INTRODUZIONE
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In questo lavoro andremo ad analizzare sotto vari aspetti(storico,
politico, economico, istituzionale, e sociologico) il processo d’allargamento
dell’Unione Europea dalle origini a quello tuttora in corso, senza trascurare
tutte le problematiche ad esso correlate.
Nel primo capitolo abbiamo ricostruito fedelmente il cammino
dell’integrazione europea dalle sue origini fino al 1989, soffermandoci su
tutti i momenti che ne hanno tracciato il cammino futuro, dal quel lontano
giorno del 1957, in cui a Roma, si svolgeva il prima atto politico del
cammino verso la futura integrazione europea, ovvero la nascita della
Comunità Economica Europea(CEE) con la partecipazione dei sei paesi
fondatori, Italia, Francia, Germania Ovest, Olanda, Belgio, Lussemburgo,
un gesto molto coraggioso per un’Europa che usciva dalla Seconda Guerra
Mondiale, dovuta a personaggi che saranno ricordati segni indelebili nel
panorama politico europeo, pensiamo solo per citarne alcuni, a Jean
Monnet e Alcide de Gasperi.
Il secondo capitolo si apre con un avvenimento epocale, la caduta del
muro di Berlino, evento destinato a cambiare per sempre la storia europea,
segnando un punto di non ritorno del processo d’integrazione e giunge fino
al maggio 2004 altra svolta epocale, data in cui, ben dieci paesi sono entrati
a pieno titolo nell’Unione, paesi che solo pochi anni prima erano in gran
parte satelliti dell’Ex URSS, e che ora fanno parte della nostra grande casa
comune.
Il terzo capitolo affronta il delicato argomento della Costituzione
Europea con tutte le implicazioni ad essa correlata e i tanti problemi che
ancora attendono una risposta, che dovrà esser data in tempi rapidi, come
giustamente pretendono e meritano i cittadini europei.
Il quarto capitolo, è dedicato all’ingresso nel 2007, dei due paesi che
ancora mancavano nel 2004, Romania e Bulgaria, con le relative speranze e
possibili problemi, che questo ingresso porterà con se.
INTRODUZIONE
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Nel quinto capitolo si è andati ad analizzare, nello specifico tutti gli
aspetti e le possibili conseguenze del processo di allargamento tuttora in
atto, affrontando questo delicato tema sia a livello istituzionale,
evidenziando l’orientamento della Commissione e del Consiglio
dell’Unione Europea, sia a livello di opinione pubblica, rappresentata dai
cittadini europei e dai mezzi di informazione
Nel sesto e ultimo capitolo, si è analizzata la complessa e enigmatica
situazione del possibile ingresso della Turchia nell’Unione, argomento
questo, molto delicato che apre scenari e prospettive imprevedibili che
lasciano aperti forti dubbi.
CAPITOLO I
Il cammino verso l’integrazione europea
fino al 1989
CAPITOLO I: Il cammino verso l’integrazione europea fino al 1989
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1.1. LE FASI DEL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
NEL DOPOGUERRA
I
Il processo d’integrazione europea nel dopoguerra può essere
scomposto in varie fasi, che permettono di mettere a fuoco come durante il
corso degli anni questo processo non sia stato propriamente un processo di
manico verso la creazione dell’Unione Europea, ma come invece sia stato
un processo caratterizzato da un’evoluzione graduale, contraddistinta da
numerosi slanci d’iniziativa
La suddivisione del processo può essere eseguita scomponendo la
storia in sei fasi, contrassegnate da una parte dagli attori che spingevano
verso l’integrazione e i fattori che si opponevano a questa realizzazione.
La prima fase, fino al 1950, è caratterizzata dalla ricerca di modi e
iniziative praticabili e vede il dibattito sui principi fondamentali della
cooperazione.
La seconda fase, dal 1950 al 1957, vede la nascita dell’assetto
funzionale.
La terza fase, che dura per tutti gli anni sessanta, è caratterizzata
dalla stipulazione d’accordi intergovernativi e dalla fortissima opposizione
del presidente francese Charles de Gaulle rispetto a progetti unitari di largo
respiro.
La quarta fase, e quindi gli anni settanta, vedono il ritorno di
aspirazioni unitarie.
La quinta fase che va dal 1979 al 1984, può essere definita come il
“periodo britannico”, con i problemi annessi a come incorporare la Gran
Bretagna nella comunità e quante licenze le si possono concedere.
La sesta fase che comincia nel 1985, vede un rafforzamento della
cooperazione che sfocerà nel trattato di Maastricht(aspetto che affronteremo
nel cap. 2).
Ora andiamo analizzare queste fasi.
I
Mikkeli H, “Europa storia di un’idea e di un’identità”, Il Mulino, Bologna, 2002.
CAPITOLO I: Il cammino verso l’integrazione europea fino al 1989
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1.2. “UN’INVENZIONE CHIAMATA EUROPA”
L’Europa del 1945, che cercava di rialzare la testa dopo trenta anni
di conflitti bellici, che avevano lasciato il segno, sia per il notevole numero
di morti che per la distruzione materiale e morale che si portava dietro,
viveva in un clima d’incertezza e tensione, con la minaccia del comunismo
e dell’Unione Sovietica, a cui, l’unica risposta efficace era rappresentata da
un’Europa Occidentale forte e unita.
Uno dei momenti fondamentali del cammino lungo l’integrazione
europea fu “The Tragedy of Europe”, il discorso pronunciato dal premier
britannico Churchill il 19 settembre 1946 a Zurigo, in cui lo stesso primo
ministro espose la convinzione che l’Europa unita non poteva prescindere
in nessun caso, da una Francia e una Germania spiritualmente grandi.
“Il primo passo per ricercare la famiglia europea deve una
partnership tra Francia e Germania. Solo in questo caso la Francia può
riacquisire la guida morale d’Europa. Non ci può essere ripresa in
Europea senza una Francia spiritualmente grande e una Germania
spiritualmente grande. La struttura degli Stati uniti d’Europa, se ben
congegnata, dovrà essere tale da rendere meno importante la forza
materiale di tutti i suoi stati membri. Le nazioni piccole conteranno come
quelle più grandi e si faranno onore con il loro contenuto alla causa
comune”
II
Il primo passo verso gli Stati uniti d’Europa sarebbe stato
l’istituzione di un Consiglio d’Europa. Anche se nel suo discorso delineava
l’obiettivo degli Stati uniti d’Europa, Churchill riservava alla Gran
Bretagna un ruolo passivo nel processo d’integrazione europea, perché a
suo modo di vedere questo processo non richiedeva una presenza britannica
molto forte. Questo può essere il motivo per cui l’atteggiamento britannico
II
cit. In Nelsen e Stubb 1994, pag.8
CAPITOLO I: Il cammino verso l’integrazione europea fino al 1989
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nei confronti dell’integrazione si rivelò cosi passivo nei decenni che
seguirono.
Un altro passo fondamentale per l’integrazione europea è
rappresentata dal Congresso europeo del 1948, nel quale, i rappresentanti di
sedici stati proclamarono l’obiettivo di istituire un parlamento europeo e
una corte di giustizia, cioè un tribunale per la difesa dei diritti dell’uomo. Il
risultato del congresso dell’Aja, fu la nascita del movimento europeo.
Infine, vale la pena citare i fautori dell’integrazione europea negli
anni quaranta, Jean Monnet e Paul-Henri Spaak e chi gli ha permesso, con
il loro aiuto di concretizzare i loro progetti, e vale a dire, Robert
Schuman(primo ministro francese), Alcide de Gasperi(primo ministro
italiano) e Konrad Adenauer(primo ministro tedesco),; questi tre uomini,
tutti democristiani, parlavano tedesco e, riuscirono a vedere più in là dei
propri confini nazionali, dando un grande aiuto all’Integrazione europea.
1.3. IL PIANO SCHUMAN
III
L’invenzione comunitaria come risposta al clima d’incertezza e
come inizio del processo di integrazione europea cominciò il 9 maggio
1950 con la “Dichiarazione Schuman”,; i suoi artefici principali furono Jean
Monnet, commissario al Piano nel Governo francese, e un gruppo di
straordinari esperti e funzionari.
Il pragmatico ministro degli esteri francese di allora, Robert
Schuman appunto, ebbe la forza politica di farla approvare da uno scettico
consiglio dei ministri francese e di proporla ai tedeschi e agli altri paesi
dell’Europa Occidentale.
La proposta di Schuman rappresenta il punto d’inizio del processo
d’integrazione europea ed è considerata ancor oggi una dichiarazione
efficace e con un contenuto altamente operativo che non lascia spazio ad
interpretazioni retoriche.
III
Mikkeli H, “Europa storia di un’idea e di un’identità”, Il Mulino, Bologna, 2002.
CAPITOLO I: Il cammino verso l’integrazione europea fino al 1989
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Il piano Schuman ebbe il gran merito di riuscire ad essere il punto di
confluenza dei diversi ordini di problemi di quel periodo e di centrare il
punto di intersezione politica delle esigenze e delle preoccupazione
dell’Europa di quel tempo, quali la necessità di promuovere la distensione
internazionale; inserendo un’Europa organizzata come elemento
equilibratore tra i due blocchi, la riconciliazione franco-tedesca e con essa
l’integrazione della Germania all’Occidente, la riorganizzazione a livello
europeo dell’industria di base, la creazione infine di un organismo dotato di
poteri e capace di fornire un modello per lo sviluppo del processo di
integrazione europea.
Uno dei principali ispiratori del piano Schuman, fu Jean Monnet, con
la sua dottrina europea, che maturò dall’incontro di diverse prospettive
ideali: un chiaro giudizio storico che, muovendo dalla constatata
insufficienza del concetto nazionalistico, sostituisce ad esso i principi di
interdipendenza e d’integrazione; una precisa definizione delle <<modalità
di approccio>> atte a promuovere le interdipendenze latenti o virtuali; una
concezione istituzionale adeguata alla nuova realtà dei rapporti
internazionali e capace non solo di consolidare le acquisizioni settoriali ma
prefigurare una linea di sviluppo.
Tale concezione potrebbe apparire ovvia o non decisiva, se essa non
si articolasse in una concreta strategia della pace che, lungi dal restare nel
regno delle dichiarazioni d’intenzioni, si definisce in una precisa volontà
politica e costituisce uno degli elementi che qualificano tra le Europe
possibili, l’Europa monnetiana.
Se l’unificazione dell’Europa è il presupposto indispensabile per il
mantenimento della pace del mondo, l’Europa unita(Gran Bretagna
compresa) consente altresì un’associazione, su un piano d’uguaglianza, fra
il vecchio continente e gli Stati Uniti, capace di realizzare quelle condizioni
che renderanno finalmente possibile il passaggio dalla coesistenza pacifica
alla pace.
Il metodo di Jean Monnet era l’applicazione rigorosa di questa
fondamentale persuasione: l’Europa si farà modificando le condizioni
CAPITOLO I: Il cammino verso l’integrazione europea fino al 1989
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economiche che determinano il comportamento umano. L’affermazione che
il processo d’integrazione nasceva dalla messa in comune delle risorse,
rovesciava i criteri del metodo d’unificazione che aveva presieduto in
Europa la formazione degli Stati nazionali, anteponendo l’integrazione
economica a quella politica. In tale quadro s’innesta un’intuizione centrale
delle proposizioni di Monnet. Le istituzioni indipendenti dagli Stati hanno
una funzione quasi demiurgica nella concezione comunitaria che sta
emergendo dalla Dichiarazione Schuman. E infatti la debolezza delle
istituzioni degli Stati Nazione che ha provocato le tragedie europee. Le
nuove istituzioni devono essere il cuore dell’invenzione comunitaria, e
sono ‘ insieme all’impulso politico degli «interessi», che devono guidare la
trasformazione delle relazioni tra gli Stati, secondo una gradualità segnata
dai Trattati, verso gli obiettivi pro posti. Se nella prima metà del secolo gli
europei si sono lasciati guidare da istituzioni egoiste e volubili, nella
seconda essi devono porvi rimedio mutando radicalmente la realtà
istituzionale, dando quindi vita a istituzioni «comuni», in cui la gestione del
potere conferito contrattualmente dagli Stati sia funzionale alla nuova realtà
interstatale, potendosi prefigurare l’obbiettivo finale degli Stati Uniti
d’Europa.
Dalle idee monnetiane e dall’iniziativa diplomatica avviata dalla
Dichiarazione Schuman nacque la Comunità europea del carbone e
dell’acciaio, prevista dal Trattato di Parigi dell’8 aprile 1951 entrato in
vigore il 27 luglio 1952. Con esso sei Stati europei — Belgio, Francia,
Italia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi — conferivano a istituzioni
comuni e indipendenti dagli Stati tutti i poteri in materia di carbone e di
acciaio, che veni vano quindi sottratti alla sovranità dei paesi firmatari. Le
istituzioni della CECA erano innanzitutto l’Alta autorità, collegio di nove
membri nominati dagli Stati e totalmente indipendenti per la durata di un
mandato di sei anni. Essa era il Governo vero e proprio della CECA, e
agiva sotto il controllo di un’Assemblea parlamentare nominata dai
Parlamenti nazionali e avente Prevalenti funzioni consultive. Il Consiglio,
composto dai rappresentanti dei Governi degli Stati membri, era incaricato