2 Introduzione
La tematica del Cost of Capital (CoC), su cui l’utilizzo dei margini si basa, e`
stata uno dei temi piu` discussi della finanza aziendale dalla seconda meta` del
ventesimo secolo, in particolare su quale ne debba essere la definizione e come
esso possa essere effettivamente calcolato: prima di giungere alle regolamenta-
zioni australiana e svizzera, e al recente progetto di uno standard europeo, si
sono proposti diversi metodi di valutazione, tra cui le varie versioni del CAPM
e il MCPM.
In questo lavoro, si e` discusso di questi temi per poi giungere al calcolo dei
requisiti patrimoniali di solvibilita` per il rischio di mortalita` di un portafoglio
di polizze Vita della compagnia Fondiaria-SAI S.p.A., analizzando nella pratica
alcune delle tematiche sopra proposte, in particolare l’approccio factor–based
richiesto dal QIS2 e l’utilizzo dei metodi del percentile e del CoC per la valu-
tazione del margine prudenziale da sommare al SCR.
La tesi e` strutturata come segue:
• Nel primo capitolo, e` stato tracciato un breve excursus storico in materia
di solvibilita` assicurativa, per poi concentrarsi sulle principali caratteristi-
che dei regimi di Solvency I e II: viene effettuato un confronto tra questi e
con alcuni tra i principali sistemi di solvibilita` mondiali, compreso quello
derivante dagli accordi di Basilea per le imprese bancarie. Seguono alcune
considerazioni sulle principali innovazioni previste con l’introduzione di
Solvency II;
• Nel secondo capitolo, si sono analizzati i due studi di impatto quantitativo
finora svolti dagli assicuratori europei: per quanto riguarda il QIS1, se ne
sono riportati gli obiettivi, i metodi e i principali risultati ottenuti, mentre
per quel che concerne il QIS2, ci si e` concentrati sulle specifiche tecniche
del test e sull’insieme di rischi sulla base dei quali e` stato effettuato il
calcolo dei requisiti patrimoniali di solvibilita`;
Introduzione 3
• Nel terzo capitolo, l’attenzione si e` concentrata su una delle problematiche
sollevate dal secondo studio di impatto quantitativo: il Cost of Capital.
Nel corso della trattazione, si e` data una definizione di costo del capitale
secondo diverse prospettive e teorie, per poi passare alle metodologie di
calcolo piu` diffuse: il CAPM base, il MCPM e le loro principali alterna-
tive. Nella seconda parte del capitolo, vengono descritti in modo esteso
la valutazione dei risk margin da parte dell’autorita` australiana, il mo-
dello Swiss Solvency Test e l’approccio del Cost of Capital e la proposta
standard del Comitato Europeo delle Assicurazioni;
• Nel quarto capitolo, dopo una trattazione teorica sulle polizze miste, su
un modello di mortalita` stocastico basato sul processo di Feller e sui
dettagli dell’approccio factor–based del QIS2 per il calcolo del SCR per il
rischio di mortalita`, e` stata effettuata l’analisi di un portafoglio di polizze
Vita: dapprima si sono calcolati i requisiti QIS2 secondo il modello di
Feller, caricando le riserve tecniche di un margine al 75mo percentile, e due
approcci deterministici basati rispettivamente sulla tavola demografica
SIM92 e sulla best practice attuariale di Fondiaria-SAI S.p.A., per poi
effettuare il calcolo e una valutazione di sensitivita` dei margini costruiti
attraverso la metodologia del CoC svizzero.
• Nelle pagine successive, sono riportate le conclusioni della tesi e alcune
appendici, che contengono stralci della normativa europea in materia di
solvibilita`, l’elenco dei rami Danni e Vita italiani, europei e ai fini del
QIS2 e una curva di rendimenti azionari su cui e` svolta parte della sensi-
tivity analysis di cui al capitolo quattro. Sono riportati inoltre un elenco
contenente i principali siti Internet consultati e la bibliografia.
Per la scrittura di questa tesi, sono stati utilizzati alcuni software: in particolare,
le simulazioni e i calcoli dell’analisi empirica riportata nel quarto capitolo sono
stati effettuati con SAS 8 e con Matlab R2006a; le figure sono state realizzate
con Microsoft Excel 2003 e con Gimp 2.2 e, per la stesura del testo, delle
4 Introduzione
formule e delle tabelle, si e` fatto uso di TeXnicCenter 1 Beta 7.00, compilatore
del linguaggio di programmazione LATEX.
5Capitolo 1
La vigilanza prudenziale
dell’UE: da Basilea a Solvency e
ai QIS1
1.1 Introduzione
Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da grandi cambiamenti nella politica
comunitaria relativa alla vigilanza prudenziale: in particolare, nel 2003 si so-
no conclusi i lavori preliminari sull’architettura generale del nuovo assetto del
sistema di vigilanza, denominato Solvency II, che prevedera` un approccio in-
tegrato al rischio per le compagnie di assicurazione; nel 2007 la Commissione
Europea dovra` adottare una proposta di direttiva e nel 2010 il nuovo regime
entrera` in vigore.
Il principale obiettivo di Solvency II e` tutelare gli assicurati attraverso la defini-
zione di una misura di solvibilita` che tenga conto dei rischi a cui l’assicuratore
potrebbe essere soggetto nello svolgimento della sua attivita` in misura piu` ef-
ficace dei criteri attualmente adottati da Solvency I.
Il nuovo sistema dovrebbe avere le seguenti caratteristiche:
1Riferimenti principali del capitolo: [74] e [29]
6 La vigilanza prudenziale dell’UE
• si dovra` basare su principi e non su regole dettagliate, lasciando cos`ı
maggiore autonomia e flessibilita`;
• il calcolo del capitale richiesto per la solvibilita` dell’impresa si basera` su
coefficienti espressi in valore di mercato;
• l’uso di modelli interni verra` incentivato;
• Solvency II promuovera` la coerenza tra settori finanziari diversi, l’armo-
nizzazione delle pratiche di vigilanza europee e la convergenza delle regole
prudenziali internazionali;
• analogamente all’approccio di Basilea II per le banche, si articolera` su tre
pilastri, che verranno descritti in seguito.
Tenuto conto di queste osservazioni, Solvency II dovrebbe mostrare in modo
piu` dettagliato la solvibilita` delle singole imprese, soprattutto grazie all’utilizzo
di valori di mercato consistenti e di requisiti specifici per la copertura dei rischi:
non dovrebbe modificare in modo sostanziale la capitalizzazione del mercato in
generale, ma potrebbe avere effetti importanti sulle compagnie prese singolar-
mente. Anche le riserve andranno espresse in valori market consistent, cio` che
aumentera` la trasparenza e la comprensione del rischio di riservazione, incenti-
vando il miglioramento nelle pratiche di costituzione delle riserve.
La definizione dei requisiti di capitale a copertura dei rischi potrebbe portare
a una maggior tariffazione e modifiche ai prodotti, soprattutto quelli in cui il
cui costo dei sinistri e` molto volatile (es. Property); in particolare, nel ramo
Vita potrebbe essere necessario reimpostare le opzioni e le garanzie concesse
alla clientela.
I requisiti imposti a fronte dei rischi di investimento verosimilmente indurranno
gli assicuratori a ridurre la propria esposizione ai mercati azionari, diminuendo
in tal modo la correlazione tra le proprie poste, in particolare i premi del ramo
Danni, e le fluttuazioni di borsa.
Il Comitato Europeo delle Assicurazioni (CEA) ha posto l’accento2 sull’impor-
2Cfr. documento [19]
1.2 Excursus storico sui requisiti di vigilanza prudenziale 7
tanza del risk mitigation, in particolare tramite riassicurazione: questa e altre
forme di trasferimento del rischio, come per esempio le cartolarizzazioni e le
strategie di hedging, verranno valutate calibrandole a seconda della loro ca-
pacita` di attenuare il rischio in cui puo` incorrere l’impresa; questo potrebbe
portare ad una modifica delle pratiche di cessione e copertura e ad una crescita
nell’utilizzo di strumenti innovativi di risk management.
Il nuovo regime, in sintesi, indurra` le compagnie a porre maggior attenzio-
ne nell’analisi delle componenti del rapporto rischio/redditivita`, promuovendo
una miglior gestione del rischio, della tariffazione e del capitale; importante
e` l’aspetto economico della gestione: a questo fine, Solvency II terra` conto di
elementi come la diversificazione, l’uso di modelli interni, le forme di redistri-
buzione dei rischi e la trasparenza.
1.2 Excursus storico sui requisiti di vigilanza
prudenziale nell’Unione Europea
Prime norme. Furono le direttive CEE 239 del 1973 e 267 del 1979, rispettiva-
mente per il ramo Danni e il Vita, ad inaugurare la normativa comunitaria sulla
solvibilita` delle imprese di assicurazione: esse introducevano la costituzione di
“ammortizzatori patrimoniali” a tutela dei rischi3. Dopo una seconda genera-
zione di direttive (88/315 per l’assicurazione Danni e 90/619 per l’assicurazione
Vita), a partire dal 1994 vennero approvate le direttive di terza generazione,
che aprivano i mercati, eliminando i controlli su premi e prodotti all’interno
della UE: questo primo sistema di normative aveva l’obiettivo di consentire
alle autorita` di vigilanza di individuare e intervenire in modo tempestivo nella
risoluzione dei problemi che fossero insorti tra le compagnie, offrendo una tute-
la agli assicurati. La direttiva imponeva semplicemente uno standard comune,
lasciando ai singoli Stati la possibilita` di prevedere regole particolari.
3Alcuni articoli di queste direttive sono consultabili nell’appendice A.
8 La vigilanza prudenziale dell’UE
Gli Accordi di Basilea. Il primo Accordo del Comitato di Basilea per la Vigilan-
za Bancaria risale al 1988: pur riguardando le imprese bancarie, e` interessante
perche´ prevedeva un requisito minimo di capitale ponderato per il rischio per le
banche del G10 attive su base internazionale; nel 1993 il rapporto capitale/attivi
ponderati per il rischio fu posto pari all’8%. Il primo Accordo prevedeva po-
che classi di rischio, associandole a coefficienti di ponderazione prestabiliti e
approssimativi: a questo ha posto rimedio il nuovo Accordo del 1998, entrato
definitivamente in vigore nel 2004, che adotta un sistema di rating interni ed
esterni per calibrare i pesi dei vari rischi4. Basilea II e` stato preceduto da alcuni
studi di impatto quantitativo (QIS 1–4), su base internazionale nel 2001 e 2002
e, nel 2004, da parte dei paesi membri del G10. Il 16 giugno 2006 sono stati
pubblicati i risultati del QIS 5, svolto negli ultimi mesi del 2005 per migliorare
la calibrazione del sistema Basilea II.
Solvency I. A differenza di cio` che e` avvenuto in materia bancaria, la regola-
mentazione della solvibilita` assicurativa non ha subito grosse innovazioni fino
al 2002, anno di introduzione di Solvency I grazie alle direttive CE 12 (Vita)
e 13 (Danni)5, le cui norme sono divenute vincolanti nel 2004: esse lasciavano
sostanzialmente immutato il calcolo del livello di solvibilita`, pur correggendo
alcune componenti per ottenere una stima piu` realistica (per esempio, innalzan-
do il fondo minimo di garanzia, la soglia per il calcolo del margine di solvibilita`
nel ramo Danni, la composizione del capitale disponibile). La vigilanza era raf-
forzata dal fatto che le compagnie avessero l’obbligo di mantenere i requisiti di
capitale in via continuativa – e non solo in sede di compilazione del bilancio –
e la facolta` di intervento delle autorita` venisse estesa.
Punti di forza e debolezza di Solvency I. Tra i punti di forza di Solvency I sono
sicuramente da citare la sua semplicita` e la sua robustezza; a cui vanno pero`
contrapposti alcuni punti deboli:
• In primo luogo, le attivita` e le passivita` (ed in particolare le riserve tec-
4Per approfondimenti, si puo` consultare il cap.12 del libro [55].
5Nell’appendice A sono stati riportati alcuni articoli delle due direttive.
1.3 Gli obiettivi e le regole di Solvency II 9
niche) della compagnie non vengono valutate con un approccio market
consistent ;
• I requisiti di solvibilita` dipendono da parametri numerici derivanti da ap-
prossimazioni, che potrebbero rivelarsi inadeguate in sede di valutazione
dei rischi;
• I rischi tecnici vengono ampliamente considerati, mentre gli altri – come
il rischio di investimento – sono trattati in maniera parziale o addirittura
ignorati;
• Non e` prevista una riduzione dei requisiti patrimoniali nel caso di politi-
che di diversificazione, ridistribuzione e trasferimento del rischio, interdi-
pendenza tra attivita` e passivita` di bilancio, mentre la riassicurazione e`
considerata solo parzialmente, peraltro senza tenere in conto gli effetti del
trasferimento del rischio e la qualita` creditizia delle imprese riassicuratrici.
Da questi punti emerge il fatto che Solvency I tratta solo in linea approssima-
tiva il profilo di rischio specifico di ogni singola compagnia: questo riflette la
sua natura di soluzione transitoria verso una regolamentazione piu` approfon-
dita che rifletta in modo piu` adeguato i rischi che l’assicuratore effettivamente
incontra nell’esercizio della propria attivita`.
Solvency II. Nel 2001, la Commissione Europea ha avviato il progetto Solvency
II che, come abbiamo scritto all’inizio di questo capitolo, trovera` compimento
solo nel 2010, anno di conclusione del processo di recepimento da parte degli
Stati membri.
1.3 Gli obiettivi e le regole di Solvency II
1.3.1 Obiettivi, fasi e architettura del progetto
Solvency II, anche alla luce dell’evoluzione storica della vigilanza prudenziale
comunitaria, si pone i seguenti obiettivi:
10 La vigilanza prudenziale dell’UE
• Tutelare gli assicurati;
• Definire un requisito di solvibilita` patrimoniale che tenga adeguatamente
conto dei rischi a cui e` soggetto l’assicuratore, pur evitando un’eccessiva
complessita` regolamentativa;
• Tenere conto dei movimenti di mercato;
• Indicare dei principi evitando un approccio troppo prescrittivo;
• Evitare requisiti patrimoniali eccessivi e non necessari.
Il progetto e` stato suddiviso in due fasi:
1. Definizione dell’architettura generale;
2. Elaborazione dettagliata di Solvency II.
I lavori relativi alla prima fase si sono conclusi nei primi mesi del 2003 e la
concezione generale del nuovo regime di vigilanza e` stata accolta in modo favo-
revole dal Comitato delle Assicurazioni della Commissione Europea. Il sistema
presenta alcune caratteristiche fondamentali, cos`ı riassumibili:
• La valutazione della solvibilita` complessiva di un’impresa di assicurazione;
• Una struttura a tre pilastri, analoga a quella di Basilea II per il settore
bancario, che verra` analizzata nel corso del prossimo paragrafo;
• Un approccio risk-based, che incentivi le compagnie di assicurazione a
misurare e a gestire i rischi, anche per mezzo di modelli interni;
• Due tipologie di requisiti di capitale: un livello minimo assoluto ed un
livello obiettivo di solvibilita`;
• La coerenza tra i diversi settori finanziari;
• Il rafforzamento dell’efficienza nella vigilanza sui gruppi assicurativi;
1.3 Gli obiettivi e le regole di Solvency II 11
• L’armonizzazione dei metodi di vigilanza, sia sotto l’aspetto quantitativo
che qualitativo;
• La capacita` di adattamento agli sviluppi internazionali, al fine di favorire
una maggiore convergenza nella definizione delle norme prudenziali.
1.3.2 La struttura a tre pilastri di Solvency II
Solvency II sara` articolata in una struttura a tre pilastri organizzata come da
Figura 1.1:
Figura 1.1: La struttura a tre pilastri di Solvency II (Fonte: [74], pag.8).
Il primo pilastro. Il primo pilastro di Solvency II riguarda i requisiti finanziari
delle compagnie, in termini di appropriatezza delle riserve tecniche (le passivita`
delle polizze), degli attivi a sostegno degli impegni della compagnia e dell’am-
montare minimo di capitale.
La valutazione delle technical provision riveste un ruolo fondamentale all’inter-
no del primo pilastro, in quanto la loro entita` avra` un impatto fondamentale
sui requisiti di capitale: l’obiettivo e` armonizzare i metodi per il calcolo delle
riserve tecniche per ottenere una buona compatibilita` con i principi contabi-
li internazionali. In ogni caso, il Comitato delle autorita` di vigilanza europee
12 La vigilanza prudenziale dell’UE
delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali (CEIOPS), nel do-
cumento [30], raccomanda che i passivi assicurativi vengano valutati a partire
dal valore attuale atteso dei flussi finanziari (best estimate liabilities), caricati
di un risk margin prudenziale esplicito.
L’introduzione della valutazione a valori market consistent delle poste di bi-
lancio e` una delle piu` importanti innovazioni della seconda fase di Solvency e
avra` un impatto determinante sul risultato del calcolo di solvibilita`: per quel
che riguarda i requisiti di capitale, infatti, si e` detto in precedenza che Solvency
II prevede due livelli, calcolati sulla base di valutazioni in linea con il mercato.
Questi sono (definizione del CEIOPS, [30]):
1. Il Minimum Capital Requirement (MCR): livello di capitale che rappre-
senta la soglia al di sotto della quale le obbligazioni assunte da una compa-
gnia presentano un’esposizione al rischio inaccettabile per gli assicurati;
se tale livello venisse superato, l’autorita` di vigilanza sarebbe autoriz-
zata ad intervenire. Data l’importanza e l’estrema delicatezza di questa
misura, essa dovra` essere semplice, affidabile e sicura;
2. Il Sovency Capital Requirement (SCR): livello di capitale che consente
alla compagnia di assorbire significative perdite inattese e fornire ai sot-
toscrittori di polizze la ragionevole certezza che le obbligazioni nei loro
confronti verranno rispettate. Esso dovra` tener conto della quantita` di ca-
pitale necessaria a far fronte a tutti gli impegni assunti su un determinato
orizzonte temporale, ad un dato livello di confidenza; per essere una misu-
ra affidabile, deve tener conto di tutti i rischi significativi e quantificabili
a cui l’impresa e` esposta.
Per il calcolo del SCR gli assicuratori possono ricorrere sia al modello standard,
di cui si parlera` diffusamente in seguito, sia al proprio modello interno, da
sottoporre ad approvazione e convalida delle autorita` di vigilanza. L’uso di
modelli interni consentirebbe alle compagnie di calcolare il proprio margine di
solvibilita` in modo da riflettere i rischi che devono effettivamente affrontare
1.3 Gli obiettivi e le regole di Solvency II 13
nella gestione della propria attivita`, giungendo in generale ad un SCR inferiore
a quello previsto dal modello standard.
Come sottolineano il Chief Risk Officer Forum (CROF) e il CEA in [14, pag.32],
il calcolo del capitale di solvibilita` deve basarsi sul valore economico di tutti gli
attivi e i passivi della compagnia: questo aspetto e` citato da IAA ([57, pag.14])
e CEA ([17, pag.3]) come Total Balance Sheet Approach.
Il calcolo del SCR richiede due definizioni: la misura di rischio e il livello di
confidenza. Le misure di rischio sono funzioni che associano una quantita` di
capitale ad una distribuzione di utili o perdite economici: tra le piu` utilizzate
vi sono il valore a rischio (VaR) e l’expected shortfall (ES), spesso definita come
tail value at risk (TailVaR). La misura VARα viene definita come la differenza
tra il risultato avverso che viene superato solo in α anni su 100 (cioe` nell’α% dei
casi) e il risultato atteso; l’ESα e` un indicatore piu` restrittivo, poiche´ aggiunge al
value at risk la maggiore perdita attesa con la condizione che la soglia specifica
sia superata: quest’ultima misura, quindi, considera anche la coda (tail) della
distribuzione e sposta l’attenzione dalla sola probabilita` di insolvenza al rischio
di fallimento vero e proprio. In formule:
V ARα ≡ inf {x|P (X > x) ≤ 1− α}
ESα ≡ E [X|V ARα (X)]
dove X e` una variabile aleatoria arbitraria definita su R e 1 − α e` il livello di
confidenza. Si osservi la Figura 1.2 per un confronto grafico tra le due misure.
Il CEIOPS si e` mostrato favorevole all’adozione di modelli basati sul TailVaR6:
dal punto di vista economico e tecnico, l’ES e` da preferire al VaR in quanto e`
una misura piu` coerente del rischio, tuttavia il VaR potra` essere calibrato in
modo da offrire un grado di prudenza simile. Il CEIOPS propone un livello di
confidenza del 99,5% (cioe` una probabilita` di default pari a 1 su 200) e sugge-
risce un orizzonte temporale di un anno.
6Si veda il documento [30]
14 La vigilanza prudenziale dell’UE
Figura 1.2: Distribuzione delle perdite e dell’utile e misure di rischio (Fonte: [74],
pag.11).
Un altro punto da considerare in merito al primo pilastro e` l’allocazione degli
investimenti a copertura di riserve e capitale: l’attuale proposta e` che essi siano
effettuati con lo scopo di garantire la sicurezza, il rendimento e la negoziabi-
lita` degli stessi. Ne segue che la regolamentazione dovra` prevedere una serie
di criteri di idoneita` e/o una lista di classi di allocazione idonee, tuttavia una
minoranza all’interno del CEIOPS preferirebbe un’approccio basato su principi
piu` generali.
Il secondo pilastro. Esso riguarda le procedure di vigilanza, di cui si dovranno
definire i principi, e la gestione del rischio: il primo aspetto riguarda l’armo-
nizzazione delle procedure di vigilanza a livello comunitario, il coordinamento
delle attivita` in caso di crisi, i poteri e gli strumenti a disposizione delle au-
torita`, i principi di trasparenza e responsabilita` e il processo di peer review ;
il secondo aspetto, invece, comprende la definizione dei principi di controllo
interno per una corretta gestione del rischio, mediante la verifica dei modelli,
l’implementazione di stress test, i processi di governance, l’esistenza di adeguati
1.3 Gli obiettivi e le regole di Solvency II 15
criteri per l’alta direzione, la qualita` del risk mitigation. Il CROF ribadisce7
l’importanza della gestione del rischio, ponendo in particolare l’accento sulla
componente di diversificazione, i cui vantaggi si manifestano su quattro livelli,
di cui le autorita` di regolamentazione dovrebbero tenere conto:
1. all’interno di singole tipologie di rischio;
2. tra piu` tipologie di rischio;
3. tra entita`, in una determinata area geografica;
4. tra entita`, aree geografiche e normative differenti.
Il secondo pilastro, inoltre, valutera` in modo qualitativo i rischi che non posso-
no essere quantificati attraverso il primo pilastro.
Il terzo pilastro. Esso riguarda la disciplina di mercato e si basa sulla diffusione
delle informazioni e sulla trasparenza, al fine di offrire un quadro completo dei
rischi a cui le imprese di assicurazione sono esposte. Non e` sicuro che tutte le
informazioni di vigilanza verranno rese pubbliche, in quanto alcune potrebbero
aggravare la posizione di un assicuratore con problemi di solvibilita`; si terra`
comunque conto del fatto che tali notizie potrebbero essere importanti al fine
di consentire agli assicurati (e piu` in generale a tutti i portatori di interesse) la
possibilita` di compiere scelte informate.
1.3.3 Gli studi di impatto quantitativo
Seguendo l’esempio del Comitato di Basilea, l’adozione di Solvency II e` stata
preceduta da due quantitative impact studies (QIS), elaborati sotto forma di
questionario da parte del CEIOPS8 a cui le imprese di assicurazioni che si sono
dichiarate disponibili hanno risposto negli ultimi mesi del 2005 – nel caso del
7Nel documento [13].
8Cfr. con il documento [33].