5
Ma distaccandosi da un’analisi puramente improntata sul giudizio che
emerge dalle pagine vasariane e riferendosi direttamente alle fonti
documentarie cinquecentesche, ci rendiamo immediatamente conto che il
Bazzi fu durante la sua esistenza un pittore molto apprezzato : ce lo
dimostra per esempio l’appellativo di “maestro” di cui poteva fregiarsi e
che veniva riconosciuto solamente agli artisti tenuti in gran
considerazione. Non solo, ma venne anche eletto da Paolo Giovio, il
biografo cinquecentesco che fu poi il vero e proprio ispiratore delle “Vite”
vasariane , quale probabile unico degno continuatore dell’arte del grande
Raffaello Sanzio da Urbino.
Inoltre, sappiamo che durante il suo periodo di permanenza a Roma nel
1516 gli venne tributato dal Papa Leone X uno dei maggiori
riconoscimenti del valore della sua arte pittorica che ricevette in vita:
infatti lo stesso Vasari a proposito di questo avvenimento scrive che “per
mezzo dello stesso Agostin Chigi, che aveva stretta servitù col Papa, la
donò a Sua Santità [ si tratta della tela che rappresenta una “Lucrezia
Romana” che si dà la morte con un pugnale ora identificata con quella
conservata alla Galleria Sabauda di Torino], dalla quale fu fatto Cavaliere
e rimunerato di così bella pittura”
2
. Allora come è possibile che il Papa
tenesse in così grande considerazione l’opera di un uomo dalla manifesta
dubbia moralità, come ci spiega ampiamente il Vasari, o che lo stesso
possa essere anche visto come un “maestro” ed essere conteso da alcune
delle Corti più eminenti del Cinquecento?
Le motivazioni sono diverse e si allontanano da una condanna
puramente moralistica , infatti le ragioni dell’acredine del Vasari verso il
pittore vercellese sono da ricercare, come vedremo, su un piano più
prettamente tecnico e stilistico. Il biografo aretino cioè utilizza la
condanna morale solamente come espediente, ma in realtà analizzando
le pagine vasariane emergono chiaramente due filoni conduttori di questa
biografia: la “Fortuna”, quasi personificata su reminescenze classiche,
viene invocata quale unica fautrice del successo terreno del Bazzi e
2
VASARI , Le Vite,, 1966, V, p. 384
6
l’assoluta mancanza di “Virtù” tradotta in una imperante fretta
compositiva e in una totale assenza di tecnica pittorica e di disegni
preparatori . Diventa allora interessante riuscire a comprendere filtrando
attentamente il racconto del Vasari quello che fu il vero “personaggio
Sodoma” all’interno del panorama artistico cinquecentesco. Di fare cioè
luce su quella che fu l’attività pittorica del Bazzi dagli esordi senesi, che
lo videro protagonista di quei grandi capolavori che sono i due cicli di
affreschi nei monasteri olivetani , alla maturità e alla conseguente
decadenza della sua arte e soprattutto di chiarire quale fu il reale
apporto che egli diede al ‘500 italiano.
Dopo secoli di immeritato oblio in cui era caduta l’intera vicenda artistica
del Sodoma seguito all’uscita della seconda e definitiva edizione delle
“Vite” vasariane, all’inizio di questo secolo abbiamo assistito ad un
rinnovato interesse da parte di un filone di critici nei confronti del suo
corpus artistico . Questo anche grazie ai lunghi studi documentari
portati avanti nel corso dell’Ottocento dal Padre vercellese Luigi Bruzza
3
e
dal senese Gaetano Milanesi
4
, che distaccandosi definitivamente da una
Critica di stampo ancora troppo vasariano, restituirono finalmente al
Bazzi la patria e la formazione artistica piemontese e ne ricollocarono
l’arte in un ruolo di primo piano nel panorama artistico cinquecentesco.
Ed è proprio grazie a questi primi importantissimi tentativi di smontare
definitivamente il racconto vasariano che durante il corso del Novecento
il Sodoma ha potuto riconquistare l’attenzione di importanti critici che
proprio a lui e alla sua arte hanno dedicato numerose monografie :
iniziando da quella del 1902 di Felice Faccio
5
, quella di Hobart Cust
6
,
importantissima, del 1906, seguita tra il 1910 e il 1911 da quelle dello
Jacobsen
7
della Segard
8
della Gielly
9
e dell’Hauvette
10
per poi proseguire
3
L. BRUZZA Notizie intorno alla patria e ai primi studi del pittore Giovanni Antonio Bazzi detto il
Soddoma, Torino, 1862
4
G. MILANESI, Documenti per la storia dell’arte senese, tomo III, Siena, 1856
5
G.F. FACCIO, G. A. Bazzi,Vercelli, 1902
6
R.H.HOBART CUST,Gi ovanni Antonio Bazzi hiterto usually styled Sodoma ,Londra 1906
7
E.JACOBSEN, Sodoma, und das Cinquecento in Siena, Strassburg, 1910
8
A. SEGARD Giovanni Antonio Bazzi detto Sodoma Paris ,1910
9
L. GIELLY Giovan Antonio Bazzi dit le Sodoma Paris ,1911
7
con la pubblicazione della tesi di dottorato di Andree Hayum
11
del 1976
e con le due imponenti monografie di Enzo Carli la prima del 1950
12
e la
seconda del 1979
13
in occasione delle Mostre organizzate prima a Vercelli
e poi a Siena per il quarto centenario della morte dell’artista,per poi
concludere con la più recente quella del Bartalini
14
,nel 1996.
10
HAUVETTE, H., Le Sodoma, Paris, 1911
11
HAYUM , Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma ,Garland New York 1976
12
E.CARLI Mostra delle opere di Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma Vercelli, 1950
13
E.CARLI Il Sodoma ,Vercelli 1979
14
A. BARTALINI Le occasioni del Sodoma:dalla Milano di Leonardo alla Roma di Raffaello Roma
1996
8
Capitolo 1
VITA E OPERE DI GIOVANNI ANTONIO BAZZI DETTO IL “SODOMA”
1.1 L’apprendistato e gli esordi artistici presso la bottega di Martino Spanzotti
E’ dunque necessario iniziare dalle pur nebulose notizie che ci sono giunte
sulla vita di Giovanni Antonio Bazzi. Oggi sappiamo con certezza che il
Sodoma nacque in Piemonte, a Vercelli, in una data compresa tra l’ottobre e il
dicembre del 1477, ma anche sui dati relativi alla città che avrebbe dato i
natali al Nostro si ebbero inizialmente molte perplessità. Infatti il Padre
Ugurgieri
15
formulò l’ipotesi che in realtà il Sodoma non fosse nato a Vercelli,
ma bensì a Vergelle e che il suo reale cognome non fosse stato Bazzi ma in
realtà Razzi. Questa teoria risultò però immediatamente senza alcun
fondamento. La conferma della patria piemontese dell’artista si ebbe alla fine
dell’ ‘800, quando lo studioso Padre Bruzza
16
rinvenne nell’archivio civico di
Vercelli una serie di documenti che interessavano senza dubbio il Sodoma e la
sua famiglia : si tratta di un rogito notarile dal quale veniamo a sapere che il
padre fu un certo Giacomo de’ Bazzi maestro calzolaio originario di Biandrate
e trasferitosi posteriormente a Vercelli dove sposò Angelina di Niccolò da
Bergamo. Giovanni Antonio era il primogenito ed aveva un fratello, Nicola, ed
una sorella, Amedea. Toccò infine al Cust
17
rivalutare la condizione sociale del
padre del Sodoma : non un semplice ciabattino come si poteva erroneamente
pensare ma un capomastro della corporazione dei calzolai che a quell’epoca
apparteneva alle Belle Arti. Giovanni Antonio crebbe quindi in un ambiente
relativamente agiato per il tempo e già indirizzato fin da giovane verso il
mondo dell’arte.
15
UGURGIERI AZZOLINI, Le Pompe senesi, Pistoia,1649
16
L.BRUZZA, Notizie intorno alla patria e ai primi studi del pittore Giovanni Antonio Bazzi detto il Soddoma,
Torino 1862
17
R.H.HOBART CUST, Giovanni Antonio Bazzi hiterto usually styled Sodoma ,Londra 1906 pp.255-340
9
Per quanto riguarda poi la città in cui nacque, Vercelli aveva goduto nel XIV
secolo di un’epoca relativamente fiorente sotto il dominio dei Visconti che
avevano garantito una certa tranquillità. La quiete ebbe però ben presto fine
quando nel 1427 presero il potere i Savoia dando inizio ad un periodo
caratterizzato da condizioni socio-economiche sfavorevoli : la guerra, le ingenti
tasse e la peste che nel 1497 decimò la popolazione, portarono ad una
situazione di vita che sicuramente non era adatta al lavoro degli artisti e dei
pittori in particolare.
Pur trovandosi Giovanni Antonio immerso in questo ambiente socialmente e
politicamente molto instabile , il padre Giacomo de’ Bazzi lo volle fin
dall’infanzia orientare verso l’arte e la carriera di pittore. A soli tredici anni, il
28 novembre del 1490, fu affidato per l’apprendistato al pittore Martino
Spanzotti
18
che come ci spiega il Carli “avrebbe tenuto presso di sé il fanciullo
per sette anni a partire dal prossimo Natale e si impegnava ad insegnargli
l’arte della pittura e delle vetrate e tutto quel che sapeva”
19
.
Per quanto riguarda la formazione artistica del pittore la Hayum
20
sostiene
che l’apprendistato del Sodoma sia avvenuto nella bottega di un pittore
ancora legato alla tradizione trecentesca ,in realtà dai più recenti studi è
18
Martino Spanzotti era nato verso il 1455 a Casale da una famiglia di pittori provenienti dal territorio di Varese.
Negli anni intorno al 1470-80 si svolse presumibilmente la sua formazione artistica, si pensa che risalgano a questi
anni i suoi contatti con la scuola ferrarese di Francesco del Cossa le cui influenze trapelarono nella sua seguente
produzione artistica. Ma la parte più significativa del suo apprendistato si svolse sicuramente a Milano dove dovette
soggiornare in almeno due riprese. Sarà significativa infatti l’ influenza sulla sua arte di Vincenzo Foppa ma anche
delle ricerche architettoniche che si stavano sviluppando nella capitale lombarda proprio in quel periodo per mano
di Maestri quale il Bramante e Bartolomeo Suardi detto il Bramantino. Altri debiti che si possono riscontrare sulla
sua produzione artistica sono quello verso la pittura fiamminga e anche verso il pittore provenzale Antoine de
Lonhy. Purtroppo possediamo pochissime opere certe dello Spanzotti e l’unica che ci è giunta firmata risulta essere
il “Trittico”conservato alla Galleria Sabauda di Torino: e fu proprio quest’ultima opera a richiamare maggiormente
l’attenzione della critica che gli attribuì diversi capolavori ed infine gli riconobbe il merito di avere rivestito in
Piemonte un’importanza notevole, tale da venire considerato in anni recenti un vero e proprio Capo Scuola
(Sodoma,Defendente Ferrari).
5
E.CARLI Il Sodoma ,,Vercelli 1979
6
HAYUM , Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma ,Garland New York 1976
7
A. M. BRIZIO La pittura in Piemonte dall’età romanica al Cinquecento Torino 1942 pp.57-59 e p.60
10
emerso che lo Spanzotti fu per il Bazzi un maestro tutt’altro che arcaico : gli
trasmise infatti una pittura che presentava sicuramente ancora aspetti
dell’arte gotica , ma gli insegnò anche le ultime importantissime novità
pittoriche che aveva appreso dall’esperienza da lui maturata in Lombardia
che, come vedremo più avanti, furono fondamentali per la formazione artistica
del Sodoma.
Nel 1498 è attestato che l’apprendistato di
Giovanni Antonio presso lo Spanzotti era ormai
giunto al termine. Proprio a questo punto però si
apre una discussione tra i critici riguardo la
partecipazione o meno del Bazzi alla realizzazione
dell’affresco dello Spanzotti a S.Bernardino di
Ivrea. L’edificazione della chiesa di S.Bernardino
risale al 1455, mentre il ciclo di affreschi venne
probabilmente iniziato dallo Spanzotti nel 1500
secondo la datazione della Brizio
21
. Si tratta di
ventuno “Storie della Vita di Cristo” che vengono
unanimemente considerate il vero e proprio
capolavoro dello Spanzotti: è una sorta di “biblia
pauperum” e come afferma il Testori: “E’ una
nobiltà nuova quella che si fonda in questi anni nel
Nord dell’Italia e alla quale lo Spanzotti offre questo
suo inconfondibile tono: una nobiltà umana, anziché umanistica; il fatto
riportato alle sue proporzioni reali e quotidiane, contro il fatto dilatato
dall’iperbole dell’ideologia; il profondo del particolare, infine, contro l’esteso
dell’universale.”
22
. Viene dunque sottolineato a più riprese questo scenario
dimesso e rurale nel quale le storie sono ambientate: i personaggi interpretano
lo società agricola piemontese, sono contadini che vestono abiti dimessi e che
possiedono tratti fisionomici duri, provati dalla fatica e da una vita di stenti.
22
G. TESTORI Giovanni Martino Spanzotti.Gli affreschi di Ivrea Centro Culturale Olivetti,Ivrea 1958
(Il saggio è riportato anche nella raccolta La realtà della pittura:scritti di storia e critica d’arte dal Quattrocento
al Settecento a c. di C.Marani , Milano)
FIG. I M. Spanzotti
“Crocifissione”(1500 ca.)
Ivrea, S. Bernardino