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5.Il pinguino di Magellano (Spheniscus magellanicus)
5.1 Etimologia
Il nome Spheniscus magellanicus deriva, per quanto riguarda “Spheniscus”, dal greco “spen” (“cuneo”) ed è
riferita alla forma affusolata del pinguino. Il termine “magellanicus”, invece, si riferisce all’esploratore che
lo ha scoperto, Ferdinando Magellano, che nel 1519 scoprì una colonia nelle coste Argentine (Love, 1994). Il
pinguino di Magellano è anche noto come il pinguino della Patagonia ed appartiene ad un genere in cui
sono presenti altre tre specie: il pinguino Africano (Spheniscus demersus), il pinguino di Humboldt
(Spheniscus humboldti) e il pinguino delle Galapagos (Spheniscus mendiculus) (Becker et al., 2006).
5.2 Descrizione della specie
Il pinguino di Magellano è uno Spheniscidae di medie dimensioni; la sua altezza media è di 48 ± 0,5 cm
(Borboroglu & Boersma, 2013) e il peso medio di 4,9 kg nei maschi e 4,6 kg nelle femmine (Boersma et
al.,1990). Quest’ultimo varia moltissimo in funzione della stagione, può essere intorno a 1,8 kg quando il
pinguino è in digiuno e 6 kg all’inizio della muta. La lunghezza media delle ali è di 15,6 cm per i maschi e di
14,8 cm per le femmine. Il becco è lungo circa 5,8 cm nei maschi e 5,4 cm nelle femmine. ll dimorfismo
sessuale è poco accentuato, con maschi generalmente più grandi delle femmine. L’adulto presenta una
prima banda bianca che, partendo da sopra gli occhi, si estende dietro la guancia fino a congiungersi nel
collo (Williams, 1995). Il ventre è di colore bianco e può presentare dei piccoli punti neri, la cui posizione
differisce da individuo a individuo. Le tre colorazioni bianche sono separate da due strisce nere: una prima
sul collo ed una seconda sullo sterno, a forma di ferro di cavallo rovesciato, che si distende lungo i fianchi
dell’animale fino alle zampe. Nel pinguino adulto il dorso, la coda, le guance e la testa sono di colore nero e
il corpo presenta dei tratti rosa di pelle nuda sopra il becco e intorno agli occhi, particolarmente visibile
nella stagione riproduttiva. Gli occhi sono generalmente marroni con un anello rosso intorno alla pupilla
negli adulti, rosa e grigia nei giovani e grigia nei pulcini (Borboroglu & Boersma, 2013). Le zampe sono nere
con macchie bianche e rosa e gli artigli presentano una linea nera che si prolunga fino al tarso. Alcuni
individui possono inoltre portare una macchia bianca sulla coda (Borboroglu & Boersma, 2013).
Fig.11. Individuo adulto di Spheniscus magellanicus. Foto di Francesca Scala.
I pinguini subadulti non ancora maturi (diventano maturi non appena effettuata la prima muta), hanno un
piumaggio di colore grigio su tutto il dorso, la coda e la testa, senza striature (figura 12), mentre le guance e
la pancia sono di colore bianco con alcuni puntini neri che si trovano anche negli adulti (Williams, 1995). I
pulcini nascono con un piumaggio grigio scuro sul dorso e grigio chiaro (quasi bianco) sull’addome e
cambiano la colorazione assieme alla prima muta, che inizia attorno ai 20 giorni di vita (figura 11) e si
conclude dopo circa 70 giorni dalla schiusa. (Borboroglu & Boersma, 2013).
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Fig. 12. Pulcino di Spheniscus magellanicus. Foto di Francesca Scala Fig. 13. Subadulto di Spheniscus magellanicus. Foto di Francesca Scala
5.3 Distribuzione
Il pinguino di Magellano è maggiormente distribuito in Sud America. Al momento della riproduzione questa
specie forma colonie molto numerose che occupano le coste dell’Oceano Atlantico, incluse le isole Falkland.
(Williams, 1995). Le isole Falkland sono l’areale che hanno in comune le due specie di pinguino prese in
analisi. Le densità possono variare da 1,6 a 8,1 nidi/100 m² (Schiavini et al., 2005) fino a 50 nidi/100 m²
(Stokes & Boersma, 2000); Punta Tombo, in Argentina, per esempio, è la zona più popolata con la presenza
di 200.000 coppie nidificanti (Boersma, 2008). Boersma et al. (2013) hanno stimato la presenza di circa
1.200.000/1.600.000 coppie di pinguini di Magellano in tutto il mondo, così distribuiti: 950.000 lungo la
costa argentina, 200.000 in Cile e 100.000 nelle isole Falklands/Malvinas. Queste zone possono presentare
diversi tipi di habitat ma l’uccello generalmente preferisce ambienti con spessi strati di terra (utili per
scavare il nido) e vegetazione per la protezione dai predatori (Love, 1994). Al di fuori della stagione
riproduttiva i pinguini migrano in mare, distribuendosi a latitudini più elevate, fino a raggiungere il Perù e il
Brasile (Williams, 1995). Putz et al. (2007), monitorando dei pinguini nell’isola Martillo (fa parte delle isole
argentine dell’arcipelago della Terra del Fuoco), hanno calcolato le distanze medie percorse degli uccelli dal
sito di riproduzione, registrando degli individui che ci sono spinti a più di 1.500 km verso nord. In linea
generale, però, hanno constatato una distanza massima media di 624± 460 km dal sito riproduttivo ed una
distanza minima percorsa per tutta la migrazione di 1.440 ± 685 km, che corrispondono ad una distanza
media di 23,2 ± 6,6 km al giorno.
Fig.14. Distribuzione di Spheniscus Magellanicus. La zona rappresentata in marrone rappresenta la zona
dove si trova la specie. Foto di IUCN
5.4 Alimentazione
Il pinguino di Magellano è un predatore pelagico marino; si nutre di pesci come acciughe (Engraulis spp.),
aringhe (Clupea harengus) e mallotti (comunemente conosciuto come capelin, Mallotus villosus) e anche di
calamari del genere Todarodes sp., Loligo sp. e Hystiotheuthis sp. Uno studio condotto in Brasile ha
sottolineato la loro alimentazione rivolta verso calamari oltre che pesci come Salpa sp. e in piccola parte
Idrozoi e Isopodi. I Cefalopodi sono considerati gli elementi principali nella dieta dei pinguini di Magellano
al di fuori della stagione riproduttiva (Azevedo e Schifler 1991; Strieder 1991). Il presente studio valuta, in
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termini quantitativi e qualitativi, il contenuto stomacale di 144 esemplari di pinguino di Magellano nello
stato di Rio Grande do Sul in Brasile.
Fig. 15. Tabella con le stime dei contenuti stomacali di 144 individui di Spheniscus magellanicus presso le coste di Rio Grande do Sul, Brazil
I cefalopodi trovati nel contenuto stomacale sono stati registrati nel 76% degli stomaci, con una media di 11
becchi per stomaco. Non è chiaro se i Pinguini di Magellano preferiscono i cefalopodi, o se questa è una
preda subottimale usata a causa di una carenza di pesce. In realtà sono stati trovati anche diverse specie di
pesci nei loro stomaci, anche se in minore quantità rispetto ai cefalopodi.
Fig. 16. Contenuto di varie specie di pesci nello stomaco dei Pinguini di Magellano identificati tramite otoliti oppure ritrovati interi o parzialmente
digeriti all’interno dello stomaco.
La quantità di cibo predato dipende principalmente dal ciclo riproduttivo, in quanto nella stagione
riproduttiva la necessità di foraggiarsi aumenta proporzionalmente con l’accrescimento del pulcino (Culik,
1994 in Radl et al.,1999), e dalla disponibilità dell’alimento stesso. Radl et al. (1999), infatti, hanno
dimostrato una variazione notevole nella durata del viaggio di alimentazione, con un minimo di 9 ore e con
un massimo di 17 ore, e la capacità di raggiungere profondità altre 70 m. Boersma et al. (2009) inoltre
hanno calcolato che, in zone dove vi è abbondanza di prede, il pinguino può arrivare a distanze di 60-100
km dalla costa, mentre in zone dove le prede hanno densità basse, può raggiungere anche distanze di 143-
242 km.
5.5 Riproduzione
La riproduzione del pinguino di Magellano incomincia intorno al mese di settembre e finisce intorno a metà
febbraio, periodo in cui gli uccelli iniziano la muta. Una volta raggiunta la terra gli animali incominciano i
corteggiamenti, maggiormente visibili negli individui che non presentano un partner: i maschi cercano di
attrarre le femmine con determinate vocalizzazioni e se le femmine sono interessate, girano loro intorno
fino ad avvicinarsi muovendo velocemente le ali sul loro corpo (Williams, 1995). Durante l’accoppiamento,
il maschio sale sul dorso della femmina ed entrambi distendono la cloaca in modo da permettere il
trasferimento dello sperma (Boersma & Davis, 1987). Dopo l’accoppiamento, la coppia si dedica alla
costruzione e riparazione del nido, che rimarrà sempre lo stesso per tutti gli anni successivi; Boersma
(2008), infatti, ha calcolato una percentuale del tasso di fedeltà al nido del 70-79%. Quest’ultimo viene
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generalmente costruito o sotto cespugli (Yorio et al.,2001) o scavando buche nella sabbia, in modo da avere
protezione dal sole e da eventuali predatori (Boersma et al., 2013). Le buche vengono costruite scavando
con le zampe e spesso i pinguini si ancorano al terreno con il becco in modo da aumentare la forza e la
stabilità.
Fig.17. Nidi di Pinguini di Magellano a Punta Tombo, Argentina. Foto dal web
All’interno del nido, per tutto il periodo riproduttivo, le coppie portano il materiale che trovano sulla terra,
come pietre, arbusti, piume, erba, ossa e alghe marine (Borboroglu & Boersma, 2013). Intorno al mese di
ottobre la femmina depone (con una frequenza del 90 %) due uova di un volume medio di 227± 21 cm³, con
il primo uovo più grande del secondo (tabella 1) (Yorio et al.,2001).
Tabella 1. Lunghezza (Lenght), peso (width) e volume (volume) delle uova del pinguino di Magellano. Da Yorio et al., 2001.
Per quanto riguarda la temperatura, il primo uovo ha una temperatura media di 23,4 ± 0,3°C nelle prime
24-48 ore dopo la deposizione, mentre il secondo di 27,9 ± 0,3°C. La temperatura si stabilizza intorno a 33
°C solo dopo 18 giorni (figura 4.6.2) (Rebstock & Boersma, 2011).
Fig.18. Variazione della temperatura delle uova del pinguino di Magellano. Da Rebstock & Boersma, 2011
La durata dell’incubazione è di circa 40 giorni e i genitori si alternano nella cova per andare in mare a
foraggiarsi. Durante questo periodo, le uova possono essere schiacciate o predate: Yorio & Boersma (1994,
in Yorio et al., 2001) hanno infatti evidenziato la presenza dello Zafferano meridionale, detto anche
Gabbiano del kelp (Larus dominicasus), che durante la riproduzione del pinguino, si nutre prevalentemente
delle loro uova. L’intervallo di schiusa tra il primo e secondo uovo è di 1,2 ± 0,71 giorni e i pulcini, non
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appena nati, sono ciechi e non in grado di termoregolarsi (Yorio et al.,2001). La cura della prole viene fatta
da entrambi i genitori che si alternano nella ricerca del cibo in mare e nutrono i pulcini rigurgitando il pesce
digerito direttamente nella gola del piccolo (Cooper, 1977). Per i primi 24-29 giorni i pulcini non sono in
grado di riscaldarsi da soli e la presenza di un genitore al nido è fondamentale; nei giorni successivi invece,
entrambi i genitori possono dedicarsi alla ricerca di cibo e i pulcini incustoditi possono unirsi formando
colonie superiori a 25 individui (Love, 1994).
Fig. 19. Feed time Pulcini di Magellano presso Punta Tombo, Argentina. Foto presa dal web
5.6 Stato di conservazione
L’elenco delle specie minacciate viene redatto da diverse istituzioni che utilizzano criteri differenti per
definire lo stato di conservazione: ad esempio la IUCN (The International Union for Conservation of Nature)
classifica il pinguino di Magellano nella Lista Rossa (Red List) come Near Threatened (NT) (BirdLife
International, 2009) cioè vicino all’estinzione.
Fig. 20. Stato di conservazione del pinguino di Magellano per la IUCN, Red List.
6. Il pinguino Papua (Pygoscelis papua)
6.1 Etimologia
Il nome Pygoscelis papua, o più comunemente noto dall’inglese come pinguino Gentoo, è stato certificato
nel XVII secolo, di origine anglo-indiana, probabilmente da una parola mutata dal
portoghese gentio (" pagano ").
6.2 Descrizione della specie
Il pinguino Papua è un Pigoscelide di dimensioni maggiori rispetto al pinguino di Magellano e con
caratteristiche differenti; è lungo dai 51 ai 90 centimetri
e pesa tra i 5 e gli 8 kg. Come tutti i pinguini, ha il
dorso nero e il ventre bianco. Il becco è dal rosso al giallo-arancione. Sopra l'occhio ha una caratteristica
macchia bianca. La specie non ha alcun dimorfismo sessuale. Nel pinguino adulto (figura 20), il ventre è di
colore bianco mentre il dorso è di colore nero uniforme. Le zampe palmate sono di colore arancione-giallo
anch’esse, dotate di artigli per arrampicarsi sulle rocce e sul terreno. Del genere Pygoscelis fanno parte
altre due specie: Pygoscelis adeliae (Hombron e Jacquinot, 1841) e Pygoscelis antarticus (Forster, 1781).