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1. Introduzione
Negli ultimi anni una tecnica colturale che si sta diffondendo con notevole rapidità e
che specie nell‟ortoflorovivaismo in un prossimo futuro sarà sempre più competitiva
con le tecniche di coltivazione su terreno , è quella della coltivazione delle diverse
specie vegetali in sistemi fuori suolo di diverso tipo:
ξ NFT
ξ Idroponica
ξ Aeroponica
ξ Allevamento con uso di substrati diversi dal terreno agrario;
Quest‟ultimo raggruppamento comprende numerose tecniche di allevamento differenti
sia per quanto riguarda le strutture tecniche che i costi di produzione e l‟impatto
ambientale. Per quest‟ultimo, assume un rilievo importante, la presenza di un ciclo
chiuso o di uno aperto perché, se questi sistemi fossero condotti con tecniche che
prevedono il recupero della soluzione nutritiva per un suo continuo e completo utilizzo
(previa sterilizzazione e reintegro) il sistema presenterebbe un impatto ambientale
ridotto in considerazione dei consumi di acqua ridotti.
Inoltre per tutti i sistemi che prevedono l‟utilizzo di substrati per l‟allevamento delle
piante, è importante considerare l‟impatto economico-ambientale della produzione, uso
e smaltimento degli stessi.
Le misure di politica e, soprattutto, la ricerca devono spingere per la realizzazione di
una sostenibilità maggiore sia in termini economici sia ambientali per questi sistemi di
allevamento delle piante con tecniche fuori suolo.
La compatibilità ambientale delle coltivazioni senza suolo, infatti, va valutata anche in
considerazione della riforma della PAC (Reg.1782/03) che subordina l‟erogazione del
pagamento unico all‟applicazione della condizionalità ambientale, i cosiddetti criteri di
gestione obbligatori (CGO, direttiva nitrati, direttiva acque sotterranee), e delle
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pratiche agricole, per il mantenimento delle “buone condizioni agronomiche e
ambientali" (BCAA) .
Il sostegno pubblico perciò sarà condizionato dal rispetto di standard ambientali , di
sicurezza alimentare, di benessere degli animali.
Le coltivazioni senza suolo se non rispettano queste condizionalità possono portare a
penalizzazioni nell‟erogazione dei contributi comunitari (Santamaria , 2007).
Questo muove la ricerca di soluzioni per la riduzione dei costi di produzione per questi
sistemi, verso l‟utilizzo di substrati alternativi, utilizzando anche prodotti destinati ad
essere posti in discarica (RSU, fondi di lavorazione caffè, alghe, …), e il cui
smaltimento va considerato sia per le problematiche ambientali sia per quelle
economiche.
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CAPITOLO 2
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2. Substrati per le tecniche fuori suolo dell’ortoflorovivaismo
2.1 Ortoflorovivaismo in Puglia
Dagli anni Settanta si è assistito, specialmente nei paesi dell‟Europa settentrionale, a un
rapido sviluppo dei sistemi di coltivazione fuori suolo, sebbene le prime applicazioni a
livello commerciale risalgano a circa ottanta anni fa‟. In Europa si stimano circa 11.000
ha coltivati fuori suolo, di cui circa 5.000 in Olanda, 3.000 in Spagna, 1.200 in Francia,
1.000 in Belgio.
In Italia, pur in assenza di dati ufficiali, si stimano superfici superiori ai 500 ha su un
totale di 30.000 ha di colture protette. Le regioni maggiormente interessate a questa
tecnica di coltivazione sono Veneto (circa 110 ha), Sardegna, Puglia, Campania (50 ha)
e Sicilia (30 ha). Il pomodoro da mensa, che con il cetriolo è stato una specie pioniera
delle colture fuori suolo, occupa in Italia circa un terzo delle superfici coltivate a
orticole con questa tecnica. Le principali motivazioni dell‟adozione delle coltivazioni
fuori suolo sono da ricercare nell‟adozione di normative sempre più restrittive (quali
per esempio il divieto dell‟uso di bromuro di metile) che rendono sempre più
difficoltosa la coltivazione in aree a forte intensificazione colturale, dove più insistenti
sono i problemi legati alla stanchezza del terreno. Un altro aspetto è rappresentato dalla
progressiva scarsità di acqua, che impone l‟adozione di tecniche che consentano il
minimo spreco di questo elemento. Fattori a sfavore sono soprattutto da ricercare negli
elevati costi dell‟impiantistica, nell‟ancora insufficiente professionalità degli operatori
e nella mancanza di un‟adeguata rete di assistenza tecnica.
Dal punto di vista quantitativo e qualitativo le coltivazioni senza suolo garantiscono
risultati superiori a quelle convenzionali. Senza riferirsi alle rese ottenute nel nord
Europa (dove non di rado si raggiungono 400-500 t/ha con cicli produttivi lunghi anche
12-13 mesi), anche nel nostro Paese si sono riscontrate produzioni elevate (300-350
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t/ha) che giustificano gli investimenti necessari per questa tecnica di coltivazione.
Anche la qualità delle produzioni risulta ottimale con la coltivazione fuori suolo dal
punto di vista delle caratteristiche merceologiche (uniformità di pezzatura, colore,
consistenza), organolettiche (che possono essere migliorate aumentando la salinità
della soluzione nutritiva) e salutistiche (considerando i minori apporti di pesticidi
generalmente necessari nelle tecniche fuori suolo).
Numerosi sono stati i sistemi senza suolo sperimentati per il pomodoro da mensa;
quelli adottati su scala commerciale possono essere suddivisi in base all‟utilizzo o
meno di un substrato di coltivazione e in base al ricircolo (sistemi chiusi) o meno
(sistemi aperti), della soluzione nutritiva.
2.2 Substrati di coltivazione per l’ortoflorovivaismo
Da sempre uno strumento fondamentale per la realizzazione di una buona produzione
nell‟ortoflorovivaismo e nelle colture protette allevate con sistemi di coltivazione senza
suolo, è la ricerca di substrati che possano nel migliore dei modi sostituire il terreno
agrario e\o addirittura esaltare alcune caratteristiche delle specie vegetali che sono
coltivate su tali substrati.
Le considerazioni legate ai canali distributivi portano a porre l‟attenzione al lato della
domanda, ossia agli utilizzatori di substrati colturali. In termini schematici la domanda
può essere suddivisa in due categorie: l‟agricoltura professionale e l‟hobbistica. Nel
primo caso i substrati colturali fanno parte dei fattori produttivi e rappresentano prodotti
intermedi che contribuiscono a formare il costo di produzione dei prodotti finali; nel
caso dell‟impiego hobbistico sono da considerarsi beni di consumo.
Per quanto riguarda l‟impiego professionale può essere utile esaminare l‟evoluzione dei
comparti di riferimento:
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La torba rappresenta, nel mercato europeo, il 90% dei costituenti utilizzati nella
formulazione dei substrati. Pur in presenza di una riduzione tendenziale del suo impiego
in favore di altri materiali rinnovabili, rappresenterà ancora per il prossimo futuro il
costituente di riferimento nella formulazione dei substrati. Infatti anche se la torba non è
utilizzata tal quale, ma in miscela rimane sicuramente la materia prima per la
preparazione (assieme a Perlite o Pomice) dei substrati maggiormente utilizzati per le
tecniche di allevamento delle piante con sistemi fuori suolo . In Italia il consumo annuo
di substrati è di circa cinque milioni di metri cubi, di cui la maggior parte costituiti
proprio da torbe bionde e brune che per lo più sono importate dall‟estero.
Esistono, però, altre fonti, come l‟IPS “International Peat Society”, che, invece,
fornisce dati sul consumo nazionale di torba, diversi da quelli prima enunciati: un
milione di metri cubi e cioè il 6% del consumo di torba di tutta Europa.
A partire dagli anni sessanta, quando le torbe hanno fatto la loro comparsa nel mondo
dei substrati, molto è cambiato in termini di aree di approvvigionamento e di
caratteristiche delle torbe impiegate. Le tecniche colturali utilizzate in ortofloricoltura si
sono altresì modificate determinando una conseguente evoluzione dei substrati per
renderli più rispondenti alle mutate esigenze.
Nell‟ultimo decennio le importazioni sono passate da 420.000 a 546.000 tonnellate, con
un incremento del 30%. Nel corrispondente periodo il costo delle importazioni è
aumentato del 18%, grazie principalmente ad uno spostamento dei flussi d‟importazione
che in questo periodo si sono concentrati sulle repubbliche baltiche da cui oggi
s‟importa il 30% della torba. Fino al 2000 i paesi dell‟Ue-15 erano i quasi esclusivi
fornitori di torba . In seguito il forte incremento del prezzo, dovuto anche alle misure di
conservazione nei confronti delle torbiere messe in atto da molti paesi (tra cui la
Germania, la Svezia e la Danimarca), ha reso conveniente l‟approvvigionamento presso
quei paesi, (le repubbliche baltiche) , che presentano prezzi competitivi.
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Oltre al fatto che nel corso degli ultimi venti anni, la torba, ha avuto una considerevole
impennata dei prezzi dovuti all‟incremento dei costi energetici, che incidono su tutto il
processo produttivo, a partire dalla raccolta alla lavorazione e trasporto agli stabilimenti,
dalla preparazione e classificazione, alla miscelazione dei prodotti, al trasporto e
importazione verso gli utilizzatori finali.
Infatti anche se in Italia ci sono risorse significative di Torba per lo più presenti in
Piemonte , Lombardia e nel Veneto questa risulta utilizzata nella maggior parte dei casi
per la produzione di carburante.
Il punto critico più importante riguardo la torba, che oggi costituisce il motivo della
spinta verso la ricerca di substrati alternativi, è rappresentato dalla non rinnovabilità
della stessa dato che sarebbero necessari un migliaio di anni per la ricostituzione della
stessa massa asportata. In sintesi, le necessità economiche legate all‟incremento dei
costi dei mezzi tecnici si combinano con le motivazioni ecologiche riguardanti la
salvaguardia delle torbiere e la possibilità di ridurre i volumi di materiali organici
vegetali, o minerali, o sintetici da smaltire come rifiuti, spingono la ricerca verso un
possibile utilizzo di materiali alternativi come substrati per l‟ortoflorovivaismo.
Un‟altra particolare esigenza che negli ultimi anni si sta mostrando con grande interesse
sul mercato, è la richiesta da parte dei paesi consumatori di substrati peat –free e cioè
senza elementi torbosi al loro interno; questo per la presenza di una campagna di
stampo ambientalista condotta contro lo sfruttamento delle torbiere proprio in
considerazione del valore naturalistico e in alcuni casi anche archeologico di questi
particolari habitat.
Dobbiamo inoltre ricordare come la comunità europea ha dato un‟importanza
particolare, nei suoi piani di sviluppo e di regolamentazione, alla difesa e preservazione
del patrimonio ambientale; ed è proprio per questo motivo che nel 2001 sono stati fissati
dalla decisione 2001/688/CE (2) della Commissione le norme per l‟assegnazione di un
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marchio comunitario di qualità ecologica agli ammendanti del suolo e ai substrati di
coltivazione: ”Marchio Comunitario di qualità ecologica:Ecolabel”.
Come stabilito dal regolamento (CE) n. 1980/2000, si è proceduto anche in Italia al
tempestivo riesame dei criteri ecologici e dei relativi requisiti di valutazione e di
verifica della conformità ambientale dei substrati e degli ammendanti.
Per ottenere il marchio di qualità ecologica europea, i prodotti devono soddisfare i
criteri Ecolabel intesi a promuovere:
- l‟utilizzo di materiali rinnovabili e/o il riciclaggio di sostanza organica derivata
dalla raccolta e/o dal trattamento dei rifiuti , contribuendo in tal modo a ridurre
al minimo i rifiuti solidi destinati allo smaltimento finale (ad esempio in
discarica);
- la riduzione dell‟impatto ambientale connesso all‟estrazione e alla produzione di
materiali non rinnovabili.
Diversi materiali potrebbero essere utilizzati nei sistemi fuori suolo, però di questi deve
essere valutata la loro capacità “agronomica”, quindi di conseguenza di permettere
l‟accrescimento e lo sviluppo dell‟apparato radicale delle piante al proprio interno e a
permettere alle piante, di acquisire facilmente acqua ed elementi nutritivi. Tra le
caratteristiche principali, che vengono analizzate per quanto riguarda la definizione
d‟idoneità all‟uso di un substrato, ne ricordiamo alcune:
1- Caratteristiche chimiche:
- pH , conducibilità elettrica”EC”, contenuto di elementi chimici, capacità di
scambio cationico e anionico, ceneri, sostanza organica.
2- Caratteristiche fisiche:
- Densità apparente; porosità; caratteristiche idrologiche.
3 - Caratteristiche biologiche d‟impatto ambientale ed economiche.
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Ciò sta portando alla definizione d‟uso di substrati sostenibili sia in termini economici,
con una bassa incidenza sul costo di produzione, che ecologici, in quanto utilizzano
rifiuti da smaltire.
Nel 2006 in Italia è stata recepita la direttiva europea con un decreto legislativo
217/2006,”Revisione della disciplina in materia di fertilizzanti”pubblicato nella gazzetta
ufficiale n.141 del 20 giugno 2006 che ha abrogato la legge del 19 ottobre 1984 n.748,
che ha definito i nuovi parametri tecnici che i substrati devono presentare per poter
essere commercializzati ed utilizzati.
2.3 La Torba
Rimane ancora oggi il substrato più utilizzato per le tecniche di coltura fuori suolo,
anche se come visto ci sono notevoli problemi di ordine economico e ambientale che
nel tempo ne stanno riducendo l‟utilizzo.
La torba non è utilizzata come tale ma è impiegata come materiale base per la
costituzione di substrati di coltura e quindi molto spesso viene miscelata a prodotti
come pomice e perlite che ne migliorano anche le proprietà fisiche di struttura.
S‟individuano come torbe propriamente dette quei materiali contenenti residui vegetali
più o meno decomposti, aventi un contenuto in ceneri inferiore al 10%. Le torbe sono
presenti in giacimenti naturali denominati torbiere, che sono localizzate in diverse aree
della superficie terrestre; quelle più profonde hanno iniziato la loro formazione circa
diecimila anni fa , nel tardo periodo glaciale o post-glaciale, mentre quelle
comunemente utilizzate derivano da formazioni di circa mille anni.
Fra le varie categorie di torbe quelle di sfagno rappresentano il materiale di partenza più
utilizzato per la realizzazione di substrati, a causa delle loro caratteristiche di base.
Presenta le caratteristiche ideali per un substrato di coltivazione: è leggera, omogenea,
molto porosa, relativamente stabile, sicura dal punto di vista fitopatologico (anche se ci
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sono rischi di un inquinamento provocato dall‟uso poco oculato dei diserbanti nelle
torbiere) , ha un pH acido che però può essere facilmente riequilibrato con l‟aggiunta di
carbonato di calcio. L‟IPS “International Peat Society” per ridurre le problematiche
ambientali definite dall‟estrazione e dall‟utilizzo della torba, ha previsto l‟istituzione di
un :
SPM “Project plan for the development of international certification scheme for
sustainable peat land management”.
L‟obiettivo in tal caso è di costituire un sistema di certificazione capace di definire quei
criteri utili per l‟estrazione e la produzione di torba che riducano le emissioni di CO2,
siano rispettose delle torbiere stesse e di tutte le aree già poste a limitazione da direttive
europee (es. Aree della rete Natura 2000) .