Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione
Introduzione
L’importanza delle strutture che fanno parte del nostro patrimonio artistico e
culturale è indubbia, in quanto espressione della nostra società, della nostra
storia, della nostra creatività. In particolare, le chiese e gli edifci di culto in
genere (che, tra le altre cose, rappresentano oltre l’80% del patrimonio culturale
nazionale) sono quelli che probabilmente più di qualsiasi altro, appartengono
più univocamente all’immaginario collettivo comune. Infatti esse hanno spesso
determinato la crescita e l’affermazione dei piccoli borghi sorti attorno a loro, e
lo sviluppo del territorio e delle comunità, è stato spesso legato alla loro
presenza.
È evidente che per conservare tali “testimonianze” è necessaria un’attenta
analisi condotta non soltanto al restauro, ma anche puntando alle cause che
portano al declino del costruito, in primo luogo con riferimento agli eventi più
negativi per essi, i terremoti. Infatti l’esperienza mostra come sia questa la
causa più probabile del decadimento di tali costruzioni. Anche sismi di limitata
intensità determinano stati fessurativi evidenti e possono provocare, in alcuni
elementi architettonici della chiesa, situazioni d'instabilità con crolli locali.
Questo soprattutto per una propria vulnerabilità intrinseca, dovuta alle
caratteristiche per niente duttili della muratura (“l’ingrediente” principale) ed
ad una vulnerabilità aggiunta dovuta al naturale degrado dei materiali; senza
contare le contromisure prese che, per mancanza di esperienza, si sono rivelate
il più delle volte erronee, causando, spesso, danni maggiori di quelli che si
volevano curare.
Sarebbe pertanto necessaria una attenta indagine, al fne di individuare le
soluzioni strutturali di rafforzamento antisismico opportune. Esiste quindi per
questi manufatti un problema di sicurezza, ovvero occorre garantire alla
struttura una capacità di resistere all'azione sismica confrontabile con quella che
viene richiesta alle nuove costruzioni. Questa esigenza è legata, come detto, al
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria I
Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione
mantenimento del bene architettonico, per le sue valenze culturali ed
economiche, ma soprattutto alla salvaguardia dell'incolumità pubblica, dato che
una chiesa può essere soggetta a grande affollamento (anche se per periodi
limitati). Il punto di partenza nella valutazione della sicurezza di un manufatto
storico è considerare la sua storia come collaudo dell'opera. Nell’ambito
dell’ingegneria strutturale è quindi fondamentale conoscere la sequenza degli
eventi sismici signifcativi che hanno interessato il manufatto dall'epoca della
sua costruzione ed acquisire notizie sui danni subiti. La sintesi di queste
informazioni, unitamente alla scelta di un modello del comportamento
strutturale, porta alla formulazione della diagnosi, ovvero consente di
determinare il livello di sicurezza del manufatto o, equivalentemente, con un
termine utilizzato in ambito sismico, la sua vulnerabilità.
È questo l’oggetto del presente lavoro, che propone un criterio di valutazione
della vulnerabilità sismica degli edifci di culto lucani, indirizzata ad acquisire
una conoscenza degli edifci presenti sul territorio ed a stimare il danno che si
verifcherebbe a seguito del terremoto atteso nella regione, partendo dal danno
osservato in una precedente crisi post-sismica.
Come terremoto di riferimento si assume in genere il massimo storico sul
territorio. Nel nostro caso si considerano i danni subiti da un campione di 82
chiese monumentali durante il terremoto che ha colpito la Basilicata il 23
novembre 1980 (magnitudo 6.9 sulla scala Richter).
In particolare, si faranno in primis delle valutazioni sul comportamento degli
edifci ecclesiastici in zona sismica, evidenziando l’assenza di un comportamento
scatolare e il conseguente verifcarsi di collassi parziali, introducendo quindi
come la risposta sismica di tali edifci possa essere interpretata considerando
singolarmente gli elementi architettonici che costituiscono la fabbrica, defniti
macroelementi (facciata, cupola, arco trionfale, abside, ecc.). Si andranno quindi
ad esaminare i danni tipici per ognuno di questi e i fattori che ne infuenzano la
vulnerabilità.
In base a queste considerazioni sarà possibile una stima del danno atteso per i
principali meccanismi di collasso a seguito di un evento sismico di data
intensità attraverso le matrici di probabilità di danno. Inoltre, l’utilizzo di
regressioni multiple, permetterà poi di ricavare delle indicazioni sulla capacità
sismica dei macroelementi fondamentali sottolineando quale di quei fattori che
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di IngegneriaII
Vulnerabilità degli edifci ecclesiastici lucani - Introduzione
condizionano la vulnerabilità specifca per quel macroelemento risulta più
infuente.
Si cercherà, infne, una possibile correlazione tra i differenti meccanismi di
collasso.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria III
1Le chiese in muratura in zona sismica
Capitolo 1 - Le chiese in muratura in zona sismica
I sistematici danni osservati a seguito di eventi sismici testimoniano come le
chiese siano, tra i manufatti a carattere monumentale, la tipologia
maggiormente vulnerabile; in particolare, per tutti gli edifci ecclesiastici storici,
realizzati sulla base dell’esperienza costruttiva acquisita, il terremoto è da
sempre la principale causa di danno. Infatti, nel passato le chiese, come tutte le
costruzioni in muratura, erano realizzate sull’intuizione del comportamento
strutturale, considerando unicamente le azioni statiche (principalmente
connesse al peso proprio degli elementi strutturali e alle spinte statiche di volte
e archi), e senza tener presente delle azioni sismiche orizzontali. Inoltre c’è da
considerare il naturale degrado dei materiali, che può essere aggravato dalla
scarsa manutenzione, come pure ai dissesti, i cui effetti vanno spesso a
sommarsi nel tempo se non opportunamente contrastati. A questo và aggiunto
che molti interventi di consolidamento, effettuati in assenza di metodologie
operative scientifche, hanno spesso prodotto effetti peggiori di quelli che si
volevano contrastare. In effetti, gli interventi sul patrimonio monumentale negli
ultimi decenni sono stati caratterizzati dall’ignoranza delle tecniche costruttive
che, unita alla mancanza di metodi di calcolo adeguati, ha prodotto operazioni
volte a modifcare l’effettivo schema statico (in genere di grande complessità
per ovviare alla pressoché nulla resistenza a trazione della muratura) per
adeguarlo a modelli più facilmente riconoscibili e trattabili. I risultati sono
spesso stati disastrosi.
In particolare, l’osservazione dei danni causati da recenti terremoti ha mostrato
come l’applicazione acritica di certe metodologie d’intervento (peraltro
prescritte dalla Normativa vigente [D.M. del 16 gennaio 1996]), sia stata
fallimentare, non avendo determinato un reale incremento di sicurezza.
Soluzioni quali il rifacimento della copertura in cemento armato, l'inserimento
di cordoli in breccia eccessivamente rigidi in sommità alle murature, l'uso di
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 1
1Le chiese in muratura in zona sismica
cuciture armate in alternativa ai tradizionali tiranti metallici, hanno determinato
un aumento di massa e di conseguenza l’incremento dell’azione sismica
generando danni spesso superiori a quelli che l'originale struttura avrebbe
probabilmente presentato.
Tuttavia le campagne di rilievo dei danni e della vulnerabilità condotte a
seguito dei principali eventi sismici sul patrimonio monumentale, hanno
permesso di valutare l’effcacia non solo di certe metodologie d’intervento, ma
anche di comprendere la risposta sismica delle strutture ecclesiastiche
monumentali, evidenziando come tali manufatti, seppure nelle differenze
tipologiche in cui si presentano, manifestino una fenomenologia di danno
diversa dal classico comportamento scatolare ma riconducibile a meccanismi di
collasso ricorrenti. In effetti, il sisma và a “selezionare” le parti strutturali,
provocando danni o collassi mediante meccanismi defnibili anticipatamente. A
differenza di quanto avviene negli edifci concepiti e costruiti come un’unica
struttura continua, come gli edifci moderni in acciaio o in cemento armato,
nelle chiese storiche, come nella totalità delle strutture in muratura, la
mancanza di connessione tra le parti permette il verifcarsi di collassi parziali:
spesso la parte più debole della costruzione cede al sisma senza trascinare con
sé le porzioni adiacenti.
Il comportamento sismico di tali costruzioni è quindi valutabile, in via
semplifcativa, attraverso la scomposizione del manufatto in più elementi
architettonici detti macroelementi e defniti come "parte costruttivamente
riconoscibile e compiuta del manufatto, che può coincidere con una parte identifcabile
anche sotto l'aspetto architettonico e funzionale (es. facciata, aula, navate laterali,
arco trionfale, abside, transetto, cappelle, torre campanaria, etc.); … solitamente è
formata da più pareti ed elementi orizzontali connessi tra loro a costituire una parte
costruttivamente unitaria (fg.1.1) …pur se in genere collegata e non indipendente dal
complesso della costruzione" [Doglioni 1994].
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria2
1Le chiese in muratura in zona sismica
Figura 1.1 – Schematizzazione per macroelementi
Per ciascun macroelemento vengono quindi individuate le modalità di danno
ed i meccanismi di collasso attivati dal terremoto, deducendole
approssimativamente sulla scorta di considerazioni che emergono da terremoti
passati.
Questa metodologia facilita l'interpretazione qualitativa dei danni prodotti dal
sisma, poiché opera a livello di macroelemento, evitando di considerare l'intera
fabbrica; ciò rende anche possibile la comparazione tra manufatti diversi, in
quanto i problemi legati alla complessità e originalità di una chiesa (stili
architettonici diversi, evoluzione storica) sono parzialmente superati,
considerando l'edifcio come composizione di elementi semplici.
D’altro canto, una suddivisione in elementi fortemente discretizzati rispetto
all’intero manufatto (setti, parti murarie, campi, ecc.) rischiava di non rendere
percepibile in modo effcace la specifca funzionalità e il comportamento della
parte rispetto all’organismo architettonico nel suo complesso.
In realtà, nella defnizione dei macroelementi il criterio utilizzato è solo
parzialmente di natura architettonica e strutturale; infatti, il principio
fondamentale adottato per la suddivisione in macroelementi costituisce già il
risultato di una prima osservazione del comportamento sotto sisma degli edifci
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 3
1Le chiese in muratura in zona sismica
e del loro modo di discretizzarsi in parti macroscopiche (comportamento a
grandi blocchi). Perciò per macroelemento si intende anche la parte dell’edifcio
nell’ambito nella quale, a seguito di azioni sismiche, si può osservare - e quindi
descrivere - un comportamento unitario.
Infatti, pur nella varietà delle tecniche costruttive, delle proporzioni e delle
forme, i diversi macroelementi mostrano in genere un comportamento
dinamico sostanzialmente autonomo, proprio in virtù della tipologia di questi
manufatti.
Partendo da questa impostazione, si può dunque associare ogni elemento
strutturale costituente l’edifcio ecclesiastico con i meccanismi di danno da cui è
interessato in caso di terremoto, prevedendo che questi siano gli stessi che si
verifcano in macroelementi dello stesso tipo. Pertanto si vanno ad isolare le
zone entro le quali sono rappresentabili compiutamente i meccanismi di danno.
Prima di esaminare gli elementi più signifcativi, che si possono estrapolare
dall’edifcio globale, con i relativi meccanismi di danno, è necessario fare una
considerazione sull’interazione tra i vari macroelementi stessi. A condizionare
in maniera signifcativa il comportamento di più macroelementi convergenti tra
di loro, intervengono le tecnologie costruttive e l’effcacia delle connessioni,
unita alla presenza di provvedimenti locali (catene, tiranti, pietre angolari, ecc.).
Pertanto, i fenomeni che si verifcano nelle zone contigue o, di sovrapposizione,
saranno descritti due - o più – volte, in ciascuno dei macroelementi interessati.
Segue l’analisi dei meccanismi di danno più frequenti nei principali
macroelementi.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria4
1Le chiese in muratura in zona sismica
1.1. Macroelemento facciata
Il macroelemento facciata è costituito dal pannello murario di facciata ed ha
come zone di sovrapposizione una parte delle pareti laterali, in caso di chiese
ad aula unica, a cui si aggiunge parte delle pareti della navata centrale in caso
di chiese a tre navate.
I meccanismi di danno in facciata, che più frequentemente si osservano in
occasione di un evento sismico, sono imputabili ad azioni fuori dal piano ed
interessano, il più delle volte, le zone di estremità delle pareti laterali e ad azioni
nel piano che si presentano come lesioni da taglio, scorrimento e/o
pressofessione.
L'elemento di facciata varia notevolmente da una chiesa all’altra per la forma, la
presenza di elementi adiacenti, la presenza di contrafforti o speroni, la
percentuale e la distribuzione delle aperture, le discontinuità presenti nella
muratura, variazioni di altezza all'innesto con le navate laterali per le chiese a
tre navate, presenza del campanile. La presenza di questi elementi distintivi tra
i vari tipi di facciata infuenza, ovviamente, anche i meccanismi di danno e la
distribuzione delle lesioni all'interno del macroelemento. In generale, è
possibile effettuare la seguente divisione in classi tipologiche dell'elemento
facciata (fg.1.2):
Per le chiese a navata unica:
A. facciata con assenza di fori oltre il portale di ingresso;
B. facciata con fori allineati lungo l'asse di simmetria principale;
C. facciata con presenza di volta strutturale nel corpo dell'aula;
D. facciata con presenza di volta strutturale all'interno dell'aula.
Per le chiese a tre navate:
E. facciata con fori allineati lungo l'asse di simmetria principale;
F. facciata con fori in asse e fori a quota inferiore.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 5
1Le chiese in muratura in zona sismica
Figura 1.2 - Diverse tipologie di facciate
Per ognuna delle tipologie sopra elencate è possibile descrivere i più frequenti
meccanismi semplici che si verifcano quando la chiesa è interessata da
un’azione sismica. Per elementi più complessi il meccanismo di rottura può
sempre ottenersi come assemblaggio di più meccanismi semplici.
Si prendono quindi in esame i meccanismi di collasso per ribaltamento fuori dal
piano, relativi all'intera facciata o al solo timpano, e per taglio, scorrimento e/o
pressofessione, in presenza di azioni nel piano.
1.1.1.Rotazione fuori piano globale o parziale intorno ad un asse orizzontale
È lo spostamento fuori piano per fessione dell’intera facciata (fg.1.3a) o della
parte di sommità, corrispondente al timpano (fg.1.3b).
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria6
1Le chiese in muratura in zona sismica
(a) (b)
Figura 1.3 - Meccanismo di rotazione della facciata intorno ad un asse orizzontale
1.1.2.Rotazione fuori piano della parte sommitale della facciata.
Spostamento fuori dal piano, per fessione, della parte superiore della facciata
con lesioni oblique, convergenti in asse; i massimi spostamenti sono localizzati
nella parte centrale (fg.1.4).
Figura 1.4 - Meccanismo di rotazione del timpano
1.1.3.Rotazione fuori piano con formazione di una cerniera cilindrica ad asse
orizzontale alla quota dei fori.
Formazione di una cerniera orizzontale alla quota dei fori con distacco netto
all’intersezione e spostamento fuori piano del grande blocco discretizzatosi e
crollo della vela. La discontinuità costituita dai fori costituisce una linea
preferenziale per la formazione della lesione (fg.1.5).
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 7
1Le chiese in muratura in zona sismica
Figura 1.5 - Meccanismo di sommità della facciata
1.1.4.Meccanismi nel piano
Formazione di lesioni per taglio (fg.1.6a), scorrimento (fg.1.6b) o
pressofessione (fg.1.6c) dovute ad un’azione agente nel piano della facciata.
(a) (b) (c)
Figura 1.6 - Meccanismi nel piano della facciata
1.1.5.Rotazione dell'angolo
Separazione di parte dell’angolata dovuta all'interazione delle forze agenti su
pannelli murari ortogonali: ciò determina la rotazione fuori dal piano
dell’angolata con punto di cerniera a quota inferiore (fg.1.7).
Figura 1.7 - Rotazione dell'angolo della facciata
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria8
1Le chiese in muratura in zona sismica
1.2. Macroelemento aula
I meccanismi di danno riguardanti il macroelemento aula interessano le
eventuali volte presenti, ma soprattutto le pareti laterali (risposta trasversale e
risposta longitudinale) oltre alle pareti centrali, e al colonnato, nelle chiese a più
navate. È importante sottolineare come l'azione sismica orizzontale produca
effetti diversi sulle pareti, a seconda che agisca ortogonalmente al piano medio
o nel proprio piano.
1.2.1.Risposta trasversale dell’aula
Le pareti dell’aula sono sottoposte ad azioni fuori dal piano. Il comportamento
di un muro sollecitato fuori dal proprio piano fu indagato già da Rondelet nel
1802; egli, facendo riferimento a modelli sperimentali realizzati con blocchi
regolari a secco, individuò tre possibili modalità di collasso (fg.1.8).
Figura 1.8 - I tre meccanismi di collasso di Rondelet
Il primo dei tre meccanismi prevede per il muro soggetto a forza orizzontale, il
ribaltamento attorno a una cerniera cilindrica posta in corrispondenza del piano
di appoggio del muro sul terreno: il ribaltamento avviene rigidamente, ovvero il
muro durante l'atto di moto mantiene la sua confgurazione geometrica iniziale
comportandosi come un monolite. Il secondo meccanismo è relativo ad un
muro vincolato da un solo lato: in tale situazione il collasso avviene per
ribaltamento attorno a una cerniera cilindrica posta lungo un asse individuato
dal rapporto tra base e altezza degli elementi della muratura. Il terzo è relativo
ad un muro vincolato da entrambi i lati; per questa situazione Rondelet
riconosce un collasso che avviene per separazione di due porzioni triangolari; la
formazione delle cerniere è consentita solo se si verifcano spostamenti laterali
delle connessioni angolari e se all'interno della parete si hanno scorrimenti nei
giunti tra gli elementi, a causa dell'ingranamento sulla linea di frattura
verticale.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 9
1Le chiese in muratura in zona sismica
In particolare, l’aula di una chiesa, in genere suddivisa in campate delimitate da
paraste o colonne, presenta nei riguardi di un'azione sismica trasversale al suo
asse due elementi piuttosto rigidi alle estremità: la facciata, sollecitata a taglio
nel proprio piano e l'arco trionfale, spesso irrigidito dal transetto o da corpi di
fabbrica aggiunti (sacrestia, canonica); la parte centrale è invece certamente più
deformabile, per la snellezza delle pareti laterali. Se l'aula è suffcientemente
allungata, è ragionevole assumere che la campata centrale non risenta degli
effetti di bordo e quindi possa essere analizzata autonomamente. La differenza
dei meccanismi di collasso che possono aversi, a seguito di un’azione
trasversale, dipendono principalmente dalla tipologia di copertura adottata
(vedi fg.1.9).
Figura 1.9 – a) Capriata su muri laterali; b) Capriata, arcone e volta; c) Arcone in muratura
In particolare, nel caso di presenza della sola capriata, occorre distinguere se
questa è semplicemente appoggiata o è collegata alle pareti, attraverso bolzoni
metallici, barre iniettate nella muratura o cordolo. Nel primo caso sono possibili
due distinti meccanismi (fg.1.10): a) parete che ribalta verso l'esterno, per
l'azione inerziale conseguente al proprio peso ed a quello dall'intera porzione di
copertura, che anche se non collegata trova contrasto nella parete stessa; b)
parete che ribalta verso l'interno, solo per la propria azione inerziale. Si ha
invece un meccanismo globale se la capriata è collegata alle pareti (fg. 1.10c).
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria10
1Le chiese in muratura in zona sismica
Figura 1.10 – Meccanismo di risposta trasversale dell’aula con capriate: a) ribaltamento parete
verso l’esterno; b) ribaltamento parete verso l’interno; c) ribaltamento globale
Nel caso sia presente, oltre alla capriata, una volta in muratura si possono
verifcare diversi meccanismi, ottenuti come combinazione della tecnologia in
copertura (collegamento capriata-parete) e dei meccanismi di collasso
dell'arcone, che comporta il ribaltamento di uno o di entrambi i piedritti. In
fg.1.11a e 1.11b sono mostrati i cinematismi nel caso di assenza di collegamento
della capriata; siccome la formazione di due cerniere nell'arco porta ad un lieve
allontanamento delle sommità delle due pareti, nel caso di collegamento occorre
considerare un'ulteriore cerniera nella parete, al di sopra dell'imposta dell'arco.
Se la capriata è collegata alle pareti si ha un cinematismo che interessa la
capriata e le pareti per la sola parte al di sopra dell'imposta (fg. 1.11c).
Figura 1.11 - Meccanismi di collasso dell'aula con volte e capriate: a) ribaltamento di un
piedritto; b) ribaltamento di entrambi i piedritti; c) ribaltamento superiormente alle volte.
La terza tipologia considerata (fg. 1.9c) coincide nella geometria e nei carichi
all’arco trionfale. I relativi meccanismi di collasso meritano un discorso a parte,
e verranno trattati nel paragrafo 1.3.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria 11
1Le chiese in muratura in zona sismica
1.2.2.Risposta longitudinale dell’aula
Come già accennato all’inizio del paragrafo, quando l’aula è sottoposta ad
un'azione sismica longitudinale al suo asse sono le pareti laterali (e quelle
centrali negli edifci a più navate) a subire gli effetti maggiori. Queste sono in
genere collegate lateralmente alla facciata e all’arco trionfale e, a volte, alla
copertura. Anche qui è possibile redigere un elenco delle diverse tipologie di
parete che si distinguono per la distribuzione dei fori, per la presenza all'interno
di volte strutturali e per la presenza di contrafforti o eventuali corpi adiacenti.
In particolare per le chiese a navata unica possiamo distinguere:
A. parete laterale in assenza di fori e corpi annessi;
A. parete laterale con presenza di uno o più fori piccoli isolati ed in assenza di
corpi annessi;
A3. parete laterale con presenza di due o più fori e assenza di corpi annessi;
B. parete laterale con presenza al suo interno di volte strutturali e possibilità di
corpi annessi;
C. parete laterale con presenza di corpi annessi e in assenza di fori;
C2. parete laterale come sopra e presenza di un foro o piccoli fori isolati;
C3. parete laterale come sopra con presenza di un sistema di due o più fori.
Nelle chiese a più navate le tipologie delle pareti laterali sono le stesse di cui si è
detto sopra per le chiese ad aula unica; bisogna però considerare la presenza
della parete della navata centrale che è caratterizzata da una parte inferiore
dotata di ampie aperture e da una parte superiore dotata invece di pochi e
piccoli fori. Anche in questo caso si possono esaminare i meccanismi di collasso
più frequenti.
1.2.3.Rottura per taglio
Nella denominazione “rottura per taglio” si includono solitamente meccanismi
fessurativi di diversa natura, dovuti all’effetto delle tensioni tangenziali
originate dalle azioni orizzontali, in combinazione con le componenti di
tensione normale.
Questo tipo di rottura è fra i più frequenti nelle costruzioni in muratura
semplice.
Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di Ingegneria12