II
Il mio lavoro è suddiviso in quattro capitoli che cercano di
dare un quadro di tutto il periodo. Nel primo capitolo mi
soffermo sulla letteratura medievale in generale e sui
presupposti che hanno prodotto il Minnesang vero e proprio
prendendo in esame anche qualche autore, come per
esempio Rosvita von Gandersheim, che per la sua
importanza ha lasciato un segno profondo nella storia della
letteratura tedesca. Nel secondo capitolo parlo
espressamente del Minnesang, del suo fiorire, dei suoi
precedenti letterari, del suo agganciarsi ad una tradizione
più antica proveniente dall’estero, dei temi e degli ideali che
rappresentano il sostrato sul quale poggia la produzione
lirica di questo periodo. Esamino inoltre tutti quei poeti che
precedono e seguono la figura di Walther von der
Vogelweide, argomento del terzo capitolo, rappresentante
supremo del periodo di massimo splendore del Minnesang.
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Egli, infatti, ha saputo utilizzare al meglio tutti i mezzi
espressivi a disposizione per esprimere non solo i suoi
sentimenti d’amore ma anche le sue idee politiche. Nel
quarto capitolo, infine, mi soffermo sulla figura di Oswald
von Wolkenstein, da molti considerato come l’ultimo
Minnesänger, come colui che, dopo circa due secoli, ha
saputo dare nuovo vigore alla lirica del Minnesang,
conferendo a questa nuove forme espressive.
La letteratura medievale tedesca. Rosvita, die erste Dichterin deutscher Sprache
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CAPITOLO I
“La letteratura medievale tedesca Rosvita,
die erste Dichterin deutscher Sprache”
La letteratura medievale tedesca. Rosvita, die erste Dichterin deutscher Sprache
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Prima di esaminare la letteratura medievale, dobbiamo
fare un passo indietro fino all’epoca di Carlo Magno, per
ricercare le basi di quella letteratura e i presupposti che
hanno permesso il suo fiorire. Quando, nell’800 d.C., Carlo
Magno salì al potere era incolto come il suo popolo, ma alla
sua morte lasciò dietro di sé un vero e proprio impero di
cultura. Pur vedendo in essa soprattutto un mezzo per
assicurarsi il potere, diede comunque nuova vita all’arte e
alla letteratura. Egli, per esempio, introdusse il latino come
lingua ufficiale della Chiesa ma il suo scopo non era tanto
l’universalità della Chiesa quanto l’universalità dell’impero.
Anche il suo interessamento a favore della lingua tedesca è
dovuto a motivi pratici: egli, infatti, fece tradurre alcune
preghiere e nomi dei mesi nella lingua del popolo perché le
stirpi germaniche non comprendevano il latino, gettando
così le basi per la compilazione di una grammatica della
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lingua tedesca. Alla sua corte fu fondata una sorta di
accademia letteraria, la Schola Palatina, della quale
facevano parte gli studiosi più insigni del periodo fra cui
Alcuino (735-804) e Paolo Diacono (720/30-799?). Questa,
insieme alle scuole dei conventi, può essere considerata, per
così dire, un’università del periodo carolingio.
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Quando Carlo Magno morì, finì solo il suo impero, perché
le basi culturali e spirituali che aveva gettato continuarono a
consolidarsi ed evolversi.
Questo è anche il periodo in cui il monachesimo raggiunse il
massimo dello splendore: i monasteri, e i monaci in
particolare che trascrivevano instancabilmente i manoscritti
antichi, divennero veicoli di trasmissione della cultura.
Venivano trascritte per lo più opere latine, ma i monaci
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L. MITTNER, Storia della Letteratura Tedesca (342/1) – Dai primordi pagani
all’età barocca (dal 750 al 1700 circa), Piccola Biblioteca Einaudi, Torino 1977,
pp.94-99
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erano impegnati anche a tradurre queste opere o brani della
Bibbia o ancora nella compilazione di glosse, e, utilizzando
ognuno il proprio dialetto, diedero un grande impulso alla
formazione e allo sviluppo di una lingua tedesca unitaria.
Poiché la pergamena, sulla quale erano trascritte le opere,
era molto costosa, conventi anche lontani, per favorirne la
circolazione, si scambiavano le opere, e quindi cercavano di
uniformare i propri dialetti, ponendo così le basi per la
formazione di un’unica lingua. All’inizio quest'unificazione
linguistica era parziale, legata soprattutto all’ortografia e al
lessico, era cioè una lingua non adatta ad essere parlata ma
solo ad essere scritta.
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Grande impulso alla comunicazione
fra i popoli e quindi alla comprensione dei vari dialetti fu
dato dagli Stra Εburger Eide dell’842, un trattato di pace in
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E. und E. VON BORRIES, Deutsche Literaturgeschichte Band 1 – Mittelalter-
Humanismus-Reformationszeit-Barock, Deutscher Taschenbuch Verlag, München
1991, pp.25-26
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cui i figli di Ludovico il Pio, Carlo il Calvo, re della
Franconia occidentale, e Ludovico il Germanico, re della
Franconia orientale, coalizzatisi contro il fratello Lotario I,
utilizzarono ciascuno la lingua dell’altro in modo da essere
compresi dall’esercito avversario.
L’impero carolingio si sfascia nell’843 con il trattato di
Verdun che sancisce la divisione dell’impero in tre parti tra i
figli di Ludovico il Pio.
Intorno alla fine dell’VIII secolo nella letteratura in lingua
tedesca abbiamo una lunga pausa che dura circa 150 anni
fino alla metà dell’XI secolo. Durante questi anni è il latino
ad essere la lingua della cultura e della letteratura.
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L’età degli Ottoni ha un’impronta diversa rispetto a quella
carolingia. Il successo politico dei regnanti è dovuto
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B. BAUMANN – B. OBERLE, Deutsche Literatur in Epochen, Max Hueber
Verlag, München 1985, pp.16-17
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soprattutto alla trasmissione della corona imperiale da padre
in figlio per quattro generazioni: questo contribuisce a fare
della Germania una nazione forte e anche in qualche modo
unificata.
L’impero costituito da Ottone I era un blocco compatto ma
dal punto di vista culturale non aveva lo splendore
dell’impero carolingio, la cui corte invece, come abbiamo
visto, era il centro dell’arte e della cultura.
La letteratura di questi anni era essenzialmente scritta in
latino ed ha diversi rappresentanti. Sicuramente una figura
molto importante è Rosvita (Hrosvith) von Gandersheim, la
prima poetessa tedesca di cui conosciamo il nome, o meglio
la prima poetessa di nazionalità tedesca perchè le sue opere
sono scritte ancora in latino.
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L. MITTNER, op. cit., pp.138-39; 146
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Rosvita nasce intorno al 935 e muore dopo il 973.
Proveniente dalla nobiltà e suora al monastero benedettino
di Gandersheim, si trova a vivere in un’area geografica
molto importante. Rosvita è fortemente influenzata
dall’ambiente politico e religioso che ha fatto da base alle
sue opere, contribuendo a fare di lei una delle figure più
importanti del Medioevo.
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Spesso si considera il X secolo
come uno dei periodi più oscuri della storia, e Rosvita
semplicemente come una suora colta che scriveva le sue
opere al riparo delle mura sicure del convento. Gandersheim
era un grande monastero femminile in cui le ragazze nobili
della casa di Sassonia crescevano e venivano educate: era
quindi un’istituzione ricca. Qui soggiornava spesso la
principessa Teofano, moglie di Ottone II; quasi sicuramente
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Hrotsvithae Opera, Mit Einleitungen und Kommentar von H. HOMEYER, Verlag
Ferdinand Schöningh, München-Paderborn-Wien 1970, pp.7-9
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vi erano state educate le sue due figlie, Adelaide e Matilde;
in esso morì Enrico il Litigioso, ultimo imperatore della
dinastia sassone. Tramite importante fra la corte e il
monastero era il fratello del re, Brunone, duca di Lorena,
arcivescovo di Colonia e poi cancelliere del regno. Egli,
secondo Rosvita, era uno degli uomini più colti del tempo:
conosceva il latino, il greco, la filosofia e la matematica.
Amava i classici e leggeva spesso Terenzio. Come si può
capire Rosvita era quindi in costante contatto con persone
illustri e colte. Un’idea della cultura di Rosvita in rapporto
all’ambiente in cui viveva, ce la può dare la prefazione al II
dei tre libri in cui sono divise le sue opere, quello
contenente i dialoghi drammatici, che chiarisce la situazione
culturale del convento di Gandersheim e della corte: Rosvita
parla certamente di Brunone quando descrive coloro che
“pur attenendosi fedelmente alle pagine sacre, leggono e
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rileggono di frequente le creazioni poetiche di Terenzio”
(praef. II 2), le cui commedie erano una lettura pericolosa
per un cristiano a causa delle “sconcezze” che contenevano,
che lei si propone di sostituire esaltando la verginità delle
sante cristiane. Ella è una scrittrice colta, ma non impone
mai la sua cultura, anzi si scusa spesso della sua ignoranza,
ricalcando delle espressioni retoriche che servivano per
sollecitare la benevolenza del lettore.
Un altro personaggio di grande cultura che visitava spesso il
convento di Gandersheim era Edvige, sorella della badessa
Gerberga, resa celebre dallo storico dell’abbazia di San
Gallo, Eckerard IV (prima del 1000-1056), che le ha
dedicato alcune pagine della sua opera Casus St. Galli in
cui viene tratteggiata come una donna di grande cultura.
Quando, ancora giovane, rimase vedova, non si ritirò in
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convento come era consuetudine per quell’epoca, ma strinse
rapporti di amicizia con i monaci di San Gallo, ai quali
insegnava il greco ricevendo in cambio lezioni su Virgilio.
Ella quindi favoriva i contatti fra il convento di San Gallo e
quello di Gandersheim.
Nella seconda metà del secolo soggiornò alla corte di
Ottone I il dotto Raterio (890-974), esule da Verona, che
era stato precettore di Brunone e di suo nipote Guglielmo.
Era un grande mecenate, un uomo di notevole cultura, che
padroneggiava i testi classici e cristiani noti in quell’epoca.
Nel 965 si recò in Germania anche Gunzone di Novara,
invitato a corte dallo stesso Ottone I che aveva sentito
parlare dei suoi studi filosofici.
Tutti questi personaggi animarono la vita culturale che si
svolgeva tra la corte e i conventi di Gandersheim, San
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Gallo, Reichenau ed altri: Rosvita è quindi il prodotto di
questa cultura.
Tra tutti questi contatti, uno non è facile da giustificare,
quello con Raterio. Egli, infatti, viveva a corte, e, come si
può immaginare, non era permesso ad una monaca uscire
dal convento. Ma forse Rosvita non era una suora: a
Gandersheim si osservava la regola benedettina, ma, come
in molti altri conventi dell’epoca, accanto alle suore vi erano
le cosiddette ancillae Dei canonicae o sanctimoniales, cioè
le canonichesse, tenute ad un’osservanza meno rigida della
regola. Rosvita era quasi sicuramente una di loro: solo così
riusciamo a comprendere i suoi spostamenti, probabilmente
frequenti, fra il monastero e la corte.
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F. BERTINI (a cura di), La storia al femminile. Il Medioevo, Editori Laterza,
pp.77-84
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Rosvita non scrive opere di teologia, ma piuttosto di
edificazione, il cui fine ultimo è l’esaltazione della verginità
come virtù somma che opera solo miracoli. La sua voce è
ora robusta quando canta i miracoli compiuti da Dio, ora
tenue quando parla di sé.
Le sue opere si possono dividere in tre periodi: il primo è
quello delle Leggende, il secondo quello dei Drammi, il
terzo quello dei Poemi Storici.
Le otto leggende dialogizzate sono poemetti agiografici con
numerosi “prestiti” dalla liturgia di Natale, di Pasqua e delle
feste in onore di Maria. Altri provengono invece dalle
preghiere che scandivano la vita claustrale.
La stesura delle leggende fu conclusa intorno al 962.