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INTRODUZIONE
Forse, le parole più appropriate per iniziare questo elaborato sarebbero: “C’era una
volta una bambina che amava tanto le fiabe…”, ma quella bambina c’era veramente, ed
ero io. Nel momento in cui mi sono trovata a pensare a quale argomento potessi trattare
per la mia tesi di laurea, ho voluto che esso riflettesse vari aspetti della mia personalità:
l’amore per le fiabe, strettamente collegato con la mia infanzia e con uno dei miei primi
e più cari ricordi, l’interesse per la psicologia infantile, la letteratura e la curiosità verso
tutto ciò che è lontano e che si discosta dalla società occidentale. Ho quindi deciso di
iniziare un mio personale viaggio nel mondo magico ed affascinante delle fiabe,
cercando di collegarmi con un presente in continuo mutamento, sotto ogni punto di
vista. La ricostruzione di questo viaggio sarà articolata in quattro diversi capitoli.
Nella prima tappa del viaggio, mi sono soffermata sulla trasformazione del mondo nel
quale viviamo in una realtà sempre più multiculturale. L’Italia, infatti, storicamente
paese di emigranti, si è velocemente trasformata, negli ultimi decenni, nella meta di
consistenti flussi migratori. Uno dei luoghi dove questo fenomeno si è fatto sentire in
modo più consistente è sicuramente l’ambiente scolastico, dove i bambini di tutti i paesi
si trovano a vivere, banco a banco, giorno dopo giorno. La scuola viene inoltre indicata
dallo Stato come il “laboratorio” in cui anticipare l’integrazione di domani, creando le
premesse di una nuova convivenza.
Per prima cosa, nel primo paragrafo, ho cercato di orientarmi nei numeri forniti dal
Ministero dell’Istruzione, per fotografare sinteticamente la situazione italiana odierna
soffermandomi in particolare sulla realtà a me più vicina, quella presente nella provincia
di Como.
Nel secondo paragrafo ho invece trattato i dispositivi che la scuola utilizza per
accogliere senza negare le storie e le appartenenze di ciascuno.
Di seguito, partendo da una definizione e un’analisi della struttura fiabesca, sono tornata
indietro nel tempo, alla ricerca delle origini dei racconti fantastici, scorrendo le più
importanti ipotesi postulate in merito dalle varie scuole di pensiero.
La seconda parte del secondo capitolo, invece, è dedicata alle valenze educative e alle
grandi potenzialità della fiaba, alla sottolineatura dei benefici effetti del narrare, alla
ricerca della comprensione dell’ingrediente magico che le rende così gradite e richieste
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dai bambini di ogni epoca e ogni paese. Questo materiale vicino al vissuto di ogni
fanciullo mi ha così permesso di stendere un progetto didattico dedicato all’utilizzo del
genere fiabesco come ponte, spunto di unione e di comprensione fra culture e civiltà
diverse.
Il lavoro è proseguito con la presentazione del laboratorio narrativo, svolto a stretto
contatto con i bambini di quinta elementare e iniziato durante il quarto anno del corso di
laurea di scienze della formazione, con un tirocinio svolto nella scuola primaria
“XXXX” di Cantù. Troppo spesso e da troppe persone l’immigrazione viene vissuta
esclusivamente come un problema e una minaccia. Oltrepassando la dimensione
soggettiva, risulta però evidente che le problematiche migratorie fanno parte di
cambiamenti profondi e strutturali del nostro mondo, “diviene quindi irrinunciabile
l’esigenza di affrontarle con lungimiranza e allo stesso tempo con strumenti giuridici,
sociali e culturali nuovi
1
”.
Dopo aver spiegato nella prima parte del terzo capitolo i presupposti e gli obiettivi del
mio percorso interdisciplinare, mi sono soffermata a descrivere il contesto nel quale ho
operato. Come afferma, infatti, Agnese Infantino: “Ogni progetto, nonché la
comprensione e la conoscenza che ne possono conseguire, è sempre situato, localizzato
storicamente e culturalmente, perciò dev’essere orientato a misurarsi con i problemi,
criticità, sollecitazioni, a loro volte significative e interessanti sfide euristiche perché
espressioni di un preciso contesto
2
”.
La rilevazione degli aspetti istituzionali e degli elementi che lo strutturano può
permettere di comprendere il modo in cui ho operato e i vincoli e le possibilità con i
quali ho dovuto fare i conti nella realizzazione di un progetto pedagogico e didattico che
favorisse l’integrazione dei bambini stranieri presenti all’interno della classe ed
appartenenti a diverse culture, utilizzando la fiaba come strumento di mediazione e
comunicazione interculturale.
Il mio interesse verso questi temi risale a due anni fa, quando la signora L.R.,
responsabile dell’associazione di volontariato “La Soglia”, mi ha coinvolto in alcune
1
M. Santerini (a cura di), Processi educativi e integrazione culturale. Immigrazione in provincia di
Como, Milano, Franco Angeli, 1996, p. 15.
2
A. Infantino, Progettazione pedagogica e organizzazione del servizio, Milano, Guerini editore, 2002, p.
170.
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iniziative quali il doposcuola e l’affianco a una facilitatrice linguistica, per aiutare un
gruppo di bambini stranieri ad acquisire e migliorare la loro competenza in L2.
Le esperienze compiute mi hanno fatto scoprire la dura realtà in cui vivono i bambini
stranieri e le loro famiglie, lasciate troppo spesso da sole davanti ai problemi di
ambientamento e inserimento in una società nuova e diversa dalla loro, “aprendomi gli
occhi” sulla fisionomia che sta assumendo il mondo che mi circonda e la scuola italiana,
sempre più multietnica e varia.
In questa condizione ho compreso che è necessario un rinnovamento di molti aspetti del
nostro modo di pensare, primo fra tutti la formazione di nuovi insegnanti dotati di
strategie, competenze, strumenti adatti per favorire il processo d’integrazione dei
bambini stranieri nel migliore modo possibile per gettare le basi positive della loro vita
futura.
Il quarto capitolo può essere considerato il cuore dell’elaborato, rispondendo alla
domanda se la fiaba può avere o meno una vocazione interculturale.
Il riscontro è pienamente affermativo e lo evidenzia anche l’itinerario formativo che ho
delineato e realizzato nel quale ho cercato di adottare un approccio interculturale, aperto
alla multietnicità ed interculturalità, attraverso il confronto, il riconoscimento e la
valorizzazione delle differenze culturali come risorse imprescindibili dalle quali ognuno
può arricchirsi e trarne giovamento.
Nello specifico, mi sono proposta di intraprendere insieme ai bambini un viaggio
nell’immaginario partendo dalla lettura di cinque fiabe che provengono dai contesti
originari degli alunni stranieri presenti in classe. L’Italia, infine, l’ho scelta perchè il
cammino dello scambio interculturale coinvolge “noi e loro”, chi accoglie e chi è
accolto, chi viene da lontano e chi abita qui da generazioni.
Raccontare storie che vengono da lontano, leggere e far leggere ai bambini fiabe che
hanno radici in altri paesi e che sono giunte fino a noi attraverso i confini sono attività
importanti che permettono di rendere operativa e quotidiana l’idea interculturale.
Parallelamente alla lettura e discussione delle fiabe con la costruzione di volta in volta
delle carte di Propp, per ogni fiaba, si è offerta la possibilità di rivolgere domande a
studenti/esse del CTP-EDA
3
con l’intento di far conoscere meglio quei luoghi,
3
A Cantù è nato nel 1997 il centro territoriale permanente per andare incontro alle esigenze e al desiderio
degli adulti di migliorare la propria istruzione e cultura di base (CTP-EDA) con sede presso la scuola
primaria via U.Canturio, 11. L’espressione “educazione degli adulti” indica, idealmente, tutti i possibili
7
interiorizzarne un’idea e una rappresentazione più precisa coinvolgendo anche il vissuto
del bambino straniero, la sua testimonianza, la sua esperienza, e soprattutto proponendo
l’idea di una conoscenza dell’Altro che si faccia materialmente dialogo, scambio.
Attraverso le carte di Propp i bambini hanno elaborato infine una fiaba che, utilizzando
elementi di ciascuna delle fiabe esaminate, li ha compresi tutti diventando così una vera
e propria fiaba “interculturale” sentita da ognuno come un prodotto collettivo, prodotto
che li ha uniti ancora di più.
Per trasformare le teorie esposte in questo elaborato ho quindi utilizzato diverse
metodologie e modalità comunicative dimostrando l’intenzione di procedere in una
direzione nuova ed affascinante.
Le conclusioni sigillano la fine di questo viaggio, almeno su questa carta che lo ha
momentaneamente ospitato.
interventi educativi in relazione all’incremento e all’estensione degli interessi culturali della persona in
età adulta, compresa quella particolare tipologia di adulti che per diverse cause non hanno avuto accesso o
non hanno completato il periodo di istruzione obbligatoria previsto dalle leggi italiane e gli adulti
stranieri, che entrano per la prima volta o rientrano in un percorso formativo nel paese che li ospita.
L’EdA effettua corsi brevi o di durata annuale che nella sede di Cantù sono attivati da tempo e
tradizionalmente consolidati, di lingua italiana per stranieri a livello iniziale, intermedio ed avanzato
secondo i livelli stabiliti dal quadro di riferimento europeo (CEF), di alfabetizzazione per studenti italiani
e stranieri, di approfondimento di Lingua e Cultura italiana, di Licenza Media (secondaria di primo
grado), di prima alfabetizzazione informatica con l’approfondimento di singoli pacchetti operativi
(Office, Internet e Posta Elettronica, Fotografia Digitale, Grafica), di lingue straniere a cui possono
partecipare tutti: arabo, russo, cinese, inglese, francese, spagnolo, tedesco, portoghese (livelli base e
avanzati), greco moderno.
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CAPITOLO PRIMO
UNO SCENARIO MULTICULTURALE
L’Italia, storicamente paese di emigranti, si è velocemente trasformata, negli ultimi
decenni, nella meta di consistenti flussi migratori.
Come afferma Giovanna Ceccatelli Guerrieri: “Il nostro paese sta sperimentando in
forma tutta nuova e con estrema accelerazione, un fenomeno che aveva sempre vissuto
nella direzione inversa, e che altri paesi europei hanno già affrontato nel corso di più
generazioni
4
”.
Stiamo assistendo cioè fra sussulti, rifiuti, indifferenze, paure, violenze e dolore, alla
faticosa e imprevista formazione di una società multietnica, società più ricca di stimoli
e contributi, costruiti sul confronto tra storie, tradizioni, passioni e ragioni diverse: “uno
specchio più dilatato e più vero della complessità e della varietà dell’umano
5
”.
Il pluralismo culturale sta ormai diventando anche in Italia una realtà; ce lo segnalano i
dati sulla popolazione immigrata, la presenza dei bambini e dei ragazzi di altre
nazionalità nelle scuole, il numero crescente dei nati da entrambi o da almeno un
genitore straniero. Ce lo rivelano i segni e le scritte visibili nelle strade, le facce e le
lingue differenti che ci capita sempre più spesso di vedere e di ascoltare. Ciò che da
tempo è successo in altri paesi europei, ora è realtà anche in Italia.
Guardandoci intorno notiamo infatti che il paesaggio culturale, linguistico, religioso
delle nostre città è sempre più multiculturale, plurilingue, variegato.
La risposta da dare a questa grande sfida del nostro tempo non è certo facile, dobbiamo
respingere la tentazione di chiuderci in noi stessi, di erigere barriere, di esercitare
discriminazioni e segregazioni come quelle che hanno dovuto subire i nostri emigrati
all’estero. Questa sfida del mondo moderno esige in realtà, come poche altre, una
grande apertura all’altro e una grande disponibilità umana. Ma è una sfida che, con
impegno, generosità e realismo, possiamo e dobbiamo tentare di vincere. Sta a noi
cogliere le molte potenzialità insite in questo processo e cercare di realizzarle, invece di
limitarci vanamente a esorcizzarne lo spettro.
4
G. Tassinari (a cura di), Scuola e società multiculturale, Firenze, La Nuova Italia, 1992, p. 3.
5
Ivi, p. 4.
9
Non è vero che ci sia solo da aver paura, che i barbari siano alla porta come sostiene
Oriana Fallaci
6
. Dobbiamo vivere la speranza dell’intercultura e seguire il
suggerimento del patriarca Abramo: “tenere i quattro lati della tenda pronti ad
accogliere i viandanti che portano speranze
7
” nella consapevolezza che abbiamo la
necessità di puntare sulla crescita di istituzioni di dialogo e non di repressione, di
confronto e non di accondiscendenza o di negazione.
1.1 UN MONDO CHE CAMBIA
1.1.1 BAMBINI E FAMIGLIE DI QUI E D’ALTROVE
A fronte della situazione che vede coinvolta la nostra nazione possiamo constatare che
un fatto per molti aspetti nuovo caratterizza oggi la vita quotidiana e l’esperienza di
molti bambini, ragazzi, adulti: il rapporto e l’incontro con l’altro; il confronto con le
differenze è diventato a poco a poco ingrediente “normale”, evento quotidiano e
diffuso, tratto visibile di un paesaggio sociale in mutamento che caratterizza sempre di
più la realtà nella quale siamo immersi.
Le differenze non sono più solo evocate, ricercate, temute come eventi possibili
collocati altrove, ma sono qui, all’incrocio delle vie, o alla porta accanto; abitano spazi
e territori comuni.
“Dentro i servizi educativi e le scuole”, come afferma Graziella Favaro, “bambini con
biografie e memorie diverse si trovano per la prima volta seduti accanto, impegnati a
coniugare differenze con comuni storie e desideri d’infanzia e anche gli adulti-
insegnanti, educatori, genitori si trovano a quotidiano confronto con aspettative,
atteggiamenti, rappresentazioni e progetti differenti
8
”.
Le statistiche e i dati confermano che gli alunni di nazionalità straniera sono più che
triplicati negli ultimi anni, a fronte di un calo continuo e persistente della popolazione
scolastica autoctona.
6
O. Fallaci, La rabbia e l’orgoglio, Rizzoli, 2001.
7
A. Canevaro, Educazione interculturale, volume 4, numero 2, maggio 2006, p. 153.
8
G. Favaro, Bambine e bambini di qui e d’altrove. La migrazione dei minori e delle famiglie, Milano,
Guerini, 1998, p. 10.