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1. INTRODUZIONE
La progettazione e la realizzazione (drug discovery) di una molecola
innovativa in campo farmaceutico viene definita, in gergo strettamente
tecnico, come NCE (New Chemical Entity) e costituisce una delle
principali attività di ricerca su cui le grandi multinazionali
farmaceutiche investono ingenti capitali.
Tuttavia il drug discovery è un percorso arduo e molto dispendioso: è
stato stimato che la spesa totale per la ricerca e lo sviluppo
farmaceutico a carico delle maggiori industrie farmaceutiche degli
Stati Uniti d’America supera i 20 miliardi di dollari e, secondo le
stime statistiche, questo dato è in continuo aumento
1
.
Il costo medio per ogni nuova molecola ad attività biologica, da
quando viene progettata e realizzata a quando giunge al consumatore
finale, si aggira intorno ai 400 milioni di dollari (fig.1)
2-4
e tutto il
processo può richiedere piø di 14 anni di tempo
5
.
Figura 1: Fondi destinati allo sviluppo di NCE negli USA negli ultimi 10 anni
2
Proprio a causa di questi alti costi di gestione e di questi ampi tempi di
sviluppo le politiche economiche delle grandi aziende farmaceutiche
sono gradualmente cambiate in risposta, soprattutto, alle enormi
pressioni provenienti dai settori del marketing e dell’economia, che
spingono verso una massimizzazione dell’efficienza dei principi attivi
di nuova sintesi ed una minimizzazione dei tempi necessari alla loro
immissione in commercio. Per tale motivazione, a partire dai primi
anni ’90, sono state analizzate le diverse tappe che è necessario
percorrere da quando un principio attivo è in fase di progettazione a
quando può essere immesso nel circuito di vendita, al fine di capire
dove fosse possibile apportare delle migliorie.
Tale processo produttivo può essere diviso in diversi step
6
:
• Identificazione del meccanismo biochimico che sta alla base
dello sviluppo della patologia da trattare
• Identificazione del target molecolare che regola tale
meccanismo
• Studi di drug design/docking molecolare
• Creazione di una serie di composti potenzialmente attivi
• Selezione e sviluppo di un composto Lead
• Isolamento di una o piø molecole
• Trials clinici
3
Nelle prime fasi del periodo di sviluppo viene identificato un sito
target di interesse farmacologico. Solo quando vi sono prove
sufficienti per confermare la relazione tra questo bersaglio molecolare
ed una malattia di interesse, vengono poi sintetizzati decine di nuovi
composti e testati contro l'obiettivo. Di questi solo alcuni possiedono
l'attività biologica desiderata e, dopo un primo screening, vengono
sintetizzati degli analoghi strutturali che saranno ulteriormente testati
per migliorarne l'attività ed ottimizzati numerosissime volte, al fine di
individuare un piccolo numero di composti adatti ai test farmacologici
su modelli in vivo. Alla fine restano in media solo pochi composti che
saranno ottimizzati per ulteriori sviluppi e che entreranno nelle fasi
della sperimentazione clinica. Sfortunatamente il 90% dei composti
che entrano in queste fasi di sperimentazione vengono scartati per
diversi motivi
7
. In particolare, uno studio condotto da Prentis e coll.,
dimostra che circa il 40% dei composti viene scartato a causa di uno
scarso profilo farmacocinetico e che piø del 20% mostra tossicità
correlata ad effetti collaterali dovuti ad una inadeguata
biodistribuzione
8
. Questa attenta analisi ha portato allo sviluppo del
Drug Delivery, un settore innovativo in campo farmaceutico che,
soprattutto negli ultimi anni, sta assistendo ad una crescita e ad una
diffusione nella comunità scientifica sempre maggiore.
La filosofia che sta alla base di questo settore scientifico è quella di
migliorare il profilo farmacocinetico delle molecole e,
conseguentemente, di ridurne entro i limiti del possibile gli effetti
collaterali ed i danni che ne conseguono.
Inoltre, come sarà meglio descritto in seguito, il principio attivo può
essere protetto dall’ambiente circostante e ciò consente anche
l’impiego di molecole chimicamente labili altrimenti inutilizzabili.
4
Infine, lo sviluppo di sistemi di rilascio tecnologicamente avanzati,
richiede costi relativamente contenuti se paragonati a quelli necessari
per affrontare lo sviluppo di una NCE.
Esistono numerosi sistemi di rilascio, definiti DDS (Drug Delivery
Systems), che differiscono sia per le materie prime che li costituiscono
(polimeri, lipidi, carboidrati ecc..), sia per le dimensioni che per i siti
che il principio attivo deve raggiungere. In ogni caso il piø importante
obiettivo che ci si propone è quello di veicolare il principio attivo
direttamente sul sito bersaglio, limitandone la distribuzione su altri
tessuti e garantendo la concentrazione minima efficace per uno
specifico periodo di tempo.
Le proprietà chimico-fisiche del principio attivo giocano un ruolo
chiave nella progettazione di una formulazione a rilascio controllato
ed è fondamentale effettuare degli studi preliminari accurati per
determinare se tali proprietà sono compatibili con il distretto che si
deve raggiungere. Generalmente si preferisce impiegare principi attivi
allo stato solido in quanto sono chimicamente piø stabili e sono piø
agevolmente lavorabili rispetto a sostanze in forma liquida. Tuttavia i
farmaci solidi devono prima passare in soluzione nei liquidi fisiologici
per poter espletare la loro azione biologica per cui devono possedere
le giuste caratteristiche di solubilità e di stabilità in questi distretti.
Bisogna tenere conto dei valori di pH e della forza ionica dei distretti
interessati e delle caratteristiche di lipofilicità, in quanto sono tutte
caratteristiche che influenzano drasticamente la solubilità di una
sostanza.
Una tipica caratterizzazione chimico-fisica preliminare prevede uno
studio di stabilità del principio attivo in funzione della variazione di
pH. Nel caso di farmaci allo stato solido vengono condotte sia delle
5
analisi calorimetriche per determinarne il loro stato fisico (amorfo,
cristallino, ecc..) che delle caratterizzazioni spettrofotometriche termo
gravimetriche per determinarne la loro struttura chimica ed il grado di
purezza
9
.
6
1.1 LIPOSOMI
I liposomi costituiscono un potenziale drug carrier per una vasta serie
di principi attivi, inclusi composti a basso peso molecolare, proteine
ad azione terapeutica ed agenti diagnostici. La loro utilità terapeutica
consiste nella possibilità di incorporare al loro interno dei principi
attivi idrosolubili, che non sarebbero normalmente biodisponibili in
quanto non verrebbero assorbiti a causa della loro scarsa interazione
con i fosfolipidi delle membrane cellulari. In ogni caso possono essere
veicolati anche farmaci di origine lipofila o sostanze con
caratteristiche antipatiche, la cui parte lipofila si colloca all’interno del
bilayer mentre la porzione idrofila si dispone all’interno dei
compartimenti acquosi. I sistemi liposomiali si formano quando dei
fosfolipidi, di origine sintetica o naturale, vengono dispersi in un
mezzo acquoso
10
. In queste condizioni, infatti, si verificano delle
interazioni dipolo-dipolo tra le teste polari delle catene fosfolipidiche
e le molecole di acqua con una conseguente formazione di sistemi
unilamellari o multilamellari sferici (vesicole) (fig. 2a). Tali vescicole
presentano una notevole analogia strutturale con il doppio strato
lipidico caratteristico delle membrane biologiche e ciò conferisce loro
una elevata biocompatibilità ed un alto grado di penetrabilità
nell’ambiente intracellulare.
La struttura chimica generale dei fosfolipidi è costituita dall’acido
fosfatidico, un acido formato da un backbone di glicerolo in cui il
gruppo idrossile in posizione 3 è esterificato con una molecola di
acido fosforico, mentre i restanti gruppi idrossilici in posizione 1 e 2
sono esterificati con acidi grassi di lunghezza variabile (fig. 2b). Il
7
grado di lipofilia può essere definito in fase di progettazione sia
modulando la lunghezza della catena degli acidi grassi esterificati in
posizione 1 e 2, che scegliendo opportune molecole funzionalizzanti
che possono essere esterificate su uno degli ossigeni disponibili
dell’acido fosforico in posizione 1 del glicerolo (serina,
etanolammina, colina, inositolo, ecc…). E’ possibile anche modificare
la struttura tridimensionale delle vescicole. Aumentando la lunghezza
delle catene di acidi grassi o inserendo delle molecole di colesterolo
11
in fase di preparazione, ad esempio, si ottengono degli strati
fosfolipidici piø sottili. Incrementano il grado di insaturazione o il
grado di ramificazione o aumentando la temperatura in fase di
formulazione, invece, si ottiene un minore grado di impacchettamento
dei lipidi
12
.
Figura 2: Struttura tridimensionale di una vescicola liposomiale (a) e dell’acido fosfatidico (b)
8
Per la preparazione dei liposomi sono state sviluppate e testate
numerose procedure, ma solo alcune di esse sono in grado di produrre
dei sistemi in grado di incorporare principi attivi idrosolubili. Tra
queste le piø usate sono la tecnica di evaporazione in fase inversa
13
, la
tecnica dell’iniezione
14, 15
o la tecnica freeze-thaw
16
. Tutte queste
tecniche consentono la formazione di strati uni lamellari o
multilamellari ma devono essere applicate seguendo schemi elaborati
ed ordinati in modo tale da ottenere sistemi il piø omogenei possibile.
In questo modo, combinando diverse tecniche di preparazione
all’impiego di fosfolipidi di diversa natura, è possibile ottenere una
vasta gamma di sistemi liposomiali morfologicamente diversi ed adatti
alla veicolazione in numerosi distretti biologici. Per questa
motivazione i sistemi liposomiali possono essere classificati secondo
diversi criteri. Una classificazione viene effettuata in base alla tecnica
di preparazione adoperata per la loro realizzazione, tuttavia vengono
piø comunemente classificati in base alle loro caratteristiche
dimensionali e strutturali (fig. 3).
Figura 3: Classificazione generale dei liposomi
SUV: Small Unilamellar Vescicles
LUV: Large Unilamellar Vescicles
MLV: Multi Lamellar Vescicles
MVV: Multi Vescicular Vescicles
OLV: Oligo Lamellar Vescicles
MLV-REV: Mlv Reverse Phase Evaporation
SPLV: Stable Plurilamellar Vescicles
FAT-MLV: Freezing Thawing Mlv
9
Oggi esistono in commercio alcune specialità medicinali basate
sull’impiego di sistemi liposomiali. Ad esempio l’AMBISOME® è un
prodotto liofilizzato, sterile ed apirogeno destinato ad un’infusione
endovenosa. E’ costituito da liposomi unilamellari con un diametro
inferiore ai 100 nm (SUV) contenenti Amfotericina B, un antimicotico
a struttura anfotera intercalato tra i bilayer lipidico. Rispetto alla
tradizionale formulazione, l’AMBISOME® risulta essere attivo a
concentrazioni inferiori e presenta minori effetti tossici.
10
1.2 IDROGEL
Gli idrogel sono polimeri reticolati, tridimensionali e idrofilici, capaci
di incorporare grandi quantità di acqua o di fluidi biologici
17, 18
. I
reticoli sono composti da omopolimeri o copolimeri e sono insolubili
in acqua a causa della presenza di legami chimici e fisici
19, 20
. Gli
idrogel mostrano compatibilità termodinamica con l’acqua, che
permette loro di rigonfiarsi nei mezzi acquosi (fig. 4)
17, 18, 21-23
.
Figura 4: Fenomeno di swelling caratteristico degli idrogeli
Esistono numerose applicazioni degli idrogel, in particolare nei settori
medico e farmaceutico
24-26
.
Gli idrogel assomigliano ai tessuti viventi naturali piø di ogni altra
classe di biomateriali sintetici. Ciò è dovuto al loro alto contenuto in
acqua ed alla consistenza soffice che è simile al tessuto naturale
24
.
Inoltre, l’elevato contenuto di acqua di questi materiali contribuisce
alla loro biocompatibilità. Quindi, gli idrogel possono essere usati per
lenti a contatto, membrane per biosensori, materiali per pelle
11
artificiale, e dispositivi per il rilascio di farmaci
24-28
. Gli idrogel
possono essere classificati come neutri o ionici, in base alla natura dei
loro gruppi funzionali in catena laterale. Inoltre in base al metodo di
preparazione utilizzato, si possono distinguere networks
omopolimerici o copolimerici. Infine possono essere classificati in
base alla struttura fisica del reticolo come amorfi, semicristallini,
strutture con legami ad idrogeno, strutture supramolecolari e aggregati
idrocolloidali
17-20, 29-37
. Gli idrogel possono anche mostrare un
comportamento di rigonfiamento dipendente dall’ambiente esterno.
Questi polimeri sono idrogel a risposta fisiologica
38
, in cui i reticoli
possono essere rotti o possono rigonfiarsi come risultato del
cambiamento dell'ambiente esterno. Questi sistemi tendono a mostrare
drastici cambiamenti nel loro rapporto di rigonfiamento. Alcuni dei
fattori che influenzano il rigonfiamento o la risposta fisiologica degli
idrogel includono pH, forza ionica, temperatura e radiazioni
elettromagnetiche
38
. Un modo conveniente per classificare gli idrogel
è basato sulla natura dei gruppi laterali; essi possono essere sia neutri
che ionici. La natura chimica ed il numero di questi gruppi può essere
ben controllato dalla scelta dei parametri usati nella sintesi polimerica.
Un elenco dei monomeri piø comunemente usati nella preparazione
dei materiali polimerici nel campo farmaceutico è indicato in Tabella
1.
12
Tabella 1: : Monomeri comunemente usati nella sintesi di idrogel per applicazioni farmaceutiche.
Nuoivi materiali polimerici possono essere realizzati per risolvere
specifici problemi nel rilascio dei farmaci
39
. Quindi, materiali
innovativi basati sull’impiego di polimeri come PHEMA, poli(N-
isopropilacrilammide) (PNIPAAm), e poli(vinil alcol) (PVA), sono
sintetizzati principalmente attraverso tecniche di preparazione
moderne ed innovative e nuovi monomeri sono stati preparati per la
produzione di polimeri con le proprietà desiderate.
Gli idrogel sono usati anche come carriers che possono interagire con
la mucosa che riveste il tratto gastrointestinale, il colon, la vagina, il
naso ed altre parti del corpo, a causa della loro abilità di prolungare il
tempo di permanenza nel luogo di rilascio
40
. Si pensa che l’interazione
tra tali carriers e le glicoproteine della mucosa avvenga
principalmente attraverso legami ad idrogeno. Quindi, i materiali
contenenti un’alta percentuale di gruppi carbossilici ed idrossilici
appaiono promettenti per questo tipo di applicazioni.
13
Uno dei piø importanti fattori che influenzano il rigonfiamento degli
idrogel è l’entità della reticolazione, che è definita come il rapporto tra
le moli dell’agente reticolante e le moli delle unità ripetitive del
polimero. Piø tale valore è alto, piø l’agente reticolante è incorporato
nella struttura dell’idrogel. Gli idrogel altamente reticolati hanno una
struttura piø stretta, e si rigonfieranno meno, in confronto agli stessi
idrogel con un rapporto di reticolazione piø basso. La reticolazione
ostacola la mobilità delle catene polimeriche, quindi diminusce
l’entità del rigonfiamento. Anche la struttura chimica del polimero
può influenzare l’entità del rigonfiamento degli idrogel. Quelli
contenenti gruppi idrofilici si rigonfiano maggiormente, rispetto a
quelli contenenti gruppi idrofobici, poichØ i gruppi idrofobici
collassano in presenza di acqua, minimizzando quindi la loro
esposizione alle molecole di tale solvente. Il rigonfiamento degli
idrogel sensibili alle condizioni ambientali può essere influenzato da
stimoli specifici. Il rigonfiamento degli idrogel temperatura-sensibili
può essere influenzato da cambiamenti della temperatura del mezzo di
rigonfiamento. La forza ionica ed il pH influenzano invece
rispettivamente gli idrogel forza ionica-sensibili e pH-sensibili.
Gli idrogel ambiente-sensibili sono in grado di rispondere ai
cambiamenti del loro ambiente esterno. Essi possono esibire drastiche
variazioni nel comportamento di rigonfiamento, nella struttura
reticolata, nella permeabilità e nella forza meccanica in risposta ai
cambiamenti del pH, della forza ionica del fluido circostante o della
temperatura
41
. Altri idrogel hanno la capacità di rispondere
all’applicazione di campi elettrici o magnetici, o al cambiamento nella
concentrazione del glucosio
41
. A causa della loro natura, questi
materiali possono essere usati in un’ampia varietà di applicazioni.
14
Le proprietà meccaniche degli idrogel sono molto importanti per le
applicazioni farmaceutiche. Ad esempio, l’integrità del dispositivo di
rilascio del farmaco per la durata dell’applicazione è molto importante
per ottenere l’approvazione della FDA, a meno che il dispositivo sia
progettato come un sistema biodegradabile. Un sistema di rilascio del
farmaco progettato per proteggere un agente terapeutico sensibile,
come una proteina, deve mantenere la sua integrità, finchØ il principio
attivo viene rilasciato completamente.