Introduzione
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INTRODUZIONE
Un terremoto è un evento naturale che scatena forti vibrazioni nel suolo e libera
l’energia accumulata in seguito ai movimenti ai quali è continuamente sottoposta la
crosta terrestre. L’Italia è un Paese ad elevata sismicità e l’intero territorio è considerato
a rischio sismico.
La ricerca scientifica in ogni campo ha tentato di opporsi alle distruzioni e alle rovine
provocate dai terremoti. Da diversi anni, infatti, sono state introdotte metodologie per la
valutazione del rischio sismico sugli edifici, al fine di conoscere il danno atteso a seguito
di una scossa su una determinata realtà urbana, cercando di individuare tutti gli
elementi ad alto rischio.
In questo ambito, appare quindi di notevole importanza la valutazione del rischio delle
“opere che possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale
collasso” (OPCM 3274/03), come le “strutture aperte al pubblico suscettibili di grande
affollamento, il cui collasso può portare gravi conseguenze in termini di vite umane”
(Decreto 21 ottobre 2003 n. 3685).
Nella presente tesi, si pone l’attenzione sulla vulnerabilità sismica dello Stadio Cino e
Lillo Del Duca di Ascoli Piceno, che risulta essere un impianto calcistico a grande
affollamento, in quanto può ospitare circa 20000 spettatori. In particolare si studierà la
tribuna d’onore dello stadio, caratterizzata da una copertura a sbalzo di 11 m.
La vulnerabilità sismica è, per definizione, la propensione di una struttura a subire un
danno a fronte di un evento sismico. La vulnerabilità del costruito è principalmente
imputabile alla carenza di alcuni requisiti fondamentali che investono diverse
componenti della struttura, dal terreno al sistema di fondazione, dagli orizzontamenti
alle strutture verticali. Altre cause sono attribuite alla scarsa manutenzione o alla cattiva
qualità dei sistemi strutturali realizzati.
Le condizioni del patrimonio costruito sono spesso molto scarse, a causa di incertezze
connesse alla progettazione, all’esecuzione, allo stato di conservazione, che rendono le
strutture inadeguate. In Italia il patrimonio edilizio è nel 50% dei casi costruito in
calcestruzzo armato.
Il patrimonio strutturale italiano è per la maggior parte costituito da sistemi spesso non
antisismici e di non recente edificazione. Sul territorio italiano sono presenti
elevatissime percentuali di edifici ed infrastrutture che hanno superato, in termini
Introduzione
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temporali, i limiti usuali stabiliti nella vita utile di progetto. Problemi di insicurezza
edilizia, infatti, possono derivare innanzitutto da una vetustà superiore ai 40 anni,
durata ottimale di una costruzione, dopo la quale si rendono necessari controlli ed
interventi più stringenti e impegnativi. Altro fattore di rischio è certamente la scarsa
qualità delle costruzioni, da imputarsi al rapido accrescimento edilizio avutosi nel
secondo dopoguerra, spesso non accompagnato da una pianificazione urbana mirata. Il
boom edilizio della fine degli anni ’60 ed in genere la rapida ed improvvisa
urbanizzazione di quell’epoca, nella quale hanno trovato ampio spazio fenomeni di
abusivismo edilizio, è dunque causa di un maggiore rischio diffuso sul territorio. Non da
ultimo, va considerata l’influenza normativa sui principi progettuali e costruttivi
adottati; la tardiva zonazione sismica di alcune aree comporta la presenza sul territorio
di un’alta percentuale di costruzioni che non rispettano le attuali prescrizioni sismiche
(circa il 60% del costruito è stato progettato e realizzato in assenza di specifiche
normative antisismiche), dunque potenzialmente vulnerabili.
Negli ultimi anni in Italia si sta manifestando dunque l’esigenza sempre più diffusa di
valutare il grado di sicurezza antisismica degli edifici progettati in base a normative
ormai obsolete. L’individuazione di potenziali strutture a rischio e l’applicazione di
interventi per casi critici è una strategia volta a prevenire futuri disastri, investendo
nella prevenzione e riducendo perdite sociali ed economiche in seguito a terremoti
severi.
Questa opera intende portare inoltre un contributo nel contesto più generale
dell’evoluzione della concezione e del linguaggio architettonico tipico dello stadio.
Partendo infatti dalle origini del termine “stadio”, la ricerca ha affrontato il tema dello
sport nella storia, focalizzando l’attenzione sui luoghi in cui si faceva pratica sportiva, ma
privilegiando gli aspetti relativi allo sviluppo tecnico avvenuto nello scorso secolo fino
ad oggi. Attraverso questa ricerca si vuole far riflettere sui concetti fondamentali della
conoscenza storica, a partire dal senso e dall’utilità dello studio delle tecniche passate in
relazione alle esigenze del presente.
1. Evoluzione della concezione di stadio
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1. EVOLUZIONE DELLA CONCEZIONE DI STADIO
Le origini dello stadio sono da ricercare nella concezione di pratica sportiva.
L’origine del termine “stadio” per indicare quel luogo destinato a ospitare l’evento
sportivo a servizio del divertimento della collettività, è da ricercarsi nell’antica Grecia,
dove con la parola “stadion” si indicava un’unità di misura che equivaleva a 600 piedi e
che misurava uno specifico tipo di corsa, parte dei Giochi Panellenici e i Giochi
Panatenaici.
I Giochi Panellenici, ovvero “di tutti i Greci”, erano competizioni sportive a carattere
sacro che impegnavano tutte le città dell’Ellade. Tra questi i più importanti e prestigiosi
erano i Giochi Olimpici che si tenevano ogni quattro anni ad Olimpia ed erano dedicati a
Zeus.
I Giochi Panatenaici facevano invece parte delle Panatenee, le feste religiose ateniesi più
importanti che si celebravano con cadenza annuale in onore di Atena. Ogni quattro anni
in coincidenza con l'organizzazione dei giochi, le feste prendevano il nome di "Grandi
Panatenee". I Giochi Panatenaici in realtà non erano importanti come i Giochi Olimpici o
i Giochi Panellenici.
Durante questi giochi, lo stadion era la corsa più celebre; il vincitore infatti veniva
spesso considerato come il vincitore degli interi giochi e doveva accendere il fuoco dei
giochi successivi. Lo stadion prendeva il nome dal luogo nel quale si svolgeva.
Nell’antica Grecia lo stadio era quindi un luogo destinato soprattutto alle gare di atletica
e costituiva il naturale complemento al sistema dei ginnasi e delle palestre dove il
popolo svolgeva una costante attività fisica.
All' origine in Grecia lo stadio era una semplice area pianeggiante. Successivamente
assunse la forma di un rettangolo, con uno dei lati addossato ad un pendio collinare,
oppure con entrambi i lati appoggiati a due pendii; da essi gli spettatori, sistemati su
gradoni di pietra ricavati nella roccia oppure costruiti in terra battuta, disponevano di
una visuale abbastanza ampia. In seguito, quando il numero degli spettatori crebbe, la
struttura fu modificata, con gradinate costruite artificialmente.
In epoca ellenistica, dal IV sec a.C., lo stadio acquistò la forma tipica di un rettangolo
molto allungato, con uno dei lati corti (quello da cui avevano inizio le corse) rettilineo e
con il lato opposto curvilineo. In alcune città dell'Asia Minore entrambi i lati brevi erano
a forma di emiciclo, in modo da consentire di disporre di un maggior numero di posti a
1. Evoluzione della concezione di stadio
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sedere. La pista in terra battuta era delimitata da una soglia in pietra o da una
zoccolatura o da un parapetto ed era lunga uno stadio (circa 185 m) e larga intorno ai
200 piedi (circa 60 m). Quando era possibile, lo stadio veniva costruito tra due colline,
con un terrapieno alle due estremità, che venivano lasciate dritte o ricurve, come più
comodo per gli spettatori.
La gara dello stadion iniziava con uno squillo di tromba, e c'erano dei giudici, chiamati
agonothetes, ai blocchi di partenza per assicurarsi che non ci fossero false partenze.
C'erano anche dei giudici sulla linea di arrivo per stabilire il vincitore ed accertarsi che
nessuno avesse barato e se i giudici decidevano per un pari merito, la gara veniva rifatta.
Si correva sulla sabbia e sia la linea di partenza che quella di arrivo erano
contrassegnate da soglie di pietra. I corridori partivano in posizione eretta,
probabilmente con le braccia stese in avanti, invece che dalla posizione rannicchiata dei
corridori moderni.
Il più antico stadio conosciuto è quello di Olimpia, nel Peloponneso occidentale, dove
furono condotti i Giochi Olimpici dell'antichità fin dall'anno 776 a.C. Questo stadio risale
alla seconda metà del V secolo a.C., epoca di massimo splendore per questo luogo, era
collocato a nord dell'area sacra ed era fornito di una pista di 192 metri di lunghezza e di
12 ordini di gradinate in grado di ospitare fino ad un massimo di 7.000 spettatori.
Figura 1.1 – I resti dello Stadio di Olimpia
Un altro esempio di stadio greco è il famoso Stadio Panatenaico di Atene.
Lo Stadio Panathinaiko, ovvero "stadio di tutti gli Ateniesi", è uno storico stadio di Atene,
l'unico grande stadio del mondo costruito interamente con marmo pentelico, cioè quello
proveniente dal Monte Pentelico. Lo stadio è famoso per aver ospitato gli eventi
principali dei Giochi della I Olimpiade dell’era moderna, svoltisi nel 1896 e si trova
davanti al Giardino Nazionale di Atene. Nell'antichità, venne usato per ospitare i Giochi
1. Evoluzione della concezione di stadio
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Panatenaici, in onore della dea Atena, protettrice della capitale greca. Durante l'età
classica, lo stadio aveva i posti a sedere in legno; venne rinnovato con il marmo
dall'arconte Licurgo nel 329 a.C. Nel 140 a.C. venne ampliato da Erode Attico e raggiunse
i 50.000 posti. Rimase sepolto per diversi secoli. Venne riscoperto nel 1870 e restaurato.
Figura 1.2 – A sinistra lo Stadio Panatenaico di Atene durante i Giochi Internazionali del 1906
Figura 1.3 – A destra una foto dello stadio come appare oggi
La pratica di standardizzare le piste da corsa ad una lunghezza di 180-200 metri fu
seguita successivamente dai Romani. Gli antichi Romani non furono un popolo dedito
all’attività sportiva come i Greci. Infatti né in età repubblicana, né nel periodo imperiale,
i cittadini dell’Urbe raggiunsero mai uno sviluppo atletico e ginnico paragonabile a
quello che aveva contraddistinto i cittadini della Polis. Ciononostante a Roma si tennero
numerose competizioni agonistiche sullo stile di quelle che si svolgevano in Grecia,
caratterizzate però dalla presenza di atleti professionisti: l’aspetto agonistico passava in
secondo piano superato dalla crescente importanza dello spettacolo.
A Roma i primi stadi avevano una struttura precaria. In occasione delle gare atletiche
venivano infatti edificati stadi in legno smontabili dopo l’uso: tali furono lo stadio
costruito da Cesare nel 46 a.C., di cui racconta Svetonio, e quello edificato da Augusto nel
28 a.C., di cui ci dà notizia Cassio Dione. Lo stadio, come edificio pubblico, non godette
nel mondo romano occidentale di grande favore, sia perché le competizioni atletiche di
tipo greco non incontravano i gusti del popolo quanto le corse dei carri o i
combattimenti dei gladiatori, sia perché gli stessi giochi potevano svolgersi anche nei
circhi o negli anfiteatri. Il primo stadio in muratura a carattere permanente fu costruito
da Domiziano nel Campo Marzio.
Lo Stadio di Domiziano fu costruito dall'imperatore Domiziano nell'85 d.C. Era lungo
276 metri, largo 54 e poteva ospitare 30.000 spettatori con un solo lato curvo nella parte
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settentrionale. Venne costruito per disputare ogni quattro anni la gara costituita dai
giochi atletici greci, che insieme a quelli musicali ed equestri facevano parte del
“Certamen Capitolinum Iovi” in onore di Giove. L'area destinata ai giochi aveva una
forma planimetrica molto simile a quella dei circhi, ma non prevedeva una spina
centrale, una struttura in muratura che divideva in due la pista, indispensabile per lo
svolgimento delle corse delle bighe. La planimetria dell'impianto non venne cambiata
nemmeno dopo i restauri svolti sotto l'impero di Alessandro Severo, nel III secolo.
Secondo quanto è stato possibile ricostruire, l'aspetto dello stadio di Domiziano doveva
veramente essere grandioso con una facciata in travertino caratterizzata da arcate su
pilastri e semicolonne ioniche, uno sviluppo di sezioni interne in laterizio con scale e
corridoi per raggiungere gli spalti, due ingressi all'arena nel centro dei lati lunghi ed un
altro sul lato curvo ed una ricca e vasta decorazione scultorea. Oggi l'area anticamente
occupata dallo stadio di Domiziano è occupata da Piazza Navona che ne ricalca
esattamente il perimetro tanto da vantare in pratica le stesse dimensioni e lo stesso lato
curvo verso settentrione; oltre a ciò nelle fondamenta di alcuni edifici, così come nei
sotterranei della chiesa di Sant'Agnese in Agone, è tuttora possibile vedere le
preesistenti strutture romane. L’edificio costituisce l’unico esempio di stadio in
muratura al di fuori della Grecia e del mondo orientale.
Figura 1.4 – A sinistra lo Stadio di Domiziano in una ricostruzione
Figura 1.5 – A destra una foto a volo d’uccello di Piazza Navona a Roma
Nell’ accezione moderna, lo stadio è il luogo che ospita gli incontri calcistici.
I primi stadi atti a ospitare un gioco con la palla, furono comunque alcuni spazi urbani:
in Italia, fin dall’Alto Medioevo, nelle piazze e nelle corti rinascimentali si praticava il
cosiddetto “calcio fiorentino”, detto anche “calcio storico”, che in epoca rinascimentale,
con la sua evoluzione in “gioco del pallone” divenne uno sport molto amato dalla
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popolazione e che per via di questo, richiese sempre più il ricorso a spazi più vasti e
aperti alla cittadinanza.
Con l’affollamento delle piazze, di conseguenza, si avviò un vero e proprio processo di
democratizzazione del gioco, non più destinato a divertire pochi eletti, ma tutta la
moltitudine di appassionati. La piazza-stadio divenne per ovvie ragioni, il tipo
architettonico predominante fino in epoca ottocentesca, dove con una profonda e
decisiva mutazione del gioco, si ravvisò sempre più la necessità di costruire nuovi spazi
a carattere pubblico, destinati ad accogliere la sempre più crescente utenza.
Figura 1.6 – Una partita di calcio fiorentino in Piazza Santa Croce a Firenze nel 1688
Come risposta a questa esigenza, in Italia, si iniziò la costruzione di edifici denominati
“sferisteri”, che garantivano una maggiore sicurezza degli spazi che lo svolgimento del
gioco nelle piazze aveva minato, ed elevavano tali eventi a fenomeni aggreganti di
primaria importanza che meritavano un segno tangibile all’ interno del tessuto urbano,
un luogo che venisse identificato col gioco del pallone.
La realizzazione degli sferisteri si concentrò essenzialmente nei primi decenni del 1800,
in un periodo di forte crisi economica per l’Italia: per i poteri pubblici e lo Stato
Pontificio, lo sferisterio e gli eventi che vi si svolgevano avevano ormai un ruolo
essenziale e di chiara funzione sociale, in quanto distraeva la “gioventù” dal vizio e dal
malaffare.
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Un esempio di questa tipologia costruttiva è lo Sferisterio di Macerata, che fu edificato su
progetto di Ireneo Aleandri del 1823, grazie all'iniziativa di un gruppo di privati
benestanti cittadini che, desiderosi di donare alla città una nuova struttura per il
pubblico spettacolo, si auto-tassarono per finanziarne la realizzazione. L’iscrizione sulla
facciata ricorda infatti: “ Ad ornamento della città, a diletto pubblico. La generosità di
cento consorti edificò. MDCCCXXIX “.
Inaugurato nel 1829 con una grande festa, durante 91 anni ospitò eventi sportivi di
vario genere e in particolare si disputavano competizioni di pallone a bracciale, attività
atletica largamente diffusa e considerata principale gioco nazionale italiano in quel
periodo.
Per i tornei di pallone a bracciale, la squadra locale era molto seguita quindi, nei primi
anni del secolo scorso, aggiungendo tribune mobili l'impianto ospitava circa 10.000
tifosi che incitavano gli atleti durante le gare. Difatti qui gareggiarono i
migliori pallonisti di più generazioni compreso il celeberrimo Carlo Didimi immortalato
da Giacomo Leopardi nella nota ode “A un vincitore nel pallone”.
Nel 1920, dopo che per un paio d'anni era diventato il campo da gioco pure della locale
squadra di calcio, fu oggetto di restauro e sistemazione, che trasformarono l'edificio in
struttura adatta ad accogliere rappresentazioni liriche.
Figura 1.7 – L’interno dello Sferisterio di Macerata in un’immagine storica
Nel XX secolo il gioco della palla cominciò a subire una profonda crisi, incoraggiando un
cambiamento di destinazione d’uso degli sferisteri anche in risposta a nuove esigenze
urbanistiche e sociali. Il tramonto di questo gioco fu accelerato inoltre dalla nascita in
1. Evoluzione della concezione di stadio
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Inghilterra di un nuovo sport, il football, il vero antenato del gioco del calcio, che subì
una rapidissima diffusione soprattutto nelle scuole e nelle università anglosassoni, al
punto da renderlo uno dei maggiori titoli di merito e qualificazione delle strutture
stesse, che portò a ingenti investimenti per la realizzazione di impianti sportivi moderni.
E’ in questo contesto che si colloca la nascita dei primi esempi di stadi contemporanei,
prevalentemente nelle aree urbanizzate ed economicamente sviluppate delle regioni
inglesi già dalla prima metà del XIX secolo. Tali impianti si presentavano principalmente
con una natura multifunzionale, atta a ospitare varie pratiche sportive.
Successivamente nacquero i primi club, costruiti e frequentati dalle associazioni operaie.
Gli impianti sportivi inglesi infatti erano principalmente frequentati dalla classe
lavoratrice e a testimonianza di ciò sta proprio il fatto che questi apparivano con forme e
materiali che richiamavano le fabbriche anglosassoni.
Con il miglioramento del tenore di vita della classe lavoratrice, lo sport iniziò sempre più
a radicarsi nell’immaginario collettivo. Gli stadi rimasero nel frattempo, vicini per
aspetto e struttura alle arene napoleoniche per parate e manifestazioni patriottiche, non
subendo particolari cambiamenti anche agli inizi del XX secolo.
In questo periodo in Italia e in Europa, gli stadi rimasero comunque legati ad una
ispirazione di tipo classico, d’impronta greco-romana, ma ospitavano principalmente le
gare d’atletica più che le competizioni calcistiche.
Il primo esempio di stadio in Italia è lo Stadium costruito a Torino nell'area dell'ex
piazza d'Armi, dove oggi sorge il Politecnico, nel 1911. Lo si volle più grande addirittura
di quello di Atene e di Londra. Fu progettato da Carlo Ceppi e dai suoi collaboratori
architetti Vittorio Ballatore di Rosana e Ludovico Gonella. Occupava un'area di 100.000
metri quadrati, con 40.000 posti a sedere e 30.000 in piedi e venne inaugurato il 30
aprile del 1911 davanti ai Sovrani e a 70.000 spettatori. In stile greco-romano fu
costruito in cemento armato dalla ditta Porcheddu. L'ovale misurava 361 metri di
lunghezza per 204 di larghezza. Intorno al campo c'erano tre piste: una grande esterna
da 730 metri per le gare ciclistiche, una per le corse dei cavalli e una terza di 500 metri
per i podisti. Sotto le gradinate c'erano locali per buffet, spogliatoi, dormitori, sale
destinate alla scherma, alla ginnastica femminile. Questi dati ponevano la costruzione ad
un livello europeo non solo per le dimensioni, poiché era considerata la più grande
opera del genere, ma anche per concezione. L'opera fu totalmente finanziata da fondi
privati e fu costruita in meno di un anno. Era troppo grande per le partite di calcio,
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infatti se ne disputarono poche, due di campionato e tre volte ospitò la nazionale. Fu
sede di serate pirotecniche e di saggi ginnici, ospitò mostre di cani e di cavalli, concorsi
ippici internazionali, corride, gare di pallone elastico, corse di bici, auto e moto,
proiezioni cinematografiche estive. Per 30 anni fu sede dei maggiori circhi equestri e di
periodiche mostre ed esposizioni. Nel 1923 fu teatro della spettacolare
rappresentazione della "Passione di Cristo" che coinvolse oltre 2000 comparse. Sempre
nel 1923 ospitò la mostra delle invenzioni e delle industrie, che si sarebbe poi
trasformata nel Salone della Meccanica e successivamente, della Tecnica. Il momento più
bello forse lo visse nel 1928 ospitando il "Carosello Storico Sabaudo". Un lungo corteo di
comparse con costumi medioevali e risorgimentali attraversò la città e si concluse sul
prato dell'arena. Lo Stadium non venne più usato dopo il 1938 e venne demolito nel
secondo dopoguerra.
Figura 1.8 – Lo Stadium di Torino. Nei riquadri inferiori: ginnaste alla trave, gare femminili di tiro
con l’arco, maratoneta vittorioso in trionfo, in «L’Esposizione di Torino 1911. Giornale Ufficiale».
Un altro esempio di ispirazione classica è il Foro Italico (inizialmente Foro Mussolini),
ovvero un vasto complesso sportivo che si trova alla base di Monte Mario a Roma. Fu
ideato e realizzato da Enrico Del Debbio fra il 1927 ed il 1933 e completato dopo la
guerra fra il 1956 ed il 1968. Le prime opere del complesso architettonico furono
inaugurate il 4 novembre 1932: l'Accademia fascista maschile di educazione fisica,
il Monolito, lo Stadio dei Marmi e lo Stadio dei Cipressi (poi Stadio dei Centomila e
odierno Stadio Olimpico).