Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
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una delle caratteristiche peculiari del pensiero deleuziano, in cui ogni
elemento si presta difficilmente ad un’‘istantanea’ che lo fissi con
un’identità precisa, nel qual caso risulta sempre sottodeterminato. Si
rende quindi necessaria un’indagine complessiva del discorso teoretico
del presente autore, in cui sia delineata la permeabilità reciproca dei
concatenamenti teorici e le loro profonde connessioni. Sarà compito della
prima parte del presente lavoro esplicitare la natura e i clivaggi teorici
degli elementi che costruiscono il complesso campo di virtualità proprio
della filosofia deleuziana.
Nella seconda parte invece, cercheremo di sviluppare ulteriormente
la nostra indagine portando ad emergere le figure di un pensiero che in
questo continuo spostamento e movimento tra un ambito teorico e
un’altro e tra registri esplicativi eterogenei, si fa ‘nomade’. Un pensiero
che non si pone più di fronte al reale per rappresentarlo ma che si
individua nelle configurazioni di forze e intensità nomadi organizzate in
‘rizoma’ complessi e ‘ritornelli’ espressivi. La dimensione
dell’espressione sarà pertanto delineata come un topos virtuale in cui il
reale apparirà come prodotto di sintesi delle serie eterogenee (di immagini,
parole, cose, eventi e sensi) che si intersecano definendo uno spazio
espressivo del pensiero sempre in movimento.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
5
Capitolo 1
1.1 Nel virtuale attraverso un primo sentiero
Intento del presente lavoro è quello di mostrare come sia possibile
organizzare una trattazione del pensiero deleuziano che ruoti attorno al
concetto di virtuale, cifra di maggiore intensità e potenzialità produttiva
dello stesso. Il concetto di virtuale esprime per Deleuze la possibilità di
elaborare un pensiero che esca dai canoni consueti ad esempio della
rappresentatività e dalla sua connotazione della conoscenza come
relazione che si instaura tra un soggetto conoscente ed un oggetto
conosciuto.
Deleuze è conscio dei limiti che una tale impostazione comporta,
conducendo a solidificare la realtà in identità rigide che non riescono a
rendere conto della pluralità dei fenomeni e dei loro possibili significati.
Allo stesso modo vuole allontanarsi dalle prospettive di pensiero, quali
quella hegeliana, nel cui tentativo di sintesi dialettica della pluralità degli
eventi vede semplicemente la produzione di un’identità ancora più
asfissiante che ammette le differenze del reale solo per negarle e
ricondurle ad un’unità superiore. Il pensiero deleuziano si muove invece
nell’ottica di una decostruzione di tali termini, il suo tentativo è quello
quindi di indicare un unico piano di sviluppo del pensiero, definito piano
di immanenza, che è virtuale e in cui si intramano tutte le articolazioni e
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
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relazioni di ordini eterogenei, solitamente inglobate in termini stabili quali
soggetto, oggetto, reale e irreale.
La dimensione esplicativa aperta dalla virtualità non è riconducibile a
una prospettiva di pensiero irrazionale che cercherebbe di uscire dalle
difficoltà della ragione attraverso costruzioni fantastiche, bensì il piano di
una ragione più complessa che si sviluppa nella possibilità di tenere
insieme teorizzazioni eterogenee e paradossali, nel presupposto che
pensare in funzione di un fondo di ‘reale puro’ a cui si deve arrivare è una
prospettiva altrettanto metafisica di quella che rimanda dell’esistenza di
una realtà trascendente. Il pensiero della virtualità vuole appunto essere un
approccio conoscitivo che renda conto della pluralità ed eterogeneità del
reale, senza cadere in una concezione metafisica dello stesso.
Gli ambiti filosofici a cui Deleuze guarda nell’elaborazione dei suoi
concetti sono molteplici e nello svolgimento del nostro lavoro
cercheremo di mostrare, di volta in volta, sia motivi di altre filosofie che
Deleuze vede come prospettive da rifuggire, come ad esempio avviene
per molti dei luoghi teorici propri del pensiero hegeliano, sia elementi
teorici da prelevare dall’originaria sede filosofica di elaborazione, per farli
lavorare, in seguito a una vera e propria ‘cattura’, ai fini che Deleuze
vuole conseguire.
La filosofia deleuziana quindi, vuole uscire da un’impostazione
teoretica legata all’idea dell’esistenza di un ‘mondo vero’ che si cela al di
là dei limiti della comprensione umana e che pertanto il pensiero filosofico
e la ricerca scientifica devono determinare in modo sempre più adeguato.
Il concetto di virtualità e con esso gli altri concetti fondamentali
dell’universo teorico di Deleuze, quali ad esempio, quelli di differenza o
di molteplicità, tentano di caratterizzare uno spazio teorico e filosofico
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
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non più condizionato dall’impostazione tradizionale di un pensiero, quello
rappresentativo, ancora fortemente dualista. Il pensiero del virtuale
intende appunto determinare un ambito in cui si esca da tale
connotazione referenziale ‘forte’, senza nello stesso tempo cadere nella
prospettiva altrettanto semplificatoria di una teoria astratta che basta a se
stessa e totalmente sganciata da qualsiasi tipo di referenzialità.
Nello spazio teorico virtuale dissolvono le determinazioni rigide e si
sviluppano concatenamenti concettuali di natura molteplice, in cui non
appena si cerca di determinare un regime esplicativo come ultimo e
fondativo, sia esso ontologico, ontico, semantico o di altra natura, si
scopre l’impossibilità di connotarlo in modo definitivo, esplicitando
questo la sua natura virtuale nella possibilità di ulteriore sviluppo e
proliferazione in un altro registro teorico.
Il concetto stesso di virtuale poi si vedrà essere articolato in modo
complesso e la sua identità teorica, mai fissa, risulterà definibile in modo
esaustivo solo rileggendolo ripetutamente nei suoi ‘doppi’ concettuali e
teorici1 quali sono ad esempio differenza, ripetizione, movimento,
problema, molteplicità. Caratteristica fondamentale della filosofia
1
Deleuze si accosta alla nozione di doppio attraverso l’opera di Pierre Klossowski, nel quale a sua volta
questa si sviluppa in stretta connessione con il tema della perversione. Introducendo la perversione
mediante una prima inquadratura possiamo dire con Deleuze stesso che essa è quella differenziazione
che non sopprime mai l’indifferenziato che si divide in essa, questa determinazione ci rimanda poi al
doppio, di cui a sua volta potremmo dire essere un movimento di perversione. Klossowski nella sua
trilogia Le leggi dell’ospitalità (Klossowski Pierre, Le leggi dell’ospitalità, Milano, Sugar, 1968, p. 35)
ci offre uno di tali movimenti di perversione nel personaggio di Roberta che il marito Ottavio vede
moltiplicarsi e riflettersi in identità sempre cangianti nell’atto di giacere con gli invitati, cui egli stesso la
offre. Tale ‘legge dell’ospitalità’ dona a Ottavio nel suo voyeurismo una partecipazione più piena e
intensa di quella che troverebbe se provasse direttamente tali passioni, di cui invece spia il doppio o la
riflessione sul viso d’altri. Questo atto di rifrazione determina una vera e propria ripetizione che non è
‘né identità del Medesimo né equivalenza del Simile (bensì è) nell’intensità del differente’ (Deleuze
Gilles, Logica del senso , Milano, Feltrinelli, 1997, p. 254). In Roberta pertanto “non ci sono due donne
che si somigliano e nemmeno due essenze, essa designa invece in sé ‘un’intensità’, contiene in sé un
ineguaglianza e una differenza la cui caratteristica è quella di ritornare di ripetersi in un movimento mai
concluso e sempre decentrato” (Ibidem) . La natura del doppio è dunque quella della ripetizione
nell’ordine del differente , questo è anche il senso in cui noi lo intendiamo quando indichiamo un
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
8
deleuziana infatti è quella per cui, un termine del suo discorso, non è mai
esaurito in una definizione ma la sua intensità espressiva si sviluppa nelle
sue ripetizioni e nelle trasmutazioni in altri elementi. Sarà pertanto
essenziale procedere a una progressiva trattazione di tutti questi punti e
mostrare la permeabilità reciproca di tali concetti.
L’impostazione teorica delle sue opere porta a una radicale
riconsiderazione della nozione di realtà del senso comune. Deleuze scrive
infatti che: “il virtuale non si oppone al reale, ma soltanto all’attuale [...]
occorre dire del virtuale esattamente quello che Proust diceva degli stati
di risonanza : <<Reali senza essere attuali, ideali senza essere astratti >> e
simbolici senza essere fittizi”2, il virtuale non si presenta così in una
contrapposizione semplice al reale in cui costituirebbe il polo fittizio o al
meglio astratto.
Deleuze diversamente sviluppa un’analisi molto più complessa in cui
ci presenta un doppio binomio oppositivo, possibile-reale Vs. virtuale-
attuale, per cui il possibile viene delineato come il corrispettivo
immateriale già tutto determinato del reale, mentre il virtuale appare come
campo problematico complesso e l’attuale come punto singolare di
determinazione dello stesso3. Il termine attuale pertanto, vuole indicare
una presenza che non ha i caratteri di un’identità fissa e completamente
determinata ma possiede invece i tratti di una identità momentanea sempre
soggetta a mutamento, è un punto singolare, cioè un determinazione mai
stabile in cui si configura momentaneamente l’ambito virtuale.
qualche concetto come doppio teorico di un altro.
2
Deleuze Gilles, Differenza e ripetizione, Bologna, il Mulino, 1968, p. 336.
3
Cfr., pp.336-345.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
9
La realtà propria del virtuale “consiste nei rapporti differenziali e nei
punti singolari loro corrispondenti”4, qui si apre un altro fronte
fondamentale nel pensiero di Deleuze, quello relativo alla concezione della
differenza la cui articolazione risulta essenziale per la corretta
comprensione della virtualità. Per noi si delinea qui un altra difficoltà,
quella per cui ogni tentativo di approccio frontale nella comprensione di
una tematica deleuziana e ogni tentativo di isolarla, per delinearla
esaustivamente è destinata allo scacco: “è difficile prendere le giuste
distanze da Deleuze. Il suo pensiero pare respingere oppure inghiottire
coloro che vi si avvicinano, divorando ogni intervallo, smangiando i
margini di qualsiasi distanza critica [...] O abbandonarsi al ritornello, o
lasciare cadere nel vuoto le sue provocazioni.”5. A nostro avviso esiste
anche una terza via che è quella di entrare in consonanza con il ‘ritmo’ del
ritornello deleuziano, cioè con le sue costruzioni filosofiche che come un
ritornello (al modo in cui Deleuze lo intende), non rimandano tanto a una
significazione precisa, in un ambito teorico determinato, quanto alla
possibilità di essere espressive di sensi molteplici nei registri esplicativi
più disparati.
E’ necessario pertanto costruirsi un proprio ‘apparato di cattura’
che consenta di affrontare le asperità del suo pensiero ed entrare in
consonanza con il ritmo dello stesso, lasciandosi trascinare nelle sue
derive teoriche senza la fretta di chiarire tutto subito ma nello stesso
tempo esplicitando, volta per volta e con rigore, cosa si deve ancora
delineare per comprendere l’effettiva portata di un concetto o di un
termine della sua filosofia. Questa necessità risulterà altresì confermata nel
progressivo svilupparsi del pensiero della virtualità, caratterizzato da
4
Ivi, p. 336.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
10
continui spostamenti ed ecceità, dove le identità dei termini in gioco sono
sempre trasmutate le une nelle altre e i concetti sempre fittamente
intramati.
Tornando al caso specifico della doppia opposizione tra virtuale-
attuale e possibile-reale, prima indicata, non si può comprenderne a
fondo la valenza filosofica senza tenere conto del fatto che queste
lavorano su registri teorici differenti, su strati diversi.
Possibile e reale agiscono su di uno strato esplicativo ancorato ad
una metafisica del reale per cui livello teorico astratto e livello concreto
fattuale sono ancora ben distinti, mentre virtuale e attuale agiscono su di
un piano teorico nel quale la precedente demarcazione non ha più
influenza. In una prospettiva di questo genere, in cui il concetto ‘forte’ di
realtà è dissolto in una proliferazione differenziale di simulacri, Deleuze
può affermare che: “ogni attuale si circonda di una nebbia di immagini
virtuali [...] ogni attuale si circonda di cerchi di virtualità sempre rinnovati,
ciascuno dei quali ne emette un altro e tutti circondano e reagiscono
sull’attuale”6.
La nozione di realtà del senso comune caratterizzata da una presenza
semplice, colta dal soggetto in una percezione speculare, dissolve e si
riorganizza in una prospettiva di maggiore complessità, non è più pertanto
il fondo stabile a cui arrivare, ma si costruisce progressivamente in
funzione dell’articolazione di tale circuito virtuale-attuale.
Nell’ottica del pensiero della virtualità, che Deleuze sviluppa, non
esiste più un punto di vista privilegiato dal quale la conoscenza prende
avvio , non abbiamo più un soggetto che si rivolge ad un oggetto bensì
una molteplicità di piani che tagliano sia l’uno che l’altro sezionando la
5
Tarizzo Davide, L’anima in fuga Deleuze e il piano psichico, in “aut aut” n°276, 1996, p. 127.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
11
loro identità unitaria in una pluralità di strati, che sono altrettanti registri
esplicativi di ordini eterogenei, ad esempio fisiologico, semiotico,
economico e che dissolvono pertanto l’unità iniziale in una pluralità
complessamente articolata di concatenamenti fittamente intramati che
nulla più hanno a che fare con la tradizionale opposizione tra soggetto e
oggetto.
Il circuito che Deleuze delinea tra virtuale e attuale non è quello di
una dualità rigida (come invece avviene nell’opposizione possibile-reale)
ma si sviluppa in una costante copresenza di entrambi i termini, l’attuale si
determina in un processo di individuazione in un punto singolare della
complessa nebulosa virtuale, senza che questa individuazione sia mai
riducibile a un individualità e singolarità stabile e definitiva. Ogni processo
di individuazione si svolge sempre su di un “piano di immanenza che
comprende contemporaneamente il virtuale e la sua attualizzazione, senza
che tra i due possa esservi limite assegnabile”7. Il virtuale poi ci dice
Deleuze, coincide con le stesse “singolarità che lo ritagliano sul piano di
immanenza”8 che a sua volta è una sorta di ‘doppio’ concettuale del
complesso virtuale:
il piano di immanenza contiene contemporaneamente
l’attualizzazione come rapporto del virtuale con altri termini e anche
l’attuale come termine con cui il virtuale si scambia. In ogni caso, il
rapporto tra l’attuale e il virtuale non è quello che può essere stabilito
tra due attuali. Gli attuali implicano individui già costituiti e
determinazioni per punti ordinari; mentre il rapporto tra l’attuale e il
virtuale forma un’individuazione in atto o una singolarizzazione per
punti notevoli da determinare caso per caso.9
6
Deleuze Gilles, L’attuale e il virtuale, in “aut aut” n°276, 1996, p.26.
7
Ivi, p. 27.
8
Ibidem.
9
Ivi, p. 29.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
12
Il piano di immanenza è pertanto il luogo di sviluppo delle
molteplicità complesse che costituiscono la filosofia di Deleuze, ma non è
un ricettacolo antecedente a queste, che le accoglie passivamente, si
costruisce bensì progressivamente in consonanza con il loro sviluppo. Il
termine molteplicità indica una delle peculiarità essenziali della virtualità,
esplicitandone quel carattere di pluralità mai completamente determinabile
e sistematizzabile che ne fa il presupposto della concezione complessa
del reale attorno al quale ruota la filosofia di Deleuze.
Il nostro autore mutua il concetto di molteplic ità da Reiman e scrive
che questi “definiva le cose come molteplicità determinabili in funzione
delle loro dimensioni o delle loro variabili indipendenti”10e distingueva
molteplicità discrete aventi la caratteristica “di contenere il principio della
loro misura”11 e molteplicità continue che “trovavano un principio di
misura almeno nei fenomeni che in esse si sviluppavano”12. Deleuze
utilizza poi il termine molteplicità come ‘cursore’ per inserirsi nelle
articolazioni teoriche bergsoniane, leggere i concetti che questi sviluppa e,
mediante una vera e propria cattura, li porta ad agire sul proprio piano
teorico in cui questi mutano identità senza per questo tradire il loro luogo
di origine.
Deleuze afferma che Bergson trasforma profondamente il senso
della distinzione reimaniana precedentemente indicata, connettendo le
molteplicità continue al campo della durata che per Bergson assume il
compito teorico di indicare una temporalità non legata a una successione
lineare di istanti separati e non permeabili, per rimandare invece alla
10
Deleuze Gilles, Il bergsonismo , Milano, Feltrinelli, 1983, p. 33.
11
Ibidem.
12
Ibidem.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
13
temporalità propria degli stati del vissuto che si presentano fusi l’uno
nell’altro e non reversibili, come invece accade nella prima forma di
successione temporale. La durata non è il sovrapporsi di un istante ad un
altro, bensì il “progredire del passato che rode l’avvenire e ingrossa man
mano che avanza”13. Essa si determina come copresenza dei diversi
istanti fusi l’uno all’altro, è pertanto a tutti gli effetti una molteplicità che
non può essere ridotta all’indivisibile o al non misurabile ma che è
piuttosto proprio ciò che “si divide solo cambiando natura che si lascia
misurare solo variando principio di misura in ogni momento della
divisione”14. Per Deleuze quindi all’interno del pensiero bergsoniano
emergono due tipi di molteplicità, di cui una è quantitativa ha la peculiarità
di dividersi in differenze di grado e in tale processo non cambia la propria
natura. Tale molteplicità è in Bergson identificabile con la temporalità
scientifica, in cui gli istanti sono l’uno esterno all’altro e si succedono su
una linea orientata15.
In questo senso l’oggetto sarà una molteplicità numerica infatti “il
numero e prima ancora l’unità aritmetica stessa sono il modello di ciò che
si divide senza cambiare natura e questo equivale a dire che il numero ha
solo differenze di grado e che in esso le differenze realizzate o no sono
sempre attuali”16. L’altra molteplicità è qualitativa, è la durata che si divide
e non smette mai di farlo ma non lo fa senza cambiare anche natura17.
13
Bergson Henri, L’evoluzione creatrice, Milano, Fratelli Fabbri Editori, 1966, p. 48.
14
Deleuze Gilles, Il bergsonismo, cit., p. 35.
15
Cfr., Bergson Henri, L’evoluzione creatrice, cit., cap. IV.
16
Deleuze Gilles, Il bergsonismo , cit., p. 35.
17
Tale doppia natura della molteplicità emerge chiaramente in Bergson che ne sviluppa una amp ia
trattazione tematica nel Saggio sui dati immediati della coscienza, in cui si inizia anche a delineare il
rapporto tra questa ed il concetto di durata. Bergson in proposito determina appunto la durata come
“una molteplicità qualitativa, senza somiglianza con il numero, uno sviluppo organico che tuttavia non
è una quantità crescente, un’eterogeneità pura entro cui non vi sono qualità distinte. In breve i momenti
della durata non sono esterni gli uni agli altri.” (Bergson Henri, Saggio sui dati immediati della
coscienza , in Opere 1889-1896, Milano, Mondadori, 1986, p. 131).
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
14
Deleuze assimila nella sua lettura di Bergson la durata al virtuale “in
quanto si attualizza e sul punto di attualizzarsi inseparabile dal movimento
della sua attualizzazione. L’attualizzazione infatti si compie per
differenziazione, per linee divergenti e con il suo movimento proprio crea
altrettante differenze di natura.”18. La durata bergsoniana emerge e lavora
così, non solo come personaggio concettuale con il quale Deleuze è in
debito per la genesi e la caratterizzazione del virtuale ma anche come
luogo teorico che viene ‘deterrritorializzato’ e ‘riterritorializzato’ alla luce
di questo; diviene uno dei ‘doppi’ concettuali del virtuale. Deleuze ci dice
che la durata è sì successione reale ma solo perché più profondamente è
coesistenza virtuale19, appunto la coesistenza virtuale degli istanti fusi
l’uno nell’altro prima indicata. Egli rileva altresì come questa nozione di
molteplicità virtuale in continua metamorfosi, già nel pensiero di Bergson
sia posta al riparo dal pericolo di essere pensata dialetticamente come
antitesi che si contrappone all’unità e che è infine riassorbita nella
generalità del concetto da un colpo di mano del pensiero astraente20. In
Bergson quindi, la molteplicità è un termine positivo e autosufficiente,
appunto perché non concepito in relazione ad un unità superiore che la
ricomprende, sistematizzandola e addomesticandola alle necessità
rappresentative del pensiero.
Bergson è per Deleuze un referente essenziale nella genesi del suo
pensiero della virtualità, è infatti proprio in esso che inizia a svilupparsi
quella attenzione teorica attorno ai concetti di possibile e reale, il cui
approfondimento porterà poi all’impossibilità di assimilare ed utilizzare
come sinonimi i termini possibile e virtuale. A tale proposito Bergson
18
Deleuze Gilles, Il bergsonismo , cit., p. 36.
19
Cfr., p. 54
20
Cfr., p. 38.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
15
critica l’idea per cui si ritiene che il possibile sia meno del reale, e che per
questo motivo la possibilità delle cose preceda la loro esistenza. In tale
prospettiva, il possibile non è che il reale con in più un atto dello spirito
che una volta che la realtà si è determinata ne rigetta l’immagine nel
passato21, creando così quello che Deleuze chiama il corrispettivo
immateriale già tutto determinato, di cui abbiamo precedentemente
trattato.
Il concetto di virtuale è legato a doppio filo in Bergson oltre che a
quello di durata a quello di memoria, ed è proprio nella determinazione di
questa come di una durata produttiva e non come un ricettacolo passivo
delle percezioni, che emerge in tutta la sua portata deflagrante per le
posizioni del pensiero rappresentativo. Il virtuale è la natura di una
memoria complessa che non si riduce ad un deposito passivo di
percezioni tramutate semplicemente in immagini-ricordo. Essa articola al
contrario un circuito in cui la distinzione tra un soggetto conoscente ed
un oggetto esterno conosciuto è dissolta.
Per Bergson né il ricordo puro, cioè l’idea, né l’immagine- ricordo,
cioè quello che la memoria conserva della percezione originaria, né infine
la percezione che metterebbe direttamente a contatto il conoscente con il
conosciuto, sono determinabili ed esistenti isolatamente in un rapporto di
causazione lineare orientata. La percezione è infatti impregnata di
immagini-ricordo che la orientano e la completano interpretandola, ed il
ricordo puro stesso si manifesta solo nelle immagini determinate che lo
rivelano22.
21
Cfr., Bergson Henri, Il possibile e il reale, in “aut aut” n° 204, 1984, p. 9, in tale luogo ancora i due
termini possibile e virtuale sono usati come sinonimi ma già si prefigura quella posizione di pensiero che
porterà poi alla possibilità di avvicinare la durata bergsoniana al campo virtuale complesso di Deleuze.
22
Cfr., Bergson Henri, Materia e memoria, in Opere 1889-1896, Milano, Mondadori, 1986, p. 244
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
16
Il ricordo per Bergson emerge come l’attualizzazione del complesso
campo di virtualità costituito dalla memoria, in cui gli elementi non sono
giustapposti ma in stato di fusione e confusione reciproca. Il ricordo
puro si esplica pertanto in questo stato virtuale della memoria che “non
consiste in una regressione dal presente al passato ma al contrario in una
progressione dal passato al presente”23. Per Bergson ci collochiamo
immediatamente nel passato, partiamo da questo ‘stato virtuale’ che si
attualizza progressivamente attraverso una serie di piani di coscienza fino
a una percezione attuale, sino allo stato presente e agente della nostra
coscienza in cui si delinea il nostro corpo.
La memoria come dice lo stesso Bergson cessa di indicare una
dimensione psicologica per assumere una portata metafisica24. E’
appunto l’emergere di tale visione che interessa Deleuze, e che quindi
riprende come presupposto fondamentale per sviluppare ulteriormente
l’indagine sulla dimensione del virtuale nel pensiero. Abbiamo visto infatti
come una volta connotata come stato virtuale, la memoria non è più
riducibile ad una dimensione psicologica soggettiva che si pone
frontalmente ad una realtà esterna, di cui progressivamente conserva le
impressioni. Caratterizzandosi questa come copresenza virtuale dei
diversi istanti, percezioni, immagini-ricordo viene meno la possibilità di
determinare in modo definitivo un ‘dentro’ del ricordo ed un ‘fuori’ della
realtà.
La memoria va a coincidere con un piano in cui i fenomeni
coesistono virtualmente, immanenti l’uno all’altro e si determina come una
vera e propria istanza metafisica del virtuale che sostituisce la precedente
connotazione, altrettanto metafisica, ma presupponente un reale di cui
23
Ivi, p. 326.
Virtualità del reale e pensiero nomade in Gilles Deleuze
17
avrebbe dovuto conservare l’immagine e in ultima analisi mai coglibile in
una prensione definitiva. Il guadagno fondamentale in questa analisi sulla
filosofia bergsoniana si gioca soprattutto sull’emergere di quest’ultimo
clivaggio tra memoria, metafisica e virtualità. Deleuze scorge il presentarsi
di tale stretta parentela tra virtualità e metafisica fornendo così la prima
emergenza di quell’assonanza attorno alla quale mostreremo svilupparsi il
rigoglio della filosofia deleuziana. Abbiamo in questo primo paragrafo
realizzato una prima escursione nella concettualità di Deleuze e osservato
alcuni dei suoi elementi. L’escursione è stata breve ma è necessario non
disperdere energie per raggiungere mete a cui è più opportuno arrivare
per altre vie. Questo vale soprattutto per ciò che concerne il territorio
filosofico deleuziano che muta il suo paesaggio e l’articolazione delle sue
strade ogni qual volta cambiamo il punto di accesso, e a maggior ragione,
vale nel tentativo di indicare i termini di una dimensione virtuale del
pensiero che fa della problematicità sempre aperta una delle sue note
essenziali.
24
Cfr., p. 325