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CAPITOLO I
Un decennio di cambiamenti
1.1 La comunicazione visiva negli anni Trenta
Nel periodo fra le due guerre, quando la società occidentale assume definitivi caratteri
di massa, la cultura visiva acquista un’importanza crescente. Nei regimi totalitari essa
diventa un potente mezzo di propaganda; in quelli più o meno democratici manifesta un
carattere marcatamente commerciale e pubblicitario. In entrambi i casi, i mezzi di
comunicazione visiva di massa, dal cinema all’editoria, dalla fotografia all’imballaggio
delle merci, dal manifesto alla grafica aziendale, potenziano notevolmente la propria
struttura tecnica ed espressiva per adeguarla alla situazione.
Lo sviluppo della radio e dei mezzi di trasporto incrementa in quegli anni una cultura
di scambio grazie alla quale i consumi, le conoscenze e le abitudini tendono a livellarsi.
La diffusione internazionale dei marchi industriali relativi ai prodotti più noti,
l’uniformazione dei tipi maschili e femminili, dovuta alla moda, al cinema e alla stampa
periodica, la passione sportiva o le diffuse idee politiche, attenuano progressivamente le
differenze regionali e nazionali. Anche se le diversità locali sono ancora molto difese in
nome di un radicato nazionalismo o di un’ideologia totalitaria, le emigrazioni, gli scambi
commerciali, il turismo contribuiscono a una certa uniformazione dei gusti e dei linguaggi
in cui la prorompente forza d’attrazione del cinema, capace di superare confini storici e
barriere politiche, dà un’impronta decisiva.
In questo panorama i compiti della grafica si definiscono progressivamente.
All’immagine disegnata vengono assegnati obiettivi ben precisi che le permettono di
dotarsi di competenze tecniche strutturate, diventando il frutto di un processo progettuale
studiato con cura e non affidato soltanto all’intuizione individuale. Si attua in questo
modo il passaggio della grafica dal versante artistico e artigianale a quello tecnico
professionale, sul quale essa inizia a fondare la propria identità culturale. A influire sul
suo sviluppo sono le differenze geografiche, le condizioni culturali, economiche e sociali
del luogo: la richiesta di un nuovo linguaggio grafico di massa viene avanzata dove lo
scenario politico fa leva su valori collettivi o ideologici, oppure dove la struttura
economica esige consumi generalizzati e dunque raffinate tecniche di informazione e
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seduzione. Ciò contribuisce a segnare le distinzioni esistenti fra grafica, pubblicità e
propaganda. Per quanto i criteri progettuali siano in gran parte comuni, a precisare le
rispettive competenze sono gli obiettivi della comunicazione e dunque il loro aspetto
informativo e culturale.
La pubblicità è influenzata da uno degli aspetti più significativi della società di massa
ovvero la tendenziale uniformazione dei modelli di vita. Essa assume caratteri diversi a
seconda dell’organizzazione politica dei paesi, ma in alcuni punti anche convergenti: negli
Stati democratici, in particolar modo negli Stati Uniti, riguarda soprattutto la sfera dei
comportamenti culturali e di consumo, e viene sostenuta dai grandi mezzi di
comunicazione di massa e dalla pubblicità; negli Stati totalitari riguarda soprattutto la
sfera dei comportamenti culturali, politici e sociali ed è favorita dagli stessi grandi mezzi
di comunicazione di massa e dalla propaganda, oltre che, dalla coercizione fisica, dalla
violenza e dal terrore.
Questa distinzione riguarda direttamente i criteri operativi della pubblicità e della
propaganda che favoriscono i due sistemi dominanti e, soprattutto, il ruolo cruciale che la
grafica arriva ad assumere. In questa prospettiva a contare sono, per la maggiorparte, le
convergenze, in gran parte dovute ai sistemi economici: per esempio, l’Italia fascista e la
Germani nazista, che conservano un economia di natura capitalistica, vedono svilupparsi
la pubblicità dei prodotti di consumo quanto gli Stati Uniti o la Gran Bretagna, mentre
nell’URSS a predominare è solo la propaganda politica e ideologica. Nonostante le
diversità politiche e culturali che le contraddistinguono, le grandi società di massa si
dirigono verso un crescente conformismo ideologico e sociale. I regimi totalitari lo
impongono attraverso le divise, le insegne e le grandi cerimonie collettive; quelli
democratici lo insinuano attraverso una produzione di massa identificata nel marchio
aziendale, nell’immagine coordinata e nell’imballaggio delle merci. In entrambi i casi,
nella comunicazione visiva, rimane sempre viva l’attenzione per un rinnovamento degli
schemi spaziali, dei codici linguistici, dei modelli formali che tendono a una modernità
invocata.
In queste, come nel decennio precedente, è protagonista il manifesto che raggiunge un
alto livello di perfezione formale su cui negli anni successivi si fa leva per interpretare
nuovi rituali di massa come la moda, il viaggio, l’esotismo, la diffusione dei beni di
consumo e la propaganda politica. In Francia, dove è ancora Cassandre a dominare la
scena, i nuovi miti industriali dell’automobile e del treno impongono composizioni
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marcatamente prospettiche, con un taglio diagonale dello spazio e la riduzione
dell’immagine allo scorcio del suo volume complessivo. In Gran Bretagna è invece lo
sviluppo dei trasporti metropolitani sotterranei, di cui si comincia a curare graficamente
anche le mappe dei percorsi e delle fermate e a proporre nuove soluzioni progettuali.
Grande attenzione comincia ad avere anche il disegno dell’imballaggio dei prodotti,
soprattutto negli Stati Uniti, secondo i modelli della comunicazione visiva.
In un mercato di massa infatti, l’identità della merce tende a trasferirsi dall’oggetto, in
quanto corpo tecnico e funzionale del prodotto, alla sua immagine, che il packaging, attua
nella forma, nel colore e nella composizione del suo messaggio verbale. La riconoscibilità
del prodotto è allora affidata all’involucro, non più semplice protezione dell’oggetto, ma
dimensione seduttiva e comunicativa, mediatore fra il prodotto e il consumatore. In questo
modo anche il marchio di fabbrica acquista una crescente importanza. La sua costante
presenza nella pubblicità e sugli imballaggi delle merci, ne fa un potente mezzo di
attrazione visiva, che mette in risalto l’importanza della struttura grafica nella dinamica
dei consumi.
Gli aspetti appena descritti sono particolarmente evidenti negli Stati Uniti dove, nel
decennio che segue la depressione del 1929, in cui il paese reagisce alle difficoltà
economiche puntando a un forte incremento dei consumi, il design dei prodotti e la grafica
che ne tratteggiano l’identità, assumono un ruolo decisivo. Per la maggior parte la
comunicazione visiva di massa si adegua al gusto popolare dominante, puntando
all’identificazione dell’immagine commerciale con la tipologia del consumatore medio,
situato nella piccola e media borghesia. Questo dà vita a una serie di stereotipi sociali che
influenzano il nucleo di composizioni di carattere prettamente figurativo. In questa diffusa
tendenza emergono però espressioni esteticamente rilevanti che in alcuni casi finiscono
per riflettersi in modelli espressivi più raffinati fino a confluire in vere e proprie correnti
artistiche.
Più complesso è il panorama che vede protagonisti grafici e imprenditori
maggiormente qualificati. L’Art Déco di derivazione europea ha senza dubbio un certo
peso sulla grafica americana degli anni Trenta, a cominciare da un settore non proprio di
massa come quello delle riviste più sofisticate. I suoi caratteri primari vengono
rappresentati da un linearismo geometrizzante, composto in una struttura a gradienti, che
può assumere la forma del fascio di linee ricadenti in un andamento a fontana, o a
zampillo, ma anche da configurazioni luminose che rievocano, nell’esaltazione dei colori
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netti e nelle sagome marcate, la vibrazione dell’illuminazione elettrica, e infine in
un’accentuata tendenza all’astrazione delle forme tradotta in una esasperata stilizzazione
delle figure e delle loro proporzioni.
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Varie prestigiose riviste si contraddistinguono per questi inconfondibili tratti. Nel 1929
inizia le sue pubblicazioni la rivista Fortune, indirizzata al mondo degli affari che si serve
di grafici come Herbert Bayer e György Kepes, ma anche di artisti come Fernand Léger e
Diego Rivera. Nello stesso anno l’editore Condé Nast assume come art director Mehemed
Fehmy Agha, di origine russa, incaricandolo di rinnovare la veste grafica delle sue riviste,
Vogue, House and Garden e Vanity Fair; egli introduce in questi periodici il modello
bauhausiano nell’impaginazione e nella tipografia e incrementa l’impiego della fotografia.
Le Hearst Publications puntano al rinnovamento del loro periodico Harper’s Bazaar
affidando la direzione grafica a Erté, prima dell’arrivo del più sperimentale Alexey
Brodowitch. Erté dà vita a una grafica editoriale che punta a una raffinata
geometrizzazione della pagine e soprattutto delle copertine, adeguando il modello déco al
vivace dinamismo della società americana di quegli anni.
Dopo il 1933 l’economia americana conosce una tumultuosa ripresa, nella quale il
settore dei trasporti assume un’importanza cruciale. La velocità diventa un valore della
modernità, che trova espressione soprattutto nel disegno industriale e nella grafica. La
sagoma aerodinamica e filante di treni, aerei, navi e automobili è messa in ulteriore risalto
da schemi decorativi composti da fasci di linee parallele, che danno il senso della
penetrazione veloce del mezzo nello spazio. Questa configurazione prettamente grafica si
trasferisce a molti altri prodotti come elettrodomestici, arredi, strutture architettoniche,
dando vita a uno stile progettuale definito Streamling.
I protagonisti di questo rinnovamento nel settore della cultura visiva sono industrial
designer come Raymond Loewy, Bel Geddes, Henry Dreyfuss e Walter Teague, che
contribuiscono direttamente o indirettamente allo sviluppo della grafica americana
dell’epoca. Nel 1933 Loewy ridisegna la sagoma del levriero in corsa, emblema degli
autobus della Greyhound, assottigliandola e accentuandone il linearismo, mentre la
pubblicità dei treni Mercury e 20th Century Limited, disegnati da Dreyfuss
rispettivamente nel 1936 e nel 1938, riporta un taglio che conferisce una vertiginosa
prospettiva diagonale dello spazio del manifesto, dando così il senso della potenza e della
velocità del mezzo.
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Lo Streamling interpreta in questo modo il linearismo geometrico
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Baroni-Vitta, 2007, p. 113
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tipicamente déco, ma lo inserisce in un più vasto processo di modernizzazione della
cultura visiva americana.
In quegli anni incominciano inoltre ad arrivare negli Stati Uniti i maestri del Bauhaus
fuggiti dalla Germania nazista, da Albers a Moholy-Nagy e a Bayer, che costituiscono un
punto di riferimento ulteriore per l’evoluzione di quella cultura. Dopo aver lasciato
Dessau e prossimo alla definitiva chiusura, avvenuta a Berlino nel 1933, il Bauhaus
nell’ultimo anno si era organizzato come istituto privato di insegnamento e di ricerca, con
il rischio che l’intero patrimonio sia materiale che umano venisse disperso. È negli stati
democratici, soprattutto negli Stati Uniti, che si cerca di ricostruirne il quadro.
Al Museum of Modern Art di New York dal dicembre 1938 al gennaio 1939, viene
organizzata una mostra denominata Bauhaus 1919-1928, periodo che comprende la
gestione e la fondazione di Walter Gropius, ma numerosi sono gli istituti che allestiscono
esposizioni sulla corrente o sui lavori dei singoli maestri. Inoltre, con l’importante
incarico affidato a Gropius nel 1937, la Harvard University, così come il Massachusetts
Institute of Technology, diventano importanti centri in cui viene rinnovata di continuo la
tradizione del Bauhaus. La scuola fondata nel 1939 da Moholy-Nagy a Chicago, “School
of Design”, introduce poi nuove metodologie progettuali e criteri di osservazione secondo
l’impostazione bauhausiana. Nei corsi di base si studia tecnologia e quindi l’uso di
strumenti e macchine, e le proprietà fisiche e strutturali dei materiali. Vengono analizzate
le caratteristiche di superfici e texture, le peculiarità di volume, spazio e movimento, ma
anche l’uso dell’arte, del colore e della fotografia, così come si riflette sulle strutture tattili
e sull’approccio organico.
Il movimento, dunque, e il suo corpo insegnante influiscono non solo sull’architettura e
sull’industrial design ma soprattutto, grazie a prestigiose istituzioni, come università e
musei, nel campo della pedagogia artistica.
1.2 Correnti artistiche
Gli anni Trenta vedono come maggiore protagonista del mondo artistico- visuale il
Modernismo, il movimento di design più importante del XX secolo, affermatosi in seguito
al diffondersi dell’industrializzazione dal XIX al XX secolo. Dopo la prima guerra
mondiale il movimento si rafforza notevolmente e le teorie e i principi modernisti
diventano sempre più determinanti nella pianificazione e ricostruzione di molte città
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europee. Il suo sviluppo è segnato da numerosi dibattiti di carattere morale, tra cui quello
descritto nel 1936 in Pioneers of the Modern Movement
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, di Nikolaus Pevsner, in cui
descrive i lavori di Walter Gropius e William Morris. I principi del modernismo trovano
massima espressione nelle opere di Le Corbusier e di altre figure di spicco tra cui Adolf
Loos, Peter Behrens, Mies van der Rohe, gli stessi Gropius e Morris.
La corrente viene spesso associato all’architettura, un aspetto sintomatico
dell’egemonia che all’epoca questa disciplina esercita sulle arti e sul design. Giunti alla
conclusione che lo stile alto vittoriano di cui sono testimoni è frutto di corruzione e
avidità, i pionieri del modernismo, Morris e A. W. N. Pugin, si assumono il compito di
riformare la società adottando un nuovo approccio al design, cioè ideando oggetti di uso
quotidiano di alta qualità. Nonostante siano entrambi convinti della superiorità
dell’artigianato rispetto alla produzione industriale, non trascurano l’importanza della
funzionalità, della semplicità e dell’appropriatezza nel design. Sostengono, inoltre, che la
produzione di questi oggetti sia un dovere morale di designer e aziende di produzione.
L’idea che il design possa servire da strumento democratico per promuovere riforme
sociali esercita un forte impatto sullo sviluppo del modernismo. Nella sua opera Ornament
und Vebrechen Adolf Loos stabilisce una relazione tra decorazione e degrado sociale,
mentre in Form ohne Ornament celebra le virtù di un design sobrio, ispirato a principi
razionalisti. L’eliminazione di qualsiasi elemento ornamentale è un concetto promosso dal
movimento De Stijl, mentre il costruttivismo e il futurismo celebrano la macchina e il
Bauhaus, sotto la direzione di Walter Gropius viene fondato per unificare le arti e
applicare i principi del modernismo
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. Per quanto incentrato sul funzionalismo e nell’uso di
materiali innovativi e metodi industriali, il Bauhaus influenza profondamente il
modernismo, creando un nuovo linguaggio che permea ogni ambito del design: interni,
produzioni di mobili, oggetti in metallo, ceramiche, grafica e architettura.
Il Bauhaus
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nasce a Weimar nel 1919, poi trasferitasi a Dessau a causa del partito
nazionalsocialista, con l’obiettivo di offrire agli artisti una formazione che consenta di
progettare oggetti destinati alla produzione, e la convinzione che le arti possano trarre
vantaggio dall’unione di competenze e tecniche. Fra le sue caratteristiche principali, il
rifiuto dell’ornamento in favore della funzionalità, l’uso di materiali come l’acciaio e il
cemento nella costruzione di edifici, la prevalenza di asimmetria e regolarità e la forma al
servizio della funzione. Il percorso formativo offerto dalla scuola è progressista e le
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Bhaskaran, 2006, p. 50
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Bhaskaran, 2006, p. 51
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tecniche di insegnamento sono innovative e influenzate dall’approccio dei direttori e dei
responsabili dei corsi in carica. Con Gropius, Josef Albers e László Moholy-Nagy la
formazione è orientata alla produzione industriale e vengono inseriti nel curriculum
formativo le visite degli allievi alle fabbriche. Sotto il loro coordinamento viene
organizzata la prima mostra di opere degli studenti con numerosi progetti De Stijl, come
la sedia di Rietveld; dalla mostra emerge un nuovo stile di design grafico, dichiaratamente
moderno, ispirato al De Stijl e al costruttivismo russo. Con la direzione di Hans Meyer dal
1928 al 1933 il fatturato della scuola cresce concedendo in licenza i progetti ad aziende di
produzione e rendendo lo stile della scuola accessibile a un pubblico più vasto. Il suo
approccio vede una forte politicizzazione della scuola, con l’introduzione di conferenze
sull’economia, sulla psicologia e sul marxismo. Meyer inoltre è convinto che la forma
debba essere sempre subordinata alla funzione e ai costi, allo scopo di produrre oggetti
accessibili e utili per le classi lavoratrici. Sotto la direzione di Ludwig Mies der Rohe il
percorso formativo viene rinnovato e l’architettura acquista un’importanza primaria. Le
arti applicate continuano ad essere insegnate a condizione che vengano progettati solo
oggetti destinati alla produzione industriale. Quando la situazione politica diventa
instabile e i nazionalsocialisti salgono al potere, dopo una breve apertura a Berlino, la
scuola viene definitivamente chiusa nel 1933 e molti insegnanti si trasferiscono negli Stati
Uniti.
Una delle direzione che prende il movimento è quella dell’International Style
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, una
corrente internazionale del modernismo meno utilitarista che si afferma nel 1927 negli
Stati Uniti a seguito della divulgazione promossa degli ex designer della Bauhaus. Lo stile
viene così definito da Alfred H. Barr jr, allora direttore del Museum of Modern Art di
New York che si ispira al titolo del catalogo International Style: architecture since 1922
che accompagna la mostra delle opere di Russel Hitchcock e Philip Johnson, allestita al
museo nel 1932.
Oltre al legame con la corrente del modernismo sostenuta da Gropius e van der Rohe,
il termine International Style viene attribuito anche all’estetica che si afferma in
conseguenza di un approccio al design funzionalista a livelli puramente stilistici. Il
movimento è caratterizzato dall’uso di materiali industriali come l’acciaio e il vetro e da
un design semplice, funzionale e privo di elementi decorativi. Negli anni Trenta
l’International Style si afferma allo stesso modo anche nella moda, con l’esasperazione
delle forme geometriche e l’utilizzo di materiali e forme rigorose.
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Bhaskaran, 2006, p. 154
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Con questo approccio il modernismo perde la sua iniziale connotazione morale ma con
il passare del tempo alcuni designer scandinavi come Alvar Aalto e Eero Saarinen cercano
di umanizzarlo creando un contrasto tra forme geometriche e forme organiche mentre
altri, come Kenzo Tange, estremizzano il processo di disumanizzazione di materiali e
superfici, giungendo al cosiddetto brutalismo.
A differenza di altri stili il modernismo non ha membri o un unico manifesto ma
abbraccia personalità diverse, accomunate da un’estetica e da valori condivisi. In generale
il concetto di modernità e il desiderio di sfruttare la tecnologia e i materiali più innovativi
si esprimono attraverso forme semplici, finiture levigate, presenza minima di elementi in
rilievo sulle superfici, assenza di decorazione e spazi bianchi.
Nello specifico, nel corso degli anni Trenta, le tendenze della pittura europea si
divaricano
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. Da una parte proseguono le ricerche di De Stijl e sulla linea degli sviluppo
della cultura architettonica, si indirizzano verso il filone dell’arte astratta, basata su una
concezione geometrica dello spazio e della rappresentazione; dall’altra in continuità e allo
stesso tempo, in contrapposizione con il Dada, danno vita all’intensa stagione del
Surrealismo, attento ai valori iconici e figurativi.
Noto anche come neoplasticismo, De Stijl è il nome di un gruppo di architetti,
designer, artisti e poeti che nel 1917 si raccoglie in attorno all’omonima rivista d’arte
olandese. Guidato dal pittore e architetto Theo van Doesburg il movimento include
personaggi come Piet Mondrian, Jacobus Johannes Pieter Oud e Gerrit Thomas Rietveld,
e sostiene il principio della purificazione dell’arte e del design, ottenuta eliminando le
forme naturali e i contenuti in favore dell’astrazione geometrica, dei colori primari e dei
non colori, il bianco e il nero. Gli artisti cercano di infondere nelle proprie opere la
creazione di un linguaggio estetico universale basato su uno stile semplice e logico che
ponga l’accento sulla costruzione e sulla funzione e sia in sintonia con ogni aspetto della
vita moderna; le loro opere si contraddistinguono dalla presenza di linee rette orizzontali e
verticali e dai colori a tinta unita.
In relazione al caos della prima guerra mondiale, il movimento si afferma in un
momento in cui l’ordine è un valore prezioso che va ricercato in ogni settore creativo:
grafica, pittura, interni, materiali tessili, architettura. La sua filosofia è simboleggiata
maggiormente dai dipinti di Mondrian e dalle creazioni di Rietveld. Il primo crea dipinti
incentrati sulla composizione armoniosa di linee, volumi e colori e sulla relazione tra
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Baroni-Vitta, 2007, p. 131
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elementi positivi e negativi, nella disposizione di forme e linee astratte; il secondo traduce
i principi sul piano tridimensionale in cui la struttura, accentuando l’intersezione dei piani
attraverso l’uso di colori contrastanti e punti di congiunzione esasperati, è essenziale.
Nel 1930 nasce a Parigi, ad opera di Michel Seuphor, il gruppo “Cercle et Carré” che
vede nel cerchio e nel quadrato il simbolo più semplice della realtà delle cose e allo
stesso tempo il mondo razionale e il mondo sensoriale. Aderiscono al gruppo, nonostante i
diversi punti di vista, artisti e progettisti come Mondrian, Russolo, Arp, Moholy-Nagy e
molti altri. Il movimento crea una rivista omonima, di cui escono solo tre numeri, nei
quali l’arte astratta viene esplicitamente accostata all’architettura.
Maggiormente intensa è la stagione dell’Astrattismo italiano, più precisamente
lombardo, focalizzato intorno alla galleria “Il Milione” di Milano, con Osvaldo Licini,
Atanasio Soldati, Mauro Reggiani, Manlio Rho e Mario Radice. Per questi artisti il punto
di riferimento privilegiato è l’architettura moderna, ambito di discussione delle due riviste
nate nel 1928, Domus e La casa bella, diventata poi Casabella, che sotto la direzione di
Gio Ponti la prima, e di Edoardo Persico e Giuseppe Pagano la seconda, aprono un ampio
dibattito intorno ai temi del Razionalismo.
La logica geometrica, il rifiuto del naturalismo e del figurativismo, la ricerca di un
rigoroso ordine spaziale e cromatico sono alla base delle realizzazioni dell’Astrattismo
italiano.
In Italia è anche il periodo del secondo Futurismo, che sviluppa i temi originari del
movimento adattandoli alla nuova realtà sociale e culturale. Esso trasferisce l’esaltazione
della macchina, dall’automobile all’aeroplano e diffonde i propri modelli formali dalla
pittura alla grafica pubblicitaria, agli allestimenti fieristici e all’architettura d’interni.
Se l’Astrattismo mette a fondamento dell’arte la ragione matematica, il movimento
Surrealista, fondato in Francia da André Breton nel 1924, e proseguimento delle idee
nichiliste del dadaismo, si basa su un “automatismo psichico” in cui la ragione non ha
controllo e in cui il sogno e il gioco del pensiero hanno potere assoluto. I principi
surrealisti si rivelano soprattutto nelle creazioni oniriche di Salvador Dalì e nella libera
creazione di strane combinazioni di oggetti ritrovati delle opere filo-dadaiste di Marchel
Duchamp. In genere la pittura Surrealista tende a fondarsi, con Magritte, Mirò e Dalì, sul
principio dell’ambiguo, dell’incongruenza e dello sdoppiamento onirico della realtà, ed è
influenzata, da un lato, dalle teorie psicoanalitiche freudiane che si basano sul concetto
dell’inconscio, e dall’altro dalle ideologie rivoluzionarie estreme come quelle di Trockij.
Nonostante sia principalmente un movimento artistico il Surrealismo si insinua anche nel
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mondo del design grafico e indica alle arti visive nuovi territori e tecniche inesplorate.
Max Ernst sperimenta la tecnica del frottage, ovvero lo sfregamento della matita su una
carta sovrapposta a superfici irregolari e in rilievo; Man Ray ricerca con i suoi
“rayogrammi”, o immagini solarizzate, figure ambigue e sfuggenti. Esempi di design
surrealista sono le numerose creazioni pubblicitarie ideate da artisti britannici durante gli
anni Trenta, come i paesaggi di Paul Nash per la società petrolifera Shell e i poster di Man
Ray per la metropolitana di Londra. Opere come il divano Mae West di Dalì
contribuiscono a sfidare la percezione di come l’arte e il design devono e possono essere
rendendo spesso incerti i confini fra le due sfere
Non solo l’Astrattismo e il Surrealismo influiscono per via diretta o indiretta agli
sviluppi formali della grafica contemporanea ma un grande influsso proviene anche dal
cinema e dalla fotografia che forniscono esempi con i loro modelli illustrativi e narrativi, e
con il perfezionamento tecnico della rappresentazione e della comunicazione.
Il cinema dà alla cultura visiva nuove strutture iconiche e nuovi schemi spaziali: lo
specifico linguaggio filmico teorizzato e sperimentato da registi come Sergej M.
Ejzenštein, con il montaggio delle immagini e la variazione dei piani di ripresa si
trasforma in linguaggio di massa, che dà vita a una nuova sensibilità collettiva. Le storie
dei film di Ejzenštein non trattano infatti personaggi individuali ma si rivolgono alle
grandi questioni sociali, soprattutto ai conflitti di classe. La folla è il personaggio
principale dei film, mentre i ruoli di spicco sono interpretati da persone senza esperienza
professionale ma che hanno una fisionomia e un aspetto immediatamente riconoscibile e
connotabile in rapporto ad una classe sociale ben precisa (borghesi, proletari, contadini).
La natura sperimentale del suo lavoro si fonda sulla ricerca di un linguaggio
cinematografico sempre più complesso e antinaturalistico, ovvero l'opposto di ciò che si
va imponendo nella linea culturale dell'Unione Sovietica stalinista. Per quanto riguarda il
montaggio, il regista formula la teoria delle attrazioni: lo spettatore deve essere scosso da
una sorta di violenza visiva, che lo sollevi dal torpore dell'assorbimento passivo dlla
storia, suscitando emozioni e nuove associazioni di idee. In questo tipo di montaggio tutto
è disordinato, incompleto, scomposto e lo spettatore deve fare uno sforzo attivo per
ricomporre il senso della storia e dei personaggi.