6
Non bisogna, inoltre, dimenticare che il soggetto passivo del tributo è titolare di
un complesso di posizioni giuridicamente tutelabili, di cui alcune costituiscono
diritti inviolabili sanciti dalla Costituzione come, ad esempio, la libertà personale
e domiciliare o il diritto alla segretezza della corrispondenza.
L'attività di controllo tributario, pertanto, dovrebbe sempre rappresentare una
continua sintesi fra le potestà autoritative di cui è titolare l'Amministrazione
finanziaria ed il complesso di garanzie riconosciute dall'ordinamento al soggetto
ispezionato.
In tale quadro si colloca l’approvazione della legge del 27 Luglio 2000, n. 212,
rubricata “Statuto dei diritti del contribuente, con la quale il legislatore ha posto le
basi per un rapporto meno conflittuale e più corretto tra contribuente e
Amministrazione finanziaria.
In particolare l’art. 12 dello Statuto
1
prevede tutta una serie di diritti e garanzie del
contribuente sottoposto a verifica e stabilisce le regole in ordine alle modalità di
1
L’art. 12, L 212/200 (Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali) recita:
1. Tutti gli accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all'esercizio di attività
commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali sono effettuati sulla base di esigenze
effettive di indagine e controllo sul luogo. Essi si svolgono, salvo casi eccezionali e urgenti
adeguatamente documentati, durante l'orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità
tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività
stesse nonchè alle relazioni commerciali o professionali del contribuente.
2. Quando viene iniziata la verifica, il contribuente ha diritto di essere informato delle ragioni che
l'abbiano giustificata e dell'oggetto che la riguarda, della facoltà di farsi assistere da un
professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria, nonchè dei diritti e
degli obblighi che vanno riconosciuti al contribuente in occasione delle verifiche.
3. Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili può essere
effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta.
4. Delle osservazioni e dei rilievi del contribuente e del professionista, che eventualmente lo
assista, deve darsi atto nel processo verbale delle operazioni di verifica.
5. La permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a
verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili
per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e
7
esecuzione dei controlli. La nuova disciplina si presenta di grande rilievo ed
interesse dato che essa costituisce la prima disposizione normativa esplicita in
tema di diritti del contribuente sottoposto a verifica fiscale e offre allo stesso
validi strumenti per far valere le proprie ragioni
2
.
In tale lavoro, si cercherà, inizialmente, (cap. 1) di delineare l’evoluzione nel
tempo del rapporto fisco-contribuente e la situazione attuale, alla luce della
recente emanazione dello Statuto dei diritti dei contribuente, evidenziando, in
particolare, le disposizioni contenute negli artt. 10, 5 e 6 di detta normativa;
successivamente si illustrerà dettagliatamente l’attuale disciplina che regola lo
svolgimento delle verifiche fiscali, nonché i diritti e le garanzie del contribuente
ad essa sottoposto (cap. 2); infine si cercherà di inquadrare la posizione soggettiva
del contribuente nei confronti dei controlli dell’Amministrazione finanziaria e i
mezzi di tutela che esso esperire in caso di violazioni delle norma statutarie.
motivati dal dirigente dell'ufficio. Gli operatori possono ritornare nella sede del
contribuente, decorso tale periodo, per esaminare le osservazioni e le richieste eventualmente
presentate dal contribuente dopo la conclusione delle operazioni di verifica
ovvero, previo assenso motivato del dirigente dell'ufficio, per specifiche ragioni.
6. Il contribuente, nel caso ritenga che i verificatori procedano con modalità non conformi alla
legge, può rivolgersi anche al Garante del contribuente, secondo quanto previsto dall'articolo 13.
7. Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio
della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il
contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli
uffici impositori. L'avviso di accertamento non può essere emanato prima
della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
2
G. Antico, “Lo Statuto del contribuente. Le ragioni del controllo”, “il fisco”, n. 40/2000
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Capitolo I
Lo Statuto dei diritti del Contribuente: profili generali.
1.1 L’evoluzione del rapporto tra fisco e contribuente
nell’ordinamento tributario.
Al fine di dare una sintetica chiave di lettura dell’evoluzione del rapporto tra
fisco e contribuente nell’ordinamento tributario, possiamo individuare tre grandi
periodi.
Il primo periodo va dall’unità d’Italia alla seconda guerra mondiale e vede il
contribuente chiamato solo a pagare. Dunque il contribuente si limitava a regolare
la propria posizione verso il fisco, senza dover fare niente per adempiere ai propri
doveri. La gestione del rapporto e i relativi oneri gravavano totalmente sulla
Pubblica Amministrazione.
D’altro canto il contribuente veniva messo in una condizione di sudditanza che
non gli consentiva, né di conoscere le ragioni della pretesa fiscale, né di poter
intraprendere azioni di difesa, qualora le imposizioni della Pubblica
Amministrazione fossero palesemente inique.
Da questo stato di passiva soggezione il contribuente cominciò ad affrancarsi a
partire dal secondo dopoguerra, grazie all’opera di riforma condotta dall’allora
Ministro delle Finanze Ezio Vanoni.
9
Ezio Vanoni, partendo dalle considerazione che aveva già svolto negli anni ’30,
si ripropose di semplificare e razionalizzare il sistema tributario italiano, dominato
da una grave confusione legislativa e da una totale assenza di coordinamento.
Lo studioso aveva, infatti, affermato che: “In un sistema tributario, come quello
italiano il metodo della codificazione della parte generale è il solo che risponda
al bisogno di rendere semplice, chiaro, razionale, l’ordinamento dei tributi”.
Alla parte generale, sottolineò, andava affiancata una “parte speciale regolante le
singole imposte” ponendo, così, un limite alla proliferazione di normative
settoriali
3
. In altri termini veniva espressa l’esigenza di predisporre un Codice
ovvero una Legge generale dei Tributi ove riassumere e statuire i principi cardine
dell’ordinamento tributario, cosi come inevitabilmente desumibili dai superiori
Principi Costituzionali. Tali affermazioni si basavano sulla convinzione che una
legislazione tributaria ordinata secondo questo criterio potesse apportare vantaggi
indiscutibili, sia dal punto di vista formale che sostanziale. E questo perché la
parte generale tende a porsi come un ordinamento formale del rapporto tributario,
non facilmente modificabile.
Tale impostazione avrebbe, inoltre, parimenti tutelato lo Stato ed il contribuente.
Lo Stato, infatti, si sarebbe impegnato a legiferare nel rispetto dei termini e delle
limitazioni essenziali posti dalla Costituzione e dal Codice dei Tributi,
garantendosi una certezza delle sue pretese inoppugnabile.
3
G. Marongiu, “Lo statuto dei diritti del contribuente”, Giappichelli , Torino, 2004, pp. 1 e ss.
10
Il contribuente, di contro, avrebbe fruito di un corpus normativo agevole e di
facile applicazione
4
.
Infine, anche la giurisprudenza avrebbe trovato quel sostegno e quella guida
logica che la molteplicità dei testi legislativi, regolanti situazioni analoghe rispetto
a tributi diversi, non possono offrire.
Partendo da ciò che aveva intuito e scritto, con grande lungimiranza già nel 1938,
il Ministro Vanoni condusse la sua riforma secondo un piano chiaro e prestabilito
che mirava a ridefinire prima gli aspetti applicativi dell’ordinamento tributario e
poi la sua struttura
5
. La legge più significativa della riforma del sistema tributario
italiano fu la legge 11 gennaio 1951, n. 25 che passò alla storia con il nome di
“perequazione tributaria”. Perequare significava distribuire equamente il carico
dei tributi, facendo in modo che il dovere fiscale di ciascuno fosse commisurato
alle sue reali capacità. I cardini della legge erano: l’introduzione della
dichiarazione annuale unica dei redditi, obbligatoria anche quando, da un anno
all’altro, non fossero mutate le condizioni economiche del soggetto passivo;
l’abbassamento delle aliquote e l’innalzamento dei minimi imponibili; la
possibilità che veniva offerta ai contribuenti morosi di condonare il passato senza
oneri eccessivi.
Questo scenario è radicalmente mutato (ed ecco il terzo periodo) per effetto delle
riforme tributarie realizzate tra gli anni ’70 e ’90.
4
G. Grossi. A. Pardi, A. Russo, “Statuto del contribuente e diritto di interpello”,
Sistemi editoriali, Napoli, 2001, p. 8 e ss.
5
Marongiu, “Lo statuto dei diritti del contribuente”, Giappichelli , Torino, 2004, pp. 6 e ss.
11
A seguito delle suddette riforme, da un canto i tributi che per la loro applicazione
non richiedevano altro che il pagamento sono stati sostituiti da nuove imposte, più
moderne, ma anche più complesse; dall’altro, all’interno della disciplina dei
tributi sono state aumentate le occasioni di definizione del rapporto giuridico che
presuppongono e comportano collaborazione tra le due parti, quella pubblica e
quella privata.
A tal fine va ricordato che successivamente alla riforma del 1972 sono intervenuti
più di diecimila provvedimenti normativi di modificazione o integrazione della
legislazione esistente.
In questo contesto, un ruolo di primo piano ha assunto l’istituto
dell’”accertamento con adesione” che si è rivelato un prezioso strumento
deflattivo del contenzioso.
Altro istituto ormai largamente in uso è quello dell’“autotutela” con la quale
l’Amministrazione finanziaria può correggere, anche di propria iniziativa, quegli
atti che risultino illegittimi o infondati.
Tuttavia, i moltissimi provvedimenti emanati in questi anni, pur avendo inciso
profondamente sulla materia, hanno spesso ingenerato confusione e instabilità nel
sistema a causa della loro complessità e della scarsa coordinazione, rendendo più
oneroso per il contribuente l’adempimento dei propri debiti verso il fisco.
La constatazione innegabile che, oggi, milioni di soggetti sono chiamati a dare un
contributo decisivo alla realizzazione della pretesa fiscale deve indurre ad
assumere gli opportuni provvedimenti atti a ridurre il “costo degli adempimenti”.
12
A tal fine è assolutamente necessario rendere più facilmente conoscibile e più
stabile l’ordinamento tributario.
Da un canto, infatti, la conoscibilità di un ordinamento è condizione
indispensabile affinché questo possa essere applicato correttamente, poiché
facilita il compito del corpo sociale che deve essere in grado di assorbire,
assimilare e quindi attuare, senza errori, le novità normative che gli vengono
imposte
6
.
Inoltre, tanto più un ordinamento è stabile nel tempo, tanto più diventano
ripetitive le procedure e proprio nella ripetitività dei comportamenti il
contribuente trova quelle certezze che sono fondamentali per adempiere
correttamente ai propri doveri fiscali.
Occorre, quindi, incentivare e sostenere tutti i provvedimenti normativi che
mirino a realizzare almeno quattro obbiettivi: una disciplina tributaria scritta per
principi, stabile nel tempo, affidabile e trasparente.
Proprio in tal senso sembra dirigersi la L. 27 luglio 2000, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 177 del 31 luglio 2000, che ha introdotto nel nostro
ordinamento fiscale lo “Statuto dei diritti del Contribuente”.
6
C. Bucicco,” Lo statuto del contribuente. Prinicipi e lacune”, “il fisco” n. 19/2001, p. 7006.