Introduzione
L'immagine di Virginia Woolf ha sempre destato curiosità ed interesse,
oggi, in particolare, la sua figura è ispirazione per molti, sia che ci si rifaccia a lei
come punto di riferimento del movimento lesbico e di quello femminista, sia che
la si guardi come esponente del modernismo letterario.
Mostre espositive ripropongono le foto che l'hanno consacrata come icona,
libri traggono ispirazione dai suoi personaggi più celebri e dalla sua stessa vita,
persino i film cercano di rievocare la sua immagine per farla vivere sul grande
schermo.
Tutto ciò ha contribuito da un lato a mantenere vivo l'interesse nei suoi
confronti, dall'altro, però, ha enfatizzato maggiormente solo alcuni degli aspetti
che hanno permesso a Virginia Woolf di distinguersi in campi quali la narrativa,
la critica letteraria, l'impegno sociale a favore delle donne e politico contro la
guerra.
Perché, dunque, oggi Virginia Woolf appare al grande pubblico quasi
esclusivamente come una donna contorta, dalla sessualità ambigua,
psicologicamente instabile? Come mai la sua sessualità e la sua malattia destano
cosi tanto interesse? Cosa c'è dietro alla domanda " Chi ha paura di Virginia
Woolf?"?
Scopo di questa tesi è analizzare~ attraverso lo studio della vita della
scrittrice e dei testi che oggi ne ripropongono l'immagine, il modo in cui la sua
personalità viene interpretata in epoca postmoderna, quali aspetti vengono
privilegiati e perché.
La tesi è strutturata in due parti, la prima si concentra sugli elementi
biografici più caratterizzanti del personaggio, anche in riferimento alle opere
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dell'autrice; la seconda, invece, si focalizza principalmente sull'immagine di
Virginia Woolf che viene fatta circolare attraverso i mass media e le opere che si
ispirano alla scrittrice inglese.
Vengono presi in considerazione elementi eterogenei, dalle biografie
dell'autrice, alle opere della stessa, assieme ad una varietà di testi, documenti ed
immagini, fino ad arrivare ai gadget che riproducono la sua immagine (tazze da tè,
segnalibro, etc). Tutto ciò può essere utile per capire da quale punto di vista viene
osservata e su quali elementi si è concentrato e si concentra l'interesse per questa
figura di spicco del panorama letterario inglese.
Una focalizzazione ancora più particolareggiata avrà per oggetto il modo
in cui la vita di Virginia Woolf è stata recepita in Italia ed in che modo il nostro
Paese si è ispirato e relazionato ad essa.
Di particolare rilevanza sono la nascita, nel 1979 a Roma, di un centro che
si occupa di indagare il rapporto delle donne con la cultura.
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I. Una vita tormentata
Virginia Adeline Stephen nacque nel 1882. Durante la sua vita non solo si
affermò come scrittrice, sia nel suo Paese che all'estero, ma si interessò anche ai
problemi politici e sociali del suo tempo, analizzando criticamente quanto
accadeva in quegli anni (dallo scoppio delle guerre mondiali ai problemi delle
donne operaie) e continua a rappresentare a tutt'oggi un punto di riferimento sia a
livello letterario che come icona del movimento femminista e di quello lesbico.
Di Virginia Stephen non è importante solo la vita, ma anche il modo in cui
la scrittrice pose fine alla sua esistenza. Virginia Woolf - è con il cognome da
sposata che firmò le sue opere- si alzò una mattina fredda e luminosa di inizio
primavera, era il 28 marzo 1941, andò nel suo studio e scrisse due lettere, una per
il marito ed una per la sorella. In questi messaggi spiegava di sentire che la
malattia stava per arrivare di nuovo e che lei non ce l'avrebbe fatta a guarire
questa volta. Poi uscì e si diresse verso il fiume Ouse, il cui corso delimita la
proprietà di Monlò House, a Rodmell, piccolo villaggio del Sussex dove i Woolf
vivevano in quel periodo. Arrivò al torrente, posò il suo bastone sulla riva, infilò
una grossa pietra in tasca e si immerse in acqua.
Una fine così tragica presuppone un'esistenza piuttosto travagliata ed una
personalità complessa.
L'autore americano Michael Cunningham esprime un'ipotesi condivisibile
in riferimento alla focalizzazione dell'interesse verso alcuni momenti particolari
della vita di Virginia Woolf. Egli sostiene, infatti, che " non si sente mai parlare
della 'vita tormentata' di Kafka a scapito della comprensione del suo lavoro
letterario. Che vi sia una sottile discriminazione sessuale?"
1
.
I
F. Mannoni, intervista a M. Cunningham," Donne allo specchio", Il Giornale di Brescia, 23/ 02/
2003, pag. 33.
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Sicuramente la considerazione di Cunningham non è del tutto
ingiustificata, ma l'attuale interesse verso alcune caratteristiche di Woolf piuttosto
che altre, potrebbe ricondursi al fatto che alcune di queste (come l'omosessualità e
l'interesse per i temi sociali) potrebbero essere percepite come più vicine alle
problematiche della società contemporanea.
Inoltre, il suo interesse per la condizione femminile di quegli anni e gli
scritti da esso derivati, hanno contribuito, dopo la sua morte, a far sì che Woolf
venisse identificata principalmente come una scrittrice femminista, omosessuale,
di sinistra, che aveva posto fine alla sua malattia mentale attraverso il suicidio.
II. La malattia
Molti autori si sono interessati alla vita di Virginia Woolf e molte biografie
sono state scritte
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; si è scelto qui di metterne a confronto due molto lontane tra
loro. Una è la biografia scritta da Nadia Fusini, studiosa e traduttrice di Virginia
Woolf, uscita nel 20063. Non si tratta di una biografia nell'accezione letterale del
termine, come osserva Citati:
Il libro della Fusini è invece simile ad un'azione scenica con due personaggi,
e un coro silenzioso. Il primo personaggio è lei, la Fusini, che non vuole
nascondersi né cambiare il proprio timbro.
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L'altra biografia che si prenderà in considerazione è quella pubblicata nel
1972 e scritta da Quentin Bell, uno dei nipoti della stessa Woolf
5
. É un'opera
molto vasta, che abbraccia, seguendo la cronologia degli avvenimenti, tutta la vita
dell'autrice. E comprende anche lettere e pagine dei suoi diari.
2
L. Gordon, Virginia Woolf: a Writer's Life, New York, Norton, 1984; H. Lee, Virginia Woolf,
New York, Knopf, 1997; J. Dunn, A very Close Conspiracy: Vanessa Beli and Virginia Woolf,
Boston, Little, Brown, 1990; P. Reid, Art and Affection: A /ife of Virginia Woolf, New York;
Oxford UP, 1996; M. Leaska, Granite and Rainbow: The Hidden Life o/Virginia Woolf, New
York, Farrar, Straus, Giroux, 1998; J. Briggs, Virginia Woolf- An lnner Life, London, Penguin,
2005; S. Campesan, Virginia Woolf. Itinerario Biografico, Mirano (VE), EIDOS, 1987; M.
Pawlowski e L. Giachero, Virginia Woolf e il Fascismo, Milano, Selene, 2004; L. Rampello,
Virginia Woolf fra i suoi contemporanei, Firenze, Alinea, 2004; V. Curtis, Virginia Woolf e le sue
amiche, Milano, La Tartaruga, 2005; B. Masini, Per amore delle parole. Vita e Passioni di
Virginia Woolf, Torino, EL, 2005; L. Rampello, Il Canto del Mondo Reale. Virginia Woolf, la vita
nella scrittura Milano, n Saggiatore, 2005
~ N. Fusirri, Possiedo la mia anima, il segreto di Virginia Woolf, Milano, Mondadori, 2006
5
P. Citati "Virginia e le tenebre', La Repubblica 13/4/2006, pag. 57
<?· BeU, Virginia Woo(f- a biography, London, Hogarth Press, 1972, trad. It. M. Papi, Garzanti,
Mila.no 1974
9
Da entrambe le biografie, ma soprattutto dalla pnma, emerge con
chiarezza il carattere estremamente gioviale di Virginia Woolf.
Se grazie a certe fotografie che la rappresentano pallida, esangue,
aristocratica, il volto angelicato da cammeo vittoriano, si è imposta
an'immagi.ne di Virginfa lriste, seria malinconica, testimonianze credibili ci
confermano che fu una donna spiritosa, ironica a cui piaceva ridere.
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Sebbene fosse una donna molto timida, si rese complice di numerosi ed
eclatanti scherzi per uno dei quali si travestì addirittura da africana.
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Si trattava senza dubbio di una donna con una complessa personalità, che
ha avuto una vita fortemente caratterizzata dalla sua provenienza familiare e
sociale e le sue esperienze in questo senso sono state di ispirazione per la
creazione delle sue opere più celebri in campo sociale e politico come A Room of
One 's Own e Three Guineas.
Per quanto riguarda la malattia mentale della scrittrice, le diagnosi che
allora furono fatte parlarono genericamente di " nevrastenia"
8
. Questo termine
veniva utilizzato all'epoca per indicare qualsiasi tipo di malattia mentale che non
degenerasse in follia.
Si potrebbe ipotizzare che Virginia Woolf soffrisse,
come oggi si dice con minore eleganza, di psicosi maniaco- depressiva. Ora
la mania la trasportava verso l'alto, il fuoco, l'euforia, il fiammante color
rosso: ora la rinchiudeva dentro un carcere oscuro.
9
~ N. rusitù, Op. Cit. pag. 190
8
lvi pag. 63
9
lvi pag. 97
P. Citati, Op. Cit., pag. 53
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Furono fatte varie interpretazioni ed alcuni medici parlarono di ereditarietà
nelle crisi che periodicamente la colpirono a partire dalla morte della madre, ma la
situazione fu aggravata anche dai lutti familiari che la segnarono sin dalla tenera
età.
In effetti, tra le fronde dell'albero genealogico, baluginavano i segni di un
temperamento tumultuoso che portò in alcuni casi al delirio, in altri alla
depressione. Quanto a sé, Virginia proclamò:" Mi ha salvato la pazzia".
Se nel suo caso la "pazzia" fosse intimamente connessa al temperamento
artistico [ ... ] non lo so e non ci giurerei. '
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La perdita della madre a soli 13 anni, ma soprattutto la situazione familiare
che si venne a creare in seguito a questo lutto, misero duramente alla prova tutti i
fratelli, Virginia in primis. Il padre non era preparato alla perdita della giovane
moglie e non riuscì a dare sostegno ai figli, ma cadde in uno stato di totale
disperazione che avvolse tutta la casa ed i suoi abitanti.
Altro elemento da tenere in considerazione è l'attenzione morbosa di cui
furono oggetto Virginia e la sorella maggiore Vanessa da parte di uno dei
fratellastri, George Duckworth, dopo la morte della madre.
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Come racconta Quentin Bell,
George Duckworth era il fratello modello. [ ... ] La sua devozione alle
sorellastre era esemplare. Faceva loro doni, si dava da fare indefessamente
per combinare ricevimenti, festicciole, escursioni[ ... ]
Dopo la morte della madre, la sua gentilezza non conobbe limiti.[ ... ]
N. Fusini, Op. Cit., pag. 91
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