciò che gli utenti decideranno di
diffondere.
Tutto ciò sta portando verso grandi cambiamenti, sia nel modo in cui la Tv
viene usata (e quindi nel ruolo del telespettatore), sia nell’offerta di contenuti
e servizi da parte degli emittenti.
Interattività, servizi multimediali, televisioni intelligenti, sono queste le parole
chiave nelle strategie degli operatori della nuova televisione digitale (IPTV).
Informazione ‘dal basso’ (Ugc), condivisione, social networking, quelle,
invece, della Tv sul Web (Web Tv).
Chi vincerà? È presto per dirlo, ma una cosa è certa: nel futuro della
televisione, ci sarà sempre più Internet.
1
CAPITOLO I
LA STORIA DELLA TV
1.1 LA STORIA DELLA TV: INVENZIONI E INVENTORI
uando si pensa alla storia della Tv, non si può fare a meno di pensare a
quel mondo di pionieri e personaggi geniali che diedero fondo al
proprio patrimonio per spenderlo in invenzioni assurde o che, il più delle
volte, rinunciarono a realizzare un sogno perché privi di quella solida base
economica, considerata indispensabile per la realizzazione di un qualunque
prototipo.
Quel mondo fatto di liti sui brevetti, idee che nascevano all’unisono, spesso
copiate e perfezionate, adattate alle singole esigenze.
Lo scenario di riferimento è l’Europa del secolo scorso per i principi più
remoti, e l’Europa dei primi decenni del nostro secolo per la raccolta dei primi
risultati concreti. Da non dimenticare anche qualche puntata nei laboratori
degli Usa, ma con risultati di entità notevolmente inferiore rispetto a quelli
raggiunti in Germania, in Francia e in Inghilterra.
È nella gelida notte di Natale del 1883, infatti, che, rintanato nella sua
camera di un albergo di Berlino, uno studente provava e riprovava a far
girare davanti al proprio volto un disco di cartone con dei fori.
Questo studente è Paul Nipkow, lo scopritore di ciò che, per decenni e
decenni, è stato considerato l’elemento centrale di tutto l’apparato per la
trasmissione delle immagini a distanza. Inizialmente, il dispositivo fu
chiamato “telescopio elettronico”, ma è passato alla storia con il nome di
“disco di Nipkow” (fig. 1).
Q
2
Una scoperta incredibilmente elementare, ma che racchiude tutta quella
genialità che spesso si versa nelle cose più semplici.
Si pongono dei fori in posizioni progressivamente più esterne su di un disco
opaco e, facendolo girare, si analizzano le immagini, riga dopo riga, iniziando
dal foro più esterno (che legge la riga superiore) fino a quello più interno che
legge quella inferiore.
E' da questo momento che si può parlare delle famose “righe” televisive.
Ma possiamo considerare quindi Nipkow il padre della televisione? No,
neppure lui. E questo perché, il suo dispositivo, era in qualche modo
complementare a quello di un suo predecessore, il tedesco Ernst Rhumer,
che al sorgere del nuovo secolo, nel 1909, aveva compiuto la prima
trasmissione televisiva. Certamente non un talk show con i discorsi dei
politici, non un documentario e nessuna “signorina buonasera” (fig. 2) ad
annunciare i programmi della serata. Niente di tutto questo. Si trattava
semplicemente di alcune figure geometriche, molto sfocate e approssimative.
Ma la televisione era nata e questa era l’unica cosa importante.
Ma il demiurgo che avrebbe messo assieme i vari pezzi, per dar vita
finalmente a qualcosa che assomigliasse anche lontanamente alla nostra Tv,
doveva ancora arrivare.
Il suo arrivo non tardò. Fu infatti un ingegnere scozzese, John Logie Baird,
dopo la prima Guerra Mondiale, precisamente il 2 ottobre del 1925, ad
inviare a distanza un'immagine televisiva vera e propria. La prima scena
televisiva trasmessa nel suo laboratorio è il viso di una persona, formata da
30 righe, con 5 immagini ogni secondo (fig. 3).
Solo due anni dopo, fu sempre Baird ad effettuare un esperimento di
televisione a colori utilizzando dischi di Nipkow con tre spirali, una per ogni
colore.
Tanto per aggiungere una curiosità, Nipkow vide l’applicazione del suo disco
(inventato quand'era ventitreenne (fig. 4)) solo alle soglie dei settant'anni,
durante una dimostrazione tenutasi a Berlino.
3
1.2 LA SCANSIONE MECCANICA E QUELLA ELETTRONICA
La televisione di Baird era costituita da un sistema di scansione meccanico.
Un disco di Nipkow girava davanti agli elementi sensibili di selenio, e istante
dopo istante si otteneva un valore elettrico corrispondente alla luminosità di
un punto dell'immagine, riga dopo riga (fig. 5).
Il principio è insomma esattamente quello che viene usato ancor oggi, ma
con un sistema di scansione elettronica. Il visore era costituito da un altro
disco di Nipkow, che girava davanti ad una lampada al neon comandata dal
segnale modulato a seconda della luminosità dei punti letti istante dopo
istante: in pratica, si comandava la corrente di scarica del neon. I dischi dei
due apparecchi (lo “scanner” e il visore) erano naturalmente sincronizzati.
Come si passò all'attuale sistema di scansione elettronica?
Bisogna ricordare, a questo punto, che la televisione “elettronica” si impernia
sul tubo catodico più o meno nello stesso modo in cui, quella a scansione
meccanica vista fin ora, si fonda sul disco di Nipkow.
1.3 IL TUBO CATODICO
Un tubo catodico assomiglia un po’ a un'ampolla di vetro all’interno del quale
(sottovuoto, come nelle migliori confezioni di caffè) ad un capo viene
generata una nube di elettroni, che vengono poi “lanciati” con forza verso
l'altro capo. In corrispondenza di questo capo si mettono dei materiali in
grado di divenire luminescenti quando vengono colpiti dagli elettroni (classico
è il fosforo spalmato sulla superficie interna di questo capo dell'ampolla) ed
ecco che, all'arrivo del raggio di elettroni, si ha un fenomeno luminoso che
aumenta o diminuisce all'aumentare o al diminuire della “forza” del raggio.
Se questo raggio si sposta, e colpisce zone diverse della superficie spalmata
di fosforo, si avrà un punto luminoso che si sposta con esso.
4
Se lo spostamento è velocissimo, si avrà la sensazione ottica di una
strisciata (una riga) luminosa, un po’ come quando muoviamo
rapidissimamente (con un gesto brusco) una pila o un oggetto luminoso (fig.
6).
Il tubo elettronico, però, per molti anni, stentò a decollare, a causa
dell’eccessiva macchinosità, per l’epoca, della sua costruzione e pilotaggio.
Tuttavia, permetteva un'immagine con un maggior numero di linee, e fu
questo l’aspetto che, alla fine, prevalse e gli diede la possibilità di vincere
sulla televisione meccanica. Un successivo passo avanti, che decretò il
successo del tubo catodico, è rappresentato dalla tecnica
dell'interallacciamento, che permette, a parità di numero di immagini al
secondo, di ottenere dei risultati che sarebbero tipici di un numero di
immagini al secondo maggiore. L'interallacciamento consiste nel disegno di
tutte le righe dispari, e poi di tutte le righe pari che occupano gli spazi tra una
riga dispari e l'altra. In questo modo il raggio “rinfresca” più frequentemente
la stessa area di cinescopio, e si ha un'immagine sensibilmente più stabile,
priva di quello “sfarfallamento” tipico dei primi film con una cadenza
d'immagini troppo bassa.
1.4 COSA SUCCEDEVA IN QUEGLI ANNI IN ITALIA?
Nel 1929 alcuni tecnici dell’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni
Radiofoniche), coordinati da Alessandro Banfi, condussero alcuni
esperimenti televisivi negli studi radiofonici di Milano e, sul finire di quello
stesso anno, questa volta nella sede EIAR di Torino, in un locale detto
“visorium”, costruirono il primo impianto italiano di ripresa, trasmissione e
ricezione televisiva.
Nel 1930, nacque a Torino il Laboratorio Ricerche dell’EIAR, che sarebbe
diventato in seguito il Centro Ricerche Rai.
Intanto, due abili costruttori di apparecchi interfono e radio, i fratelli Bruno e
Giovanni Fraccaro, riuscirono a ricevere il segnale televisivo da Londra e
5
Berlino servendosi dei dischi di Nipkow per realizzare i primi prototipi di
televisione. Questo ricevitore, realizzato in Italia nel 1930, adottò lo standard
a scansione orizzontale a 30 righe, formato 4:3, utilizzato al tempo in
Germania.
1.5 LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Il periodo pre-bellico si chiuse con l’adozione di standard diversi e con
l’adozione, per tutte le trasmissioni, della scansione elettronica, anche se
con una risoluzione diversa.
Nel novembre del 1936, la Bbc avviò le prime trasmissioni televisive nel
nuovo formato “alta risoluzione”: 405 righe per quadro e 25 immagini
interlacciate al secondo.
Nel 1937, la Francia introdusse il sistema a 455 righe, mentre Germania e
Italia adottarono un sistema a 441 righe.
Nel 1939, a New York, venne inaugurato un sistema a 340 righe e 30
immagini al secondo , che divenne lo standard a 525 righe due anni più tardi.
In Italia, il 22 luglio del 1939, entrò in funzione il trasmettitore sperimentale di
Monte Mario a Roma che effettuò, per circa un anno, trasmissioni regolari
con il formato a 441 righe (fig. 7).
Il 16 settembre entrò in funzione un trasmettitore televisivo anche a Milano
che effettuò trasmissioni sperimentali in occasione della XI Mostra della
Radio.
Nel 1940, dal 12 al 28 aprile, per tutta la durata della XXI Fiera di Milano,
l'Eiar effettuò un servizio di radiovisione dalle 18 alle 18.30 e dalle 21.30 alle
22.00.
Ma, quando la seconda Guerra Mondiale era ormai vicinissima, cessarono le
trasmissioni sperimentali televisive dell’Eiar sia a Roma sia a Milano, nel
timore che, la frequenza di trasmissione Tv, potesse interferire con l’impianto
Telefunken di atterraggio teleguidato degli aerei negli aeroporti di Roma-
6
Ciampino e Milano-Linate. Durante Guerra, ovviamente, la gente ebbe cose
più importanti a cui pensare e, di trasmissioni televisive, non se ne parlò più.
1.6 IL PERIODO POST-BELLICO: SI RIACCENDE L’INTERESSE PER LA
TELEVISIONE
Alla fine della guerra, la battaglia televisiva riprese esattamente dal punto in
cui si era interrotta e, con essa, si riaccese la competizione per migliorare la
definizione delle immagini.
Già allora, l’obiettivo era “1000 righe".
Come si può facilmente immaginare, non fu facile, per l’epoca, realizzare il
“salto” verso la nuova definizione. Gli schermi televisivi, basati su tubi a raggi
catodici, passarono dalla forma circolare ad una forma sempre più
rettangolare. La loro dimensione passò, molto rapidamente, da 9" a 10"
1
e
poi 12". Bisognerà attendere il 1952 perché venga introdotto un solo
standard in tutta Europa: 625 righe e 25 quadri al secondo (50 Hz,
interlacciato).
Nel 1954 gli schermi sono cresciuti a 14" e 17", mentre, nel 1957, arrivano i
cinescopi da 21" (fig. 8).
A tutto questo bisogna aggiungere l’invenzione del primo monoscopio (fig.
9), ovvero il grafico che serve a valutare le caratteristiche della catena di
diffusione (dalla telecamera allo schermo).
Fu realizzato per le trasmissioni della BBC a 30 righe e consisteva in una
semplice circonferenza e una linea retta. Nel 1939 la RCA realizzò il
monoscopio noto come “Testa d'indiano” (fig. 10).
1
Il pollice (inch in inglese, simbolo in o virgolette ") è un'unità di misura di lunghezza che
non fa parte del sistema SI, ma è tuttora ampiamente utilizzato nei paesi di cultura
anglosassone, come Gran Bretagna e Stati Uniti, e in molti settori tecnologici.
7
Le strutture grafiche che compongono il monoscopio consentono di stabilire
la corretta riproduzione dell'intera gamma delle frequenze spaziali garantita
dallo standard, cioè la definizione orizzontale e verticale con cui sono
riprodotte le immagini.
L'immagine del monoscopio era un tempo molto familiare ai telespettatori,
dal momento che veniva trasmessa nei periodi di sospensione della
programmazione. Oggi compare raramente, perché i programmi sono
presenti ventiquattro ore al giorno.
1.7 E IL COLORE?
Nel 1938 George Valensi propose in Francia il principio della compatibilità: i
programmi a colori dovevano essere riprodotti dai televisori in bianco e nero
e i programmi in bianco e nero dovevano essere visualizzati, ovviamente in
bianco e nero, anche dai televisori a colori.
Solo nel 1953, negli Stati Uniti, venne definito lo standard NTSC (National
Television Systems Committee). Nel 1961, in Francia, fu la volta del SE-CAM
(Sequentiel Couleur à Memoire).
Nel 1963, venne infine proposto il PAL (Phase Alternation by Line). I primi
servizi televisivi a colori vennero lanciati nel 1967 in Gran Bretagna,
Germania e Francia.
Solo dieci anni dopo, la Rai riceve l’autorizzazione a lanciare il servizio di Tv
a colori in Italia (fig. 11).
8
1.8 NASCITA DELLA TV E RIVOLUZIONE LINGUISTICA
La televisione apparse per la prima volta in Italia nel 1954 e, da allora, si
impose come mezzo di comunicazione di massa per eccellenza. Fu
impossibile non accorgersi subito della sua straordinaria capacità di
influenzare opinioni, gusti e comportamenti, la dimensione planetaria
dell’informazione che essa è in grado di offrire e anche i suoi effetti (spesso
negativi).
Al di là di queste caratteristiche, fin troppo evidenti, c’è una cosa che sfugge
all’attenzione dei più, e cioè il merito della televisione nell’aver contribuito, in
maniera decisiva, ad una rivoluzione linguistica di portata storica, che ha
portato all’affermazione concreta dell’italiano come lingua nazionale.
Qualche dato.
Agli inizi degli anni cinquanta (cioè a novant’anni dall’unità nazionale)
l’italiano veniva parlato abitualmente da una percentuale di persone che
oscillava tra il 10% e il 18%. Un altro 40% parlava italiano e dialetto mentre, il
resto della popolazione, solo dialetto.
Sarà proprio il diffondersi della comunicazione televisiva a facilitare, da parte
di quei settori della popolazione italiana ancora immersa in un universo
esclusivamente dialettale, l’uso di una lingua che li aiuti a "capire" e a "farsi
capire" dalle Alpi a Pantelleria.