3
Introduzione
Il seguente elaborato si pone come principale obiettivo di analizzare la figura di
una realtà paesaggistica di grande rilievo ed il suo influsso sulla cultura legata al
Romanticismo tedesco. Il Reno ha sempre costituito un crocevia di culture, di comunità,
spesso di scontri armati, ma anche di grandi sviluppi commerciali ed industriali, di
correnti letterarie, filosofiche e politiche, punto di incontro e via di collegamento del
pensiero europeo ed in particolare della nazione tedesca. A tal proposito si è ritenuto più
opportuno focalizzarsi su un ben determinato periodo socio-culturale, in modo da poter
restringere il raggio di ricerca e mantenere un tipo di concentrazione più stabile e
proiettata su un singolo arco temporale, che di fatto si presenta con innumerevoli
sfaccettature differenti, in base alle diverse attitudini degli autori e ai tanti nuovi
movimenti culturali. Inoltre non sarebbe stato possibile considerare un passato così esteso
e ricco di eventi come quello relativo al Reno nella sua interezza, in quanto avrebbe
interessato un’area di studio molto più ampia, senza però riuscire ad approfondire
attentamente i diversi dettagli relativi alle opere nel corso dell’indagine. Pertanto
quest’ultima è incentrata sul confronto fra tre opere in particolare, selezionate con cura
nell’immenso panorama della produzione letteraria romantico-renana: i lavori che sono
stati individuati comprendono dunque i Rheinmärchen di Clemens Brentano, la poesia di
Heinrich Heine Lore-ley ed infine, ma per questo non meno rilevante, Das Rheingold di
Richard Wagner. Apparentemente le differenze tra queste opere sembrano innumerevoli,
quasi come se il Reno oltre a costituire un confine naturale fra le nazioni, cerchi di
distinguere anche gli scritti a lui dedicati: invece anche in questo caso esso pare unire e
collegare gli svariati rimandi alla sua figura ed il complesso di valori ad esso attinenti,
nello stesso modo in cui le magnifiche città renane riescono a restare connesse e a
comunicare proprio grazie all’essere tutte profondamente legate e riconoscenti a questo
fiume così noto, eppure allo stesso tempo così misterioso. Tuttavia queste opere
appartengono a tre generi differenti, che sono comunque in grado di trasmettere ciascuna
a suo modo la rilevanza ed il peso di un’entità preponderante come quella del Reno
proprio nel periodo storico preso in esame. La loro scelta è infatti dovuta principalmente
alla loro diversità, oltre che naturalmente al comune fil rouge dell’aureo fiume tedesco,
poiché in tal modo diviene possibile rendersi conto dei numerosi e straordinari connotati
ed accezioni che gli autori hanno cercato di attribuire ad un’immagine che invece veniva
4
sempre più relegata verso quella di semplice specchio di una realtà costantemente puntata
sul massimo rendimento e sfruttamento delle risorse naturali e non solo. Il Reno sarebbe
ben presto diventato il simbolo di questo continuo e nuovo cambiamento, in special modo
nel periodo in cui visse Wagner, dal momento che egli assistette alla riunificazione della
Germania dello Zweites Reich e di conseguenza al rilancio di nuovi miti e simbologie che
potessero dare un fondamento alle nuove generazioni che avrebbero seguito. Come invece
vedremo in seguito, ognuno di questi autori metterà in risalto diversi aspetti della propria
concezione del fiume Reno ed allo stesso tempo, di riflesso, quello della stessa società,
servendosi di particolari elementi o personaggi attraverso i quali esternare le proprie
intenzioni ed ideologie. Pertanto si è disposto che nel primo capitolo venisse spiegato e
presentato un primo cenno sulla storia del Reno, illustrando in generale il retroscena che
ha condotto e permesso la produzione di questo tipo di opere, da ogni punto di vista,
politico, sociale, letterario, artistico, musicale, ecc. con uno speciale approfondimento
proprio sul periodo romantico. Nel procedere con la stesura di questo elaborato si è poi
passati alla trattazione nel dettaglio delle tre opere in questione, dedicando loro uno spazio
apposito per poter essere esaminate accuratamente e comprese a fondo. In questa fase
precisa si è dunque cercato di esaltare le varie peculiarità di ogni singolo scritto,
osservandone anche le diverse interpretazioni e trasposizioni, in particolar modo nel caso
del Rheingold, trattandosi di un dramma, e della Lore-ley di Heine, anche se in minor
misura rispetto ovviamente all’opera di Wagner. Infine questo studio si chiude con
l’ultimo e terzo capitolo in cui si è cercato di individuare quelle caratteristiche che
effettivamente possono essere definite come differenze e quali invece in qualità di
somiglianze, giungendo poi a delle conclusioni riportate al termine della ricerca. Pertanto
questo tipo di analisi è stato reso possibile grazie soprattutto al largo uso e rimando alle
numerose fonti che sono riuscita a recuperare, innanzitutto per merito dell’ausilio e dei
suggerimenti del Professor Collini, che ha saputo indicarmi alcune delle fonti a cui poter
risalire; in seguito non posso omettere le diverse biblioteche della mia regione e l’utilizzo
di Internet, attraverso il quale è stato possibile consultare edizioni di opere non più in
circolazione o difficili da reperire e numerosi articoli accademici specifici della materia.
In un periodo come quello appena vissuto ed ancora corrente dell’attuale pandemia si è
trattato di un’impresa non propriamente semplice, che ho però considerato come uno
stimolo ulteriore, al fine di poter indagare su un argomento di mio grande interesse a cui
5
tengo con particolare riguardo. Inoltre avendo vissuto nelle stesse regioni di cui gli autori
romantici scrissero con così forte passione ed intensità capolavori eterni ed eccezionali,
ha arricchito ancor di più secondo la mia opinione di attrattiva e conseguente dedizione
quest’esperienza, considerando questo lavoro non solo come un impegno, ma anche come
un interesse di tipo personale. Un’altra motivazione per cui la mia scelta sia ricaduta su
questi autori nello specifico è dovuta anche alla forte passione per la musica classica e i
diversi strumenti, che ha influito senza alcun dubbio nell’aver selezionato figure come
quella di Wagner e nell’aver ricercato possibili connessioni delle altre opere con rispettive
versioni musicali. Questi capolavori costituiscono infatti degli esempi di fondamentale
importanza all’interno della letteratura legata al Reno, ma anche nel resto del panorama
letterario romantico, in quanto opere dotate di sensibilità e finezza senza eguali. Esse
accolgono in diversa misura e secondo differenti visuali l’immagine del Reno, ma non
sottovalutano mai il suo potente significato, il complesso sistema di valori ascritti ad esso:
in molti compresero questo inconsueto potenziale durante quel così particolare e singolare
periodo come fu il Romanticismo, tale che quasi tutte le pietre miliari della stessa
letteratura tedesca ne fecero riferimento o ne dedicarono delle opere, avendogli così
donato quell’immortalità che solo la poesia, la letteratura, il teatro, la musica e molte altre
arti riescono a regalare e tramandare.
6
CAPITOLO 1
Un fiume, una nazione
1.1 Biografia di un fiume
«Mein Vater Rhein»
1
: queste le parole attraverso le quali uno dei più grandi autori
della letteratura, Heinrich Heine, definiva e invocava ciò che costituisce un’entità ed uno
dei simboli più importanti e ricorrenti della cultura tedesca, il fiume Reno. Questo verso
apparentemente semplice e modesto, in verità racchiude in sé una ricchezza e una
profondità di significato senza limiti, esprimendo in modo nitido e conciso l’importanza
che possiede questo celebre corso d’acqua nell’immaginario collettivo tedesco. Le parole
di Heine infatti non lasciano alcun dubbio sul suo ruolo: è un padre, suo padre e di tutta
la Germania, costantemente conteso tra più popoli, di cui lui costituisce il primo confine
naturale. Difatti le terre attraversate da questo fiume sono state purtroppo e più volte
testimoni di sanguinosi scontri e conflitti, sempre contestate e reclamate da questa o
un’altra fazione, mutando costantemente l’immagine e il ruolo del Reno agli occhi degli
uomini che vi abitavano e non solo. Innumerevoli le popolazioni che attraversarono nel
corso della storia questo crocevia di culture, immerso nel cuore dell’Europa, che oltre alla
tradizionale immagine di confine fra i popoli, costituiva una vera e propria via di
comunicazione e di collegamento. Nell’opera intitolata Il Reno – Storia, miti, realtà, di
Lucien Febvre, grande storico del Novecento, l’autore sembrò confermare tale pensiero,
affermando all’inizio del secondo capitolo che «Quando Cesare venne in Gallia a cercarsi un
Impero, già da molto tempo Greci, Italici o nordici, i mercanti conoscevano “l’acqua che scorre”,
Rinos, e se ne servivano».
2
Tant’è che perfino il nome stesso del Reno testimonia la multiculturalità e
l’interesse delle differenti popolazioni del tempo, essendo effettivamente presente nel
lessico della maggior parte delle lingue straniere dell’antichità e per di più citato da
svariati scritti dell’epoca, provenienti a loro volta da terre diverse: difatti il termine ha
1
H. Heine, Deutschland. Ein Wintermärchen, in Der Rhein- Eine Reise mit Geschichten,
Gedichten und farbigen Fotografien, a cura di H. J. Schneider, Insel Verlag, Frankfurt am Mein
und Leipzig, 1997, p. 136
2
L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli Editore, 1998, p. 42
7
origine da una radice indogermanica H1reiH
3
, dalla quale derivò il nome con cui sarebbe
stato identificato il fiume nei vari idiomi di quel periodo, come la versione celtica Rhenos,
poi il latino Rhenus
4
, fino al greco Ρήνος (Rēnos)
5
, dalla cui stessa base discende proprio
il verbo “scorrere” sia in greco, ovvero ῥέω (rhéō), che nel tedesco moderno col verbo
“rinnen”.
Per quanto riguarda la sua storia iniziale, le sue prime attestazioni e di conseguenza
l’effettivo valore e ruolo di questo fiume, bisogna considerare di notevole importanza i
diversi reperti archeologici che sono stati ritrovati e continuano ad essere rinvenuti anche
al giorno d’oggi, che ci permettono di accertare determinate affermazioni e supposizioni.
In particolare alcune effigi, riscoperte lungo le rive, e delle pietre votive, consacrate alla
divinità germanica Nehalenia
6
«testimoniano la venerazione del fiume, che i Celti
chiamarono Reno»
7
. In verità, ancor prima dei romani, in quest’area vi si erano insediate
più di una comunità, principalmente Galli e Germani, insieme alle diverse tribù
sottostanti. Di quest’ultimi in realtà vi sono rimasti innumerevoli reperti, che consistono
per lo più in «ceramiche a tornio, roccaforti ed insediamenti fortificati, conio di monete
di tipo celtico»
8
e, malgrado non risultino dei diretti riferimenti al Reno, sicuramente
anche queste prime etnie della zona davano grande importanza ad esso, dato che sono
stati riportati in diverse opere, concomitanti a quel momento storico, i loro rituali e i culti
legati agli elementi della natura. In seguito non si può non tener conto dei resti risalenti
all’età romana, di cui il più antico e rilevante esempio è rappresentato dall’iscrizione
dedicata al «Rheno Patri», accezione che quindi era stata assegnata al fiume sin dai primi
secoli e con la quale verrà designato, quasi come una sorta di epiteto, nel corso degli anni
seguenti. Questa epigrafe donata dal legato romano Oppius Severus, è stata datata tra il
130 e il 138 d.C. circa e riscoperta solamente nel 1968 lungo il cosiddetto limes
germanico, non lontana da Strasburgo, dove oggi è conservata. Sebbene esistano
3
G. Starostin, A. Lubotsky: https://www.win.tue.nl/~aeb/natlang/ie/pokorny.html (Ultimo
accesso: 31/08/2021)
4
L. Castiglioni, S. Mariotti, «Rhenus», in Vocabolario della lingua latina, Loescher, Torino, 1974,
p.1279
5
L. Rocci, «Ρήνος», in Vocabolario Greco-Italiano, Società Editrice Dante Alighieri, Roma,
1965, p. 1640
6
Cfr. M. L. von Plessen, Der Rhein als europäische Flussbiographie. Eine kulturhistorische
Ausstellung, in Der Rhein – Im deutsch-französischen Perspektivenwechsel, a cura di W. Jung e
M. Lichtlé, V&R unipress GmbH, Göttingen, 2019, p. 50
7
Ibidem, p.50
8
M. V. Molinari, La filologia germanica, Bologna, Zanichelli, 1987, 2 ed., p. 12
8
numerosi reperti e rovine che sono stati riportati alla luce, relativi a quel periodo o perfino
più antichi, arrivando quasi alla metà del I secolo a.C., quest’epigrafe è stata riconosciuta
come l'unico manufatto finora con riferimento a un culto fluviale specificamente dedicato
al Reno
9
, comprovando in tal modo l’antichità e il millenario valore attribuito ad esso e
costituendo un «[…] symbole de toute une région dont la richesse est intimement liée à
la vie du fleuve
10
».
Un altro importante ritrovamento, che risale però ad un’epoca più tarda, ovvero
con molta probabilità intorno al secondo o terzo secolo, è senza alcun dubbio quello
dell’incisione del Rhenus bicornis, una delle prime raffigurazioni del Reno inteso come
vera e propria divinità personificata. Più precisamente, l’aspetto del cosiddetto Flußgott
11
viene realizzato con un elemento inusuale e particolare: presenta infatti delle corna al di
sopra della fronte, in quanto si tratta di un attributo «tradizionale anche a livello
iconografico per marcare la veemenza dei corsi fluviali […]. Anche Servio, ad Aen. VIII
77, spiega assimilando il fremito delle acque fluviali al muggito dei tori (o anche la
curvatura delle rive a quella delle corna)»
12
. A proposito di questa insolita immagine ne
avevano già largamente parlato diversi autori dell’antichità, tra cui Virgilio, nell’Eneide,
seguito da Ovidio, che lo descrisse con il particolare elemento delle corna spezzate,
simboleggiando la supremazia di Roma sugli abitanti nativi di quelle terre
13
; tempo dopo
9
Cfr. M. L. von Plessen, Der Rhein als europäische Flussbiographie. Eine kulturhistorische
Ausstellung, in Der Rhein – Im deutsch-französischen Perspektivenwechsel, a cura di W. Jung e
M. Lichtlé, V&R unipress GmbH, Göttingen, 2019, p. 50
10
Musées de la ville de Strasbourg: https://www.musees.strasbourg.eu/oeuvre-musee-
archeologique/-
/entity/id/614042?_eu_strasbourg_portlet_entity_detail_EntityDetailPortlet_returnURL=https%3
A%2F%2Fwww.musees.strasbourg.eu%2Foeuvre-musee-archeologique%2F-
%2Fentity%2Fid%2F614076%3F_eu_strasbourg_portlet_entity_detail_EntityDetailPortlet_retur
nURL%3Dhttps%253A%252F%252Fwww.musees.strasbourg.eu%252Fcollection-musee-
archeologique%253Fp_p_id%253Dcom_liferay_asset_publisher_web_portlet_AssetPublisherPo
rtlet_INSTANCE_UNWGKM8QMJ7M%2526p_p_lifecycle%253D0%2526p_p_state%253Dno
rmal%2526p_p_mode%253Dview%2526p_p_col_id%253Dcolumn-
3%2526p_p_col_pos%253D1%2526p_p_col_count%253D2%2526p_p_auth%253Db6rbmGGO
(Ultimo accesso: 01/09/2021)
11
H. J. Tümmers, Der Rhein. Ein europäischer Fluß und seine Geschichte, München, C. H.
Beck, 1999, 2 ed., p. 24
12
G. Mazzoli, Corniger Esperidum, in Il calamo della memoria, VIII, p. 129, File PDF:
https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/28429/3/06-MAZZOLI.pdf (Ultimo accesso:
01/09/2021)
13
Cfr. H. J. Tümmers, Der Rhein. Ein europäischer Fluß und seine Geschichte, München, C. H.
Beck, 1999, 2 ed., p. 24
9
anche Marziale, lo definì «Nympharum pater amniumque»
14
, cioè “padre delle ninfe e dei
ruscelli”, ed anch’egli aggiunse un riferimento alle corna:
Er spricht von den "cornibus aureis", den goldenen Hörnern des Rhenus, eine
Anspielung wohl auf die Goldgründe im Flußsand des Rheins, eine Anspielung
zugleich auf einen realen Befund und nicht mehr nur auf mythische
Vorstellungen.
15
Anche in questo caso il tratto delle corna, tipico degli autori latini
16
in relazione ai corsi
d’acqua, appare come un elemento ricorrente, con la differenza che questa volta troviamo una
diversa connotazione, ossia l’aggettivo aureus, il quale rimanda immediatamente a quell’oro, che
sin dai tempi dei romani costituiva fonte di desiderio e brama di potere per tanti uomini, per poi
trasformarsi invece in futuro in una fonte d’ispirazione per numerose leggende e successive opere.
Come si è potuto chiaramente notare, le testimonianze ovviamente più evidenti le si possono
però riscontrare tra le pagine di vari testi greci e latini, che cercavano di descrivere e
illustrare le terre percorse dal fiume Reno, ma servendosi il più delle volte di un approccio
prettamente generico e superficiale, come viene fatto anche presente in un frammento di
un lavoro del Dr. Stephan Heinz e ripubblicato dal Journal of English and Germanic
Philology:
Den Römern galt der Rhein als Flussgott, als Vater von zahlreichen Nymphen.
Dann, nach Einführung der christlich-germanischen Kultur, wird er von
Naturmythen umwoben und mit historischen Sagen verbunden. Doch nirgends
finden wir in der Literatur jener Epoche, weder in den ältesten Denkmälern noch
in den Schriften des reich haltigen mittelhochdeutschen Zeitalters, das geringste
Verständnis für die Naturschönheit der Rheinlandschaft.
17
In verità, si trattava per lo più di opere storiografiche, tra i cui autori spiccavano
nomi illustri del calibro di Cesare, con i suoi Commentarii, e tempo dopo Sallustio, nelle
Historiae; inoltre questi luoghi avevano interessato anche i più eminenti storici greci,
come Diodoro Siculo, prima ancora Polibio e successivamente Dionigi di Alicarnasso, i
quali però, non si soffermarono per un qualche tipo di contemplazione del paesaggio
renano, ma suggerivano solamente «vari sistemi in cui il Reno funziona come un
14
H. J. Tümmers, Der Rhein. Ein europäischer Fluß und seine Geschichte, München, C. H.
Beck, 1999, 2 ed., p.24
15
H. J. Tümmers, Der Rhein. Ein europäischer Fluß und seine Geschichte, München, C. H.
Beck, 1999, 2 ed., p. 24
16
G. Mazzoli, Corniger Esperidum, in Il calamo della memoria, VIII, p. 129, File PDF:
https://www.openstarts.units.it/bitstream/10077/28429/3/06-MAZZOLI.pdf (Ultimo accesso:
01/09/2021)
17
H. Stephan, Die Entstehung der Rheinromantik, in The Journal of English and Germanic
Philology, Jan., 1925, Vol. 24, No. 1, p. 155, File PDF:
https://www.jstor.org/stable/pdf/27702847.pdf (Ultimo accesso: 01/09/2021)
10
confine»
18
. Pertanto, essendo inizialmente la maggior parte di questi testi delle opere
storiografiche ispiratesi a racconti di spedizioni e di imprese belliche, benchè fossero
presenti delle ulteriori digressioni sulle credenze e le usanze di queste terre, soprattutto
per quanto riguardava quest’ultime si scriveva molto poco ed in maniera sommaria,
sottolineando in modo denigrante tratti e differenze dei loro usi, confrontandoli con quelli
tipici latini, per scopi propagandistici ed evidenziare la superiorità delle forze militari e
del potere romani. Come lo stesso Febvre affermò diversi secoli più tardi nella sua opera
già citata in precedenza:
E se il Reno di Diodoro, di Dionigi, di Cesare, divideva gli uomini (di qua i Galli,
di là i Germani), non dimentichiamo che secondo lo stesso Cesare, la Senna
«separava» anch’essa i Belgi dai Galli veri e propri, così come la Garonna
divideva questi ultimi dagli Aquitani. Comodi schemi di classificazione. Modi
veloci per fare immaginare realtà sicuramente più complesse, a uomini che per
piazzare i popoli sulla superficie del globo non disponevano d’altro che di carte
assai sommarie, in cui i fiumi, insieme con qualche importante «catena»,
tracciavano esattamente gli schemi di utilizzo.
19
Solo nell’età imperiale, appare un’opera etnografica dettagliata e corposa sulle
comunità stanziatesi lungo il Reno, descrivendo approfonditamente la loro vita
quotidiana, le diverse istituzioni e organizzazioni, la religione, l’agricoltura, i luoghi in
cui vivevano e la loro origine. Si tratta infatti di una tra le maggiori opere del celebre
autore latino Tacito, il De origine et situ Germanorum. All’interno di questo trattato si
assiste ad una ricca descrizione ed osservazione della cultura di questi popoli, passando
nella seconda metà dell’opera ad elencare e presentare le grandi tribù e i centri abitati che
erano sorti lungo le rive di questo maestoso fiume, anche grazie ai Romani stessi. In
questo senso si cerca in qualche modo di cambiare l’immagine e l’idea che
tradizionalmente si dava di quei “barbari” oltre il fiume Reno. Tacito sembra infatti
esprimere una certa stima nei loro confronti, molto più del biasimo che ci si sarebbe
potuto aspettare in quel determinato periodo, quando l’imperatore Traiano cercava invece
di rafforzare le frontiere sul Reno contro i nemici. L’autore infatti ammira il sistema di
valori rimasto intatto, incorrotto, al contrario di quanto accadeva nella Roma imperiale, e
si rende conto di come questo possa costituire un pericolo per Roma stessa, se non
dovesse tornare a dei costumi più rigidi. Il loro sistema di valori e i culti legati al mondo
naturale si ponevano difatti alle fondamenta di una cultura e di una civiltà dal carattere
18
L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli Editore, 1998, p. 21
19
L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli Editore, 1998, pp. 26-27
11
genuino ed incontaminato, al cui interno la significatività del Reno ebbe con molta
probabilità una forte influenza. Quel fiume rappresentava infatti qualcosa di più che un
semplice confine tra coloro che erano o non erano cittadini romani, come ci conferma il
Professore Willi Jung dell’Università di Bonn nell’introduzione ad una delle più recenti
raccolte di saggi critici sul fiume Reno:
Der Rhein ist männlichen Geschlechts, keltisch ist sein Name, römischen
Ursprungs sind die Städte an seinen Ufern. Die Römer brachten den Stein,
pflasterten Straßen, bauten Paläste, Lager, Tempel, Villen. In Steinen brachten
sie den vergeblichen Traum von Dauer, Steine blieben als Zeichen ihrer
vergangenen Herrschaft. Den deutschen Kaisern hinterließen sie die Erbschaft:
Herrschen bedeutet bauen und Gesetze geben. Auf Flößen rheinabwärts, die
Nebentäler hinauf, brachten die Römer Marmorblöcke, fertige Säulen, Kapitelle
- und die Lex. Der Rhein war Straße und Grenze zugleich, nicht Grenze
Deutschlands, nicht Sprachgrenze, er trennt anderes voneinander als Sprachen
und Nationen. Der Rhein hat nichts von der fälschlicherweise sprichwörtlichen
rheinischen Verbindlichkeit.
20
Al passaggio e al conseguente governo dei Romani in queste regioni si deve
inoltre la trasmissione e diffusione di innumerevoli usanze e pratiche, la cui importanza
ha fatto in modo che quest’ultime siano sopravvissute nel corso degli anni e vengano
messe in atto ancora oggi. Un esempio tra i più evidenti, e che diversi autori hanno
segnalato nei loro scritti e diari di viaggio, si ritrova certamente nella coltivazione della
vite, dove «non solamente i colli morbidi, e dolci, e le ritondeagevoli alture, ma le schiene
aspre e ritagliate, e le stesse cime precipitose s’abbigliano qui di vigneti»
21
, come aveva
descritto Aurelio Bertola De’ Giorgi in un passo del suo diario di viaggio lungo le sponde
del Reno. Anch’egli, accompagnato da numerosi autori tedeschi e non solo, attribuisce le
origini di simili attività agricole all’imperatore romano Probo
22
, il quale tra il 276 e il 282
dopo Cristo «trasformò i suoi legionari in vignaioli con il compito di piantare viti in tutti
i territori conquistati»
23
, al fine di produrre in loco il vino per le truppe e riuscendo così a
20
W. Jung, M. Lichtlé, Einleitung, in Der Rhein – Im deutsch-französischen
Perspektivenwechsel, a cura di W. Jung e M. Lichtlé, V&R unipress GmbH, Göttingen, 2019, p.
10
21
A. Bertola De’ Giorgi, Viaggio sul Reno e ne' suoi contorni, Milano, Per Giovanni Silvestri,
1817, 2 ed., p. 15, Edizione digitale:
https://play.google.com/books/reader?id=B4EQAQAAIAAJ&pg=GBS.PR2&hl=it (Ultimo
Accesso: 01/09/2021)
22
Cfr. Ibid., p. 15
23
M. Niola, Quando i Romani crearono il vino, in La Repubblica, 09/11/2011, Edizione digitale:
https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/09/quando-romani-
crearono-il-vino.html (Ultimo Accesso: 01/09/2021)
12
tagliare drasticamente i costi del trasporto
24
. In questo senso l’impronta romana di queste
regioni è perciò da considerarsi molto profonda e radicata, ponendo le basi per alcune
delle tante e più rilevanti peculiarità che caratterizzano questo territorio e costituendo
anch’essa parte integrante di queste.
Il passare dei secoli e delle diverse popolazioni, attraverso questi luoghi, ha
consentito di conseguenza che questi disponessero di un’identità unica nel suo genere e
ricca di sfaccettature, ereditate ciascuna da un’epoca o una comunità in particolare; inoltre
ha permesso che questo fiume così significativo, nonostante abbia ininterrottamente
subito svariati mutamenti col progredire dell’uomo e dei tempi, non abbia mai perso il
suo fascino intrinseco, che fin dalle origini ha incantato e attirato a sé autori, artisti,
compositori e non solo.
Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente e le invasioni barbariche, che ne
avevano causato la fine insieme ad una lunga serie di fattori, il paesaggio renano e le città
che vi si erano sviluppate intorno cambiarono definitivamente il loro aspetto.
[…] l’invasione dei barbari, sopravvenne a sommergere Roma, quando fu giunto
il momento in cui Roma doveva trasformarsi. La barriera granitica e militare delle
cittadelle del Reno fu schiacciata da quello straripamento e vi fu un momento,
verso il sesto secolo, in cui le creste del Reno furono sormontate da rovine
romane, come lo sono oggidì da rovine feudali. […] la vecchia Roma era morta,
e la fisionomia del Reno era mutata.
25
Di conseguenza, una volta sfondato il confine renano, che da secoli ormai
separava l’Impero dai suoi nemici, il fiume Reno perse la sua antica grandiosità ed il suo
rilievo socio-economico. All’interno della sua opera, anche Lucien Febvre fa presente
questo specifico punto della storia renana con particolare enfasi:
Nel III secolo si apre bruscamente un varco. La catastrofe del 276. Dal Reno ai
Pirenei città, villaggi, case e covoni in fiamme. Un soprassalto, un’energica
resistenza, e poi, sulla soglia del V secolo, la rotta definitiva. Attraverso Magonza
e Worms, Spira e Strasburgo atrocemente saccheggiate, Vandali, Alani, Svevi
forzano il Reno; pressanti e pressate, affiancandosi le une alle altre, le masse dei
barbari dilagano verso il sud, verso il sole, verso il mare della bramosia nordica:
Mare Nostrum, là dove batte il cuore dell’Impero. Altro che il Reno, da tempo
ormai senza mistero né attrattiva!
26
24
Cfr. M. Niola, Quando i Romani crearono il vino, in La Repubblica, 09/11/2011, Edizione
digitale: https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/11/09/quando-romani-
crearono-il-vino.html (Ultimo Accesso: 01/09/2021)
25
V. Hugo, Il Reno. Lettere ad un amico, Milano, Edizioni A. Barion, 1931, p. 124
26
L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli Editore, 1998, p. 63
13
Proseguendo tra le pagine scritte da Febvre, redatte con grande cura al dettaglio e
senso critico, viene spiegato dall’autore un altro dei motivi per cui in questo periodo il
Reno e le sue regioni stessero ormai perdendo popolarità a livello commerciale:
Il Danubio è chiuso. Insediati nel cuore dell’Europa centrale, i cavalieri Avari,
feroci almeno quanto gli Unni, fanno il deserto attorno. La via delle Alpi non può
che essere precaria, dopo tutti i rivolgimenti che hanno interessato l’Italia del
Nord e la pianura svizzera. Il Reno è dunque privo delle sue vie d’accesso più
indispensabili.
27
La perdita di rinomanza del fiume quale via del commercio e degli scambi,
terminò comunque di lì a poco. Tra gli eventi più significativi di questo periodo storico
non bisogna infatti dimenticare la sempre più fervente diffusione del Cristianesimo, che,
secondo alcune fonti, raggiunse le terre del Reno sin dal primo secolo dopo Cristo, grazie
all’operato di Crescenzio
28
, il quale «portò per primo la voce del Cristo nel Rhingau e vi
fondò la novella religione»
29
. Seguendo il suo esempio, iniziarono a predicare anche altre
figure, ancora oggi importanti non solamente per quei luoghi, come Santo Apollinare a
Rigomagum, anche nota attualmente come Remagen; San Goar a Bacchiara, oggi
Bacharach
30
; San Martino, vescovo di Tours, che predicò nell’area di Confluentia,
divenuta Coblenza
31
; e poi ancora San Materno a Colonia, Sant’Eucario vicino Treviri e
nelle stesse foreste San Giselino
32
. Nonostante i diversi culti pagani fossero ben radicati
nella tradizione di queste zone e le innumerevoli persecuzioni dell’impero contro i primi
cristiani, il messaggio del vangelo era ormai stato innestato, ma per rivelarsi
effettivamente attese la fine delle invasioni barbariche:
Il grano era nel solco; ma, finché durò il passaggio dei barbari, nulla spuntò. Anzi,
si produsse invece un crollo profondo in cui la civiltà parve cadere. La catena
delle tradizioni sicure si ruppe e la storia parve cancellarsi; gli uomini e gli eventi
di quella sinistra epoca attraversarono il Reno come ombre, gettando a stento sul
fiume un riflesso fantastico, che svaniva non appena diventava visibile. Ne
consegue, per il Reno, dopo un periodo storico, un periodo meraviglioso
33
.
27
L. Febvre, Il Reno. Storia, miti, realtà, Roma, Donzelli Editore, 1998, p. 67
28
V. Hugo, Il Reno. Lettere ad un amico, Milano, Edizioni A. Barion, 1931, p. 123
29
V. Hugo, Il Reno. Lettere ad un amico, Milano, Edizioni A. Barion, 1931, p. 123
30
Documenta Catholica Omnia, p. 71, File PDF: https://documentacatholicaomnia.eu/03d/1909-
1909,_Graesse_J.G.Th,_Orbis_Latinus_[AD_1909],_LT.pdf (Ultimo Accesso: 01/09/2021)
31
Documenta Catholica Omnia, p. 175, File PDF:https://documentacatholicaomnia.eu/03d/1909-
1909,_Graesse_J.G.Th,_Orbis_Latinus_[AD_1909],_LT.pdf (Ultimo Accesso: 01/09/2021)
32
Cfr. V. Hugo, Il Reno. Lettere ad un amico, Milano, Edizioni A. Barion, 1931, p. 124
33
Ibid., p. 125