Introduzione
nell’area asiatica e solo in una seconda fase dalla selezione delle viti occidentali e
ed americane. Durante il XIX secolo l’arrivo dall’America del Nord di insetti e
malattie rispetto alle quali la vite in Europa non aveva sviluppato alcuna
resistenza, ha prodotto la distruzione generalizzata dei vigneti europei. Le viti
americane invece, sviluppatesi insieme a quegli insetti e a quelle malattie,
avevano maturato una naturale resistenza nei loro confronti e dunque, pur
essendo all’origine del disastro, fornirono anche la possibile soluzione che
consistette nell’innestare le viti europee sui rizomi americani. (Fregoni, 1991). La
viticoltura europea uscì dalla lotta contro queste avversità profondamente
trasformata, certamente turbata, ma consapevole che il futuro era legato alla
ricerca, alla sperimentazione e a tecnologie capaci di sopperire a eventuali nuove
calamità (Martelli,1991).
L'Europa è attualmente il continente in cui la viticoltura attuata con lo scopo di
produrre vino è principalmente presente (64% della produzione), seguita da
America, Asia, Africa e Oceania (figura 1.2)
Figura 1.2 - % della produzione di vino nei diversi continenti
La vite viene coltivata in tutte le regioni italiane, e l'Italia è il secondo produttore
mondiale dopo la Francia (dati FAO 2003). Le esportazioni ammontano a circa 18
milioni di ettolitri annui, principalmente verso Germania, Regno Unito e Stati Uniti
d'America.
1.1.2 La vite
La vite appartiene alla famiglia botanica delle Vitacee, e fra le decine di membri
appartenenti a questa famiglia, il genere Vitis è attualmente quello di principale
3
Introduzione
importanza per la produzione di vino. La più importante specie del genere Vitis è
la Vitis vinifera che, nonostante sia la più diffusa, non è l'unica specie ad essere
utilizzata per la produzione di vino. Altre specie utilizzate, seppure con risultati ben
diversi da quelli della Vitis Vinifera, sono la Vitis Labrusca, la Vitis Riparia e la Vitis
Rotundifolia, tutte originarie nel continente Americano. Queste specie assumono
comunque un'importanza strategica e fondamentale per la produzione di vino in
ibile fillossera (Unwin, 1993).
La vite è una pianta molto robusta e
tenace,
quanto sono resistenti agli attacchi della tem
con notevoli capacità di
alla vite di sopravvivere in condizioni climatiche e
adattamento alle diverse condizioni
ambientali e climatiche, grazie alle
quali si è ampiamente diffusa in molti
paesi del mondo, in particolare nei
luoghi a clima temperato.
L'adattabilità della vite è piuttosto
notevole anche in luoghi con clima
piuttosto freddo, come la Champagne
in Francia o la Mosella e il Reno in Germania, dove riesce a sopravvivere anche a
forti gelate. In particolare, in clima freddo si ricercano vitigni precoci, che maturano
rapidamente prima dei freddi dell’autunno, che hanno moderate esigenze di calore
dall’inizio della vegetazione fino alla maturazione e che forniscono frutti poco acidi
e con buone gradazioni zuccherine, Vi si coltivano soprattutto varietà bianche dato
che i vitigni rossi esigono climi soleggiati per la sintesi degli antociani e dei tannini.
In clima caldo, come nel sud dell’Italia, nel Midi della Francia, in Spagna, in Grecia
e nel Nordafrica si coltivano invece varietà tardive, con le quali si possono
ottenere rendimenti elevati sia in zuccheri, sia in peso totale della raccolta
(Ribèreau-Gayon et al. , 1986).
Una caratteristica che consente
ambientali difficili, in luoghi che sarebbero ostili ad altre piante, è la tenacità e
l'elevato sviluppo del suo apparato foliare e delle sue radici. L'apparato radicale
della vite può raggiungere anche i sei metri di profondità alla ricerca di acqua e
sostanze nutritive necessarie al suo sviluppo e alla sua sopravvivenza.
4
Introduzione
Le zone collinari rappresentano generalmente l'ambiente ideale per la
coltivazione della vite, sia per il migliore drenaggio dell'acqua sia per la pendenza
dei terreni che assicura un migliore angolo di incidenza dei raggi solari e quindi un
apporto costante di calore. La preferenza di coltivare la vite in collina era già
diffusa e ben praticata sin dagli albori dell'enologia, una pratica testimoniata anche
dalla celebre citazione “Bacchus amat collis” di Virgilio. La collina offre inoltre un
ulteriore vantaggio, le fredde correnti d'aria notturne presenti nel fondo delle valli si
riscaldano durante il giorno e quindi risalgono i pendii delle colline riscaldando i
vigneti. Oltre il 3% della viticoltura europea è però una viticoltura di montagna.
Tale dato emerge dal primo censimento europeo realizzato dal Centro di ricerche,
studi, salvaguardia, coordinamento e valorizzazione per la viticoltura di montagna
(Cervim, 1999). Questo tipo di viticoltura, è molto importante dal punto di vista
ambientale e paesaggistico perché collocata in aree fortemente sensibili ed in
aree di grande valore naturalistico e turistico. Essa comprende i vigneti situati oltre
i 500 metri di altitudine, con esclusione degli altipiani, o con pendenze superiori al
30%. Sono inoltre considerati "viticoltura montana" i sistemi viticoli delle piccole
isole, caratterizzati da difficoltà strutturali e da effettivo e permanente carattere di
isolamento.
1.1.3 La vite in Valtellina
La Valtellina è una regione alpina, corrispondente al bacino idrico del fiume Adda
a monte del Lago di Como. Racchiusa fra le Alpi Retiche e le Orobie, la valle si
snoda da Piantedo a Livigno e fino al confine con la Svizzera. Con i suoi 1200
ettari di vigneto, rappresenta una tra le aree vitate di montagna più estese al
mondo. La vite costituisce da sempre una costante nell’agricoltura della Valtellina
e la sua coltura ha assunto durante i secoli un ruolo determinante nella storia della
valle, modificandone il paesaggio agrario e condizionando la vita economica dei
suoi abitanti.
Lungo il versante meglio esposto al sole, denominato retico, si presenta uno
scenario inconsueto dove appare evidente come l’opera dell’uomo abbia saputo
trasformare il paesaggio in un reticolo di vigneti, un saliscendi di terrazzi, un
imponente castello di paletti di castagno (Figura 1.4) (Bongolatti, 2004).
5
Introduzione
La Valtellina è certamente una delle aree viticole più vocate per la produzione di
vini rossi DOC e DOCG di grande pregio a base di ‘nebbiolo’, localmente chiamato
‘chiavennasca’, coltivato da molti secoli soprattutto sul versante retico della valle,
in una fascia altitudinale che raggiunge i 700 m s.l.m..
Le condizioni ambientali particolarmente difficili della viticoltura di montagna
possono potenzialmente impedire la completa maturazione delle uve, con evidenti
ripercussioni sulla qualità del vino. Diviene dunque di primario interesse
turazione tecnologica e fenolica, così come dei
fattori ambientali ed agronomici che
maggiormente le influenzano (Murada et al. ,
1995). Proprio dal territorio valtellinese sono
stati prelevati i campioni di uva utilizzati per il
lavoro di questa tesi, al fine di valutare in modo
rapido e affidabile gli indici di maturità
tecnologica e fenolica delle uve nebbiolo.
comprendere le dinamiche di ma
.1.4 Fasi di sviluppo della vite ed evoluzione dell’uva sulla pianta
roduttive
e l’evoluzione del grappolo di uva in quattro periodi
distinti: l’allegagione
1
Esattamente come per tutti gli organismi viventi, le fasi biologiche e p
della vite sono regolate da eventi e fenomeni che si ripetono ogni anno e che
culminano con la produzione del frutto, l'uva, che sarà poi raccolta durante la
vendemmia. La produttività della vite, così come la qualità dei suoi frutti, seguono
un ciclo biologico che si evolve anno dopo anno. Nei primi tre anni di vita la vite è
praticamente improduttiva e sarà solo dopo questo periodo di tempo che la pianta
entrerà nella fase produttiva crescente. Dopo il quarto o quinto anno di età, la vite
inizia a produrre frutti idonei alla produzione di vino, tuttavia sarà nell'arco vitale
compreso fra i dodici e i venticinque anni che si registrerà la maggiore produzione
quantitativa. Dopo i venticinque anni la vite inizierà progressivamente a diminuire
la sua produttività e i raccolti saranno quindi minori. Per questa ragione alcuni
produttori sostituiscono i propri vigneti di età superiore ai venticinque anni con viti
più giovani (Unwin, 1993).
Riesce comodo suddivider
, la crescita erbacea, l’invaiatura e la maturazione.
6
Introduzione
L’allegagione fa seguito alla fecondazione del fiore. Normalmente non vengono
fecondati tutti i fiori del grappolo e solo quelli fecondati diventano acini. Un bel
al cercine e che si
grappolo può avere parecchie centinaia di fiori; esso avrà meno di un centinaio di
acini. Questa perdita è indispensabile perché la linfa elaborata sarebbe
insufficiente ad assicurare lo sviluppo normale di tutti gli acini.
Quando il fiore è fecondato lo stigma si dissecca, lasciando una piccola cicatrice
che nell’acino maturo è più o meno visibile al polo opposto
chiama ombelico. Contemporaneamente l’ovario comincia ad ingrossarsi e prende
la forma sferica appena allungata tipica dell’acino. E’ questo il periodo erbaceo,
che va dall’allegagione all’invaiatura, in cui il raspo raggiunge le sue dimensioni
definitive, mentre gli acini accrescono in volume; essi rimangono verdi, di
consistenza dura e con un basso tenore in zuccheri.
Gli acidi si accumulano e raggiungono il loro tenore massimo al momento in cui
l’uva comincia ad invaiare.
All’invaiatura sopravviene un brusco cambiamento nell’aspetto e costituzione della
bacca. Questa modificazione raggiunge gli acini uno dopo l’altro e richiede
. Esso
generalmente due settimane, a volte di più, per interessare tutti i grappoli.
All’invaiatura l’acino, che aumenta molto di volume, acquista una certa traslucidità
e diventa più molle ed elastico perché le pareti delle cellule si modificano
perde clorofilla e si colora per la formazione di pigmenti. Le uve bianche diventano
gialle, il colore delle uve nere evolve e diventa rosso cupo passando attraverso
tinte rosse più chiare.
Il periodo della maturazione inizia all’invaiatura. Il termine maturazione si applica
anche all’insieme dei fenomeni che indirizzano l’uva verso lo stato di maturazione.
Nel corso di questo periodo le modificazioni morfologiche vedono la lignificazione
progressiva del tessuto del raspo, e il notevole aumento del volume dell’acino
l’acino per accrescimento dei vacuoli. Dal punto di vista chimico la composizione
della bacca viene completamente modificata per effetto del crescente deposito di
zuccheri, acqua e altri componenti (fra cui polifenoli, elementi minerali e
amminoacidi). L’acidità comincia progressivamente a diminuire, la buccia diventa
più sottile e la polpa più morbida (Peynaud,1985).
7
Introduzione
Figura 1.5 – Fasi dello sviluppo dell’acino
Lo sviluppo dell’acino è rapido e continua fino alla completa maturazione. Esso è
comunque irregolare e dipende essenzialmente dalle condizioni metereologiche e
dal regime delle piogge. L’aumento di peso dalla metà dell’invaiatura alla
maturazione può variare dal 25 all’80% secondo le annate e secondo i vigneti. In
prossimità della maturazione l’eccessivo turgore che ne risulta, può provocare la
rottura della buccia che si fessura; questa è una delle cause principali del
marciume delle uve.
1.1.5 Composizione dell’acino d’uva
Il grappolo d’uva è costituito da
due parti ben distinte: il raspo, che
ne è il sostegno, e il frutto
propriamente detto, l’acino o bacca
dell’uva di forma generalmente
sferica o allungata (Figura 1.6).
Diraspatura si chiama l’operazione
che consiste nel separare
meccanicamente gli acini dell’uva dal loro supporto legnoso.
8
Introduzione
Il raspo si inserisce al nodo del sarmento; questa parte si chiama peduncolo del
grappolo. Si chiamano pedicelli i piccoli peduncoli degli acini. Gli acini sono fissati
su un ispessimento dei pedicelli, il cercine. Il raspo raggiunge le sue dimensioni
definitive intorno all’invaiatura, è povero in zuccheri e mediamente ricco in acidi
salificati; il suo succo cellulare ha un pH elevato superiore a 4. I raspi inoltre, quelli
dei vitigni rossi in particolare, sono ricchi in composti fenolici; l’aggiunta di raspi
alla vendemmia va ad aumentare notevolmente l’indice di polifenoli dei vini rossi.
L’acino d’uva è costituito da un epicarpo, la
buccia o pellicola, sottile ed elastico, da un
mesocarpo succoso e polposo, la polpa e da
un endocarpo, tessuto che ricopre le logge
contenenti i semi o vinaccioli, ma che non si
distingue dal resto della polpa (Riberèau-
Gayon, 2003). La figura 1.7 rappresenta la
sezione schematica di un acino di uva
maturo.
L'EPICARPO o buccia è la parte più esterna dell'acino ed è costituita
dall’epiderma e da qualche strato di cellule subgiacenti. E’ la parte che si stacca
quando si schiaccia l’acino d’uva; essa è mal delimitata e non ha definizione
morfologica. Lo spessore della buccia varia a seconda dei vitigni; esso va da 1.5 a
3.8 µm nelle varietà Vitis vinifera e da 4 a 10 µm per le viti americane.
Esteriormente l’acino si presenta sempre coperto da uno strato di pruina, sostanza
cerosa che conferisce l’aspetto vellutato e il particolare colore dell’acino. Secondo
Radler (1970) essa è costituita per due terzi da acido oleanolico e per un terzo d
un centinaio di composti diversi (alcoli, esteri, acidi grassi, aldeidi). Tale cera
cuticolare rende la buccia impermeabile e ostacola l’evaporazione dell’acqua.
La buccia svolge un ruolo enologico importante essendo ricca di pectine,
cellulosa, sostanze aromatiche e componenti polifenolici, questi ultimi responsabili
del colore e dell'astringenza del vino. I vitigni rossi contengono un quantitativo di
polifenoli ( principalmente costituiti da flavonoidi, che a loro volta si suddividono in
flavonoli, antocianidoli e flavani) due volte maggiore di quelli bianchi.
Le sostanze odorose caratteristiche dei diversi vitigni e responsabili dell’aroma
primario dei vini, sono anch’esse localizzate essenzialmente nella buccia. Studi di
9
Introduzione
Schreier (1974), Stevens (1976), Williams (1980), Rapp (1980) e Di Stefano
(1981) hanno individuato come principali componenti odorosi i composti terpenici, i
derivati C-13 norisoprenoidi e le metossipirazine.
I composti terpenici costituiscono una grande famiglia in cui gli alcoli (linalolo,
geraniolo, nerolo, ecc.) rivestono un ruolo principale. Tali aromi sono caratteristici
delle cosiddette uve aromatiche (Moscato e Brachetto), ma sono presenti anche in
varietà a sapore semplice come il Sauvignon e Sirah. Nel vitigno nebbiolo è
presente il geraniolo in forma glicosilata.
Sia le sostanze aromatiche sia i polifenoli contenuti nella buccia possono essere
estratti attraverso la macerazione nel mosto, e la quantità estratta è proporzionale
al tempo di macerazione.
Il MESOCARPO costituisce essenzialmente la polpa del frutto, ricca di zuccheri,
acidi ed acqua, e in misura minore di pectine, minerali, e sostanze azotate.
La polpa rappresenta la frazione più importante dell’acino. Essa è formata da
grosse cellule con una struttura tipica delle cellule vegetali adulte. Contro la sottile
parete cellulosopectica si trova un sottile strato di citoplasma con il nucleo. Tutto
l’interno della cellula è occupato dal succo vacuolare che forma il mosto.
Le membrane cellulosopectiche delle cellule contigue non sono saldate su tutto il
loro perimetro, ma si interrompono con piccoli spazi intercellulari attraverso i quali
avvengono gli scambi gassosi necessari con l’esterno.
Nella polpa si distinguono più zone le quali si differenziano per la loro struttura
cellulare. Vicino alla buccia le cellule allungate nel senso radiale possiedono pareti
sottili che gelificano al momento della maturazione, mentre le cellule dell’interno,
allungate nello stesso senso, sono di forma più irregolare ed hanno membrane più
spesse e non gelificate. Le cellule dell’endocarpo che circondano il seme,
egualmente disposte in direzione radiale, si confondono con la polpa.
Il numero di strati di cellule che costituiscono l’acino, dall’epidermide all’endocarpo
compresi, va da 25 a 30, come nell’ovario. L’ingrossamento dell’acino proviene
dunque dall’aumento di volume delle cellule e non dalla loro moltiplicazione.
Alla maturazione la polpa rappresenta dal 75 all’85% dell’acino intero. Essa è
costituita quasi esclusivamente dal succo vacuolare delle sue grosse cellule, il
mosto.
10
Introduzione
La parte solida costituita dai residui delle pareti cellulosiche e da finissimi fasci
fibrovascolari, arriva appena in peso allo 0,5% della polpa, quindi in pratica non si
fa distinzione tra la composizione della polpa e quella del mosto.
Il mosto è un liquido torbido, generalmente poco colorato, da giallo verdastro a
giallo dorato per i vitigni bianchi, spesso leggermente colorato per i vitigni rossi.
La sua densità varia a seconda del tenore in zuccheri, per esempio da 1,065 a
1,110 o più per le uve sovramature.
L'acqua rappresenta l'elemento principale e corrisponde a circa il 70-80% del
mosto, gli zuccheri risultano essere il 15-30%, gli acidi lo 0,5-1,5%, in minori
quantità sono presenti minerali, vitamine, polifenoli, componenti aromatici, pectine,
sostanze azotate, enzimi e microrganismi (lieviti, batteri e muffe).
In particolare, gli zuccheri sono costituiti da glucosio e fruttosio. All’invaiatura
dell’acino vi è una componente doppia di glucosio rispetto al fruttosio; alla
maturazione questi zuccheri sono in quantità quasi uguali con un rapporto medio
glucosio/fruttosio di 0.92. L’amido è presente solo nelle uve verdi, mentre il
saccarosio è presente nell’uva verde o matura solo in piccole quantità, da 1 a 3
g/L.
Il tenore in zuccheri riduttori delle uve normalmente mature variano solitamente da
150 a 250 g/L. Mosti di vitigni particolari come il Moscato, o mosti di uve
concentrati dal marciume nobile possono superare questa concentrazione.
Gli zuccheri non sono egualmente distribuiti nell’acino. Se si taglia la bacca in due
nel senso dell’equatore, la regione opposta al pedicello è più ricca in zuccheri
dell’altra. D’altra parte se si divide la polpa di un uva matura in tre parti (una zona
vicino alla buccia, una che circonda i vinaccioli e una zona intermedia), è
quest’ultima che si presenta più zuccherina.
Ogni grammo di zucchero contenuto nel mosto produce, per effetto delle
fermentazione, circa 0,67 grammi di alcol e pertanto misurando la quantità di
zuccheri nel mosto è possibile prevedere il grado alcolico del vino al termine della
fermentazione.
L’acidità del mosto è un dato enologico tanto importante quanto lo è il tenore in
zuccheri. Essa può variare secondo i vitigni, secondo il clima, secondo le annate e
più in generale secondo lo stato di maturazione da 4.6 a 16 g/L circa. La
concentrazione in acidi liberi aumenta dalla periferia verso l’interno dell’acino.
11
Introduzione
Gli acidi organici più importanti risultano essere l'acido tartarico, l'acido malico e
l'acido citrico. La proporzione degli altri acidi eventualmente presenti è
relativamente piccola, tuttavia essi risultano essere numerosi: ascorbico, fumarico,
galatturonico, glicemico, glicolico, glucoronico, ossalacetico, piruvico, chinico,
glicossilico, shikimico.
L'acido malico si trova sia nelle foglie che negli acini; la concentrazione maggiore
nell'acino si riscontra al momento dell'invaiatura per poi diminuire
progressivamente sino alla maturazione. Le concentrazioni maggiori di acido
malico inoltre sono solitamente presenti nelle uve coltivate in zone a clima freddo.
Da un punto di vista organolettico, l'acido malico si distingue nel vino per il suo
aspro sapore, per questa ragione sovente viene svolta nel vino la fermentazione
malolattica, una disacidificazione naturale operata da alcuni batteri lattici, che
trasformando l'acido malico in acido lattico apportano una maggiore morbidezza al
vino.
L'acido tartarico è certamente il più importante acido dell’uva essendo presente in
maggiore percentuale rispetto agli altri. Viene anch'esso accumulato dalla vite,
nelle foglie e negli acini. La sua sintesi sembra avvenire soprattutto nelle foglie,
da cui esso è trasportato agli acini, dove viene accumulato fino all'invaiatura.
L'acido tartarico viene degradato molto lentamente, di conseguenza la sua
concentrazione (per acino) rimane relativamente stabile, in diverse condizioni
enologiche e colturali.
Sebbene gli acidi organici siano presenti essenzialmente nella polpa dell'acino, la
concentrazione dell'acido tartarico è maggiore nella buccia rispetto al mesocarpo.
In fase di vinificazione il tenore di acido tartarico del vino diminuisce per via della
precipitazione tartarica, processo che comporta il legame dell'acido con il potassio
e successiva precipitazione del composto formatosi. L'acido tartarico rimane
ugualmente presente in quantità considerevole, ed insieme ad alcuni polifenoli va
a determinare la cosiddetta "durezza" del vino.
L'acido citrico è normalmente presente nel vino in quantità comprese tra 0,1 e 0,6
g/L (per legge non deve superare 1 g/L) ed essendo facilmente attaccato dai
batteri lattici, nel vino tende a essere facilmente trasformato.
Tra le sostanze minerali presenti nel mosto, possiamo ritrovare: potassio, calcio,
magnesio, ferro, rame, e piombo. La totalità di queste sostanze nel vino
12
Introduzione
costituisce le ceneri, che se presenti in quantità considerevole (come in taluni climi
"salmastri" dovuti alla vicinanza delle viti al mare), possono salificare parte degli
acidi presenti nel mosto, e pertanto abbassarne il tenore. Le sostanze minerali
però derivano principalmente dal terreno, o dai residui dei trattamenti
antiparassitari. Apportano al vino una sensazione di "durezza" e "sapidità".
Le sostanze azotate si riscontrano nel mosto sotto forma ammoniacale e sotto
forma organica, e sono costituite da amminoacidi, polipeptidi e proteine. Queste
sostanze sono fondamentali in fase di vinificazione in quanto favoriscono la
crescita dei lieviti, migliorando la cinetica di fermentazione. E’ stato dimostrato
come siano le varietà più acide, le più ricche in acidi organici, ad essere parimenti
le più ricche in sostanze azotate.
L'ENDOCARPO è costituito da uno strato di cellule all'interno delle quali si trovano
i vinaccioli, ovvero i semi dell'uva che possono essere presenti fino ad un
massimo di quattro per acino (ma di solito meno perché qualcuno abortisce per
competizione nutrizionale con gli altri). Alcune uve da tavola sono volutamente
prive di semi; queste vengono dette apirene.
Lo sviluppo dei vinaccioli ha una ripercussione sulla grandezza e la composizione
dell’acino. Il peso della bacca, il suo tenore in zuccheri, talvolta la sua costituzione
in acidi, sono in relazione con il numero di vinaccioli.
I vinaccioli rappresentano dal 3% al 6% del peso dell’uva. Ciascun vinacciolo si
compone di una mandorla grassa, l’albume, circondata da un guscio legnoso. La
composizione per 100 grammi risulta essere la seguente:
¾ acqua 25-45 g;
¾ sostanze glucidiche 34-36 g;
¾ olio 13-20 g;
¾ tannini 4-6 g;
¾ sostanze azotate 4-6.5 g ;
¾ sostanze minerali 2-4 g;
¾ acidi grassi 1 g;
La ricchezza in tannini dei vinaccioli è ben nota. E’ stato segnalato da molto tempo
che i vinaccioli dell’uva sono ricchi in procianidine (Ribèreau et al., 1959). In
particolare essi contengono a seconda del vitigno dal 22 al 56% dei polifenoli totali
dell’acino oltre che una frazione importante delle piccole quantità di acido gallico e
13
Introduzione
caffeico dell’uva. I vinaccioli contengono inoltre dei grassi, presenti come sostanze
oleose, i quali vengono sfruttati nell'industria olearia per la produzione di oli di
semi vari ed olio di semi di vinacciolo. Quest'ultimo, non facilmente reperibile sul
mercato, ha la pregevole caratteristica di avere un elevato punto di fumo;
generando poca acroleina, risulta essere particolarmente idoneo in cucina per la
preparazione delle fritture (Peynaud,1985).
1.1.6 Sostanze fenoliche presenti nelle uve
La qualità del vino è influenzata da numerosi parametri, tra i quali i composti
fenolici rivestono notevole importanza sia per l’aspetto sensoriale sia per quello
salutistico. Sono infatti note molte delle proprietà biologiche e farmacologiche dei
flavonoidi, che sono i composti fenolici quantitativamente più rappresentati nel
vino. E’, inoltre, fondamentale il contributo che i polifenoli apportano alle proprietà
sensoriali del vino, andando a determinare il colore, l’astringenza, l’amaro e
l’aroma, direttamente o in seguito ad interazioni con altre molecole come proteine,
polisaccaridi o tra polifenoli stessi.
I polifenoli sono un gruppo di composti organici, derivati dai fenoli, largamente
diffusi in natura, nel regno vegetale e nell'uva in particolare. Essi possono essere
distinti in due grandi famiglie:
¾ flavonoidi, sostanze coloranti dell'uva localizzate nella buccia che includono
gli antociani, pigmenti di colore rosso o blu presenti nelle bucce dei vitigni a
bacca nera e i flavanoli, pigmenti di colore giallo presenti nelle bucce di
tutte le uve, in piccole concentrazioni. Dai flavanoli derivano anche i tannini
(catechici o pirocatechici), presenti nell'uva in forma condensata;
¾ non flavonoidi o acidi fenolici presenti nell'uva sotto forma di acidi benzoici
(ad esempio acido gallico e acido catechico) e acidi cinnamici (come l'acido
caffeico e l'acido cumarico). Questi ultimi possono combinarsi con gli
antociani e con l'acido tartarico, formando polifenoli condensati.
I flavonoidi ( Figura 1.8) Sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo, sono
i composti fenolici più importanti dell’uva e del vino.
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