Una storia esemplare può essere d’aiuto per fornirci un primo supporto alla definizione della 
questione.
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In occasione di una mostra organizzata a New York di Costantin Brancusi, l’unica opera 
venduta, “Uccello Nello Spazio”, sarà sottoposta dall’autorità doganale americana alla tassa 
ordinaria sulle merci importate in quanto considerata da questa un prodotto industriale. Il 
processo che ne seguirà sarà incentrato esclusivamente sull’interpretazione del Tariff Act 
del 1913 che subordina il riconoscimento della qualità artistica di un oggetto alle seguenti 
caratteristiche: l’originalità, la realizzazione non meccanica, e l’inutilità o non funzionalità 
dell’oggetto. 
Sebbene Brancusi vinse la sfida giudiziaria, qualora volessimo applicare la definizione del 
Tariff Act a molte opere esposte nei musei italiani e stranieri, si pensi, solo per citare casi 
eclatanti, ad opere quali “Fountain” di Marcell Duchamp del 1917, o al “Down” di De 
Dominicis esposto alla Biennale di Venezia del 1972, troveremmo certamente non poche 
difficoltà. 
In minori difficoltà ci imbatteremmo invece se ci accostassimo alla definizione 
Heideggeriana di opera d’arte. Il filosofo tedesco, partendo dal presupposto che l’opera sia 
una cosa, una res (Das Ding in tedesco), sostiene che l’opera d’arte
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 “debba indicare 
qualcosa che va oltre l’essere della mera res: αλλο αγορευει. L’opera fa conoscere 
                                                 
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 Esempio riportato in Santagata W. (1998) Economia dell’Arte, UTET.  
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  Heidegger M.: (2000), L’origine dell’opera d’arte, Marinotti, MI.  
pubblicamente Altro, rende palese altro; è allegoria. Nell’opera d’arte, assieme alla res 
approntata, viene messo qualcos’Altro. <<Mettere assieme>> si dice, in greco, 
συµβαλλειν.  L’opera è Simbolo”. 
L’opera d’arte è, quindi, veicolo per trasmettere, per indicare qualcos’altro, ciò che l’artista 
vuole mostrare, “far conoscere pubblicamente”, “render palese”. L’opera è il tributo che 
l’artista paga all’arte, nonché l’atto costitutivo dell’arte stessa. 
L’opera d’arte, res, è anche simbolo, segno, hic et nunc
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 da mostrare, da riconoscere. 
“L’opera d’arte è dunque un bene semioforo, portatore, grazie alla sua forma materializzata, 
di un segno estetico riconosciuto in uno specifico cosmo o contesto culturale”.
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Sarà l’animus dell’artista, “l’intentio”
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 che si rivelerà all’interno di un determinato contesto 
culturale, che svelerà
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 al pubblico la qualità di Opera d’Arte. 
Resta il problema di chi debba essere a riconoscere tale simbolo; quale il soggetto, o i 
soggetti, deputati ad elevare un oggetto qualsiasi al rango di opera d’arte.  
La risposta, a mio avviso, sorprendentemente, non può che prendere le mosse da 
considerazioni economiche quali la sovranità del consumatore e la distribuzione delle 
                                                 
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 L’hic et nunc è, secondo Benjamin, caratteristica fondante dell’opera d’arte che verrebbe a mancare nel momento della 
sua riproduzione. Benjamin W (1955). Des kunstwerk im Zeitalter seiner techinschen Reproduzierbarkeit, Suhrkamp 
Verlag. Trad. It., Benjamin W.  L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica, Einaudi , TO, 2000. 
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 Santagata, (1998). 
5
 Panofsky: (1962) La storia dell’arte come disciplina umanistica, Einaudi, TO. 
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 Sia il simbolo che l’intentio debbono poter essere svelati, altrimenti la qualità di opera d’arte rimarrebbe celata 
all’interno della res. 
preferenze individuali, laddove saranno i consumatori, attraverso le istituzioni del mercato, 
a riconoscere ad un oggetto qualsiasi le qualità di Opera d’Arte. 
“La domanda “Che cosa è l’arte” trova una risposta in ciò che la gente vuole. (…) Se una 
“elite culturale illuminata” fosse depositaria di una definizione di arte violeremmo 
l’assunzione fondamentale sull’importanza delle preferenze individuali”.
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Sebbene il pubblico sia “Un esaminatore, ma un esaminatore distratto”
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, e pertanto nelle sue 
scelte dovrà essere guidato dalle valutazioni di tutti quei soggetti che saranno riconosciuti 
come “Esperti del Settore”, non potrà che essere quest’ultimo il naturale depositario di una 
definizione del mercato dell’arte, definizione che sostanzierà attraverso la rivelazione delle 
proprie preferenze, sia attraverso atti di acquisto che attraverso atteggiamenti favorevoli nei 
confronti di questa o di quella opera d’arte.  
Qualsiasi altra definizione che non si lasciasse determinare dalle preferenze degli individui 
finirebbe con il farsene interprete, e farsi interprete delle preferenze  altrui è tipico dei 
regimi totalitari
9
. 
Attraverso questa via l’arte si autodefinisce, e, così, l’unica definizione  possibile risulta 
essere quella per cui “L’arte è tutto ciò che si definisce tale
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”. 
                                                 
7
 Frey e Pommerehene: (1989), Muses and Markets, Explorations in the economics of the arts, Basil Blackwell, Oxford. 
Trad. It. “Muse e Mercati”, Il Mulino, Bo, 1991. 
8
  Così Benjamin definiva gli spettatori degli spettacoli cinematografici. Benjamin 2000, p.46. 
9
 Benjamin, nel valutare la dialettica tra fascismo e comunismo, sostiene che quest’ultimo, in risposta alla estetizzazione 
della politica tipica del primo, risponde con la politicizzazione dell’arte.  
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 Così anche B. Frey in; Art: The Economic Point of View, Kluwer Academic 1994 
1.2. L’approccio Industriale 
 
 
Una volta definito il concetto di arte, è necessario comprendere quali le relazioni tra questa 
e l’economia in senso proprio. “Economia” ed “Arte” potrebbero essere combinate 
seguendo due vie differenti: la prima che individua gli aspetti economici e materiali 
dell’attività artistica; la seconda che concerne invece l’applicazione dell’”Economia”, o 
meglio della metodologia delle “scelte razionali” all’arte. 
La metodologia delle scelte razionali, divenuta ormai un paradigma generale per tutte le 
scienze sociali, è basata su quattro assiomi che pongono l’attenzione e cercano di riflettere il 
comportamento umano: 
 
1) Gli individui, e non i gruppi, rappresentano le unità di azione; questi però non agiscono 
isolatamente, e interagiscono costantemente con le altre persone. 
2) Il comportamento degli soggetti dipende dalle preferenze individuali, dal vincolo di 
bilancio, dal tempo a disposizione e dalla legge. 
3) Gli individui nella maggior parte dei casi perseguono il loro interesse. 
4) I cambiamenti nel comportamento sono da attribuire in media a mutamenti del vincolo di 
bilancio.
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Per questa via, volendo utilizzare un approccio economico per la definizione di arte 
dovremmo partire dalle preferenze individuali; sono appunto queste che permettono di 
distinguere il concetto economico di arte dalle altre definizioni che derivano da presupposti 
ben diversi, non meno meritevoli, ma sicuramente meno utilizzabili in modo universale. 
Ricollegandoci a quanto detto nel paragrafo precedente, seguendo quest’approccio, “arte è 
ciò che le persone pensino sia arte”.
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 In questa direzione potrebbe essere utile alla nostra analisi il concetto di approccio 
industriale. “Industria”, negli studi economici, designa l’insieme delle imprese che, in 
competizione tra loro, producono una gamma di beni o servizi atti ad appagare un certo 
bisogno.  
Riferendoci ora al singolo atto di consumo di beni artistici, le modalità di tale atto sono il 
risultato dell’organizzazione e dell’efficienza dei diversi agenti che compongono l’industria. 
Formulato quindi in termini generali, “il compito dell’economista diviene quello della 
valutazione dell’efficienza della filiera artistica dell’industria culturale, nel presupposto che 
                                                 
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  Frey: (1994),  Art: The Economic Point of View. In Peacock Rizzo: Cultural Economics and Cultural Policies. 
Kluwer Academic Publishers. 
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 Frey: Op. Cit. 
tale efficienza consenta la diffusione massima, e che la massima diffusione possibile della 
conoscenza  artistica coincida con l’effetto di benessere collettivo desiderato”.
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E’ chiaro però che il “Bene Artistico” non può essere analizzato alla stregua di un qualsiasi 
altro bene di consumo osservando semplicemente le relazioni tra domanda e offerta. 
Il bene artistico è un bene “complesso”, la cui fruizione presuppone una seppur minima 
conoscenza dei presupposti estetici e filosofici, un bene i cui costi di “approvvigionamento” 
diminuiscono man mano che si “acquistano” quantità aggiuntive del bene stesso. 
Analiticamente potremmo immaginare una Curva di Apprendimento lungo la quale si 
muove il nostro consumatore tipo. 
 
 
 
                                                 
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 Spranzi: (1994),  “Arte & Economia” Egea. 
Con l’aumentare della quantità consumata, il consumatore sopporterà costi via via 
decrescenti fino al punto in cui questi non sarà diventato un consumatore “esperto”; la 
diminuzione dei costi sarà quindi asintotica al punto C*, punto in cui i costi si saranno 
assestati al loro punto di minimo. 
Queste considerazioni ci riportano al fatto che il bene artistico è un tipico “Information 
Good”. L’arte è semplicemente un idea, o “l’esagerazione di una idea” così come diceva 
Gide. In quanto “Information Good” l’arte è un messaggio, il messaggio dell’artista il cui 
compito non è quello di dominare la forma, ma di adattare la forma al contenuto
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. Al fine di 
poter essere consumato dal pubblico, il messaggio dell’artista deve essere trasmesso essendo 
stato materializzato all’interno di un supporto, strumento mediatico che traduce il messaggio 
dall’artista all’utente finale.  
Così, il settore artistico include due fasi di produzione. La prima concerne la creazione di un 
idea, la seconda la sua trasmissione, che riguarda la produzione e la trasmissione del 
supporto. Per ciò che riguarda le Visual Arts, i due stadi nella maggior parte dei casi sono 
riuniti in un unico momento come ad esempio caso della scultura e della pittura.
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 Kandinsky W.: (1912) Lo spirituale nell’arte, Monaco di Baviera. 
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 Brosio G.: (1994),  The Arts Industry: Problems of  Measurement. In Peacock and Rizzo, Cultural Economics and 
Cultural Policies, Kluwer Academic Publishers.