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PREMESSA
La tesi tratta il problema delle strade a basso traffico, chiamate in letterature
LVRs (Low Volume Roads), e si pone come obiettivo primario la ricerca di
tecniche di analisi e metodi di gestione di tali strade ed infine lo sviluppo di
una classificazione generale delle stesse. Nel seguito, nella maggior parte dei
casi, tale tipologia di strade è chiamata e classificata in diversi modi (viabilità
minore o rurale, forestale o agro-silvo-pastorale) in accordo all’ente o
all’autore che si è occupato del problema. Per comprendere meglio le
caratteristiche e le problematiche connesse alle strade a basso traffico, d’ora in
poi LVRs, sono illustrate le tecniche di classificazione delle strade dal punto di
vista amministrativo e funzionale a partire dagli anni precedenti
all’emanazione del codice della strada (CDS) per arrivare alla normativa
vigente che prevede si una classificazione ma presenta ancora delle lacune
soprattutto nell’individuare e schematizzare quelle strade al di sotto della
categoria F e che per continuità logica si chiameranno G. La tesi si compone di
cinque capitoli ed è strutturata in modo tale da poter schematizzare il problema
e analizzare le sue componenti singolarmente. Nel primo capitolo s’illustrano
gli aspetti fondamentali della funzionalità della strada e l’importanza di una
classificazione funzionale per una buona comprensione del problema legato
alle LVRs. A tal fine s’inserisce un paragrafo sugli aspetti normativi che
regolano le classi stradali al giorno d’oggi in Italia e un paragrafo che riporta
fedelmente le categorie stradali individuate dal codice della strada. Si analizza
la normativa Italiana che con l’articolo 66 del D.P.R. n.° 616/1977 ha trasferito
tutte le funzioni amministrative dello Stato in materia di boschi alle Regioni
lasciando allo Stato solo le funzioni di indirizzo e coordinamento e si effettua
uno screening di tutte le regioni che hanno vociferato in materia di viabilità
minore. Tale analisi ha dimostrato che ci sono alcune regioni che al giorno
d’oggi non si sono ancora occupate del problema ed altre (vedi Campania,
Lombardia, etc.) che si sono preoccupate di farlo, emanando disposizioni e
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regolamenti all’interno della Regione stessa. Nel secondo capitolo si riportano
le definizioni di low-volume roads trovate in letteratura e una revisione dello
stato dell’arte sulle problematiche connesse alle LVRs, come il tipo di
pavimentazione e la sua vita residua, l’assett management e l’allocazione dei
costi, il comportamento di guida al variare della segnaletica,etc. Nel quinto ed
ultimo paragrafo, di tale capitolo, si analizza la classificazione a livello
internazionale e si approfondiscono tutti i sistemi e le tecniche usate dai vari
soggetti interessati (per lo più Enti statali) per schematizzare in una classifica
funzionale le strade a basso volume di traffico. Tale studio ha permesso, di
sottolineare che il problema ha una valenza internazionale, e di trarre risultati
importanti al fine della ricerca stessa. Per una maggiore comprensione delle
ricerche svolte in ambito internazionale, sono state inserite tre tabelle di sintesi,
che evidenziano gli studi di maggior interesse. Nel terzo capitolo si illustrano,
tramite una breve descrizione, foto, planimetria, profilo altimetrico e con i
diagrammi di velocità e di visibilità, i casi di studio. Il quarto capitolo si
compone: di una prima parte in cui si descrive la scheda di classificazione
adoperata nello studio; di una seconda parte in cui si ripercorre la logica e il
metodo utilizzati per giungere a una classificazione sperimentale delle Low
Volume Roads; e di un’ultima parte in cui si illustrano rispettivamente, per
ogni caso di studio, le indagini sperimentali e l’algoritmo usato per stabilire le
classi stradali. Infine nel capitolo 5 si espongono le conclusioni della tesi,
seguite dalla bibliografia.
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
CAPITOLO 1 – STATO DELL’ARTE
1.1 CRITERI E PROTOCOLLI ESITENTI IN CAMPO
NAZIONALE
1.1.1 La classificazione funzionale delle strade
La classificazione funzionale delle strade colma una lacuna normativa solo in
parte compensata dalla normativa tecnica prodotta in ambito CNR. Essa
risponde alle esigenze di uniformare su tutto il territorio nazionale, le
caratteristiche infrastrutturali e lo standard di percorribilità delle diverse
tipologie di strade; dal punto di vista della sicurezza della circolazione,
favorisce la "tipizzazione" delle strade e costituisce un primo e fondamentale
elemento di "leggibilità" dello spazio stradale. Essa costituisce il presupposto
essenziale in materia di:
norme di circolazione (limiti generali di velocità, segnaletica,
ecc.);
disciplina a tutela della strada (distanza per la costruzione di
edifici o di manufatti a margine della strada, requisiti degli
accessi e organizzazione delle intersezioni);
disciplina relativa alla regolamentazione della pubblicità sulle
strade.
I requisiti infrastrutturali previsti per le differenti classi sono:
requisiti minimi indicati dal Codice stesso (art. 2, comma 3);
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
requisiti specificati nelle norme "funzionali e geometriche per la
costruzione, il controllo ed il collaudo" da emanarsi ai sensi
dell'art. 13, comma 1, sentito il Consiglio superiore dei lavori
pubblici ed il CNR.
I criteri ispiratori di dette norme sono:
la sicurezza della circolazione di tutti gli utenti della strada,
la riduzione degli inquinamenti (acustici ed atmosferici),
il rispetto dell'ambiente e degli immobili di notevole pregio
storico-architettonico.
Le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche costruttive,
tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:
A) AUTOSTRADE;
B) STRADE EXTRAURBANE PRINCIPALI;
C) STRADE EXTRAURBANE SECONDARIE;
D) STRADE URBANE DI SCORRIMENTO;
E) STRADE URBANE DI QUARTIERE;
F) STRADE LOCALI
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
A) AUTOSTRADA: strada extraurbana o urbana a carreggiate
indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con
almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra
e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di
intersezioni a raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi
di assistenza all'utente lungo l'intero tracciato, riservata alla
circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da
appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite
aree di servizio ed aree di parcheggio, entrambe con accessi dotati di
corsie di decelerazione e di accelerazione.
B) STRADA EXTRAURBANA PRINCIPALE: strada a carreggiate
indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con
almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di
intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati,
contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla
circolazione di talune categorie di veicoli a motore; per eventuali altre
categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve essere
attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la
sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.
C) STRADA EXTRAURBANA SECONDARIA: strada ad unica
carreggiata con almeno una corsia per senso di marcia e banchine.
D) STRADA URBANA DI SCORRIMENTO: strada a carreggiate
indipendenti o separate da spartitraffico, ciascuna con almeno due
corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai mezzi
pubblici,banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali
intersezioni a raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni
ed uscite concentrate.
E) STRADA URBANA DI QUARTIERE: strada ad unica carreggiata
con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la
sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia di manovra,
esterna alla carreggiata.
F) STRADA LOCALE: strada urbana od extraurbana opportunamente
sistemata ai fini di cui al comma 1 non facente parte degli altri tipi di
strade.
F-bis) ITINERARIO CICLOPEDONALE: strada locale, urbana,
extraurbana o vicinale, destinata prevalentemente alla percorrenza
pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela
dell’utenza debole della strada.
1.1.2 La classificazione funzionale della viabilità esistente
Il Ministro dei lavori pubblici, entro due anni dall'entrata in vigore dell'attuale
Codice, emana, con i criteri e le modalità di cui al comma 1 CDS (norme
funzionali e geometriche), le norme per la classificazione delle strade esistenti,
in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali di cui all'art. 2,
comma 2. Per quanto riguarda gli obiettivi della classificazione funzionale
della viabilità esistente, oltre a quelli generali (riconoscimento di caratteri di
omogeneità all'interno della classe, spiccata "tipizzazione" delle differenti
categorie), la classificazione della viabilità esistente consente di individuare la
necessità di adeguamento delle singole infrastrutture quando queste (in tutto o
in parte) non corrispondono al livello di prestazione ad esse richiesto.
Diversamente che nel caso di nuove realizzazioni, per le strade esistenti è
ammessa la possibilità di deroga alle norme funzionali e geometriche da
emanarsi (art. 13, comma 1), in presenza di particolari condizioni locali,
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
ambientali, paesaggistiche ed economiche, a condizione che sia garantita la
sicurezza stradale e siano evitati inquinamenti. Condizione necessaria, per il
raggiungimento degli obiettivi propri della classificazione, è che gli Enti
proprietari, ai quali il Codice attribuisce specifica competenza in materia,
adottino criteri e comportamenti uniformi, specie per quanto riguarda il ricorso
alla deroga. Restano irrisolti alcuni problemi:
difficoltà di ricondurre la grande eterogeneità della rete infrastrutturale
esistente entro lo schema di classificazione indicato dal Codice:
la formazione del patrimonio vi ari o è stata accompagnata da
una grande debolezza del quadro normativo-tecnico e
dall'esigenza di un criterio di classificazione a carattere
funzionale;
sovrapposizione di interventi operati in epoche e con standard
differenti;
le norme applicabili alla viabilità esistente dovranno poggiare sugli
stessi criteri (dimensionali e funzionali) adottati per le infrastrutture di
nuova generazione?
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
1.2 ASPETTI NORMATIVI E FINALITÁ DELLA
CLASSIFICAZIONE DELLE STRADE A BASSO VOLUME
DI TRAFFICO
Con riferimento alla viabilità extraurbana minore e rurale è evidente che il
punto di connessione normativo con la classificazione fatta dal CDS sia la
tipologia di strada F, per la quale il D.M. 5/11/01 riporta le seguenti categorie
di traffico e caratteristiche di composizione della carreggiata.
Tabella 1.2.1: Composizione della carreggiata (D.M. 5/11/01)
Tipo secondo codice: Locale F1 , F2
Ambito territoriale Extraurbano
Limite di velocità [km/h] 90
Numero corsie per senso di marcia 1
Intervallo velocità di progetto (Iim.
Inferiore) [km/h]
40
Intervallo velocità di progetto (Iim.
superiore) [km/h]
100
Larghezza corsia [m] 3,50 , 3,25
Larghezza min. della banchina in destra [m] 1,00
Livello di servizio C
Portata di servizio per corsia [autoveic.
equiv./ora]
450
Regolazione della sosta Ammessa in piazzole di sosta
Regolazione dei mezzi pubblici
Fermate organizzate in
apposite aree al
fianco delle carreggiate
Regolazione del traffico pedonale In banchina
accessi ammessi
Per le strade locali extraurbane, il D.M. 5/11/2001 suggerisce quindi la sezione
trasversale riportata nella figura seguente, specificando tuttavia che "Si fa
presente che nell'ambito delle strade del tipo locale debbono considerarsi anche
strade a destinazione particolare, per le quali le caratteristiche compositive
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
fornite dalla Tabella 2.1 e caratterizzate dal parametro "velocità di progetto"
non sono applicabili. Si tratta, in ambito extraurbano, di strade agricole,
forestali, consortili e simili, nelle quali le dimensioni della piattaforma vanno
riferite in particolare all'ingombro dei veicoli di cui è previsto il transito; in
queste il progettista dovrà prevedere opportuni accorgimenti, sia costruttivi che
di segnaletica, per il contenimento delle velocità praticate. In ambito urbano
ricadono in queste considerazioni le strade residenziali, nelle quali prevale
l'esigenza di adattare lo spazio stradale ai volumi costruiti ed alle necessità dei
pedoni". Risulta altresì evidente che, riconducendo all'interno della tipologia F
tutte le strade extraurbane non classificabili come C, si individuano nella
specifica di "strada locale extraurbana" tipologie di infrastrutture che
presentano caratteristiche e funzioni estremamente variabili arrivando ad
includere anche le strade minori e rurali. In tale contesto, appare complesso per
gli enti definire una politica di sviluppo e gestione per la viabilità minore e
rurale che pur presentando evidenti peculiarità non è riconducibile ad
altrettanto puntuali definizioni normative. Nella pratica corrente alcune
amministrazioni hanno ovviato a tale problematica categorizzando in più livelli
le strade locali di tipo F, così da gerarchizzare la propria rete e distinguere le
azioni da porre in atto per sviluppare e mantenere l'intero tessuto
infrastrutturale non prescindendo dalle sue peculiarità.
1.2.1 La viabilità agro-silvo-pastorale
Fanno parte della viabilità agro-silvo-pastorale (o forestale) strade che sono
ubicate in aree montane e collinari, che non sono adibite al pubblico transito e
non collegano centri abitati, realizzate prevalentemente in fondo naturale, che
svolgono molteplici funzioni in campo agricolo e forestale e in subordine
turistico ricreativo. La viabilità minore costituita dalle strade interpoderali e
forestali realizzate nel passato presenta spesso una serie di carenze che, oltre a
costituire dei limiti al loro utilizzo, comportano anche elevati costi di tipo
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
ambientale in termini di fenomeni di dissesto, erosioni superficiali e frane. La
limitata disponibilità finanziaria che è in genere destinata a questo tipo di
viabilità comporta la necessità di contenere i costi di costruzione, ed ha come
conseguenza quella di ridurre al minimo lo sviluppo lineare dei tracciati, di
aumentare in modo eccessivo le pendenze longitudinali e di limitare l’impiego
di opere di mitigazione. Il contenimento dei costi comporta in particolare il
sacrificio delle opere di regimazione delle acque superficiali, cui non viene
data la necessaria attenzione. E’, infatti, ancor oggi frequente il caso di progetti
che prevedono l’allargamento e l’adeguamento di carrarecce e mulattiere,
destinate nel passato al transito pedonale e del bestiame, aventi pendenze
superiori al 20%. Tutto ciò ha come conseguenza la necessità di realizzare
frequenti manutenzioni straordinarie, che, di fatto, si configurano come i veri e
propri interventi di completamento. Attualmente, in materia di viabilità al
servizio di attività agricole e forestali vi è un elevato grado di confusione, sia
per quanto concerne i criteri tecnici progettuali e le modalità di realizzazione,
che per gli aspetti amministrativi e gestionali. Le norme tecniche entrate
nell’uso comune dei tecnici, inoltre, necessitano una revisione ed
aggiornamento anche alla luce delle diverse esigenze del comparto agro-
forestale e delle maggiori istanze connesse alle attività turistiche e del tempo
libero. La situazione si è ulteriormente accentuata con la progressiva attuazione
ed applicazione dei trasferimenti delle competenze amministrative dagli uffici
della Regione a quelli delle Comunità Montane e Amministrazioni Provinciali,
e, molte amministrazioni comunali chiedono ormai insistentemente norme di
riferimento per regolamentare queste strade d’interesse locale che, di fatto,
consentono l’accesso ad ampie porzioni del loro territorio; territorio che spesso
riveste un elevato interesse ambientale e che per la sua valorizzazione e tutela
richiede di una speciale attenzione nel consentire l’ingresso e il transito. In
sintesi, le criticità relative alla cattiva realizzazione della viabilità minore sono
determinate da molteplici fattori:
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scarsa disponibilità finanziaria;
insufficiente analisi tecnica di prefattibilità;
progettazione esecutiva poco approfondita;
carenza nella fase di realizzazione;
insufficiente sicurezza di transito anche in relazione dei mezzi che
generalmente le percorrono;
mancanza di una specifica regolamentazione d’utilizzo.
1.2.2 Analisi delle regioni italiane in funzione delle leggi sulla
viabilità minore
L’art. 66 del D.P.R. n.° 616/1977 ha trasferito tutte le funzioni amministrative
dello Stato in materia di boschi alle Regioni lasciando allo Stato solo le
funzioni di indirizzo e coordinamento. Il D.P.R. n.°143/1997 ha attuato un
ulteriore decentramento coinvolgendo anche gli Enti locali e riorganizzando
l’Amministrazione centrale. Per tale motivo le Regioni hanno affrontato il
problema della ―viabilità forestale‖ (intese come vie di penetrazione alle aree
forestali) in modo indipendente e non coordinato. Si è notato che in ogni legge
regionale ed in seguito in ogni fonte legislativa regionale viene utilizzata una
terminologia differente. Per tale motivo è stata eseguita una indagine
utilizzando termini tipo: infrastrutture forestali, opere forestali, viabilità agro-
silvo-pastorale, strade bianche, ecc. . Da questa ricerca è risultato che alcune
regioni, nonostante la loro spiccata vocazione forestale, non hanno ancora leggi
dettagliate in materia. Perciò si è deciso di fare una seconda ricerca all’interno
dei siti regionali per vedere se in essi vi fossero norme particolari, P.M.P.F.,
piani AIB o Piani Forestali. Quest’ultima ricerca ha colmato solo alcune
lacune. Tutte le Regioni, più o meno, hanno legiferato in materia di ―viabilità‖
in ambiente forestale, però solamente poche di esse hanno fornito indicazioni
su cosa fosse e quali caratteristiche dovesse avere la viabilità forestale.
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La Regione Emilia-Romagna, ad esempio, utilizza tuttora nelle PMPF la
definizione: ― tradizionalmente in uso nei testi didattici e tecnico scientifici
maggiormente significativi del settore forestale nazionale‖ seguendo difatti le
definizioni proposte da Hippoliti.
La Regione Toscana nel Regolamento Forestale L.R. 48/R 2003 definisce
―correttamente‖ la strada forestale, ma praticamente equipara la pista forestale
ad una strada forestale: […si distingue dalla strada forestale per la minore
larghezza e per la discontinuità o assenza di vere e proprie opere permanenti
di regimazione delle acque…]. La Regione Lazio, infine, distingue solamente
il carattere permanente della strada e la temporaneità della pista.
Dalle nostre ricerche è emerso che il panorama italiano è così diviso: 7 sono le
regioni che hanno normative in cui vi sono definizioni e dimensioni, 2 sono le
regioni che all’interno delle loro normative danno solo la definizione o le
dimensioni, 11 sono le regioni con normative in fase di aggiornamento o che
all’interno della propria normativa non danno né definizioni e né dimensioni.
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Tabella 1.2.2. Grafico 1.2.2
Regioni con definizioni e
dimensioni (7)
Regioni con
definizioni (2)
Regioni senza
definizioni o in fase di
aggiornamento (11)
Emilia Romagna
Friuli
Lazio
Toscana
Umbria
Campania
Liguria
Lombardia (Def)
Molise(Dim.)
Abruzzo
Basilicata
Calabria
Piemonte
Puglia
Sardegna
Sicilia
Trentino
Valle D’Aosta
Veneto
Marche
7
2
11
regioni con def. e dim. regioni o con
definizioni o
dimensioni
regioni in fase di
aggiornameno o senza
dim. e def.
regioni con def. e dim.
regioni o con definizioni o dimensioni
regioni in fase di aggiornameno o senza dim. e def.
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― CAPITOLO 1 STATO DELL’ ARTE ―
REGIONE CAMPANIA - Definizioni (IL PIANO FORESTALE
GENERALE 2009/2013)
Si definiscono infrastrutture per la viabilità silvo-pastorale tutte quelle opere
ubicate nelle aree montane e collinari della Regione Campania, realizzate per
permettere l’accesso e la mobilità in aree destinate prevalentemente ad attività
silvo-pastorale. Queste opere sono progettate prioritariamente per l’esercizio
efficace ed economico della selvicoltura e del pascolo e per l’attuazione degli
interventi preventivi di difesa e di soccorso, e utilizzate anche per attività
collaterali di tipo turistico-ricreativo e agricolo. La viabilità silvo-pastorale (nel
prosieguo indicata per brevità con il termine ―viabilità‖) non è destinata in
generale al pubblico transito e, quindi, non è soggetta alle norme del codice
della strada. L’accesso alla viabilità silvo-pastorale dovrebbe essere
disciplinato dal soggetto gestore, nell’ambito di un regolamento di gestione. Le
infrastrutture per la viabilità forestale includono:
le aree di transito;
le aree di carico per l’avvicinamento ed il concentramento dei materiali;
le scarpate di scavo o di riporto;
le opere d’arte per la stabilizzazione del fondo stradale, delle scarpate e
per il contenimento
laterale del fondo stradale e la sicurezza del transito;
le opere di drenaggio delle aree di transito e delle aree di carico;
le opere per il controllo dei fenomeni di erosione ed i movimenti di
massa in tutte le aree interferenti con la viabilità, ivi incluse le opere di
sistemazione degli alvei per i tratti direttamente interferenti con
l’infrastruttura viaria.