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Capitolo 2: Giustizia Ambientale e la sua misurazione: il progetto di
Mani Tese
Dopo aver esaminato i preoccupanti problemi che pervadono la scena contemporanea,
è arrivato il momento di volgere l’attenzione al paradigma teorico della giustizia
ambientale. Esso costituisce un campo di ricerca emergente capace tanto di identificare
quanto di risolvere le disuguaglianze ambientali che colpiscono interi gruppi sociali e
comunità in tutto il mondo, che esasperano conflitti e lotte per il diritto ad un ambiente
salubre o alla proprietà sulle terre. In un mondo dove la crescita economica è ancora
largamente perseguita come obiettivo dalla politica e dalla classe dirigente, la voce dei
ricchi continua a surclassare quella dei poveri, che rimangono lacerati dai danni che la
loro stessa esclusione aggrava.
La questione ambientale e quella sociale, sotto la lente di questo approccio della
giustizia, non sono separabili. Chi combatte e resiste alle ingiustizie ambientali non può
essere eclissato da chi, più ricco materialmente, ha il potere di generare il danno
ambientale lasciando gli altri nell’impotenza di subirne le peggiori conseguenze senza
ottenerne protezione o compensazione. Così come la salubrità dell’ambiente non può
essere preclusa a coloro che non possono permettersi un ambiente sano come lusso.
Inoltre, quando entrano in gioco criminalità e corruzione, la vita di coloro che in prima
linea difendono la propria terra e il proprio ambiente (e l’ambiente stesso) possono correre
rischi enormi, come rivelano in modo eloquente i casi riportati dall’ONG Global Witness
nel report del 2019 Defending Tomorrow: The climate crisis and threats against land and
environmental defenders
10
.
10
Il rapporto annuale 2019 sulle uccisioni di difensori della terra e dell'ambiente mostra il numero più
alto di omicidi in un solo anno da quando l’organizzazione ha cominciato a tracciarli. duecentododici
difensori del territorio e dell'ambiente sono stati uccisi nel 2019, una media di oltre quattro persone a
settimana (vedi: https://www.globalwitness.org/en/campaigns/environmental-activists/defending-
tomorrow/).
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Ancora una volta, vale la pena sottolineare che fino a quando l’intento principale delle
politiche degli Stati, degli stessi organismi internazionali e delle grandi aziende rimarrà
la rincorsa ai profitti, le risposte concrete a queste reiterate ingiustizie resteranno sempre
inadeguate, in quanto dimentiche di troppi aspetti sociali ed ambientali che riguardano le
persone più deboli ed esposte (Pavia, Pasquinelli D'Allegra, and Pesaresi, 2017). La
prevalente attenzione alla massimizzazione dei profitti a breve termine non può più essere
un modello da perseguire in direzione di uno sviluppo sostenibile, perché vizio della
tensione necessaria per valutare in maniera adeguata le conseguenze a medio e lungo
periodo (ibidem).
Quello che in questo capitolo verrà presentata è l’analisi del progetto – promosso
dall’ONG Mani Tese - di un Indice per misurare la Giustizia Ambientale (IGA), gli ambiti
di interesse teorico di riferimento che costituiscono la base per la scelta degli indicatori
da aggregare con le finalità che tale piano di lavoro si prefigge.
Lavoro corposo, esso è esemplare e virtuoso nell’inserirsi nel discorso fino a qui
condotto, come risposta alla necessità di nuovi strumenti e pratiche che prima di tutto
sappiano immaginare, con una visione olistica e complessa, nuovi modelli di sviluppo.
2.1 - L’ambiente come elemento di equità e giustizia sociale
A partire dalla fine degli anni '70 e all'inizio degli anni '80 del Novecento cominciò a
prendere forma un movimento per la giustizia ambientale negli Stati Uniti d’America.
Dall’interno di alcune comunità di colore e comunità povere bianche, un certo numero di
gruppi organizzati fecero emergere preoccupazioni concernenti l’inquinamento tossico e
pericoloso che si stava aggravando nei quartieri dove essi vivevano, lavoravano e
giocavano (Brulle e Pellow, 2006). Fu così che nacque l’Environmental Justice
Movement, la cui “storia ufficiale” viene registrata dal 1982, e i primi discorsi accademici
negli anni Novanta (Martinez Alier, 2009).
Questo fu il primo movimento per la giustizia ambientale a prendere consapevolezza
e ad adottare un chiaro piano di azione per un cambiamento sociale (diffondendosi
successivamente altrove), tuttavia è necessario sottolineare come, nella realtà, conflitti
locali scaturiti da ingiustizie ambientali siano molto antecedenti anche se non vi era dato
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alcun riferimento in questi termini. Ancora oggi, molto spesso, i leaders dei gruppi locali
non utilizzano un linguaggio ambientalista nel reclamare giustizia (Martinez Alier, 2009)
dal momento che non è una questione di ambientalismo - come potremmo intenderlo con
l’accezione di “salvaguardia e tutela dell’ambiente” - ma di lasciare intatta l’esistenza che
essi hanno indissolubilmente costruito con le risorse della propria terra e il rispetto e cura
sostenibile dei propri luoghi.
L’enciclopedia Treccani, ad una prima definizione che identifica la giustizia
ambientale come il «principio […] per la difesa dei diritti civili che riconosco l’ambiente
come elemento di equità e giustizia sociale», aggiunge come tale principio abbia anche
«la connotazione di difesa dal depauperamento e prelevamento di risorse appartenenti a
comunità insediate», che nella pratica si traduce «in azioni e interventi in favore del
riconoscimento alle comunità insediate del diritto di esercitare il controllo sulle risorse in
termini di accesso e distribuzione, di ripartizione dei proventi e dei costi derivanti dallo
sfruttamento, di compensazione per i danni e svantaggi ambientali derivanti dallo
sfruttamento e di riallocazione dei vantaggi»
11
.
Il modello della giustizia ambientale interpreta proprio dove è segnalata «l’esigenza di
ridefinire e riallacciare legami di appartenenza tra comunità e luoghi» (Bagliani e
Dansero, 2011: 332) dall’insorgere dei conflitti, esplorando il ruolo dell’ambiente nella
conflittualità per ricercare gli aspetti distributivi del potere tra gruppi sociali nonché la
distribuzione degli effetti dei danni/benefici tra gli stessi. Tutto ciò in una dimensione
multi-scalare, dai rapporti dialettici tra la periferia e il centro (dove di solito si constatano
le maggiori iniquità) alle relazioni che intercorrono tra la scala locale e nazionale fino a
quella globale (ivi).
Abbandonare il meccanismo brutale della logica di esclusione ed espulsione che
l’attuale modo di consumo produce nei confronti della terra, dei diritti, del tessuto sociale,
per abbracciare invece un’etica ecologica che sappia restituire all’attività economica le
riflessioni sociali (EDITORIALE n.487 Anno LI - dicembre 2015
12
) e contribuire ad una
reale logica di equità e giustizia è l’aspirazione più pregnante di questo paradigma.
11
Vedi: http://www.treccani.it/enciclopedia/giustizia-ambientale_%28Lessico-del-XXI-Secolo%29/,
consultato nell’agosto 2020.
12
ivi nota numero 8.
25
Dimensioni imprescindibili per consentire il perseguimento di giustizia ambientale (e
sociale) sono la partecipazione e il graduale empowerment alle decisioni ambientali delle
comunità locali (Martinez Alier, 2009; Bagliani e Dansero, 2011; Mani Tese, 2017). La
comunità locale diventa pertanto il primo veicolo per il sostenibile sviluppo del territorio,
che deve essere fornita dei giusti mezzi per partecipare alle decisioni in materia di uso
delle risorse e per accedere alle informazioni sullo stato dell’ambiente. È così che la
giustizia ambientale si caratterizza come un processo di movimento dal basso verso l’alto
(bottom-up). La questione ambientale e quella sociale hanno i loro centri e le loro periferie
di manifestazione: la giustizia ambientale le studia dalle periferie.
2.2 - Il progetto di Mani Tese: origini e contesto progettuale di ricerca
Per orientarci nel progetto di Mani Tese faremo largo riferimento ad alcuni documenti
pubblicati dall’associazione consultabili sul sito web e ad altri non pubblicati, interni
all’organizzazione o presentati, in corrispondenza di bandi nazionali, alla visione dei
soggetti emanatori.
Mani Tese, nata nel 1964, è stata una delle prime organizzazioni non governative che
in Italia si è attivata per l’estrema fame e povertà nel mondo. Nello suo Statuto
13
si legge:
«Mani Tese intende perseguire, con metodo e continuità, una azione contro la fame nel
mondo e gli squilibri fra il nord e il sud del pianeta e contro le cause prioritarie che li
determinano [..]»
14
. Nei suoi 56 anni di attività ha sempre contraddistinto la propria
azione su questi principi, smuovendo nell’opinione pubblica la chiamata a un “impegno
di giustizia” – che, peraltro, è poi diventato lo slogan dell’organizzazione.
Pur non avendo declinato esplicitamente la propria azione all’ambito ambientale,
l’analisi e la consapevolezza del rilievo che nel corso del tempo sono accresciute intorno
a questa dimensione hanno permesso all’organizzazione di rielaborare la propria missione
di giustizia, aggiungendo agli obiettivi di giustizia sociale ed economica, anche quella
fondamentale della “giustizia ambientale”. Essa viene intesa come «la ridefinizione delle
13
Revisionato nel 2012, all’art.2 punto 1.
14
Pubblico sul sito web di Mani Tese, scaricabile al seguente link: https://www.manitese.it/wp-
content/uploads/2018/08/nuovo-statuto-MT-2012.in-vigore.pdf (consultato nell’agosto 2020).
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forme di sovranità sui beni comuni e delle relative modalità di accesso, gestione e
controllo, al fine di promuovere un diverso modello di sviluppo fondato sui valori di
uguaglianza e sobrietà» (Mani Tese, 2017).
Carichi di questa nuova missione, l’azione sui temi della giustizia ambientale si è
avviata a partire dal 2012
15
. Soprattutto in questi ultimi anni (2015-2020) Mani Tesi si è
concentrata su nuovi importanti punti di lavoro per rafforzare le proprie competenze in
questo filone di studio e contribuire ancor più significativamente ai lavori sul tema. Si
apre infatti l’obiettivo di consolidare la capacità di produrre contenuti di ricerca, analisi e
informazione sui temi della Giustizia Ambientale. In particolare, la «capacità di rilevare,
analizzare e documentare fenomeni complessi (es. accaparramento delle terre, iniquo
sfruttamento delle risorse naturali ecc.)» (Mani Tese, 2015) e di saperli conseguentemente
comunicare a differenti target (decisori politici, attivisti, opinione pubblica ecc.), tramite
la redazione annuale di un rapporto sulla giustizia ambientale.
In tal modo è stato elaborato l’Indice di Giustizia Ambientale (IGA), con la volontà
scientifica e politica di districarsi nella fitta trama di lavori che sono stati nel tempo
condotti, fornendone una resa sinottica che, con tale strumento di misurazione, incoraggia
un approccio metodologico quantitativo al tema, utile per l’ambito delle politiche
pubbliche (Mani Tese, 2019).
2.3 - Dimensioni teoriche di interesse e indicatori correlati
Nonostante l’esistenza di molteplici organizzazioni e centri di ricerca impegnati a
fornire dati e documentazioni sui conflitti ambientali e sui fenomeni di ingiustizia
16
,
l’approccio globale e metodologico di Mani Tese è sicuramente innovativo in quanto, per
la raccolta dati dell’indice, ha deciso di fare affidamento su banche dati «istituzionali,
autorevoli e open access» (Mani Tese, 2019). Le varie dimensioni che definiscono la
15
In particolare, con il favore di una progettazione europea conclusasi nel 2014, dal titolo “Grabbing
Development. Towards new models of North/South relations for fair exploitation of natural resources” e al
progetto di capacity building “Sulla dimensione ambientale dell’impegno di giustizia di Mani Tese”,
finanziato dalla Fondazione Cariplo nel periodo gennaio 2013-dicembre 2014.
16
Ad esempio, l’Environmental Justice Institute (Germania), il Center for Environmental Justice and
Sustainability dell’università di Seattle (USA), il Global Environmental Justice Group dell’università
dell’East Anglia (UK), A Sud in Italia e molte altre in ogni parte del globo (Mani Tese, 2017).