Introduzione Nella storia del nostro Paese il fenomeno della violenza verso le donne è stato
sempre tanto ricorrente, quanto sottovalutato e sommerso.
La violenza sulle donne è un problema, meglio definibile con il termine
fenomeno criminale, ancora oggi non adeguatamente riconosciuto e denunciato
come tale, così come confermato dai vari studi condotti dall'Organizzazione
Mondiale della Sanità e da altre organizzazioni, che contrastano la violenza.
Nel corso del tempo e della storia delle civiltà la violenza di genere è stata
considerata in base alla differente concezione delle relazioni sessuate nei vari
contesti sociali e giuridici di riferimento.
La reazione di una società alla violenza nei confronti delle donne simboleggia
un grande specchio, grazie al quale si può comprendere il modo in cui essa
interpreta i rapporti di interazione tra donne ed uomini e i loro comportamenti.
Il quadro normativo approvato ed emanato e la sua interpretazione riflettono
conseguentemente i processi socio-culturali, che fanno da sfondo al fenomeno
della violenza di genere.
Per esempio, in Italia solamente nel 1975 si ottenne la riforma del diritto di
famiglia e l'abolizione del vecchio sistema patriarcale rispetto ad altri Paesi
europei e non, che avevano riconosciuto la parità coniugale molto tempo prima.
Attraverso la conoscenza delle norme, che regolano il vivere civile, si può
comprendere appieno il percorso giuridico, sociale e politico fatto da uno Stato
in nome dell'uguaglianza tra i suoi cittadini.
Per secoli la condizione di subalternità e di violenza della donna italiana è stata
invisibile, senza nome, in quanto avveniva nell'ombra e coincideva con i valori
1
dominanti, le tradizioni e le leggi, ma massicciamente presente nella vita
quotidiana, tanto da essere considerata normale e naturale dalla donna stessa,
che non sovvertiva né l'ordine familiare, né l'ordine sociale.
La violenza sulle donne ha sempre interessato, sia i corpi che i pensieri e, quel
che più grave, è sempre stata indistricabilmente confusa con l'amore.
Amare troppo è un'esperienza molto comune tra le donne che credono, che una
relazione amorosa debba essere per forza sofferenza, paura di non essere
degne di amore, paura di essere ignorate, abbandonate o annichilite.
La donna, vittima di violenza, crede che il suo non sia un problema così
tremendo, anche se si commuove per la situazione di altre donne che, secondo
lei, hanno dei “veri problemi”.
La donna, nel corso del tempo, risvegliandosi dal sonno stregato dell'inferiorità,
ha cercato di operare nella propria vita una rivoluzione, che non ha conosciuto
soste né inabissamenti, avanzando quasi impercettibile nel quotidiano, ha
strappato piccoli spazi di libertà, è uscita dalle case e ha minato
sotterraneamente la rigida divisione del lavoro, su cui si sono costruite le
istituzioni della vita pubblica, i suoi saperi e le sue leggi.
L'emancipazione della donna, della sua sessualità e del suo corpo non possono
essere solo l'uscita dalla marginalità e la conquista di una cittadinanza piena,
perché l'ambiziosa liberazione deve avere la capacità di sradicare, di intaccare i
modelli di obbedienza, incorporati insieme agli affetti più intimi, ed i rapporti
sociali di sfruttamento, nei quali sono ancorati i pregiudizi socio-culturali, le
ragioni profonde , che mantengono la donna nel gradino più basso rispetto
all'uomo.
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Per tale motivo ho voluto che la mia tesi di laurea ripercorresse il lungo
cammino verso i diritti della donna italiana, mettendo in evidenza le varie
tipologie di violenza di genere: un filo comune tra la donna di ieri e la donna di
oggi.
Il primo capitolo è stato, quindi, dedicato ad approfondire gli aspetti legati al
sofferto raggiungimento della parità giuridica, che la donna ottenne nel lontano
2 giugno 1946, ripercorrendo le fasi della questione femminile e dei pregiudizi
socio-culturali ad essa connessi dall'Unità d'Italia fino ai nostri tempi.
La donna raggiunse la sospirata emancipazione e l'uguaglianza giuridica con
l'uomo grazie alla volontà di rinnovamento di una ristretta parte della società,
che non accettava più la non -condizione politica, giuridica e sociale della
donna.
La rivoluzione femminile ha minato il sistema patriarcale e maschilista in difesa
delle donne, ha apportato nuovi input per la trasformazione delle leggi contro la
violenza di genere.
Nel secondo capitolo, invece, ho trattato le varie tipologie di violenza (stalking,
molestie sessuali sul lavoro, violenza intrafamiliare, etc.), che producono sia
danni fisici, psicologici e sessuali che privazioni arbitrarie delle libertà nella vita
pubblica e nella vita privata della donna, così compromettenti per la sua salute,
la dignità, la sicurezza e l'autonomia.
Nelle città del nostro Paese molte donne non si sentono sicure, ad un certo
punto della loro vita si sono ritrovate ad affrontare violenze, solo a causa del
genere cui appartengono, senza alcuna differenza in merito al reddito, alla
classe sociale ed alla cultura.
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Donne istruite o no, lavoratrici o casalinghe, giovani o anziane e persino
bambine sovente sono sottoposte ad atroci violenze.
La violenza fisica, sessuale e psicologica può essere un aspetto quotidiano dei
rapporti intrattenuti dalle donne nella famiglia in cui vivono, sui mezzi pubblici, a
scuola, nelle università, negli ospedali e in altre istituzioni sociali.
Purtroppo sono pochi gli episodi di violenza denunciati, perché le donne
tendono a provare vergogna, senso di colpa e mancanza di fiducia nella legge.
C'è un vero e proprio femminicidio contro il quale non si deve mai abbassare la
guardia, vi è una mentalità pregiudizievole e stereotipata nei confronti della
donna, vista come prima, forse l'unica responsabile della violenza.
Nella maggior parte dei casi le donne sono vittime di violenza per mano
maschile ed incuriosita dall'universo maschile, ho deciso di trattare nel terzo
capitolo il loro punto di vista per capire se oltre all'aggressività, all'istinto ed alla
violenza esso possa offrire qualcosa di più in nome del rispetto verso le donne.
Ho ritenuto opportuno, infatti, dedicare un capitolo all'universo maschile , perché
la violenza è una questione, che riguarda innanzitutto gli uomini, quelli che
stuprano, picchiano, umiliano, fino a volte ad uccidere e quelli che lottano con le
donne per modificare i modelli socio-culturali di riferimento.
Suscitare una riflessione globale, che sia femminile, maschile e politica, è
necessaria per produrre pratiche capaci di cambiare o di tentare di modificare
comportamenti, modi di pensare se stessi e il mondo, costruendo una nuova
identità di uomini slegata dai pregiudizi.
Ho invece dedicato il quarto capitolo alla costituzione della Rete Antiviolenza sul
territorio di Agrigento, comprendendo che, oltre all'empowerment della vittima di
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violenza, deve essere presente anche una rete antiviolenza, che faciliti la donna
ad uscire dal circuito della violenza.
Ipotizzando, oltre ai servizi già presenti nella rete, l'inserimento della lega
imprenditoriale femminile agrigentina, che attraverso l'attivazione di stage
lavorativi, potrebbe divenire un incentivo in più per la donna, che decide di
intraprendere il difficile percorso di uscita dalla violenza.
Infine ho ritenuto opportuno rappresentare nel quinto ed ultimo capitolo della
mia tesi l'ipotesi di una casa rifugio sul territorio agrigentino.
Il progetto ha come finalità il sostegno all'autonomia di donne in uscita da
situazioni di violenza.
La casa rifugio diventa uno spazio, nel quale le donne, spesso coi loro figli,
possono trovare ascolto, accoglienza, sostegno, riconoscimento del proprio
valore e della propria identità per prepararsi, attraverso il confronto e il sostegno
reciproco con altre donne, al ritorno alla vita di tutti i giorni senza violenza.
Dedico questo mio piccolo lavoro alla mia grande ed accogliente famiglia, e
ringrazio di cuore la mia relatrice per quello che mi ha insegnato e fatto
conoscere con infinita umiltà e modestia.
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1° Capitolo Lo squilibrio dei poteri tra uomo e donna: ragioni
storiche e pregiudizi culturali "La donna, insomma, è in un certo modo verso l ’uomo ciò che è il vegetale
verso l ’animale, o la pianta parassita
verso quella che si regge
e si sostenta da sé".
Gioberti
1.1 Il primo Codice civile italiano del 1865: le correnti di pensiero e le
contraddizioni sulla questione femminile
Il codice civile italiano è stato influenzato da due differenti concezioni della
famiglia e della donna: l'una radicata “indissolubilmente” nei costumi e nelle
tradizioni del passato, l'altra ispirata alle idee illuministiche nate per diffondere i
principi dell'uguaglianza e della democrazia.
I principi normativi, che regolavano la vita sociale e giuridica della donna
italiana prima del nuovo Codice Civile del 1865, rispecchiavano il diritto romano
e le consuetudini apportate dalle civiltà germaniche.
Nel diritto romano la donna, sin dalla sua nascita, era subordinata al potere
assoluto esercitato dal padre, dal fratello o dal marito ed era esclusa dalle
cariche e dagli onori nell' ambito del diritto pubblico.
1
1 Sarogni E., La donna Italiana, Net, Milano 2004
6
Nella sua opera “ Sulla nobiltà ed eccellenza del sesso femminile” Cornelio
Agrippa sosteneva, che la donna era una schiava, un'incapace essere
consegnato nelle mani di un marito, utile per la moltiplicazione della specie.
La concezione giuridica della subalternità di genere presente nel diritto romano
si poteva riscontrare anche nelle consuetudini germaniche, ove la donna
costituiva un “valore” utile per la risoluzione delle faide tra le famiglie .
Il “mundoaldo”, detentore del potere denominato “mundium”, poteva essere uno
dei membri maschili della famiglia ed aveva il diritto di intervenire in tutti gli
affari della donna, di ucciderla se si fosse unita in matrimonio con un servo o se
avesse commesso adulterio o di accusarla eventualmente di stregoneria.
2
Per atavici pregiudizi e per ragioni socio-economiche la donna, di ieri, era vista
come “l'immagine riflessa dell' uomo”, subordinata al volere patriarcale.
L' emancipazione era sconosciuta tanto alle donne dei ceti più umili quanto a
quelle dei ceti più alti della società, che non credevano né nel riconoscimento,
né nell'autonomia della loro personalità giuridica.
Di fronte ad una situazione socio-politica, in cui la donna subiva considerevoli
limitazioni, la dottrina ecclesiastica fu, anche se solo in parte, più rispettosa
delle scienze giuridiche, non dimenticando la “caccia alle streghe”, che una
moltitudine di donne subì ad opera della chiesa durante il Medioevo.
Per la costituzione di un valido matrimonio, la Chiesa riteneva come requisito
saliente la volontà degli sposi, anche se essi appartenevano a ranghi diversi,
disapprovando l'intromissione paterna per il matrimonio della figlia.
Pur con il passare del tempo, con l'avvento dell'Umanesimo e del
2 Sarogni E., La Donna Italiana, Net, Milano 2004
7
Rinascimento, portatori di enormi trasformazioni politiche ed economiche la
condizione giuridica della donna non registrava un effettivo miglioramento.
Solo l'Illuminismo evidenziò l'importanza del ruolo della famiglia, che doveva
essere slegata dagli interessi politici ed economici, che l'avevano tramutata in
un teatro di complotti e baratti.
La famiglia doveva essere una “comunità di affetti e di uguaglianza”, ma le
costituzioni ottocentesche italiane non ambivano a trasformarla ed a modificare
la condizione giuridica della donna; a differenza dei contesti europei, in cui vi
era un' effimera ebbrezza trasformista in merito al concetto di volontà e di
libertà della donna, che poneva le basi alla formazione di una coscienza
femminista a carattere internazionale.
3
Sul piano internazionale molte femministe contribuirono al mutamento della
condizione di inferiorità della donna, come Olimpe de Gouges , autrice della
“Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina”.
La sua opera ricalcava la famosa " Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del
cittadino ", che stabiliva i diritti inalienabili e sacri dell’uomo, anticipando le
rivendicazioni femministe ed auspicando una società senza patriarcato.
4
Infatti la de Gouges comprendeva, che i grandi principi ed i diritti dichiarati dalla
Rivoluzione Francese con la proclamazione della Costituzione Repubblicana,
istituita il 10 agosto 1793 , si arrestavano alle frontiere del sesso.
Il suo motto in nome delle donne era: “ La donna se ha il diritto di salire sul
patibolo, deve avere egualmente il diritto di salire sulla tribuna ”.
Olimpe de Gouges veniva ghigliottinata il 3 novembre del 1793 ad opera di
3 Sarogni E., La Donna Italiana, Net, Milano 2004
4 www.letteraturaalfemminile.it/olympedegouges.htm 8
Robespierre “per aver dimenticato le virtù che convengono al suo sesso ed
essersi immischiata nelle cose della Repubblica” .
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In Italia la donna continuava a rimanere sottomessa al volere del padre o del
marito senza avere la facoltà di gestire i propri beni e la potestà sui figli.
Questa condizione di subalternità non veniva scalfita neanche dai moti
rivoluzionari del 1848, in qualsiasi posizione la donna si trovasse, figlia o
consorte, era sottomessa al volere dell' uomo, come il suddito a quello del re,
ritenendo che la leggerezza dell' animo femminile non fosse confacente allo
esercizio della patria potestà.
Il potere del padre era una specie di “magistratura domestica” e la sua famiglia
era considerata una monarchia, di cui ne era il sovrano; “ quilibet in domo sua
dicitur rex” , ossia “qualunque uomo nella propria casa poteva considerarsi
come un re ”.
6
Nel 1865 dopo un lungo ed intenso lavoro, frutto della mediazione tra i
conservatori e gli illuministi, l'Italia unita acquisiva il suo Codice Civile, che non
propose miglioramenti per la situazione di disuguaglianza di genere.
Il compromesso tra vecchio e nuovo emergeva dalla relazione del Ministro della
Giustizia Giuseppe Pisanelli , uomo politico di destra che affermava: “ I diritti dei
genitori sulla prole...devono essere euguali per il padre e per la madre, salvo la
preferenza nell'esercizio di essi al padre, finché dura il matrimonio”.
7
Nello specifico l'articolo 131 del primo Codice Civile italiano sanciva che: “il
marito doveva esercitare la patria potestà, in quanto era il capo-famiglia”.
8
5 www.letteraturaalfemminile.it/olympedegouges.htm 6 Sarogni E., La Donna Italiana, Net, Milano 2004, p.15
7 Ibidem , p.17
8 Ivi 9
La situazione rimaneva immutata anche nell'ambito della sfera pubblica, dove la
donna continuava a non avere alcuna possibilità di affermarsi socialmente non
potendo né votare né essere votata, poiché il riconoscimento giuridico-sociale
della donna poteva portare al rammollimento e all'indisciplina dell'intera società.
In una situazione politico-economica così complessa per la affermazione dei
diritti della donna vi furono grandi figure illuminate, come Anna Maria Mozzoni ,
una giovane repubblicana lombarda e un deputato meridionale Salvatore
Morelli , che anticiparono attraverso le loro opere 9
le conquiste ottenute dallo
universo femminile italiano solamente un secolo dopo.
Il riscatto sociale della donna doveva passare attraverso l' istruzione e la parità
sessuale; i diritti elettorali ed il diritto a svolgere qualsiasi professione;
l'uguaglianza tra i coniugi e l'uguale trattamento dell'adulterio.
Queste chimere diventeranno realtà solamente nella seconda metà del XX
secolo, come l'istruzione ritenuta il fondamento supremo di ogni liberazione,
poiché la donna esclusa dal sapere e dalle scienze veniva allontanata
inequivocabilmente dal potere.
La donna del passato era ridotta “a passività assoluta,...orba d'ogni conoscenza
di sé, che è la prima ragione di ogni forza”.
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La donna, “creatura che si vuol fragile come una piuma di cigno, ma...d'una
potenza erculea per affaticar tutto il giorno come l'uomo, e meno di lui
retribuirsi”,
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era l' emblema della debolezza presa a pretesto da chi ne voleva
9 Mozzoni A. M., La donna e i suoi rapporti sociali, Tipografia Sociale, Milano 1864, Introduzione e Morelli
S., La donna e la scienza della soluzione del problema sociale, III ed. riveduta dall'autore, Soc.Tip.
Editrice, Napoli 1869, p.24
10 Mozzoni A. M., La donna e i suoi rapporti sociali, Tipografia Sociale, Milano 1864, p.40
11 Ibidem, p.84
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