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Svolgere tale lavoro di definizione della donna può, però, risultare molto complesso
per ragioni culturali; perché sull’ elaborazione del pensiero influiscono numerosi
pregiudizi e preconcetti. Considerare la donna come individuo subordinato e
dipendente dall’uomo è entrato nella mentalità comune da tempo, trasformandosi a
volte in una sorta di vittimismo da parte delle donne stesse, tanto da poter fuorviare
i risultati della ricerca. Pertanto, per dare veridicità alla ricerca, è nata la necessità di
spogliare la mente da tutte le idee già precostituite, che storicamente si sono
sedimentate nel pensiero comune. La mente, divenuta così tabula rasa, è pronta ad
accogliere tutti i concetti, che si ricavano dallo studio svolto direttamente sul
campo. Definito l’obiettivo dello studio, ho constatato l’ ampiezza geografica della
realtà scelta, si è vista necessaria, dunque, la scelta del restringimento della lente su
una realtà più facilmente analizzabile ma comunque rappresentativa per tutta la
realtà del Meridione. Ho scelto, essenzialmente per ragioni di semplicità, la piccola
cittadina di Montella, situata nel verde del Parco dei Monti Picentini, in provincia di
Avellino.
Lo studio si è svolto principalmente sulle testimonianze orali di donne irpine, nate
tra gli anni Venti e Trenta. Utilizzando lo strumento della storia di vita si è voluto
andare alla fonte diretta della realtà storica. La ricerca, quindi, si svolge sulla
memoria storica delle donne stesse, raccolta attraverso l’ intervista. “(…)
L’importanza del recupero delle memorie,- scrive Clara Gallini - azione importante
non solo quando ci colleghi a una tradizione di lotte, ma anche quando ci faccia
riflettere sulle condizioni di vita del passato per confrontarle con quelle d’oggi.”
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1
Clara Gallini- Intervista a Maria- Edizioni Ilisso - 2003
4
Dal racconto di vita delle donne più anziane cerco, quindi, di trarre tutti gli elementi
che definiscono la condizione della donna meridionale nel Novecento. Dai loro
occhi cerco di cogliere le sensazioni, riguardo a quello che mi raccontano di aver
vissuto. Attraverso l’ intervista, infatti, si riescono a cogliere tanti significati, che
vanno a volte ben al di là della parola, risiedendo nella gestualità, nelle espressioni
del volto, nei cambi di tono nel parlare. Si è esaminato l’intero percorso di vita delle
donne, dall’infanzia alla terza età, insistendo particolarmente sui momenti
tipicamente femminili, che diventano poi oggetto dell’ultimo capitolo.
Nel primo capitolo, rifacendosi alle maggiori posizioni teoriche in merito, si è
accennato alle principali tappe della storia delle donne. Con questo si è voluto
sottolineare l’importanza dell’agire femminile, soprattutto nei momenti storici più
significativi, come sono state, ad esempio, le guerre mondiali.
Il secondo capitolo è interamente costituito dalla storia di vita di Pasqualina. Si è
pensato che leggere le parole dell’intervista mette direttamente in contatto con un
mondo ormai passato; ed è, inoltre, un modo sia per capire i significati nascosti, e
magari le contraddizioni del discorso; ma anche, da parte mia, per rendere merito
alla signora per aver raccontato senza remore la sua esistenza.
Nel terzo capitolo, partendo dall’interpretazione delle informazioni raccolte nelle
interviste, si è sviluppato un ragionamento, che si è voluto definire “ al femminile”,
proprio perché analizza il modo di vivere delle donne di una volta rispetto ad
avvenimenti unicamente femminili, quali la sessualità e la maternità, sottolineando
riti, pratiche e credenze campane.
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Capitolo primo “ Cenni alla storia delle donne ”
L’espressione “storia delle donne” indica di per sè la necessità per le donne di
essere riconosciute come soggetto della storia.
2
La storia italiana, infatti, è stata
una storia che ha avuto maggiormente come attori gli uomini, considerati, quindi,
rappresentanti dell’umanità. E’ necessario evidenziare che non c’è mancanza
dell’agire femminile nella storia, ma ne manca, tuttavia, il riconoscimento storico
ufficiale. Molti studi antropologici, negli ultimi decenni, hanno avuto proprio
questa funzione, sottolineando che bisogna studiare la storia delle donne non come
momento astratto, ma è necessario inserirla nel contesto della storia globale. La
storia tradizionale e la storia delle donne potranno così finalmente confluire in un
approccio unitario sui fatti.
Lo studio della storia delle donne, inoltre, non può prescindere dalla
considerazione dei modelli sociali e comportamentali che le donne hanno
ricoperto, realmente oppure idealmente, nelle varie epoche storiche.
2
Dinora Corsi- Editoriale della Rivista “Storia delle donne” – Anno I - numero I.
6
1.1- Il periodo della Grande Guerra:
E’ proprio a partire dalla Grande Guerra che le donne si impongono alla storia,
viene loro riconosciuto l’enorme sacrificio, fatto durante il periodo del conflitto,
per aver portato avanti le attività abbandonate dai propri mariti sia nelle industrie
che nelle campagne.
3
Le donne riescono, quindi, ad avere un primo
riconoscimento del loro impegno sociale. Tanto che Françoise Thébaud si chiede
in un suo saggio
4
se il periodo della Grande Guerra si possa definire “età della
donna” . Ella scrive “ L’ idea che la Grande Guerra abbia profondamente
trasformato il rapporto tra i sessi, ed emancipato le donne in misura molto
maggiore dei precedenti anni, o persino secoli, di lotte, è assai diffusa durante e
dopo il conflitto.” I contemporanei avvertirono così questo periodo storico, ma in
realtà si trattò solo di una emancipazione apparente, soprattutto per quanto
riguarda l’Italia. L’impegno femminile, infatti, nel periodo bellico fu considerato
come sostitutivo rispetto a quello maschile, che si attuava, contemporaneamente,
al fronte. La sinergia di tali forze aiutava la patria a superare le difficoltà di una
guerra, che, lungi dalle previsioni, si faceva sempre più lunga. In Francia e in
Inghilterra, intorno al 1914, anno dell’inizio del conflitto, sono operanti
associazioni di donne, che lottano per il suffragio universale. Anche in Italia ci
sono testimonianze di associazionismo femminile nei primi decenni del secolo, ma
si tratta di un fenomeno limitato, non solo geograficamente, cioè molto più
3
Michela De Giorgio- Le Italiane dall’Unità ad oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali- Editore
Laterza – 1992.
4
Françoise Thébaud - La Grande Guerra: età della donna o trionfo della differenza sessuale? – fa parte di
Storia delle donne in Occidente. Il Novecento di Duby e Perrot. Editore Laterza. 1992
7
diffuso al Nord, che al Sud; ma anche nel senso che coinvolge quasi unicamente le
grandi città, tra le quali anche Napoli. Gli obiettivi principali del femminismo
italiano, come del resto anche quello delle francesi e delle inglesi, sono il diritto al
voto e all’istruzione femminile.
5
La conquista di nuove libertà probabilmente fu solo l’illusione di quelle donne
che, vestendo i panni di operaie, tramviere, bigliettaie o commercianti, sentirono
finalmente di divenire protagoniste, ampliando le loro capacità e le loro
responsabilità.
La nuova emancipazione, conquistata da poco grazie alla mobilitazione femminile
nel periodo bellico, porta alla nascita del modello culturale della “Donna Nuova”.
Attraverso l’azione di associazioni femministe e riviste si sostiene l’idea che le
donne abbiano preso coscienza della loro identità e che, quindi, si assiste ad un
periodo di rinnovamento del loro ruolo sociale femminile; si parla, appunto, di
donna nuova.
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Tuttavia, il prototipo auspicato dal neo- femminismo non risulta
rappresentativo per le diverse realtà italiane; ad esempio, l’ordine patriarcale del
mondo contadino non verrà per niente toccato dalle speranze di libertà femminili.
Il grande sostegno femminile all’economia della nazione nella crisi bellica non fu
letta da tutti come un aiuto necessario, da lodare; molti uomini pensarono alle
ripercussioni negative di tale situazione. L’ economista Bachi scrive in un saggio
7
del 1918 : “Non occorre notare quale, reciprocamente, grave fenomeno sia questo
lavoro femminile nei riguardi fisiologici e sociologici, per l’indebolimento della
5
Franca Bortolotti Pieroni - Appunti sulle origini del movimento femminile tra '800 e '900. Roma,
Salemi, 1986
6
Michela De Giorgio- Le Italiane dall’Unità ad oggi. Modelli culturali e comportamenti sociali- Editore
Laterza.1992.
7
R.Bachi- L’Economia di guerra, Roma 1918.
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stirpe e per l’indebolimento di quel fondamentale plesso sociale che è la famiglia.
(…) è assai probabile che, dopo la deposizione delle armi, non tutto il venusto
esercito delle lavoratrici ritorni alla quiete delle pareti domestiche. (…)”.
La paura del Bachi non fu confermata; le donne, alla fine del conflitto, tornarono
sostanzialmente nelle loro case, dedicandosi alla famiglia. Però molte di loro
avevano acquisito abilità e competenze, che furono utili nei decenni a venire per
l’entrata nel mondo del lavoro , si pensi alla categoria delle infermiere.
Molto differente è stata la percezione di questo avvenimento nel Mezzogiorno d’
Italia, soprattutto nelle zone di campagna, dove le donne hanno vissuto la guerra
come momento di sofferenza e di attesa per i loro mariti, i loro padri o i loro
fratelli che erano al fronte. Le donne, ritrovatesi sole, si sono assunte la
responsabilità di mandare avanti il lavoro, arando, seminando e raccogliendo. Ma,
non è stato concesso loro di essere padrone della propria libertà, a differenza delle
“cittadine”; il loro controllo è stato affidato all’ autorità delle donne più anziane,
oppure del parente maschio più prossimo. L’impegno sociale e lavorativo non è
stato vissuto come eccezionale, quanto come necessario nel rispetto della nazione,
o meglio della patria, e del lavoro stesso.
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Si fa riferimento ad un mondo prevalentemente contadino. Intervista a Grazia Barbone – febbraio 2006.