2
Special Purpose Vehicle (SPV), la quale finanzia il suo acquisto
emettendo titoli di debito. L’importanza dal punto di vista gestionale
delle operazioni di cartolarizzazione può essere compresa facendo
riferimento alla gestione e al trasferimento dei rischi, oltre che
all’approvvigionamento di nuove fonti di liquidità, ottenibili grazie
all’utilizzo delle stesse. Grazie anche a queste caratteristiche, le
operazioni di cartolarizzazione si sono sempre più affermate
nell’ambito delle decisioni gestionali delle banche, così come i titoli
emessi dagli SPV, denominati nella forma più tradizionale Asset
Backed Security (ABS), hanno ricevuto sempre più favore da parte
degli investitori, attratti da giudizi di rating elevati e dalla ricerca di
rendimenti consistenti.
Tuttavia, nel corso degli ultimi anni le operazioni di
cartolarizzazione hanno mostrato alcune criticità, che le hanno rese
uno dei fattori determinanti la recente crisi finanziaria, esplosa a
partire dall’agosto del 2007 con la cosiddetta crisi dei mutui
subprime. Durante questa fase, gli operatori finanziari e gli investitori
hanno progressivamente dimostrato una crescente diffidenza nei
confronti degli strumenti di cartolarizzazione, in modo particolare per
alcune tipologie legate ai mutui subprime, quali Mortgage Backed
Security (MBS) e Asset Backed Commercial Paper (ABCP). Le
operazioni di cartolarizzazione sembrano dunque aver sperimentato
due opposti periodi, passando da una fase caratterizzata da un
importante favore da parte di intermediari e investitori, a un’altra
caratterizzata da una diffidenza generalizzata da parte della totalità
del mercato. Appare dunque rilevante comprendere la natura di
questa inversione di tendenza e l’impatto che le stesse
cartolarizzazioni hanno avuto nel determinare e favorire la crisi
finanziaria. Inoltre, è altrettanto importante comprendere sia i
vantaggi, sia i rischi, che questa tipologia di strumenti può apportare
3
nell’ambito della gestione bancaria, in modo particolare per ciò che
riguarda la funzione risk management.
Scopo di questa tesi è, infatti, l’analisi dei vantaggi e dei rischi
legati all’utilizzo dei citati strumenti, con particolare riferimento agli
aspetti coinvolti nella funzione risk management, quali la gestione e il
trasferimento delle diverse tipologie di rischi legate all’attività
bancaria e l’analisi dei rischi derivanti dal loro utilizzo, sia a livello di
singolo intermediario che a livello di intero sistema finanziario.
Inoltre, si darà spazio alla disamina della disciplina prudenziale di
Basilea 2 in merito al trattamento delle operazioni di cartolarizzazione
e alle modifiche apportate alla stessa dal Comitato di Basilea nel
luglio 2009, in risposta alla crisi finanziaria. L’analisi sarà altresì
incentrata sull’impatto generato dalle stesse operazioni nel merito
della recente crisi finanziaria, considerando i punti di criticità emersi
durante la stessa e le misure correttive da adottare affinché il
mercato delle cartolarizzazioni possa riacquistare la fiducia degli
operatori e continuare a generare quei vantaggi di rilevante
importanza per i singoli originator e l’intero sistema finanziario. A tal
proposito, fine ultimo della tesi sarà fornire al lettore una prospettiva
critica degli effetti generati dalle operazioni di cartolarizzazione
nell’ambito della crisi finanziaria e più in generale all’interno
dell’intero sistema finanziario, alla luce dei vantaggi e rischi analizzati
durante la trattazione.
L’elaborato sarà composto da quattro capitoli, all’interno dei quali
saranno trattati gli argomenti appena esposti.
Nello specifico, nel primo capitolo saranno analizzati gli aspetti
generali delle operazioni di cartolarizzazione, quali lo schema
contrattuale di base, i soggetti coinvolti, le tipologie di attività
4
cartolarizzabili, lo studio delle particolari tipologie di credit
enhancement e delle clausole di rimborso anticipato.
Nel secondo capitolo, invece, saranno analizzate le diverse tipologie
di strutture contrattuali, oltre che le diverse tipologie di ABS, quali
CDO (Collateralised Debt Obligation) e cartolarizzazioni sintetiche,
fornendo una descrizione degli elementi generali caratterizzanti i
credit derivatives.
Nel terzo capitolo saranno considerati i vantaggi apportati dalle
cartolarizzazioni sia nell’ambito della gestione bancaria, in termini di
gestione dei diversi rischi inerenti l’attività bancaria e di modalità
alternativa di funding, sia nell’ambito più generale dell’intero sistema
economico. Infine, sarà analizzata la disciplina prudenziale di Basilea
2 riguardante le operazioni di cartolarizzazione.
Nel quarto capitolo, infine, saranno esaminati i rischi generati per i
singoli intermediari e per l’intero sistema economico, con particolare
riferimento ai conflitti di interesse insiti nel modello originate-and-
distribute. Sarà inoltre fornita una descrizione dell’impatto delle
operazioni di cartolarizzazione nella recente crisi finanziaria, seguita
da proposte correttive per poter farvi fronte.
5
1. Le operazioni di
cartolarizzazione: aspetti generali
1.1 Introduzione
La cartolarizzazione di attività (in inglese securitisation)
rappresenta una delle più importanti tecniche di innovazione
finanziaria apparse sulla scena economica internazionale negli ultimi
decenni. Benché a un primo approccio possa sembrare una tecnica
semplice e lineare, essa presenta invece diversi elementi critici. Per
comprendere quali siano i vantaggi che questa tecnica apporta, sia al
singolo intermediario finanziario sia all’intero sistema economico, e i
rischi che la caratterizzano, è quindi indispensabile analizzare
dettagliatamente gli elementi che la contraddistinguono.
In questo primo capitolo, sarà fornita una definizione generale delle
operazioni di cartolarizzazione (nel paragrafo 1.2) e si proseguirà
descrivendo i soggetti coinvolti e i ruoli svolti (nel paragrafo 1.3), per
poi considerare le varie tipologie di attivi oggetti di securitisation (nel
paragrafo 1.4). Infine, nel paragrafo 1.5 si passeranno in rassegna le
varie tecniche di credit enhancement, mentre nel paragrafo 1.6
saranno analizzate le diverse forme contrattuali.
6
1.2 Definizione di “cartolarizzazione”
La tecnica della cartolarizzazione, nella sua forma base1, prevede il
trasferimento di portafogli di attività illiquide presenti nel bilancio
dell’intermediario finanziario o di una società cedente (originator) a
una società veicolo (Special Purpose Vehicle, definita anche SPV)
appositamente creata. Quest’ultima, giuridicamente ed
economicamente separata dall’originator, finanzia l’acquisto delle
attività attraverso l’emissione di titoli obbligazionari2, che sono
collocati presso gli investitori. Il pagamento delle cedole di questi
titoli è quindi garantito dai flussi di cassa generati dalle attività
sottostanti, che continuano ad essere riscossi dalla banca e vengono
successivamente trasferiti alla società veicolo. Questo è il motivo per
cui i titoli obbligazionari emessi secondo questa tecnica sono chiamati
Asset-backed security (ABS), cioè obbligazioni garantite da attività. E’
possibile visualizzare i flussi di fondi originati dall’operazione nella
figura 1.1.
All’interno di questo schema tecnico operano anche altri soggetti,
che intervengono con diverse funzioni: di valutazione del merito di
credito, di advisor, di garante, di supporto e di consulenza.
1
Per una descrizione più dettagliata delle forme contrattuali adottate si rimanda al
capitolo 2.
2
Da qui il termine cartolarizzazione: le attività, da poste illiquide presenti nel
bilancio della società cedente, sono trasformate in titoli trasferibili e negoziabili sul
mercato.
7
Figura 1.1 I flussi di fondi di un'operazione di cartolarizzazione
Fonte: DAMILANO M. (2000), La securitisation dei crediti, Giappichelli, Torino, pag. 24.
1.3 I soggetti coinvolti
I soggetti coinvolti in un’operazione di cartolarizzazione sono
molteplici e possono essere ricondotti alle seguenti figure:
ξ l’originator;
ξ il servicer;
ξ lo special purpose vehicle;
ξ la controparte garante;
ξ l’agenzia di rating;
ξ la merchant bank;
ξ altri soggetti.
8
1.3.1 L’originator
L’originator è l’impresa che intende liberare dal proprio bilancio
attività illiquide per poterle cedere allo SPV e ottenere così il
controvalore derivante dalla vendita. In particolare, è il soggetto che
dà il via al processo di cartolarizzazione e che deve selezionare,
all’interno del proprio attivo, un pool omogeneo di crediti, con
particolari caratteristiche di negoziabilità, quali:
ξ la possibilità di prevedere il rischio di credito;
ξ l’attitudine a produrre i cash flow per il pagamento delle cedole
e il rimborso del capitale;
ξ l’elevato grado di standardizzazione.
In linea teorica, il ruolo di originator può essere svolto sia da
intermediari finanziari sia da imprese di diversa natura, ad esempio
industriali o commerciali. Tuttavia, la pratica ha dimostrato come i
maggiori attori che operano nel mercato delle securitisation siano
proprio le banche e gli altri intermediari finanziari3. Questo può
essere dovuto al fatto che le imprese non finanziarie dispongono di
fonti di finanziamento alternative più convenienti4. Inoltre, gli
intermediari finanziari, mediante questa tecnica riescono a superare
alcuni limiti di natura giuridica, fiscale e patrimoniale ai quali sono
assoggettati dalle normative nazionali e internazionali. Occorre
comunque sottolineare che esistono diversi casi di ricorso alla
3
Cfr. DAMILANO M. (2000), La securitisation dei crediti, Giappichelli, Torino,
pag.40.
4
«Ci si può chiedere se anche le imprese industriali o commerciali possano essere
originator, con la massa dei loro crediti, ai fini di impostare una operazione di
securitisation. La risposta può essere positiva in linea teorica ma negativa in linea
pratica in quanto esse soddisfano le loro esigenze, molto più semplicemente, con
un’operazione di factoring». Cfr. FRIGNANI A. (1995), “La securitisation come
strumento di smobilizzo dei crediti di massa”, in Bollettino Trimestrale, Banca
Popolare di Novara, n.1, pag. 35.
9
securitisation da parte di imprese non finanziarie5 e anche da parte di
enti statali, quali il governo italiano, che nel 1999 ha cartolarizzato
crediti INPS per contributi sociali in mora, per un importo di 4.650
milioni di Euro6.
1.3.2 Il servicer
Il servicer è il soggetto che si occupa della gestione degli asset
ceduti, dei cash flow da essi prodotti e di ogni problematica connessa
con l’amministrazione del sottostante. Ha, infatti, il compito di gestire
i flussi di pagamenti che provengono dalle attività sottostanti le ABS,
di trasferire gli stessi allo SPV e di provvedere al pagamento delle
cedole e del rimborso del capitale presso gli investitori che hanno
investito in ABS. Inoltre, si occupa anche di recupero crediti in caso di
insolvenza dei debitori ceduti.
Nello specifico, il servicer svolge le seguenti attività:
ξ raccoglie i crediti e riscuote i pagamenti di interessi dai debitori
ceduti;
ξ effettua il servizio sui titoli emessi a fronte dell’operazione di
cartolarizzazione (pagamento delle cedole e rimborso del
capitale);
ξ gestisce la liquidità in eccesso;
ξ fissa, ove previsto, il tasso di interesse sui crediti;
ξ riferisce alle agenzie di rating sulle performance degli attivi
sottostanti e fornisce informazioni in merito anche a qualunque
altro soggetto coinvolto nell’operazione che ne faccia richiesta;
ξ cerca di limitare le insolvenze da parte dei debitori ceduti;
ξ custodisce gli attivi e i certificati di emissione dei titoli;
5
Per citare altri casi italiani: Olivetti, Cremonini, Cirio, Fiorentina Calcio, Lazio SpA,
Cecchi Gori Group. Cfr. PIZZUTILO F. (2002), Aspetti finanziari delle operazioni di
securitisation, Giuffrè, Milano, pag.11.
6
Cfr. PIZZUTILO F. (2002), op. cit., pag 11.
10
ξ sorveglia il livello minimo di garanzia utilizzato e, in caso di
necessità, predispone altre forme di intervento7.
Il ruolo di servicer può essere svolto da un soggetto diverso
dall’originator, ma, solitamente, questo compito è assolto dalla stessa
società cedente. In questo caso, infatti, l’originator può continuare a
mantenere i rapporti commerciali con i propri clienti, senza dover
comunicare loro una modifica della controparte, che potrebbe portare
a una perdita d’immagine. In questo caso, quindi, è lo stesso
originator che riceve la servicing fee, cioè la remunerazione spettante
al servicer, che è calcolata annualmente in percentuale dei volumi
raccolti8. Molto spesso, la servicing fee è trattenuta dal servicer sulle
somme ricevute dai debitori ceduti.
1.3.3 Lo special purpose vehicle
Lo special purpose vehicle è la società che acquista gli attivi
dall’originator ed emette titoli garantiti dagli attivi sottostanti9. E’
molto importante che lo SPV sia giuridicamente ed economicamente
separato dalla società cedente e che abbia come unica attività quella
di eseguire la cartolarizzazione dei crediti. Lo SPV, in questo modo,
diventa una bankruptcy remote company, cioè una società con un
7
Cfr. DAMILANO M. (2000), op. cit., pag. 42.
8
E’ possibile altresì che la servicing fee sia calcolata non in percentuale dei volumi
raccolti, come citato in DAMILANO M. (2000), op. cit., pag. 42, ma come
percentuale del capitale residuo. Si veda al riguardo PIZZUTILO F. (2002), op. cit.,
pag. 146: «Per lo svolgimento dell’attività di servicing sono riconosciute
commissioni (servicing fees) pari a circa lo 0,6%-0,8% del capitale residuo».
Tuttavia Pizzutilo, in nota, sottolinea che «in alcuni casi la remunerazione è
collegata alla performance realizzata, cioè al cash flow effettivamente prodotto dal
sottostante» e spiega che questa «è una soluzione utilizzata soprattutto nelle
securitisation il cui successo è strettamente connesso alla capacità del servicer di
gestire al meglio il portafoglio, vedi ad esempio le cartolarizzazioni di mutui non
performing». Nel caso di creditori insolventi, infatti, è compito del servicer eseguire
le operazioni di recupero crediti. E’ in questo caso, quindi, che risulta centrale il
livello di cash flow generato dagli attivi sottostanti e che può essere giustificata una
remunerazione del servicer legata ad esso.
9
Per questo è spesso chiamato anche issuer.
11
basso rischio di fallimento. Infatti, attraverso questo meccanismo,
esso è reso immune da un possibile fallimento o insolvenza
dell’originator e libero da eventuali rischi in cui potrebbe invece
incorrere svolgendo attività diverse da quella della cartolarizzazione.
In questo modo, è dunque possibile garantire sia all’originator
l’effettivo trasferimento dei rischi facenti capo alle attività cedute, sia
agli investitori finali la mitigazione del rischio di credito. Il rischio di
credito al quale sono esposti gli investitori finali, infatti, è limitato al
fallimento o insolvenza dello SPV, e non al fallimento o insolvenza
dell’originator10, la cui probabilità è più elevata considerando l’alto
numero di attività svolte e quindi l’elevato numero di rischi assunti.
In questa sede, sembra opportuno distinguere tra cessione dei
crediti pro soluto e pro solvendo. Nel caso di cessione pro soluto (in
termini anglosassoni, true sale), la società cedente non risponde in
caso di insolvenza del debitore e il rischio di credito fa capo
interamente allo SPV. Al contrario, in caso di cessione pro solvendo,
la società cedente agisce come garante e in caso di insolvenza del
debitore risponde nei confronti dello SPV11. E’ chiaro, quindi, che
affinché vi sia un reale trasferimento del rischio di credito
dall’originator allo SPV, la cessione del credito deve avvenire con la
clausola pro soluto. Anche il Comitato di Basilea si è espresso in
merito12, citando alcune cause che potrebbero rendere vani gli effetti
di una vendita pro soluto:
ξ vincolo di riacquisto o scambio di attività;
10
Come avverrebbe con l’acquisto di normali obbligazioni emesse dall’originator.
11
«Il cedente non risponde della solvenza del debitore, salvo che ne abbia assunto
la garanzia. In questo caso egli risponde nei limiti di quanto ha ricevuto; deve
inoltre corrispondere gli interessi, rimborsare le spese della cessione e quelle che il
cessionario abbia a sopportare per escutere il debitore e risarcire il danno.» Cfr.
Codice Civile, art. 1267.
12
Cfr. BASEL COMMITTE ON BANKING SUPERVISION (1992), Trasferimento e
cartolarizzazione di attività, pag. 6.
12
ξ clausola di rivalsa per cui il rischio di perdite a fronte delle
attività cedute resta a carico della banca cedente o viene
ritrasferito a quest’ultima;
ξ obbligo verso una qualsiasi parte di effettuare i pagamenti in
conto capitale o interessi sulle attività cedute (al di là di quelli
derivanti dalla funzione di gestore).
Tuttavia, come sarà chiarito in seguito, non vi è alcun vincolo
all’utilizzo della clausola pro soluto. In questo caso, dunque, il
trasferimento del rischio da parte dell’originator non è annullato
completamente. Viene così a formarsi in capo alle società cedenti
l’”illusione” di essersene liberati, come è stato ampiamente
riscontrato nella recente crisi finanziaria.
Per quanto riguarda la forma giuridica, lo SPV può essere costituito
sia sotto forma di società di capitali o di persone, sia sotto forma di
trust, figura tipica dell’ordinamento anglosassone, che può essere
assimilata alla società fiduciaria italiana13.
Nel caso in cui gli asset non siano ceduti ad uno SPV, essi possono
essere venduti a conduit, società specializzate nell’emissione di ABS,
che acquistano i crediti da diverse società cedenti. Le conduit si
occupano quindi di aggregare i crediti acquistati in pool omogenei e di
emetterli sottoforma di titoli cartolarizzati sul mercato. Questa
tipologia di issuer è particolarmente utile a quelle imprese che, non
raggiungendo un certo volume di attività, sono poco incentivate, dal
punto di vista economico, ad effettuare operazioni di cartolarizzazione
costituendo uno SPV ad hoc.
13
«Società iscritta in apposito albo e specificamente autorizzata alla gestione di
beni altrui mediante intestazione fiduciaria. Quest’ultima comporta che la proprietà
del bene sia formalmente riferibile alla società, ma pertinente ad ogni effetto al
cliente fiduciante, il quale conserva ogni più ampio potere dispositivo sul bene
conferito in via fiduciaria.» Cfr. GIRINO E. (2005), Dizionario di finanza. Tecniche,
strumenti, operatori, Ipsoa, Milano, pag. 271.