Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
INTRODUZIONE 
 
 
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L’attuazione di una strategia basata su i principi della gestione integrata permetterebbe 
quindi, di affrontare in modo sostenibile il problema rifiuti.  
La gestione del problema rifiuti, infatti, coinvolge sia l’intero ciclo di vita dei beni (dalla 
produzione, distribuzione, utilizzo e consumo del bene fino al suo successivo 
smaltimento) che la consapevolezza del consumatore. 
Il consenso della popolazione ha un ruolo spesso decisivo nel successo delle campagne di 
raccolta differenziata, così come nella costruzione di una discarica o di un impianto di 
termovalorizzazione ecc. 
Occorre analizzare e gestire tale questione inserendolo all’interno di una strategia 
integrata di “sviluppo sostenibile”, che abbia, tra le priorità, l’uso razionale e sostenibile 
delle risorse, il minore consumo di energia e la minimizzazione delle emissioni alla fonte. 
L’affermazione e lo sviluppo di questi nuovi concetti ha trasformato l’approccio alla 
questione ambientale; tra i più importanti strumenti sviluppati dalla Commissione 
Europea per concretizzare i principi dello sviluppo sostenibile vi sono le Politiche 
integrate di Prodotto ( Integrated Product Policies , IPP). 
Per IPP si intende “una politica pubblica esplicitamente orientata a modificare e 
migliorare la prestazione ambientale dei sistemi di prodotto” (Comunità Europea); l’IPP è 
indirizzata al ciclo di vita del prodotto nel suo complesso, e si propone di evitare il 
trasferimento di un problema da uno stadio del ciclo di vita ad un altro, e da un 
comportamento ambientale all’altro, differenziandosi dagli interventi mirati a ridurre, o 
eliminare, il singolo effetto ambientale. 
Una corretta politica di gestione dei rifiuti deve essere una politica globale, attenta a tutto 
il ciclo del prodotto che a fine vita diventa rifiuto e deve essere impostata seguendo un 
rigoroso ordine gerarchico di priorità che privilegi la riduzione della produzione e della 
pericolosità dei rifiuti, che incoraggi il recupero nelle sue  forme (di riutilizzo, riciclaggio 
e valorizzazione energetica del rifiuto residuo) e lo smaltimento in condizioni di sicurezza 
dei soli rifiuti che non hanno altra possibilità di recupero o trattamento. 
Risulta, d’altro canto, indispensabile garantire la sostenibilità anche nelle forme di 
smaltimento che facciano ricorso alla migliore tecnica disponibile (BAT , Best Available 
Technology ) e che comportino possibili forme di recupero (ad esempio impianti di 
trattamento con produzione di CDR (Combustibile derivato dai rifiuti) e compost ed 
impianti di combustione con recupero energetico). 
Il raggiungimento degli obiettivi può essere attuato facendo ricorso ad una serie di 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
INTRODUZIONE 
 
 
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strumenti di regolazione (ad es. norme comunitarie che siano in grado di assicurare una 
effettiva protezione ambientale), ma anche l’uso di nuove metodologie come la 
Valutazione del Ciclo di Vita (LCA, Life Cycle Assessment) e l’incentivazione degli 
strumenti volontari (es. EMAS, ECOLABEL), possono concorrere, in maniera 
determinante , ad attuare politiche orientate alla prevenzione e al recupero dei rifiuti. 
 
Malgrado il progressivo affermarsi di nuove tecnologie (es. termovalorizzazione, 
compostaggio), la discarica resta attualmente il sistema più diffuso di smaltimento dei 
rifiuti (sebbene la vigente normativa limiti l’impiego di tale forma di smaltimento), sia 
perché i costi sono ancora oggi competitivi con quelli degli altri sistemi, sia perché 
l’esercizio è molto più semplice; essa inoltre, è comunque necessaria anche quando 
esistono impianti di incenerimento o di compostaggio, non solo per consentire una idonea 
eliminazione delle scorie e degli scarti prodotti da questi ultimi, ma anche come soluzione 
di riserva o di soccorso. 
 
Scopo della tesi  
 
La diversificazione qualitativa dei rifiuti comporta maggiori difficoltà di gestione delle 
singole frazioni: per ognuna di esse è necessario individuare la tecnologia migliore di 
recupero, riciclaggio e smaltimento. Indubbiamente non esiste una strategia di 
smaltimento che sia universale e conveniente sotto tutti i punti di vista e questo solleva 
motivi di dibattito e nuovi interessi di studio mirati allo sviluppo di una soluzione 
ottimale e concretamente applicabile. 
 
Per poter studiare l’area interessata dalla bacino di utenza TA/1, si è innanzi tutto 
proceduto ad effettuare una fotografia dello stato delle cose e un’analisi della attuale 
gestione. A tal fine sono state esaminati i dati forniti sia da Enti locali operanti nello 
smaltimento dei rifiuti, sia quelli riferiti dall’ARPA Puglia e dall’Assessorato Ecologia 
della Provincia di Taranto. 
Una volta realizzata una idea complessiva della situazione attuale in provincia di Taranto, 
si è proceduto ad analizzare gli aspetti inerenti i rifiuti urbani provenienti dall’ATO1, 
ottenendo così una valutazione della “qualità” e della “quantità” del rifiuto urbano 
prodotto in tale area. 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
INTRODUZIONE 
 
 
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Nell’area di nostro studio, ATO1, si incontrano diverse tipologie di trattamenti che 
corrispondono a diverse strategie gestionali: 
 ξ Discariche 
 ξ Impianto di selezione e biostabilizzazione 
 ξ Impianto di produzione di energia dai rifiuti (CDR) 
 
Con riferimento specifico alla situazione gestionale di ATO1 si sono acquisiti i relativi 
dati di produzione dei rifiuti, dalle cui osservazioni, si è definita un analisi dei carichi 
ambientali e si sono operate scelte di miglioramento degli impianti esistenti, facenti parte 
il  sistema di smaltimento degli RSU. 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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Cap. 1 Inquadramento legislativo di riferimento 
 
1.1 La piramide gestionale dei rifiuti 
Per gestione dei rifiuti si intende l'insieme delle politiche volte a gestire l'intero processo 
dei rifiuti, dalla loro produzione fino alla loro sorte finale, e coinvolgono quindi: la 
raccolta, il trasporto, il trattamento (riciclaggio o smaltimento) e anche il riutilizzo dei 
materiali di scarto, solitamente prodotti dall'attività umana, nel tentativo di ridurre i loro 
effetti sulla salute dell'uomo e sull'ambiente. 
La strategia adottata dall'Unione Europea e recepita in Italia con il D.Lgs Ronchi del '97 
affronta la questione dei rifiuti delineando priorità di azioni all'interno di una logica di 
gestione integrata del problema.  
 
Le soluzioni per la gestione dei rifiuti sono (fig. 1.1):  
• riduzione (prevenzione) ; 
• riuso ; 
• riciclaggio ; 
• recupero di materia e di energia; 
• smaltimento in discarica . 
 
Fig 1.1: piramide gestionale  dei rifiuti 
 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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I sistemi più efficaci per la gestione dei rifiuti sono quelli basati sulla riduzione dei rifiuti 
e sul loro riuso (tecnicamente definito reimpiego), in cui una volta terminato l'utilizzo di 
un oggetto esso non va ad aumentare la mole dei rifiuti, ma dopo un semplice processo di 
pulizia viene utilizzato nuovamente senza che i materiali di cui è composto subiscano 
trasformazioni.  
La mancanza, in molte città d’Italia, di politiche di sostegno del riuso con incentivi e 
disincentivi, fanno sì che al giorno d'oggi, la gran parte dei contenitori, delle confezioni e 
degli imballaggi sia invece ancora costituita da plastica e carta e non possa quindi essere 
riutilizzata.  
La scelta delle imprese è ovviamente una scelta economica che cade inevitabilmente su 
questi prodotti dal costo finanziario ridotto, anche se dall'elevato impatto ambientale. 
Pertanto, se il primo livello di attenzione è rivolto alla necessità di prevenire la 
formazione dei rifiuti e di ridurne la pericolosità, il passaggio successivo riguarda 
l'esigenza di riutilizzare i prodotti (es. bottiglie) e, se non è possibile il riuso, riciclare i 
materiali (es. riciclaggio della carta).  
Infine, solo per quanto riguarda il materiale che non è stato possibile riutilizzare e poi 
riciclare (come ad esempio i tovaglioli di carta) e il sottovaglio (ovvero la frazione in 
piccoli pezzi indistinguibili e quindi non riciclabili di rifiuti, che rappresenta circa il 15% 
del totale), si pongono le soluzioni del recupero energetico o lo smaltimento in discarica.  
Dunque anche in una situazione ideale di completo riciclo e recupero vi sarà una buona 
percentuale di rifiuti residui da smaltire in discarica o da incenerire per eliminarli e 
recuperare l'energia.  
Purtroppo la carenza di efficaci politiche integrate di riduzione, riciclo e riuso fanno dello 
smaltimento in discarica ancora la soluzione primaria applicata.  
 
1.2 D.Lgs. 13 Gennaio 2003 n. 36  
La pubblicazione di tale decreto ha finalmente messo fine alla complessa e a volte 
tormentata vicenda legislativa del recepimento da parte dell’ordinamento italiano della 
direttiva 1999/31/CE in materia di discariche di rifiuti. 
Con il D.Lgs n. 36/2003 – entrato in vigore il 27 marzo ‘03 – la complessa normativa 
italiana sulla gestione dei rifiuti si arricchisce di un nuovo ed importante tassello.  
Il decreto, colmando un vuoto legislativo che perdura da anni, consta di 17 articoli e di 2 
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CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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allegati tecnici, la maggior parte dei quali riecheggia le corrispondenti disposizioni della 
direttiva 1999/31/CE. 
Fra le principali novità che esso introduce va annoverata, la nuova classificazione delle 
discariche nelle seguenti tre categorie: discarica per rifiuti inerti; discarica per rifiuti non 
pericolosi; discarica per rifiuti pericolosi (art. 4). 
L’obiettivo dichiarato della disciplina in commento è quello di prevenire o ridurre il più 
possibile le ripercussioni negative sull'ambiente e i rischi per la salute umana risultanti 
dalle discariche di rifiuti, durante l'intero “ciclo di vita” delle stesse. 
Destinate a produrre rilavanti effetti sul piano pratico appaiono, inoltre, alcune delle 
definizioni contenute nell’art. 2.  
Prima fra tutte quella di “discarica”, è l’art. 3, comma 1, lett. g), a definire oggi la 
“discarica” come “l’area adibita a smaltimento dei rifiuti mediante operazioni di deposito 
sul suolo o nel suolo, compresa la zona interna al luogo di produzione dei rifiuti adibita 
allo smaltimento dei medesimi da parte del produttore degli stessi, nonché qualsiasi area 
ove i rifiuti sono sottoposti a deposito temporaneo per più di un anno. Sono esclusi da tale 
definizione gli impianti in cui i rifiuti sono scaricati al fine di essere preparati per il 
successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento, e lo 
stoccaggio di rifiuti in attesa di recupero o trattamento per un periodo inferiore a tre anni 
come norma generale, o lo stoccaggio di rifiuti in attesa di smaltimento per un periodo 
inferiore a un anno”. 
Resa necessaria dalla nuova classificazione delle discariche era, poi, l’introduzione di una 
specifica definizione di “rifiuti inerti”: “i rifiuti solidi che non subiscono alcuna 
trasformazione fisica, chimica o biologica significativa; i rifiuti inerti non si dissolvono, 
non bruciano né sono soggetti ad altre reazioni fisiche o chimiche, non sono 
biodegradabili e, in caso di contatto con altre materie, non comportano effetti nocivi tali 
da provocare inquinamento ambientale o danno alla salute umana”. La disposizione di cui 
all’art. 3, comma 1, lett. e), aggiunge inoltre che “la tendenza a dar luogo a percolati e la 
percentuale inquinante globale dei rifiuti nonché l'ecotossicità dei percolati devono essere 
trascurabili e, in particolare, non danneggiare la qualità delle acque, superficiali e 
sotterranee” . 
Del tutto inedita è, la nozione di “trattamento” (“i processi fisici, termici, chimici o 
biologici, incluse le operazioni di cernita, che modificano le caratteristiche dei rifiuti, allo 
scopo di ridurne il volume o la natura pericolosa, di facilitarne il trasporto, di agevolare il 
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CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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recupero o di favorirne lo smaltimento in condizioni di sicurezza”). 
L’ art. 7 prevede in via generale che i rifiuti possano essere collocati in discarica soltanto 
dopo trattamento (fanno eccezione però i rifiuti inerti il cui trattamento non sia 
tecnicamente fattibile e quelli il cui trattamento non contribuisce al raggiungimento delle 
finalità del decreto e non risulta indispensabile ai fini del rispetto dei limiti di legge). 
I criteri di ammissione in discarica sono invece stati definiti dal segnalato D.M. 13 marzo 
2003, di cui gli articoli 8, 9 e 10 disciplinano il contenuto della domanda di 
autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di una discarica, le condizioni che devono 
sussistere ai fini del rilascio dell’autorizzazione e il contenuto del provvedimento 
autorizzatorio.  
Relativamente alla procedura di chiusura, l’art. 12 precisa in particolare che: 
· la discarica, o una parte della stessa, è considerata definitivamente chiusa solo dopo che 
l'Ente territoriale competente al rilascio dell'autorizzazione ha eseguito un'ispezione finale 
sul sito, ha valutato tutte le relazioni presentate dal gestore e comunicato a quest'ultimo 
l'approvazione della chiusura;  
· anche dopo la chiusura definitiva della discarica, il gestore è responsabile della 
manutenzione, della sorveglianza e del controllo nella fase di gestione post-operativa per 
tutto il tempo durante il quale la discarica può comportare rischi per l'ambiente. 
Durante la fase viene disposto che: 
· le discariche già autorizzate alla data di entrata in vigore del decreto, possono continuare 
a ricevere, fino al 16 luglio 2005, i rifiuti per cui sono state autorizzate; 
· fino al 16 luglio 2005 sia consentito lo smaltimento nelle nuove discariche, in 
osservanza delle condizioni e dei limiti di accettabilità previsti dalla Deliberazione del 
Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984, dall'art. 6 del D.P.R. 8 agosto 1994, nonché 
dalle deliberazioni regionali connesse, relativamente: 
a) nelle discariche per rifiuti inerti, ai rifiuti precedentemente avviati a discariche di II 
categoria, tipo A; 
b) nelle discariche per rifiuti non pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle 
discariche di prima categoria e di II categoria, tipo B; 
c) nelle discariche per rifiuti pericolosi, ai rifiuti precedentemente avviati alle discariche 
di II categoria tipo C e terza categoria. 
· entro sei mesi dall'entrata in vigore del d. lgs. n. 36/2003 il titolare dell'autorizzazione 
(o, su sua delega, il gestore della discarica) debba presentare all'autorità competente un 
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CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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piano di adeguamento della discarica alle previsioni di cui al decreto . 
 
1.3 D.Lgs 3 Aprile 2006 n. 152 
Esegue quasi completamente la delega che la legge 15 dicembre 2004, n° 3081, conferiva 
al Governo il compito di coordinare, riordinare e integrare le disposizioni legislative di 
tutti i settori ambientali con, in buona sostanza, la sola esclusione delle norme sul 
cosiddetto “inquinamento acustico”; in particolare la delega riguarda: 
• gestione dei rifiuti e bonifica dei siti contaminati; 
• difesa del suolo e lotta alla desertificazione e tutela delle acque dall’inquinamento e 
gestione delle risorse idriche; 
• tutela risarcitoria contro i danni all’ambiente; procedure per la valutazione di impatto 
ambientale (VIA), per la valutazione ambientale strategica (VAS) e per l’autorizzazione 
ambientale integrata (IPPC); 
• tutela dell’aria e riduzione delle emissioni in atmosfera. 
 
Il D.Lgs. n. 152/2006, consiste in un complesso testo normativo di 318 articoli e 45 
allegati che sostituisce e abroga pressoché completamente le varie normative di settore, 
fatte salve, per quanto di maggior rilievo: 
• le norme sull’autorizzazione integrata ambientale (decreto legislativo 18 febbraio 2005, 
n. 593); 
• le norme sulla difesa del mare (legge 31 dicembre 1982, n. 9794, e numerose altre 
normative secondarie); 
• alcune norme per la gestione di particolari tipi di rifiuti ; 
• alcune norme sulla tutela dell’atmosfera (ad esempio quelle sulla protezione della 
cosiddetta“fascia di ozono” dell’atmosfera e quelle sui poteri degli enti locali a difesa 
della salute della popolazione dall’inquinamento derivante dal traffico cittadino). 
 
Il nuovo decreto, abroga, in particolare, gran parte delle disposizioni legislative previgenti 
e prevede la sostituzione di molti degli atti normativi secondari e degli atti amministrativi 
generali (norme tecniche, piani ecc.) che su di esse si fondano. Ciò tuttavia, da un lato 
non sempre corrisponde alla perdita degli effetti normativi di queste disposizioni, di fatti 
il testo della disposizione abrogata è stato spesso riproposto nel nuovo decreto e continua 
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CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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perciò a spiegare gli effetti che già precedentemente spiegava.  
La prima grande novità consiste nell’attuazione della direttiva comunitaria 2001/42/CE5, 
sulla valutazione di impatto ambientale strategico di piani e programmi (artt. 4 e segg.). 
Essa si accompagna alla formale attuazione anche le direttive comunitarie sulla 
valutazione di impatto ambientale di opere e interventi (direttive 337/85/CE6, 11/97/CE7 
e, più recentemente, la direttiva 2003/35/CE8). 
Mentre le legislazione nazionale sulla VAS è nuova, quella sulla VIA, che già in gran 
parte corrispondeva a quanto richiesto dalle predette direttive comunitarie del settore, è 
stata riformulata per avvicinarla a quella sulla procedura di valutazione ambientale sulle 
cosiddette “grandi opere”, disciplinata dal decreto legislativo n. 190/20029 (tra l’altro, la 
VIA può riguardare il progetto preliminare dell’opera, sono previste la verifica di 
ottemperanza del progetto definitivo alle prescrizioni impartite in fase preliminare e la 
verifica dell’attuazione del progetto in conformità al giudizio di compatibilità ambientale 
– si vedano gli artt. 35 e segg.). Sono, inoltre, espressamente previsti pareri da parte degli 
enti locali coinvolti e allungati i tempi per la partecipazione del pubblico che può 
svolgersi secondo modalità flessibili comprese la possibilità dell’ ”inchiesta pubblica” e 
del  contraddittorio” tra proponente l’opera e pubblico interessato (art. 29). 
La Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) è una procedura tecnico-amministrativa 
finalizzata alla formulazione di un giudizio di compatibilità di una determinata attività di 
pianificazione o progetto di opera nei confronti dell’ambiente inteso come insieme delle 
attività umane e delle risorse naturali. 
La Via di un progetto di opera specifica su un sito specifico,costituisce una valutazione 
territoriale preventiva che si pone in una scala più dettagliata rispetto alla pianificazione 
territoriale in genere. Quest’ultima infatti opera per zonizzazioni di uso del territorio di 
tipo tematico(zona industriale,agricola,urbana,servizi,ecc.)ma non sito specifico e 
progetto specifico. 
Il giudizio di VIA non è, l’unico vincolo decisionale poiché la decisione finale sarà anche 
basata su ragioni economiche,politiche,strategiche e sociali. 
I progetti pubblici e privati le cui dimensioni e caratteristiche sono tali da poter 
indurre cambiamenti ambientali o effetti negativi sul benessere della popolazione, 
possono ottenere la relativa autorizzazione solo previa valutazione delle ripercussioni 
sull'ambiente, tenendo in considerazione: 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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 ξ la necessità dì proteggere la salute umana, contribuendo a migliorare la qualità 
della vita attraverso la salvaguardia di un ambiente migliore; 
 ξ la necessità di provvedere al mantenimento delle varietà di specie; 
 ξ la necessità di conservare la capacità di riproduzione dell'ecosistema in quanto 
risorsa essenziale per la vita. 
La Valutazione di Impatto Ambientale deve quindi individuare, descrivere e 
valutare, in modo appropriato per ciascun caso, gli effetti diretti ed indiretti di un 
progetto sui seguenti fattori (art. 3, dir. 85/337/CEE): 
 - l'uomo, la fauna e la flora; 
- il suolo, l'acqua, l'aria, il clima e il paesaggio;  
- i beni materiali e il patrimonio culturale; 
- l'interazione tra i fattori suddetti. 
Da un punto di vista tecnico la VIA è supportata da uno Studio di Impatto Ambientale 
(SIA). 
Lo SIA è da intendersi come un dossier che raccoglie tecniche di descrizione, previsione e 
di valutazione degli impatti potenziali prodotti dal piano o dall’opera in progetto 
sull’ambiente circostante. 
La VAS invece è  un processo sistematico inteso a valutare le conseguenze sul 
piano ambientale delle azioni proposte – politiche, piani o iniziative nell’ambito 
di programmi nazionali, regionali e locali- in modo che queste siano incluse e 
affrontate, alla pari delle considerazioni di ordine economico e sociale, fin dalle 
prime fasi (strategiche) del processo decisionale. 
In altre parole, la VAS assolve al compito di verificare la coerenza con gli 
obiettivi di sostenibilità delle proposte programmatiche e pianificatorie, a 
differenza della VIA che si applica a singoli progetti di opere. 
Importanti novità sono contenute nel Titolo IV, D.Lgs. n. 152/2006, sulla gestione dei 
rifiuti (artt. 177 e segg). La prima grande novità sta nella nozione di rifiuto (art. 183) che 
esclude, in sostanza, i sottoprodotti, le materie prime secondarie e i combustibili (il 
Legislatore delegato deve porre attenzione a limitare il rischio di violare la – peraltro 
confusa e controversa – nozione comunitaria di rifiuto, prevedendo che, in ogni caso, sia 
“rifiuto” ciò di cui il detentore si disfi, intenda o debba disfarsi – si veda l’art. 181, con 
riferimenti ai sottoprodotti, e l’art. 183, con riferimento alle materia prime secondarie). 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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La seconda grande novità sta nella replica, per il settore dei rifiuti, del sistema di 
organizzazione amministrativa già previsto per la gestione delle risorse idriche; allo scopo 
di evitare l’eccessiva frammentazione delle gestioni (oltre 10.000 in Italia), è prevista, 
infatti, la definizione di ambiti territoriali ottimali e di relative Autorità d’ambito cui 
partecipano gli enti locali della zona (artt. 200 e segg.). È, pertanto, sottratto ai Comuni il 
compito di organizzare la gestione del trattamento dei rifiuti solidi urbani, ora assegnato 
alla predetta Autorità, e vengono regolate le conseguenze di tale assegnazione: 
affidamento del servizio mediante gara pubblica, con conferimento in comodato agli 
affidatari degli impianti di trattamento dei rifiuti degli enti locali. 
Altre novità stanno nella: previsione di una “norma-obiettivo” [art. 195, lettera f)] per 
l’individuazione e la realizzazione di impianti per il trattamento dei rifiuti di interesse 
nazionale per la modernizzazione del Paese; rivisitazione del sistema delle relative 
autorizzazioni, finalizzata a facilitare l’accesso al legittimo svolgimento delle attività di 
trattamento dei rifiuti (art. 208 e segg.).  
Si prevedono, ad esempio:  
 ξ autorizzazioni decennali che consentono di proseguire l’attività anche dopo la loro 
scadenza (fino al diniego dal rinnovo della stessa tempestivamente richiesto); 
 ξ l’ampliamento del campo di applicazione delle procedure semplificate tramite appositi 
“accordi di programma”; l’agevolazione del rinnovo delle autorizzazioni per le 
imprese aderenti al sistema “Ecolabel”, “registrate EMAS” o “certificate ISO 14001”. 
Si segnala, inoltre, la previsione di meccanismi premiali -sanzionatori per le autorità 
d’ambito, rispettivamente, “virtuose” o “viziose” . 
Si rilevano, infine, la previsione di sistemi facoltativi di adesione ai Consorzi per la 
gestione di determinati tipi di rifiuti - imballaggi (art. 217 e segg.) e di norme destinate a 
modificare la tariffa per la gestione dei rifiuti (art. 238). 
Il sistema amministrativo delle funzioni in materia di risorse idriche e di gestione dei 
rifiuti trova il suo coronamento nell’istituzione dell’Autorità di vigilanza sulle risorse 
idriche e i rifiuti (artt. 159 e 160) che ha notevoli poteri per assicurare, sia pure 
indirettamente – cioè mediante poteri di vigilanza, di denuncia, di azione giudiziaria, 
sanzionatori e, se necessario, cautelari - che operi correttamente la complessa “macchina“ 
che presiede alle relative, vitali, funzioni.  
Questa Autorità, infatti può, tra l’altro: proporre ricorsi contro gli atti e provvedimenti ed 
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CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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eventualmente i comportamenti posti in essere in violazione delle norme di cui alle Parti 
III e IV, D.Lgs. n. 152/2006 ed esercitare l’azione in sede civile avverso gli stessi 
comportamenti; esercitare poteri di acquisizione, accesso e ispezione alle documentazioni 
in conformità ad apposito regolamento; irrogare sanzioni amministrative e adottare i 
necessari provvedimenti temporanei e urgenti, assicurando, tuttavia, la continuità dei 
servizi; intervenire, su istanza dei gestori, in caso di omissioni o inadempimenti delle 
Autorità d’ambito (art. 160). 
La disciplina dell’Autorità evidenzia una delle trame principali che sottendono ai rapporti 
tra organi statali, regioni e enti locali nel disegno del D.Lgs. n. 152/2006, laddove si 
ravvisa che lo Stato si riserva poteri di vigilanza e di stimolo, nonché, in caso di inerzia 
delle regioni e degli enti locali, poteri sostitutivi che si concretano in specifici interventi 
da realizzare da esercitare talvolta in via cautelare. 
Questa trama potrebbe essere espressione di quel orientamento secondo il quale sarebbe 
opportuno lasciare allo Stato la possibilità di intervenire in sostituzione di regioni ed enti 
locali quando le varie istanze locali non riescono a trovare una sintesi per l’adozione degli 
atti necessari a preservare l’interesse alla tutela dell’ambiente delle zone interessate, 
bensì, contrapponendosi e ostacolandosi a vicenda, finiscono con l’impedirne la 
realizzazione. 
La materia più profondamente modificata è probabilmente quella del ripristino e della 
bonifica ambientale, nonché del risarcimento del danno ambientale. In questo settore, è 
stato ristretto il campo di applicazione delle norme sulla bonifica, per fare spazio alla 
nuova legislazione, di derivazione comunitaria (direttiva 2004/35/CE12), sulla 
responsabilità ambientale e la riparazione del danno ambientale. L’applicazione delle 
nuove misure sulla bonifica presuppone non solo il superamento di uno o più parametri di 
concentrazione di sostanze inquinanti, ma anche che queste concentrazioni siano 
“rischiose”, dove l’elemento del “rischio” riguarda prevalentemente la salute umana (art. 
242 e segg.); quando queste misure non trovano applicazione intervengono, ora, le nuove 
disposizioni sul ripristino ambientale (art. 299 e segg.). 
Rivoluzionata è la normativa sulla riparazione del danno ambientale, che si fonda ora su 
un’ordinanza del Ministro dell’ambiente (artt. 313 e segg.; ed in  precedenza, i commi 
439 e segg. dell’art 1, legge 23 dicembre 2005,. n. 26613) mentre, in precedenza, si 
basava sull’azione giudiziaria intrapresa dalle regioni, dagli enti locali o dalle 
associazioni ambientaliste. Le nuove norme dettano regole per risolvere la delicata 
Valutazione quali-quantitativa del processo di smaltimento degli RSU del bacino TA/1 
 
CAPITOLO 1 INQUADRAMENTO LEGISLATIVO DI RIFERIMENTO 
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questione del calcolo dell’ammontare di questo risarcimento (art. 311 e Allegati 3 e 4 alla 
Parte VI, D.Lgs n. 152/2006). 
La panoramica delle novità -per tal argomento -del D.Lgs n 152/2006, non può che essere  
l’attuazione espressa, da parte di due articoli a essa dedicati (artt. 301 e 304) dei principi 
comunitari di precauzione e prevenzione e del continuo riferimento al principio 
comunitario “chi inquina paga” (art. 176, Trattato Istitutivo della Comunità europea). 
1. 4 La normativa sugli ammendanti compostati 
La definizione del compost è contenuta nell’art.6 del D.Lgs.22/97: “Prodotto ottenuto dal 
compostaggio della frazione organica dei rifiuti urbani nel rispetto di apposite norme 
tecniche finalizzate a definirne contenuti e usi compatibili con la tutela ambientale e 
sanitaria, e in particolare a definirne i gradi di qualità”. 
Per quanto riguarda il prodotto, la normativa italiana individua, attualmente, due tipologie 
di compost: Compost di elevata qualità, denominato “Ammendante compostato verde” o 
“Ammendante compostato misto”, inteso come conforme ai requisiti richiesti dalla 
normativa nazionale in materia di fertilizzanti (in base alla Legge 748/84), ottenuto a 
partire da matrici organiche selezionate alla raccolta.  
L’elenco (tabella 1.1), suscettibile di periodiche modifiche, è noto come Catalogo europeo 
dei rifiuti (CER) e vuole essere una nomenclatura di riferimento con una terminologia 
comune per tutti i Paesi della Comunità europea allo scopo di migliorare le attività 
connesse alla gestione dei rifiuti (M. Grosso, 2001). Il Catalogo individua 20 classi di 
rifiuto e cataloga tutti i rifiuti con una sequenza numerica di sei cifre del tipo AB CD EF 
aventi il seguente significato: 
AB: classe di appartenenza del rifiuto 
CD: sottoclasse 
EF: identificazione del rifiuto vero e proprio;