4
futurista alle evoluzioni successive; il secondo capitolo tratta in modo più specifico del
cosiddetto “avanguardismo giuliano” che, per certi versi, prepara la successiva ondata
del futurismo in territorio giuliano. A proposito del primo capitolo, va puntualizzato
che, per motivi di coerenza interna, si è generalmente preferito puntare su quegli aspetti
che, direttamente o indirettamente, vedono il coinvolgimento della città di Trieste e
della realtà giuliana.
I capitoli successivi sono incentrati sulla figura umana e artistica di Miletti, la
cui ricostruzione – lo diciamo con umiltà, ma anche con consapevolezza – presenta,
innanzitutto, un aspetto inedito di vita culturale triestina, e, in secondo luogo, apre la
possibilità di ulteriori approfondimenti nello studio del futurismo (soprattutto del
futurismo “ultima maniera”, tuttora poco esplorato).
5
I
IL FUTURISMO E TRIESTE
GENEALOGIA DI UN RAPPORTO
Oggetto del presente capitolo è lo studio della diffusione del Futurismo, e, delle
modalità di ricezione del medesimo, nel territorio della Venezia Giulia, area geografica
e culturale ai “margini” dell’Italia, ma, per certi aspetti, al centro d’Europa.
Lo studio del futurismo comporta l’oggettiva difficoltà di operare una sintesi, il
più possibile completa, dell’argomento, che, causa la durata temporale e le interne
evoluzioni, con forzatura si lascia comprendere entro una visione, per l’appunto,
“sintetica”. Il discorso diventa, per certi versi, più complesso se si affronta il capitolo,
tuttora poco frequentato, dell’avanguardismo giuliano: contesto entro il quale si colloca
lo scrittore Vladimiro Miletti, operante a Trieste a partire dai primi anni ’30. Trieste
partecipa, in misura non trascurabile, del generale processo di rinnovamento culturale
che - svolgendosi attraverso il mondo artistico-letterario - investe l’intera penisola
italiana.
Per linee molto generali, si distinguono due fasi dell’avanguardia storica
italiana
1
: una prima fase “eroica”, dal 1909 al 1918-20 circa, che comprende la fase
iniziale d’affermazione del movimento futurista, e un “secondo” futurismo, dal 1920
1
Il problema della periodizzazione del futurismo è tuttora oggetto di discussione: alcuni
studiosi fanno rientrare l’ultima fase del futurismo - corrispondente agli anni ’30 - nella
definizione di “secondo futurismo”. Qui si è seguito Enrico Crispolti, il quale, pur individuando
nel futurismo anni Trenta una forma di continuità con gli anni eroici, riscontra, tuttavia,
nell’ultima fase dell’avanguardia caratteri peculiari e distintivi (vedi, in particolare, di Crispolti,
Storia e critica del futurismo, Roma-Bari, Laterza, 1986).
6
circa al 1944, data della morte di Filippo Tommaso Marinetti (con cui, ufficialmente, si
fa terminare il futurismo). Va detto che tale suddivisione, come ogni generalizzazione,
ha valore soltanto relativo: infatti, è possibile individuare l’esistenza di una terza e
ultima fase del futurismo (corrispondente circa all’intero decennio degli anni Trenta)
che si caratterizza per la presenza di aspetti specifici, nonché di una discreta
compattezza quanto a tematiche e soluzioni artistiche. Lo si vedrà più
approfonditamente in seguito, trattando dell’attività di Vladimiro Miletti, futurista
dell’ultima generazione.
Che l’avanguardia futurista, quasi in contraddizione con gli assunti di partenza
espressi nei primi manifesti, si assesti su posizioni sempre più pacate nel corso del
tempo, è fuori discussione; a monte di tale fenomeno vi sono diverse spiegazioni: in
primo luogo, il generalizzato riflusso dell’arte d’avanguardia, che, dopo un lungo
periodo di audaci sperimentazioni subisce un clamoroso ritorno sui suoi passi
2
; in
secondo luogo, l’esperienza della guerra che coinvolge direttamente i maggiori
esponenti del futurismo
3
; infine, fra i motivi di ripiegamento, vanno annoverati anche
altri fattori, quali, per esempio, la “concorrenza” dei paesi dell’Est europeo che a partire
dagli anni Venti elaborano proprie forme d’arte d’avanguardia, l’inevitabile senescenza
di un movimento artistico costretto a fare i conti con il clima poco libertario del regime
fascista, la ripetitività di temi e formule che, da espressioni di un’arte rivoluzionaria, col
passare del tempo diventano, a loro volta, schemi fissi.
2
Questo fenomeno - il cosiddetto “rappel à l’ordre” - coinvolge il mondo delle arti plastiche,
colpendo Parigi, centro per eccellenza della sperimentazione artistica. In Italia, si ricorda
l’esempio di Ardengo Soffici che, pure, durante la fase “lacerbiana”, aveva appoggiato la causa
futurista. Di fatto, il ritorno all’ordine, coinvolge anche alcuni dei primi fautori del futurismo, i
pittori Carlo Dalmazzo Carrà e Gino Severini (firmatari entrambi, con Giacomo Balla, Umberto
Boccioni e Luigi Russolo, del Manifesto dei pittori futuristi, 11 febbraio 1911).
3
Proprio il movimento futurista subisce le perdite più ingenti, con le morti di Umberto
Boccioni e di Antonio Sant’Elia
7
Marinetti, il 20 febbraio 1909, fonda ufficialmente il futurismo con la
pubblicazione, su “Le Figaro” di Parigi, del celebre Manifeste du Futurisme (preceduto
dallo scritto introduttivo Le Futurisme
4
); tra gli argomenti principali di questo
manifesto, ritroviamo, fin da subito, il riferimento all’Italia e al futurismo quale
espressione dell’arte italiana. La presenza della tematica politica trova un corrispettivo,
al di là del personale patriottismo di Marinetti, nella situazione storica dell’Italia ai
primi del Novecento: da appena un cinquantennio, circa, l’Italia è diventata una
nazione; il “giovane” stato italiano è, all’epoca, impegnato nella politica per
l’annessione di Trento e Trieste. Nascita e prime affermazioni del futurismo si
collocano, storicamente, nella cosiddetta età giolittiana: un’epoca che, a livello politico,
si caratterizza per iniziative di tipo imperialistico (su quel modello, cioè, di stato “forte”
seguito dai maggiori paesi europei). Questo, schematicamente, è il quadro storico-
politico nel quale il futurismo viene ad originarsi e ad assumere via via significato.
La scelta del manifesto-proclama come strumento propagandistico deriva a
Marinetti da una prassi in uso negli ambienti intellettuali delle avanguardie politiche, la
cui origine più lontana è storicamente legata alla Rivoluzione Francese: novità quindi
non trascurabile, l’uso, introdotto da Marinetti nell’ambito dell’avanguardia artistica,
degli strumenti tipici della propaganda ideologica “eversiva”.
Il termine “avant-garde”, secondo quanto riporta Renato Poggioli in Teoria
dell’arte d’Avanguardia, compare in Francia per la prima volta, e, pur riguardando il
4
Il termine “futurismo” compare in Spagna a designare un movimento politico-nazionalistico,
fondato il 18 giugno 1904 da un certo Gabriel Alomar. Sussistono ipotesi che Marinetti si sia
ispirato ad una recensione dell’opuscolo di Alomar - El Futurisme del 1905 – apparsa, a sua
volta, sul “Mercure de France” nel 1908 (le analogie col futurismo di Alomar, comunque,
terminano qui, essendo quest’ultimo un movimento prevalentemente politico). Vedi il
Dizionario del Futurismo, sotto la voce “Alomar, Gabriel”, in Futurismo e Futurismi, a cura di
Pontus Hulten, Milano, Bompiani, 1986 (pag.413).
8
fenomeno artistico, ha chiare implicazioni con le vicende politiche
5
. La discriminante
basata sul significato storico del termine “avanguardia”, rende possibile una prima
definizione di arte d’avanguardia, per la quale, rientrerebbero in tale ambito, tutte le
manifestazioni artistiche che possiedono un certo carattere militante. Le cosiddette
avanguardie storiche si evidenziano per l’atteggiamento critico o conflittuale con la
realtà circostante, per un certo spirito contestatore, più o meno consapevole e orientato
in senso politico: dalla generica rivolta individuale, per esempio, tratto distintivo del
primo espressionismo tedesco, alla sistematica agitazione delle folle, provocata dai
futuristi nelle loro numerose azioni pubbliche durante gli anni eroici. Alcune
avanguardie artistiche, fra cui il futurismo italiano
6
, si affermano in parallelo con il
progressivo formarsi, a livello sociale ampio, di una presa di coscienza di tipo
nazionalistico. E’questo il caso - particolarmente significativo - dell’avanguardia storica
jugoslava, il cui processo d’affermazione è correlato al maturarsi di una consapevolezza
in senso politico-sociale
7
. Ragionando in questi termini, sembra, dunque, di poter
intuire una qualche connessione tra affermazione delle avanguardie artistiche -
fenomeni collettivi e, al contempo, profondamente individualistici - e processo di
formazione dei nazionalismi.
5
Il carattere “militante” dell'arte cosiddetta d'avanguardia è, per esempio, confermato da
Charles Baudelaire, il quale, in Mon coeur mis à nu - testo che risale agli anni 1862-64 - cita
“les littérateurs d'avant-garde” come sinonimo di scrittori politicamente impegnati (vedi, Renato
Poggioli, Teoria dell’arte d’Avanguardia, Bologna, Il Mulino, 1962; pag. 22).
6
Il discorso potrebbe, però, estendersi anche ad altre situazioni: al mondo sovietico, oppure,
ancor più significativamente ai paesi dell’Est europeo austro-ungarico, Polonia, Cecoslovacchia,
etc. Nei territori dell’Est, la lenta dissoluzione dell’Impero absburgico fa maturare in molti casi
l’esigenza di un’autonomia, non priva di tendenze nazionalistiche; il generale processo di
trasformazione politico-sociale si traduce, in campo artistico, con l’elaborazione di forme d’arte
d’avanguardia. Per questi argomenti, cfr.: Krisztina Passuth, Les avant-gardes de l’Europe
centrale 1907-1927, Paris, Flammarion, 1988.
7
Cfr. Peter Kre i , L’avanguardia storica jugoslava, in Frontiere d’avanguardia, Gorizia,
Palazzo Attems, 1985 (pp. 84-89).
9
Tornando al futurismo, si è riflettuto molto sull’aspetto propagandistico delle
cosiddette “serate”; la prima serata futurista si svolge a Trieste, il 12 gennaio 1910
8
, al
Politeama Rossetti: la cronaca dell’epoca riporta vivide descrizioni di questo evento e
del clima incandescente che esso è riuscito a creare
9
. La valutazione in senso politico di
questo avvenimento spiega una delle motivazioni che hanno determinato questa scelta;
l’altro fattore che spinge Marinetti a orientarsi su Trieste è di ordine artistico: le due
componenti – battaglia artistica e propaganda politica – convivono, infatti, nella linea
d’azione perseguita da Marinetti in questi anni. Tra le motivazioni che determinano
l’avvicinamento alla città di Trieste va considerato, infine, un ulteriore aspetto: lo stile
di vita del capoluogo giuliano; il “modernismo” che contraddistingue, a livello sociale,
la realtà giuliana
10
è un punto di collegamento importante tra Marinetti e Trieste.
La testimonianza di Angelo Scocchi (giornalista dell’ “Emancipazione”) è, a tal
proposito, istruttiva: nell’articolo dedicato alla prima serata futurista, Scocchi evidenzia,
accanto all’inevitabile motivo politico, anche l’esistenza di una speciale forma di
affinità tra la realtà triestina e l’esaltazione futurista del tema della “modernità”:
A Trieste, prima fra tutte le città italiane, i Futuristi
hanno affrontato, con la violenza travolgente
dell’enunciazione del loro programma, il pubblico d’un
vasto teatro affollatissimo, forse perché qui il
8
Partecipano a quella storica serata, accanto a Marinetti, i poeti Aldo Palazzeschi e Armando
Mazza.
9
Alcuni articoli dedicati alla prima serata futurista sono stati pubblicati ne L’incendiario: vedi,
in particolare, la sezione del volume denominata Le fanfare della stampa (in A. Palazzeschi,
L’incendiario, Milano, Edizioni Futuriste di “Poesia”, 1910).
10
Per un quadro storico-culturale di Trieste città mitteleuropea, vedi Claudio Magris nella
relazione I Triestini e la mediazione tra le culture (in Intellettuali di frontiera. Triestini a
Firenze 1900-1950, Firenze, Olschki, vol. I, 1985; pp. 31-38); C. Magris, Angelo Ara, in
Trieste.Un’identità di frontiera, Torino, Einaudi, 1982. Cfr. anche Alberto Spaini, Autoritratto
triestino, Milano, Giordano Editore, 1963 (vedi, in particolare, la sezione del libro, Città
internazionale, pp. 29-53).
10
tradizionalismo ha radici meno profonde, e le idee di
modernità incontrano minor resistenza […]
11
.
Va detto, comunque, che l’accoglimento del futurismo a Trieste (come si vedrà
meglio in seguito, trattando dell’avanguardismo giuliano) ha carattere, tutto sommato,
effimero e contraddittorio; di conseguenza, è nella tematica politico-ideologica del
discorso marinettiano che va ricercato il principale motivo d’interesse dell’intellettualità
triestina nei confronti del futurismo.
Il Discorso ai Triestini, pronunciato al Politeama Rossetti nel marzo 1909,
comprende i punti essenziali del programma futurista riproposti poi da Marinetti, in
Trieste, la nostra bella polveriera
12
, nel Rapporto sulla vittoria futurista di Trieste
13
, e
infine, nel Manifesto dei drammaturghi futuristi (11 gennaio 1911).
Il Discorso
14
esordisce così: “Amici, nemici forse! Non vi parlerò oggi
dell’essenza ideale del Futurismo, ma del suo punto di vista pratico e direttamente
utilitario.[…]”. Dall’incipit è possibile scorgere, in Marinetti, la consapevolezza del
potenziale insito del mezzo teatrale: il palcoscenico è inteso come tribuna, oltre che
come luogo di rappresentazione artistica; il senso pratico-utilitaristico, quindi, è
garantito dal fatto stesso che il discorso viene pronunciato dal palcoscenico di un
teatro.La parte politica del Discorso, si condensa nelle espressioni:
In politica, siamo tanto lontani dal socialismo
internazionalista e antipatriottico […] quanto dal
11
La citazione è tratta dall’articolo, firmato A. Scocchi, incluso fra Le fanfare della stampa, in
A. Palazzeschi, op. cit.
12
Si tratta del volantino che pubblicizza la prima serata futurista.
13
Il Rapporto sulla vittoria futurista di Trieste è il lungo scritto introduttivo al volume
L’Incendiario, cit.
14
Per le citazioni dal Discorso ai Triestini, seguo l’omonimo manifesto pubblicato in L.
Scrivo, Sintesi del Futurismo, Roma, Bulzoni, 1968 (pag. 5).
11
conservatorume pauroso e clericale […]. Noi, esaltiamo il
patrottismo, il militarismo; cantiamo la guerra, sola
igiene del mondo, superba fiammata di entusiasmo e di
generosità […]
15
.
La motivazione politica, patriottica ed interventista, assicurava a Marinetti
l’ascolto di una parte consistente della borghesia italiana di Trieste, di fatto il suo
“pubblico” nel capoluogo giuliano. E’ probabile che l’accento posto da Marinetti su
quest’argomento, sia funzionale alla ricerca di un’approvazione ufficiale del futurismo,
però, è anche vero che il poeta, all’epoca, condivide la causa irredentista, schierandosi,
in genere, sempre a favore dell’intervento bellico (nel 1911, per esempio, Marinetti
appoggia la campagna di Libia, partecipandovi come corrispondente di guerra); il
nazionalismo sarà, a sua volta, un tratto costante della posizione di Marinetti in materia
di politica. Sul piano strettamente artistico, nel Discorso, Marinetti affronta l’argomento
dell’arte drammatica propugnando l’ideale futurista di un’arte nuova: va raccolta, anche
nel campo della poesia, la grande sfida dei tempi determinata dal progresso illimitato
della scienza
16
.
Queste dichiarazioni, saranno riproposte in modo sistematico, e con maggiore
coerenza d’intenti, nel manifesto La voluttà d’esser fischiati; nel frattempo, però, le
serate futuriste saranno diventate una pratica sperimentata, arricchitasi del concorso dei
pittori. Lo stesso programma della serata cambia: dalla sola declamazione-recitazione di
poesie, si passa ad un’operazione più articolata che prevede in molti casi la presenza di
15
Da F. T. Marinetti, Discorso ai Triestini, cit.
16
“Nel campo letterario, propugniamo l’ideale di una grande e forte letteratura scientifica
[che] magnifichi le più recenti scoperte, la nuova ebbrezza della velocità e la vita celeste degli
aviatori […]”, da F. T. Marinetti, Discorso, cit.
12
opere pittoriche sulla scena, azioni mimiche volte all’illustrazione delle stesse, scenette
comiche ispirate al teatro di varietà, intermezzi musicali eseguiti con gli “Intona-
rumori”, etc
17
.
Trieste, storicamente, vanta questo primato: dalla città giuliana, infatti, viene
lanciato ufficialmente il “programma” politico-artistico del futurismo. L’ambiente
triestino, e più in generale giuliano, non sarebbe rimasto indifferente a tal genere di
sollecitazioni; espressioni artistiche come il futurismo, a stento tollerate altrove, a
Trieste potevano guadagnarsi stima e simpatia anche presso un pubblico d’estrazione
borghese: è il caso per esempio, tra gli altri, di Silvio Benco, tradizionalista senz’altro
quanto a gusti letterari, ma, ugualmente, curioso osservatore del futurismo (vedremo in
seguito, trattando degli anni Trenta, quanta parte avrà Benco nel riconoscere nuovi
talenti artistici, tra cui, non ultimo, il futurista Miletti).
Gravitando Trieste nell’area d’influenza della civiltà mitteleuropea, suo punto di
riferimento obbligato, si verifica ai primi del ‘900 - epoca nella quale, invece, gli
uomini di cultura italiani più insofferenti si volgono alla ricerca del nuovo - un
apparente paradosso: a Trieste gli intellettuali che guardano all’Italia, sono attratti
principalmente dalla letteratura italiana tradizionale, la cui conoscenza diretta li spinge a
risiedere, durante gli anni universitari, nelle più rappresentative città italiane. Tale
fenomeno ha la sua motivazione nella “diversità” essenziale dei triestini, i quali, a
Firenze (più raramente la scelta cade su Roma, come nel caso di Ruggero Timeus),
cercano di conquistarsi quell’ “italianità” di cui, in un certo senso, sono privi.
17
E’ inevitabile rapportare questi esperimenti teatrali ai cosiddetti “happenings”, o
“performances”, degli anni ’60 (forme ibride di teatro-pittura, basate sulla tecnica
dell’improvvisazione), dei quali, senza dubbio, le serate futuriste rappresentano il precedente
immediato.
13
In certa misura, è possibile affermare che gli intellettuali triestini partecipano
direttamente - grazie alla specificità delle proprie conoscenze (la versatilità linguistica,
per esempio) - al processo di svecchiamento della cultura italiana: in questo contesto,
per esempio, si colloca e trae la sua motivazione la rivista “La Voce”. Il nucleo di
intellettuali raccoltosi intorno a “La Voce”, costituisce, per certi versi, la punta avanzata
dell’ambiente culturale fiorentino più dinamico: l’iniziativa originaria dipende da
Giovanni Papini e Giuseppe Prezzolini, già collaboratori nella precedente esperienza
giornalistica del “Leonardo”; nel 1907, si unisce al gruppo Ardengo Soffici. Papini,
Prezzolini e Soffici, superata la fase prevalentemente iconoclasta del “Leonardo”, danno
vita nel gennaio del 1909 alla rivista “La Voce”: s’inaugura così una fase decisamente
propositiva e riformatrice dell’attività giornalistica.
I triestini, Scipio Slataper (cronologicamente, il primo a proporsi a Prezzolini),
Giani e Carlo Stuparich, Italo Tavolato, Alberto Spaini, per citarne alcuni, partecipano
di questo clima effervescente di iniziative e favoriscono la circolazione delle idee sulle
pagine de “La Voce”. E’ interessante notare che, per una curiosa coincidenza, l’inizio
della collaborazione dei triestini a “La Voce”, venga a situarsi quasi in concomitanza
con la nascita del movimento futurista: Slataper, il primo dei “triestini vociani”
cosiddetti, pubblica il suo primo articolo, Ai giovani intelligenti d’Italia, nel 1909
18
.
L’intellettuale triestino, più avanti, ha modo di conoscere direttamente il movimento
futurista e i suoi esponenti, anche se la posizione di Slataper verso il futurismo resterà
sempre critica e diffidente. Slataper non ama il futurismo, ma puntualmente sulle pagine
de “La Voce”, l’anno successivo al suo primo articolo, registra la conoscenza diretta del
movimento d’avanguardia: e IL futurismo
19
è il titolo di questo articolo che presenta
18
Scipio Slataper, Ai giovani intelligenti d’Italia, “La Voce”, 26 agosto 1909.
19
Scipio Slataper, Il futurismo, “La Voce”, 31 marzo 1910.
14
qualche motivo d’interesse, non solo per la precocità temporale della sua apparizione,
ma anche perché, in esso, il giovane intellettuale tenta una prima definizione critica di
futurismo; le considerazioni slataperiane potrebbero essere tuttora valide: per esempio,
il riconoscimento della natura commerciale insita nell’operazione propagandistica del
futurismo (il che non impedisce comunque a Slataper di riconoscere anche il valore
d’attualità del messaggio futurista). Slataper non si sofferma a lungo sull’aspetto
artistico del futurismo (considerato, da questo punto di vista, l’ennesimo esempio di
“romanticismo decadente”); tuttavia, l’intellettuale triestino coglie nel segno
individuando, quale carattere fondamentale dell’operazione artistica dei futuristi,
l’abbandono polemico dell’estetica classica (“[…] tutti noi che vogliamo trovarci non
nell’Elios che sferza i suoi destrieri per le vie del cielo, ma sì nel manovale che sedutosi
sulla soglia d’una porta agguanta con le gambe stracche il porta-vivande […] siamo un
poco futuristi […]”
20
). Il che, con altre immagini, è esattamente il punto essenziale
dell’ideologia estetica del futurismo, ossia quello slancio verso la modernità che,
secondo la terminologia marinettiana, porta a “fare coraggiosamente il brutto”.
Slataper, mette in rapporto il futurismo con il romanticismo, e anche questa
riflessione contiene una parte di verità: tutte le arti cosiddette d’avanguardia,
discendono in un certo senso dal romanticismo, prima grande “rivoluzione” artistica che
determina la rottura col mondo del passato. Il “brutto” dei futuristi è la moderna realtà
della società industriale e massificata; la novità fondamentale del futurismo è l’elezione
di questa realtà a privilegiata materia dell’ispirazione artistica. Il futurismo, avanguardia
artistica che ambisce all’organizzazione della cultura di massa, fin dall’inizio, si
presenta come movimento che intende collocarsi entro questa realtà massificata non in
20
S. Slataper, Il Futurismo, cit.
15
posizione marginale, bensì, quasi al centro: probabilmente, il significato più profondo
del concetto futurista di “arte-azione”, risiede proprio nell’accettazione - da parte
degli intellettuali - della modernità nei suoi molteplici risvolti (compreso quanto, in
essa, vi è di “sgradevole”). In quest’ottica, dunque, il compito dell’artista diventa,
eventualmente, l’ardua impresa di conferire ad una società – che, in linea ormai
definitiva, è quella dei grandi numeri e delle grandi proporzioni - uno stile, un’impronta
artistica.
Tornando agli avvenimenti che riguardano Firenze, la mediazione di Aldo
Palazzeschi con l’ambiente dei vociani, produce un risultato abbastanza importante per
il futurismo: la fondazione della rivista “Lacerba”, che, dal 1913 al 1915
21
, fiancheggia
il movimento di Marinetti; la rivista, inoltre, rappresenta una tappa importante
nell’evoluzione del futurismo letterario (la collaborazione, breve ma intensa, tra futuristi
e lacerbiani è comunemente nota come “primo futurismo fiorentino”).
Fondatore di “Lacerba”, accanto a Papini e Soffici, è il triestino Italo Tavolato
che, per un breve periodo, aderisce personalmente al futurismo. Tavolato, incarna lo
spirito, in un certo senso, più “anti-borghese” dell’avanguardia storica; testimoniano di
questo suo fondamentale atteggiamento scandalistico gli articoli lacerbiani Contro la
morale sessuale, Elogio della prostituzione
22
e Bestemmia contro la democrazia
23
.
21
Nel 1915 esce l’articolo firmato da Palazzeschi, Papini, Soffici, e intitolato Futurismo e
Marinettismo (“Lacerba”, 14 febbraio). Con esso, ufficialmente, si interrompe la collaborazione
di Marinetti con la rivista “Lacerba”.
22
Entrambi i manifesti di Tavolato – Elogio della prostituzione e Contro la morale sessuale –
sono pubblicati su “Lacerba”, in data I febbraio 1913.
23
Italo Tavolato, Bestemmia contro la democrazia, “Lacerba”, I febbraio 1914. Per quanto
riguarda la lettura dei manifesti del futurismo si è fatto riferimento, oltre che all’opera di Scrivo,
a F. T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, a cura di L. De Maria, Milano, Mondadori,
1983, nonché ai seguenti raccoglitori di manifesti futuristi: Manifesti, proclami, interventi e
documenti teorici del futurismo 1909-1944, a cura di Luciano Caruso, Firenze, Coedizioni Spes-
Salimbeni, 4 voll., 1980; Archivi del futurismo, a cura di Maria Drudi Gambillo e Teresa Fiori,
Roma, De Luca, 2 voll., 1959-1962.
16
Colpisce di Tavolato l’insistenza sulla tematica della sessualità affrontata in
modo disibinito, quasi sfacciato; il tema, probabilmente, gli derivava dalla lettura diretta
di Otto Weininger, esponente, a sua volta, di una certa cultura irrazionalista d’inizio
secolo che condiziona ampiamente le poetiche d’avanguardia. Da questo punto di vista,
l’attività futurista di Tavolato può anche essere rapportata, per alcune visibili
somiglianze, agli scritti futuristi di Valentine de Saint Pointe, autrice del Manifesto
della Donna futurista. Risposta a F. T. Marinetti
24
e del Manifesto futurista della
Lussuria
25
; non a caso, Glossa sopra il manifesto futurista della lussuria
26
è il titolo di
un altro articolo futurista di Tavolato. Incidentalmente, osservo che, accanto a questo
gusto dello scandalo fine a sé stesso, negli articoli di Tavolato serpeggia talora una
leggera nota di critica al costume sociale, rivolta particolarmente alla condizione
femminile del tempo.
Paradossalmente proprio i futuristi, famosi “disprezzatori” della donna, godono
di un folto seguito presso il pubblico femminile. Sono piuttosto numerose, infatti, le
donne che aderiscono al futurismo o che simpatizzano con esso
27
: donne-artiste, come
la già citata de Saint Pointe, Eva Khun, scrittrice futurista sotto lo pseudonimo di
“Magamal”, Lyda Borelli, diva del “muto”, il nutrito gruppo di poetesse che scrivono su
“L’Italia Futurista”, etc.; ma anche donne anonime di varia estrazione sociale che
apprendiamo, tra l’altro, proprio da Marinetti e dai suoi preziosi Taccuini
28
, essere
curiose lettrici dei poeti futuristi (abbonate, per esempio, alla rivista “Lacerba”).
In margine si osserva che la “rivoluzionarietà” del futurismo è misurabile anche
24
Valentine de Saint-Pointe, Manifesto della Donna futurista, Parigi, 25 marzo 1912.
25
V. de Saint-Pointe, Manifesto futurista della lussuria, Parigi, 11 gennaio 1913.
26
I. Tavolato, Glossa sopra il manifesto della lussuria, “Lacerba”, 15 marzo 1913.
27
Per una visione “al femminile” del futurismo, cfr. C. Salaris, Le Futuriste. Donne e
letteratura d’avanguardia in Italia (1909-1944), Roma, Edizioni delle Donne, 1982.
28
F. T. Marinetti, Taccuini. 1915-1921, a cura di Alberto Bertoni, Bologna, Il Mulino, 1987.
17
sulla base dell’impatto che l’avanguardia ha avuto a livello sociale ampio, con il
coinvolgimento, in questo caso, di una sfera della società tradizionalmente esclusa dalla
fruizione del fatto culturale: il pubblico femminile, per esempio. Marinetti dimostra di
comprendere la realtà della sua epoca, anticipandone in certa misura i mutamenti;
ampliandosi, cambia la fisionomia del pubblico: ai pochi “iniziati”, si sostituisce la
massa senza distinzioni di sorta. Questa, probabilmente, è la novità più macroscopica
della cultura moderna, una novità subito compresa e appoggiata da Marinetti.
Alla panoramica storica fin qui tracciata, resta da aggiungere un prospetto delle
principali innovazioni artistiche del futurismo e del loro impatto nel campo specifico
della letteratura. Il mutamento dei contenuti fa emergere, in Marinetti, la necessità di
operare un corrispondente stravolgimento delle forme: “La nostra poesia è poesia
essenzialmente e totalmente ribelle alle forme usate. Bisogna distruggere i binari del
verso, far saltare in aria i ponti delle cose già dette, e lanciare le locomotive della
nostra ispirazione, alla ventura […] Già troppo a lungo furono sopportati i capi-
stazione della poesia, i controllori di strofe-letto, e la stupida puntualità degli orari
prosòdici. […]”
29
.
A determinare il passaggio dal versoliberismo alle cosiddette “parole in libertà”,
concorrono fattori di diversa natura; se Marinetti elabora la nuova forma di poesia sotto
lo stimolo dell’esperienza militare (ne è dimostrazione Battaglia Peso + Odore
30
,
primo brano esemplificativo della nuova tecnica parolibera), l’altro elemento che
29
Cito dal Rapporto sulla vittoria futurista di Trieste ricordando che lo scritto, uscendo
all’inizio degli anni Dieci, preannuncia la successiva svolta linguistica del paroliberismo con cui
si attua il primo effettivo rivoluzionamento di forma e contenuto.
30
Battaglia Peso + Odore di Marinetti compare, per la prima volta, in data 11 agosto 1912,
nel Supplemento al Manifesto tecnico della letteratura futurista (quest’ultimo uscito l’11
maggio 1912). Per la ricostruzione storica del futurismo, con notizie relative ai manifesti e alle
pubblicazioni di Marinetti e dei futuristi, vedi soprattutto C. Salaris, Storia del futurismo. Libri,
giornali, manifesti, Roma, Editori Riuniti, 1992.