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1 Introduzione
1.1 Anatomia e biomeccanica del rachide
La colonna vertebrale è un vero e proprio pilastro centrale del nostro
tronco ed è in grado di conciliare due parametri meccanici in netta
contrapposizione tra loro: la rigidità e l’elasticità. Il rachide infatti è in grado di
sostenere il cingolo scapolare e gli arti ma allo stesso tempo è abbastanza mobile
da permettere un gran numero di movimenti. Oltre a alla funzione di sostegno il
rachide svolge il ruolo di protettore dell’asse nervoso: il canale rachideo che
inizia a livello del forame occipitale accoglie il bulbo e il midollo offrendo una
protezione flessibile e resistente di questo asse nervoso.
La colonna dell’adulto è costituita da 33-34 vertebre le quali proteggono il
midollo ed aiutano a mantenere una corretta posizione del corpo, sia in posizione
da seduta che eretta.
Il rachide è diviso in regioni. Cominciando dal cranio, le regioni sono
cervicale, toracica, lombare, sacrale e coccigea. Sette vertebre cervicali
costituiscono il collo e si estendono verso il tronco. La prima vertebra cervicale,
detta Atlante, si articola con i condili dell’osso occipitale, mentre la settima,
l’Epistrofeo, si articola con la prima toracica. Dodici vertebre toraciche formano
la regione mediana posteriore e ciascuna si articola con uno o più paia di coste.
La dodicesima vertebra toracica si articola con la prima vertebra lombare. Cinque
vertebre lombari formano il tratto posteriore inferiore; la quinta vertebra lombare
si articola con il sacro che, a sua volta, si articola con il coccige. Le regioni
cervicale, toracica e lombare sono costituite da singole vertebre. Durante lo
sviluppo, il sacro origina come un gruppo di cinque vertebre ed il coccige come
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un gruppo di piccole vertebre variabile tra tre e cinque. Le vertebre sacrali si
fondono assieme attorno ai 25 anni, mentre quelle coccigee intorno alla pubertà.
La lunghezza totale della colonna di un adulto è di circa 71 cm.
Figura 1. Colonna vertebrale sul piano rettilineo e sagittale
Le vertebre non formano una struttura rettilinea e rigida. Osservata
lateralmente la colonna di un adulto mostra quattro curve vertebrali:
Lordosi cervicale
Cifosi dorsale
Lordosi lombare
Curva sacrale
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Le curve toracica e sacrale sono definite curve primarie poiché appaiono
tardi durante lo sviluppo fetale. Esse sono anche definite curve di accomodazione
perché si adattano ai visceri e agli addominali.
Le curve lombare e cervicale, definite curve secondarie, compaiono dopo
la nascita nel giro di qualche anno. Vengono chiamate curve di compensazione
perché sostengono il peso del corpo sulle gambe. Tutte e quattro le curve sono
totalmente sviluppate intorno ai dieci anni.
La curva dorsale e la curva sacro-coccigea sono caratterizzate da rigidità e
da stabilità. I movimenti, quasi impossibili a livello sacrale per le vertebre fuse
tra loro, sono limitati a livello dorsale dalla presenza delle coste. Le due lordosi,
equilibrate dalla muscolatura statica, sono invece i segmenti più mobili del
rachide; la lordosi cervicale è orientata all’indietro e in alto mentre la lordosi
lombare mira all’indietro e in basso. Secondo Rocher-Rigaud il valore fisiologico
delle curve del rachide è:
di circa 36° per la lordosi cervicale;
di circa 35° per la cifosi dorsale;
di circa 50° per la lordosi lombare.
Queste curve possono però essere più o meno accentuate a seconda che il
sacro e le vertebre immediatamente soprastanti risultino più o meno inclinati
rispetto all’orizzontale. Se il sacro è basculato in avanti tendono ad accentuarsi,
mentre, se il sacro è basculato indietro tendono a verticalizzarsi. Quando il loro
valore rimane fisiologico, osservando il soggetto in piedi, in equilibrio, la parte
posteriore del cranio, il dorso e le natiche appaiono tangenti ad un piano
verticale.
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Figura 2. Piano sagittale
La presenza delle curve rachidee aumenta la resistenza del rachide alle
sollecitazioni di compressione assiale. Si è potuto dimostrare che la resistenza di
una colonna che presenta delle curve è proporzionale al quadrato del numero
delle curve più uno: quindi una colonna che presenta tre curve mobili ,come la
colonna vertebrale, la resistenza è dieci volte quella di una colonna rettilinea.
Nel suo insieme il rachide rappresenta un’articolazione a tre gradi di
libertà: flesso-estensione, inclinazione laterale destra e sinistra e rotazione
assiale. Uno degli elementi che condiziona i movimenti della colonna è
l’orientamento delle faccette articolari delle vertebre. A livello cervicale le
faccette articolari sono orientate a metà tra l’orizzontalità e l’inclinazione antero-
posteriore, nel tratto dorsale sono orientate all’indietro e leggermente in alto e in
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fuori, mentre a livello lombare sono volte in dietro e in dentro. L’ampiezza dei
movimenti dei vari segmenti rachidei può essere misurata su radiogrammi
effettuati in proiezione antero-posteriore.
A livello del rachide cervicale:
1. la flessione è di 40° e l’estensione è di 75°;
2. l’inclinazione laterale è compresa tra i 35° e i 45°;
3. la rotazione è compresa tra i 45° e i 50°.
A livello del rachide dorsale:
1. la flessione è di 45° e l’estensione è di 25°;
2. l’inclinazione laterale è di 20°;
3. la rotazione è di 35°.
A livello del rachide lombare:
1. la flessione e di 60° e l’estensione è di 35°;
2. l’inclinazione laterale è di 20°;
3. la rotazione, molto limitata, è di 5°.
Questi valori sono indicativi in quanto variano notevolmente a seconda dei
vari soggetti e dell’età. L’articolarità globale del rachide può essere valutata
clinicamente tramite alcuni movimenti “test” chiesti direttamente al soggetto. La
flessione totale del rachide è di 110°; l’estensione massima è complessivamente
di 140°; l’inflessione o inclinazione laterale totale varia da 75° a 80°; la rotazione
assiale tra bacino e cranio varia tra i 90° e i 95°.
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1.2 Vertebre e disco intervertebrale
La vertebra è un anello osseo che presenta una massa compatta
anteriore, di forma cilindrica, denominata corpo vertebrale ed un arco vertebrale
posteriore suddiviso a sua volta, dal massiccio delle apofisi articolari fissato su
entrambi i lati, in una porzione anteriore chiamata peduncolo vertebrale ed in una
porzione posteriore definita lamina vertebrale. Sulla linea mediana posteriore,
dove le due lamine si congiungono, si impianta l’apofisi spinosa o processo
spinoso. L’arco posteriore così formato si salda alla faccia posteriore del corpo
vertebrale per mezzo dei peduncoli. La vertebra completa comprende anche le
apofisi traverse o processi traversi destro e sinistro che si saldano sull’arco
posteriore tra peduncolo e lamina, all’altezza del massiccio delle articolari
sporgendo lateralmente ed i processi articolari superiori ed inferiori diretti
rispettivamente cranialmente e caudalmente.
Figura 3. Vertebra lombare
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Il corpo vertebrale è quella parte di vertebra che trasferisce il peso lungo
l’asse della colonna vertebrale. Ciascuna vertebra si articola con le vertebre
vicine: l’articolazione fra due corpi vertebrali è un’anfiartrosi costituita dai piatti
delle vertebre adiacenti riuniti fra loro dal disco intervertebrale. Numerosi inoltre
sono i legamenti attaccati ai corpi e ai processi di tutte le vertebre che li legano
assieme per stabilizzare la colonna. I legamenti che interconnettono le vertebre
adiacenti comprendono il legamento longitudinale anteriore e posteriore, i
legamenti gialli, il legamento interspinoso e il legamento sopraspinoso. In questo
modo si genera un’articolazione che permette alle vertebre stesse di eseguire
movimenti di inclinazione, rotazione e scivolamento.
Figura 4. Articolazione intervertebrale
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Dall’atlante al sacro, le vertebre sono separate e ammortizzate da un
cuscinetto fibro-cartilagineo detto disco intervertebrale. La struttura di questo
disco è molto caratteristica ed è formata da due parti: una parte centrale,
gelatinosa e contenente l’88% di acqua chiamata nucleo polposo e una parte
periferica formata dalla successione di strati fibrosi concentrici detta anello fibroso.
L’anello circonda il nucleo polposo che a sua volta fornisce al disco resistenza e
gli conferisce la capacità di ammortizzare gli urti. Invecchiando, il contenuto in
acqua del nucleo polposo di ogni disco diminuisce. Ne deriva che la funzione
ammortizzatrice del disco viene meno e aumenta il rischio di un danno
vertebrale. La perdita di acqua da parte del disco provoca inoltre un
accorciamento della colonna e determina la caratteristica diminuzione di altezza
delle persone anziane.
Il nucleo polposo, imprigionato tra i due piani vertebrali, assume la forma
di una sfera. Questo tipo di articolazione permette tre tipi di movimento:
movimenti di inclinazione, movimenti di rotazione, movimenti di scivolamento.
In totale ci sono sei gradi di libertà di movimento seppur di modesta ampiezza:
flesso-estensione, inclinazione da ciascun lato, scivolamento sagittale,
scivolamento trasversale, rotazione destra e sinistra.
Per quanto riguarda la stabilità dell’articolazione disco-vertebrale secondo
Kapandji “gli sforzi esercitati sul disco intervertebrale sono notevoli e tanto
maggiori quanto più ci si avvicina al sacro”. A livello del disco L5-S1 il rachide
sopporta i due terzi del peso corporeo. Il nucleo, sempre secondo Kapandji,
“sopporta il 75% del carico mentre l’anello fibroso il restante 25%”.
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1.3 Muscoli del rachide
Per mantenerci eretti, contrastando la forza di gravità, abbiamo bisogno di
muscoli robusti. La colonna vertebrale è dotata di piccole fasce muscolari che si
estendono da una vertebra a quella contigua o alla successiva. Sono muscoli
situati vicino alle vertebre e sono capaci di agire in modo molto preciso, tenendo
le vertebre in posizione le une sulle altre. Sono quindi i muscoli che con la loro
azione ci permettono di mantenere l'impilamento vertebrale. A questi muscoli di
piccole dimensioni si sovrappongono i lunghi muscoli dorsali che si estendono ai
lati della colonna vertebrale e si possono paragonare alla velatura di una nave,
nella quale l'albero è rappresentato dalla colonna vertebrale. Soprattutto nel tratto
cervicale e in quello lombare, i muscoli dorsali hanno una struttura
particolarmente robusta. Questi muscoli sono azionati soprattutto per i
movimenti di forza o di grande ampiezza. Poi vengono i muscoli addominali retti
e obliqui, che funzionano come un efficace corsetto che contiene la massa
addominale. Più la muscolatura dorsale e addominale è forte, maggiore è il
vantaggio acquisito dalla colonna vertebrale dal punto di vista della forma e della
stabilità. Se la parete posteriore dell'addome è troppo rilassata, accade che gli
organi interni prolassano in avanti. In questo modo la colonna lombare si inarca
ancora di più, fino a raggiungere una lordosi patologica.
I muscoli del tronco si dividono in tre gruppi:
Muscoli del gruppo posteriore
Muscoli latero-vertebrali
Muscoli della parete addominale
I muscoli del gruppo posteriore, la cui azione principale è quella di
estendere il rachide, si dispongono in tre piani: