6
l’interazione e lo scambio tra soggetti appartenenti a contesti culturali
diversi. Vengono verificati il periodo storico e i motivi che portano alla
nascita del concetto di interculturalità e l’orientamento delle istituzioni
nazionali e internazionali nei confronti di quest’ultimo. Si definisce il
significato della comunicazione tra culture e quali elementi possono
favorirla. Nel secondo capitolo viene illustrata la storia del viaggio per
capire in che modo la forza della mobilità è capace di trasformare le
identità e i rapporti umani. Sono presi in considerazione il turismo e le
visite ai paesi stranieri quali occasioni privilegiate di incontro, crescita e
formazione. Il viaggio è poi descritto come espressione del processo
educativo, in quanto rappresenta un importante momento di confronto
interculturale. Nel terzo e nel quarto capitolo sono infine affrontati gli
aspetti pratici dell’educazione interculturale. Viene analizzata un
organizzazione internazionale che offre particolari tipi di viaggio grazie ai
quali è possibile sviluppare una maggiore consapevolezza nei confronti
degli apporti che ogni cultura può dare alla soluzione di problemi comuni,
promovendo così la creazione di una società mondiale più pacifica.
Alla fine della trattazione si spera di aver definito i vantaggi di un
turismo culturale e di formazione all’estero ed i modi per intraprendere
questa particolare esperienza di viaggio.
7
1. L’EDUCAZIONE INTERCULTURALE
1.1 ORIGINI E SVILUPPO DELL’INTERCULTURALITA’
L’occasione storica, culturale, sociale e politica che ha portato alla
nascita e poi allo sviluppo dell’educazione interculturale sono i fenomeni
migratori
1
. Il concetto di educazione interculturale è nato in risposta
all’emergere di nuovi bisogni sociali, situazioni di disagio e di conflitto e
viene affrontato soprattutto da coloro che trattano l’inserimento dei
soggetti immigrati nelle realtà lavorative e scolastiche del paese
d’accoglienza, cioè da esperti di organizzazioni internazionali, accademici,
educatori e insegnanti
2
.
Lo sviluppo economico legato ai grandi flussi migratori, durato dagli
anni Trenta sino a metà degli anni Settanta, è un processo che investe
soprattutto i paesi occidentali e in particolare:
- i paesi del nord europeo, caratterizzati dal boom economico che ha
provocato il reclutamento di manodopera immigratoria proveniente
prevalentemente dal bacino del Mediterraneo (Italia, Spagna,
Portogallo, Turchia, Algeria e altri);
- quelli storicamente costituiti da immigrati, che devono la loro nascita
e il loro sviluppo proprio alla componente immigrante, come gli Stati
Uniti, il Canada e l’Australia;
- infine quelli caratterizzati dal flusso migratorio post-coloniale, come
le Francia, la Gran Bretagna e l’Olanda che accoglievano in quegli
anni un gran numero di immigrati provenienti dalle ex-colonie
europee d’oltre mare, in cerca di una promozione economica.
La sfida emergente nei paesi sopra citati è dunque quella di studiare le
forme più idonee per favorire lo scambio tra la cultura della maggioranza e
1
Susi, F., Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa:
teorie, esperienza, strumenti, Armando, Roma, 1999
2
Chang, H. C. A., Checchin, M., L’educazione interculturale : prospettive pedagogico-
didattiche degli organismi internazionali e della scuola italiana, LAS, Roma, 1996
8
quelle delle minoranze etniche, tutte dotate della medesima dignità e
forza
3
.
Di fronte al fenomeno dell’immigrazione che diventa sempre più
consistente, a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, si comincia
a parlare di autenticità culturale, di specificità, di dialogo tra culture. Nel
mondo occidentale il problema dell’educazione interculturale è
relativamente recente e lo stesso sostantivo di “interculturalità” viene
ufficialmente adottato per la prima volta in un documento dell’Unesco del
1980 sui contatti tra culture intitolato: “Introduzione agli studi
interculturali”
4
.
Il fenomeno migratorio conduce la riflessione sull’educazione
interculturale verso un approccio più specifico, quello pedagogico.
Tra il 1970 e il 1980, però, non è ancora possibile parlare di una vera e
propria educazione interculturale, in quanto la pedagogia attuata in questi
anni è di tipo compensativo, finalizzata soltanto alla protezione del diritto
all’educazione dei soggetti migranti (adulti e bambini). Viene così
introdotto l’insegnamento delle lingue e delle culture di origine per ovviare
alle difficoltà scolastiche degli alunni stranieri, soluzione pensata in
funzione di un ritorno in patria, all’epoca considerato ancora possibile
5
.
Questa politica è attuata nella convinzione che il fenomeno migratorio sia
ciclico e temporaneo; in realtà le migrazioni comportano dei cambiamenti
permanenti all’interno delle società e le modificano continuamente
imprimendo loro un carattere multiculturale. Si parla infatti di
multiculturalità quando ci si riferisce alla presenza, in uno stesso luogo, di
culture diverse che non sono necessariamente in relazione tra loro e che
possono anche intrattenere rapporti di conflitto
6
.
3
Favaro, G., Introduzione storica e delineazioni teoriche in ambito intercultuale, tratto da
www.bdp.it, 29/10/ 2004
4
Desinan, C., Orientamenti di educazione interculturale, Franco Angeli, Milano, 1997
5
Damiano, E., La sala degli specchi. Pratiche scolastiche di Educazione Interculturale in
Europa, Franco Angeli, Milano, 1999
6
Garcea, E. A. A., La comunicazione interculturale: teoria e pratica, Armando, Roma,
1996
9
La società sempre più multiculturale si apre, quindi, alla possibilità di
orientare e finalizzare la sua evoluzione verso l’intercultura, intesa come
meta verso cui si tende per costruire le condizioni ottimali che favoriscano
la comunicazione, l’interazione e la pacifica convivenza tra persone e
gruppi tra loro diversi
7
. Infatti l’educazione interculturale, per esistere,
deve essere voluta, progettata, sperimentata ed è proprio in questo senso
che viene concepito il passaggio dal multiculturale all’interculturale
8
.
Negli anni successivi al 1980 la pedagogia interculturale – applicata ai
differenti contesti scolastici e extrascolastici – si sviluppa proponendo
delle formulazioni più articolate riferite a paesi e contesti diversi:
a) l’incontro tra culture diverse va sostenuto da scelte che sono al
contempo politiche e educative;
b) la scuola, i servizi educativi e socioculturali, sono i luoghi e i
laboratori privilegiati per l’interazione e l’incontro tra bambini,
giovani, donne e uomini provenienti da ogni parte del mondo;
c) l’approccio compensativo che aveva ispirato i primi interventi volti ad
accogliere gli alunni immigrati, deve essere rivisto e integrato sulla
base di un’impostazione fondata su un’educazione al riconoscimento
dell’alterità.
9
La riflessione sull’educazione interculturale si posiziona, dunque,
all’incrocio fra il tentativo di rispondere all’inadeguatezza della funzione
della scuola rispetto alla formazione di una identità nazionale, resa ormai
fragile, in società sempre più pluriculturali, e la necessità di adattare i
modelli educativi al contesto internazionale, sottoposto all’intensificarsi di
relazioni sociali mondiali che collegano tra loro località distanti
10
.
7
Chang, H. C. A., Checchin, M., L’educazione interculturale : prospettive pedagogico-
didattiche degli organismi internazionali e della scuola italiana, LAS, Roma, 1996
8
Pompeo, F., Il mondo è poco: un tragitto antropologico nell’interculturalità, Meltemi,
Roma, 2002
9
Favaro, G., Introduzione storica e delineazioni teoriche in ambito intercultuale, tratto da
www.bdp.it, 29/10/ 2004
10
Susi, F., Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa:
teorie, esperienza, strumenti, Armando, Roma, 1999
10
Nell’arco di un decennio viene così elaborato il concetto di educazione
interculturale che, nel suo significato più profondo, più che un’occasione di
innovazione scolastica, è una scelta politica, una forma di umanesimo,
un’opzione antropologica: “aprire il soggetto all’alterità, all’altro come dono
per noi, alla differenza come possibilità di rinnovamento dell’identità di
ciascuno”
11
.
Per Luciano Amatucci, l’educazione interculturale, che si è sviluppata in
virtù di una riflessione sul significato e sul valore della diversità culturale,
affonda le sue radici nell’educazione civica intesa nel senso più ampio di
formazione dell’uomo e del cittadino
12
.
L’Italia incominciò ad interessarsi all’educazione interculturale nella
seconda metà degli anni Ottanta, quando a livello internazionale ed
europeo si assistette ad una riflessione più matura, che poneva la
pedagogia interculturale come una necessità per tutti, non più solo per gli
immigranti
13
. Il pedagogista Duccio Demetrio indica la data del 1989
come quella esemplare per stabilire un punto di partenza nell’ambito
interculturale italiano e distingue
14
:
- un’origine “ideale”, in quanto prima che l’immigrazione esplodesse in
Italia vi erano già organizzazioni che operavano idealmente nel
campo dell’interculturalità (cita Mani Tese e Cem - Mondialità come
le più prestigiose);
- un’origine “esperienziale” per quanto riguarda l’insieme di iniziative
che nacquero come risposta d’accoglienza all’arrivo dei primi
immigrati nel nostro paese (si pensi ai corsi di alfabetizzazione,
all’insegnamento della lingua italiana, agli sportelli di servizi sociali,
sanitari, amministrativi, ecc.);
11
Nanni, A., L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna, 1998, p.11
12
Amatucci, L., La scuola italiana e l’educazione interculturale in AA.VV. La scuola
italiana nella società multietnica, La Scuola, Brescia, 1994
13
Nanni, A., L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna, 1998
14
Demetrio, D., Agenda interculturale, Maltemi, Roma, 1997
11
- un’origine “normativa” che riguarda le circolari e le pronunce
specificate più avanti;
- un’origine “progettuale” che si riferisce al personale che pianifica le
azioni e le iniziative interculturali.
In ambito internazionale è ormai chiaro a molti studiosi che non è più
sufficiente rispondere ai bisogni dell’immigrato con misure puramente
assistenziali o compensative, né tanto meno deformarne la cultura
riducendola a semplici tradizioni folcloristiche. Va invece data una risposta
corretta in termini educativi verso una migliore cooperazione tra il paese
d’origine e quello d’accoglienza: per questo è ormai luogo comune ritenere
che la realtà socio-culturale da cui prende l’avvio la riflessione
sull’educazione interculturale sia riconducibile al fenomeno migratorio
15
.
Antonio Nanni propone una definizione articolata che ben sintetizza il
fenomeno dell’interculturalità: “L’educazione interculturale è un processo
multidimensionale, di interazione tra soggetti di identità culturali diverse,
che attraverso l’incontro interculturale vivono un’esperienza profonda e
complessa, di conflitto/accoglienza, come preziosa opportunità di crescita
della cultura personale di ciascuno, nella prospettiva di cambiare tutto
quello che è di ostacolo alla costruzione di una nuova convivenza civile,
anche attraverso il cambiamento del sistema scolastico (pari opportunità,
rifacimento dei libri scolastici, adozione di tecniche attive e di strumenti
multimediali) e la riqualificazione degli educatori”
16
.
La pedagogia interculturale parte dunque dalla convinzione che
l’interazione tra culture deve essere fondata sulla mediazione tra esse e
sulla fiducia nelle possibilità che ciascuno possa imparare a conoscere il
mondo dell’altro, comprendendone le differenze.
In conclusione, è proprio il riconoscimento dell’identità socio - culturale
degli alunni stranieri che costituisce il primo passo nella lotta per una
maggiore comprensione e contro la disuguaglianza. I processi di
15
Chang, H. C. A., Checchin, M., L’educazione interculturale : prospettive pedagogico-
didattiche degli organismi internazionali e della scuola italiana, LAS, Roma, 1996
16
Nanni, A., L’educazione interculturale oggi in Italia, EMI, Bologna, 1998, p.50
12
discriminazione infatti sono spesso attivati da sistemi educativi
profondamente monoculturali e assimilazionisti, l’educazione interculturale
è l’approccio necessario per attenuare questi processi. E’ proprio nel
passaggio da un’educazione compensatoria ad un orientamento critico ai
sistemi educativi che l’educazione interculturale diventa educazione per
tutti
17
.
17
Susi, F., Come si è stretto il mondo. L’educazione interculturale in Italia e in Europa:
teorie, esperienza, strumenti, Armando, Roma, 1999
13
1.2 DAL CONFLITTO ALL’INTERAZIONE SOCIALE
Le differenze etniche e culturali sono proprie dell’essere uomini e
persone. L’ incontro e il confronto tra queste differenze, causato dalla
mobilità territoriale, può evocare sentimenti ed atteggiamenti negativi. Per
evitare di cadere in comportamenti ostili, è necessaria un’educazione che
non neghi o rimuova l’aggressività provocata dall’incontro con lo straniero,
ma insegni a gestirla correttamente. Educare all’interazione sociale in
un’ottica interculturale significa dunque insegnare a gestire i conflitti
perché questi possano diventare, da elementi distruttivi della relazione,
fattori costruttivi
18
.
Per meglio comprendere le tensioni e le problematiche del discorso
interculturale è utile indicare le tappe più importanti del suo travagliato
percorso.
Intorno ai fenomeni culturali che hanno alimentato la pedagogia
interculturale, si sono sviluppati temi distinti e problemi particolari, risolti
spesso secondo modalità proprie e in territori separati. Le diverse modalità
con cui si è affrontato il tema dell’incontro tra culture si sono poi rivelate
strettamente interconnesse per una soluzione che deriva da un nuovo
modo di rileggerle. Esiste, tuttavia, un asse concettuale intorno a cui tutti
ruotano e che caratterizza uno dei problemi più spinosi del nostro tempo:
la possibilità di rispettare le diversità e di integrarle in un’unità che non le
annulli
19
.
Nel contesto interculturale la sociologia presta alla ricerca pedagogica
un concetto che si rivela di fondamentale importanza, quello di
integrazione: l’unione di parti diverse per arrivare ad una totalità che può
essere interpretata in vario modo. Nei casi riusciti la cooperazione delle
parti coinvolte crea un’unità di intenti in grado di generare un nuovo
18
Niero, A., Pasqualotto, L., L’educazione interculturale, tratto da www.educare.it,
29/10/2004
19
Sirna Terranova, C., Pedagogia interculturale: concetti, problemi, proposte, Guerini
Studio, Milano, 1997
14
equilibrio, senza che il sistema sia messo in pericolo. La minoranza etnica
diventa parte a pieno titolo di una maggioranza già esistente,
acquisendone gli stessi diritti, senza per questo dover rinunciare alla
propria storia e alle proprie radici. Come vedremo in seguito, però, questo
processo di integrazione non avviene senza traumi o difficoltà
20
.
Se la maturazione della sensibilità verso il tema delle differenze culturali
è una conquista recente, antico è invece il problema dello scontro tra
culture, generalmente risolto dal mondo occidentale e non solo, con
atteggiamenti etnocentrici, pretendendo cioè di imporre il proprio punto di
vista come l’unico valido. Da questa elevazione della propria cultura come
modello di cultura universale, discende l’esclusione di tutte le altre forme
di cultura considerate come inferiori e l’indottrinamento viene così
interpretato come doverosa forma di aiuto che i popoli sviluppati rivolgono
a soggetti in via di sviluppo per favorirne la crescita
21
.
Il termine “assimilazione” deriva dal latino e significa rendere simile
22
. In
un contesto multiculturale si parla di assimilazione quando un soggetto
affievolisce progressivamente il riferimento ai propri modelli culturali e si
adatta agli schemi socio–culturali di un’altra cultura che è quasi sempre
quella dominante. L’assimilazione può inoltre essere più o meno forzata. Il
termine fu usato per la prima volta all’inizio del Novecento negli Stati Uniti
durante la massiccia immigrazione proveniente dall’Est Europeo e dal
Mediterraneo
23
.
Esistono diversi modelli assimilazionisti. Il primo è quello adottato dal
sistema educativo francese che propone una strategia sociale in cui
l’adattamento di tutti alla cultura dominante viene concepito nella
prospettiva dell’uguaglianza, in modo da uniformare i valori morali, le
conoscenze e le categorie intellettuali. L’altro è quello del melting pot che
20
Wallnofer, G., Pedagogia interculturale, Mondatori, Milano, 2000
21
Huntington, S.P., Lo scontro tra le civiltà e il nuovo ordine mondiale, Garzanti, Milano,
2000
22
Gentili, A. M., (a cura di Bobbio, N., Matteucci, N., Pasquino, G.) Assimilazione, in
Dizionario di politica, Utet, torino, 1983
23
Nanni, A., Abbruciati, S., Per capire l’interculturalità: parole chiave, EMI, Bologna, 1999
15
prevede la fusione di popoli di diversa etnia, razza, religione e cultura. E’ il
modello degli USA, dove il termine significa appunto crogiolo, cioè il
recipiente in cui diversi elementi etnici si fondono in un tutto omogeneo dal
quale dovrebbe nascere il buon cittadino americano
24
. Il concetto di
cittadino assume qui un ruolo importante: l’appartenenza alla cultura non
dipende, infatti, dalla razza, dalla religione o dall’origine culturale, ma dalla
cittadinanza
25
.
Falliscono la convinzione e la speranza che nella grande “insalatiera
etnica” avvengano senza traumi quelle fusioni o assimilazioni che
avrebbero indotto ciascuno a confondere le proprie radici con quelle degli
altri, dimenticandole. Nonostante i pronunciamenti ufficiali e le buone
intenzioni, sono invece sorte violente forme di razzismo a denunciare un
disagio e un conflitto irrisolti all’interno dei singoli paesi. Questo dimostra
come i pregiudizi, gli stereotipi e le barriere culturali siano lenti a morire e
difficili da sradicare. E’ il fallimento della visione ottimistica in base alla
quale la convivenza produce automaticamente comprensione reciproca e
cooperazione
26
.
Un altro approccio delle società nei confronti dell’ incontro/scontro tra
differenti culture è quello multiculturale, inteso come generale
atteggiamento ad accettare di coabitare con altri diversi da sé, nel rispetto
e nella tolleranza, ma senza promuovere intenzionalmente forme di
scambio, di convivenza democratica, di progettualità interculturale. La
società multiculturale descrive quindi una situazione di fatto: la
coesistenza di diversi gruppi etnici e culture nella stessa società
27
.
Il primo riconoscimento della diversità culturale si concretizza in Europa
con forme di ghettizzazione multiculturale: ciascun gruppo finisce con lo
scegliersi il proprio modello e confinarsi in esso, isolandosi rispetto alla
24
Colombo, E., Il Multiculturalismo, Carocci Editore, Roma, 2003
25
Wallnofer, G., Pedagogia interculturale, Mondatori, Milano, 2000
26
Sirna Terranova, C., Pedagogia interculturale: concetti, problemi, proposte, Guerini
Studio, Milano, 1997
27
Nanni, A., Abbruciati, S., Per capire l’interculturalità: parole chiave, EMI, Bologna, 1999
16
comunità in generale. Il diritto alla difesa dell’identità etnica e culturale,
portato alle estreme conseguenze, si rivela così un boomerang per le
comunità minoritarie che finiscono per bloccare la loro stessa crescita,
chiudendosi nella difesa di tradizioni e costumi. La diversità viene tollerata
perché ghettizzata in ambienti marginali e diventa un elemento da cui
difendersi con l’indifferenza e il distacco
28
.
Fallito sia l’approccio assimilativo - compensativo, che nega la diversità
imponendo all’altro di rinunciare alle proprie caratteristiche per farsi
accettare, sia l’approccio multiculturale, che riconosce la diversità come
elemento da riaffermare con l’isolamento del diverso, la società
democratica occidentale cerca nuove soluzioni.
Verso la fine degli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta si avvia
una profonda riflessione etico - politica sui limiti, le contraddizioni e i
problemi delle democrazie pluriculturali occidentali che segna
un’inversione di tendenza. Si guarda, infatti, alla migrazione e alla
diversità non più come un problema che interessa soltanto i migranti, ma
viene ora ritenuto centrale per tutta la società. Si punta a costruire un
sistema di informazioni più integrato, ma anche e soprattutto a utilizzare
tecniche di autoanalisi che servano da difesa psicologica e cognitiva
contro lo shock culturale (definito per la prima volta da K. Oberg nel 1960)
provocato dallo scontro con la diversità che si manifesta nell’interazione
sociale come ansia derivante dalla perdita di tutti i segni e i simboli
familiari
29
. Lo scopo è quello di trasformare i paesi di immigrazione in reali
comunità di accoglienza e non più luogo di conflitto e di scontro. Alcuni lo
definiscono lavoro interculturale proprio perché è orientato a far superare
sia l’atteggiamento di paura della diversità, sia quello di indifferente
tolleranza dell’altro, per costruire, invece, una disponibilità alla lettura
positiva delle diversità. Si tratta di una proposta di educazione all’alterità,
28
Habermas, J., Taylor, C., Multiculturalismo. Lotte per il riconoscimento, Feltrinelli,
Milano, 1998
29
Garcea, E.A.A., La comunicazione interculturale. Teoria e pratica, Armando, Roma,
1996
17
ai diritti dell’altro, alla pari dignità e opportunità, una proposta democratica
di largo respiro che il mondo anglosassone definisce come Multicultural
Education e che negli altri paesi d’Europa prende di volta in volta varie
denominazioni: Pedagogia dell’accoglienza, Educazione alla diversità,
Educazione comunitaria, Educazione alle pari opportunità, ma anche, più
semplicemente, Educazione interculturale
30
.
Interculturale è lo sforzo di evitare sia l’omologazione, sia la
separazione, di proporsi un progetto educativo che assuma carattere
sovranazionale, ma non rinneghi le culture nazionali. E’ dunque attraverso
un breve, ma intenso percorso storico che viene formulato l’odierno
concetto di educazione interculturale, nato per favorire l’interazione
sociale nel rispetto della diversità culturale.
Interazione vuol dire scambio, reciprocità. Come afferma Duccio
Demetrio, è l’interazione la nozione chiave di una strategia veramente
interculturale, dove interagendo si produce integrazione e si supera la
vecchia logica di una cultura universale da infondere negli altri. Accettare
e favorire l’interazione significa operare verso l’apertura, l’incontro, il
contagio, la contaminazione tra culture
31
.
L’interculturalità è un movimento di reciprocità, non è un viaggio a
senso unico, ma con l’altro e verso l’altro, con l’attenzione al suo punto di
vista, alla sua memoria storica, alle sue fonti, alle sue narrazioni, al suo
sistema di attese rispetto al futuro. E’ un processo attivo e dinamico che
deve essere provocato.
A un livello più profondo, l’interculturalità comporta anche un
investimento affettivo, quella dimensione della relazione umana che viene
chiamata empatia e che sul piano educativo significa sentire come sente
30
Sirna Terranova, C., Pedagogia interculturale: concetti, problemi, proposte, Guerini
Studio, Milano, 1997
31
Demetrio, D., (a cura di), Nel tempo della pluralità. Educazione interculturale in
discussione e ricerca, Franco angeli, Milano, 1999
18
l’altro, evitando in questo modo che l’educazione interculturale degeneri in
forme di esotismo, semplice curiosità e folclore
32
.
Così pure una vera interazione culturale stimola il soggetto ad aprirsi al
decentramento e alla circolarità dei punti di vista. Il valore educativo del
decentramento sta nel fatto che il soggetto ha la possibilità di arricchire la
sua comprensione attraverso l’assunzione dell’immagine di sé che l’altro
gli restituisce. Da ciò ne consegue che nell’esperienza interculturale
avviene comunque un disorientamento nei confronti del proprio orizzonte
culturale d’origine. In questo modo l’educazione all’interazione opera
sempre per la creazione di identità culturali nuove ed è un processo
multidimensionale tra soggetti portatori di culture diverse. L’interazione è
importante perché indica, non un semplice rapporto di conoscenze, ma
una relazione di scambio e reciprocità
33
.
Gli elementi che favoriscono il superamento del conflitto nei confronti
dello straniero comprendono il rispetto di chi si comporta diversamente, la
tolleranza dell’ambiguità, la capacità di sapersi relazionare con persone
differenti, l’astensione dai giudizi prima di ottenere spiegazioni, l’empatia
verso chi si trova in situazioni o condizioni diverse dalle proprie e la
persistenza a desiderare di conoscere e capire gli altri. Viene in tal modo
favorita l’interazione sociale secondo un atteggiamento che non
presuppone un accordo etico con tutte le differenze, né impone che si
neghi la preferenza verso una data visione del mondo, ma intende favorire
l’integrazione lasciando spazio alle specificità culturali. L’adattamento, in
ottica interculturale, rende necessaria l’interazione tra due culture: lo
straniero deve modificare la propria cultura se vuole perseguire i suoi
scopi all’interno del gruppo, ma anche la cultura del gruppo esce più o
meno modificata dall’incontro
34
.
32
Villamira, M. A., Comunicazione e interazione: aspetti del comportamento
interpersonale e sociale, Angeli, Milano, 1995
33
Nanni, A., Abbruciati, S., Per capire l’interculturalità: parole chiave, EMI, Bologna, 1999
34
Garcea, E.A.A., La comunicazione interculturale. Teoria e pratica, Armando, Roma,
1996
19
La distanza culturale nei confronti dell’altro, del diverso, varia in base a
come viene percepita: può essere ritenuta come qualcosa da eliminare
(assimilazione del diverso), può costituire una minaccia che va tenuta
sotto controllo perché può disturbare (emarginazione del diverso) oppure
può essere considerata come qualcosa di positivo, di utile, in quanto fonte
di arricchimento individuale e collettivo (valore del diverso). L’interazione è
così possibile grazie anche ad una condivisione di valori comuni che
accomunano ogni cultura perché radicati nella natura stessa della
persona. Come insegna la storia dell’umanità, il contatto tra culture
capace di sorpassare i propri limiti per giungere all’influenza reciproca è in
grado di generare nuove espressioni culturali
35
.
Se si accetta il cambiamento culturale, lo straniero non rappresenta più
una minaccia, ma è il messaggero di tale cambiamento: “Questa
sensibilità larga è capacità di metamorfosi, transizione verso il legame
comune con gli altri, felicità che cerca di costruire se stessa senza
distruggere quella altrui, la tranquillità che viene dall’aver evitato di
umiliare o di essere umiliati, dal piacere della coesistenza dei corpi, di
un’amicizia senza nemici, da un giorno che non sia la notte altrui”
36
.
35
Cesareo, V., (a cura di), Per un dialogo interculturale, Vita e Pensiero, Milano, 2001
36
Cassano, F., Partita doppia. Appunti per una felicità terrestre, Il Mulino, Bologna, 1993,
p.10