Cap. 1 Introduzione 2
soprattutto verso quegli strumenti strutturati che contengono al loro interno una
opzione esotica su tassi di interesse.
La valutazione delle opzioni è particolarmente difficile quando il titolo sottostante è
rappresentato da un tasso di interesse. La maggiore difficoltà nella valutazione delle
opzioni su tassi di interesse è legata alla maggiore complessità dei processi stocastici
utilizzati per descrivere la dinamica dei tassi di interesse.
La struttura della tesi può essere sintetizzata come segue.
Nel capitolo 2 si introduce il concetto di obbligazione strutturata, analizzando alcuni
aspetti che, secondo la letteratura, hanno portato alla rapida espansione di questi
strumenti. Sono proposte, inoltre, le formule per il prezzaggio di alcune delle
obbligazioni strutturate più comuni nel mercato.
Nel capitolo 3 viene descritto il rapporto tra il tasso di interesse e la durata
dell’investimento nella determinazione del prezzo di un’obbligazione tradizionale.
Le opzioni su tassi di interesse vengono analizzate nel capitolo 4. Inizialmente il
nostro interesse verterà sulle opzioni standard su tassi di interesse (opzioni sul prezzo
di un’obbligazione, caplet e swaption) per poi passare ad alcune tipologie di opzioni
esotiche.
Il legame tra tassi swap e tassi Libor è delineato nel capitolo 5, mentre nel capitolo 6
vengono descritti alcuni tra i modelli per la struttura a termine dei tassi più diffusi
nella letteratura e nella pratica finanziaria (tra questi il modello di Vasicek e il
modello CIR).
Nel capitolo 7 si esaminano alcune metodologie numeriche che possono essere
utilizzate per arrivare alla valutazione di uno strumento finanziario quando non esiste
una formula analitica in forma chiusa per il prezzaggio dello stesso.
Il capitolo 8 è incentrato sulla calibrazione del modello di mercato del Libor.
Nel capitolo 9, infine, alcune delle metodologie presentate vengono applicate alla
valutazione di alcune obbligazioni strutturate trattate nel mercato italiano
(l’obbligazione Twister e Range Accrual Note di Mediobanca) attraverso il modello
di mercato del Libor.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
3
Capitolo 2.
Le obbligazioni strutturate.
Una obbligazione strutturata è un incrocio tra un titolo obbligazionario tradizionale
ed un contratto derivato. I titoli derivati sono una parte integrale del prodotto
strutturato e, in molti casi, non possono venire “separati” da esso o essere
commercializzati separatamente. Si nota facilmente, quindi, che uno strumento
strutturato presenta un impianto molto diverso dai prodotti obbligazionari
tradizionali.
L’emittente di una obbligazione strutturata cerca, anche attraverso rilevanti posizioni
speculative in contratti derivati, di rendere appetibile tale strumento ai possibili
sottoscrittori per riuscire ad ottenere fondi in modo più economico rispetto ai prodotti
tradizionali.
Il sottoscrittore di un prodotto come questo, invece, può essere attratto da esso per
varie motivazioni (ad esempio la possibilità di avere accesso a mercati ristretti)
1
.
L’interesse verso questi prodotti è aumentato nel corso degli ultimi anni in maniera
direttamente proporzionale alla loro diffusione nei mercati obbligazionari di tutto il
mondo. Da Assoun, Chaussade e Khougazian (2002), si ricava che le obbligazioni
strutturate rappresentano circa il 60% delle nuove emissioni nei mercati europei dei
media, tecnologico e “delle reti” (MTN). Da Filigrana (2000), invece, si ricava che in
Italia, nel 1998, il 40% del flusso di obbligazioni emesse e quotate al Mercato
Obbligazionario Telematico (MOT) era costituito da questo genere di prodotti. Un
altro aspetto interessante, riportato da Assoun, Chaussade e Khougazian (2002), è
1
Tale aspetto verrà approfondito più avanti nel capitolo.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
4
che, nonostante sia nota la “pericolosità” nell’operare con questi titoli
2
, il consenso
verso di essi è aumentato in maniera esponenziale
3
.
Perché le obbligazioni strutturate si sono diffuse così tanto nel mercato
obbligazionario? Cosa ha portato gli investitori a preferirle ad investimenti più
tradizionali? Le risposte a queste domande sono molteplici. Secondo Filigrana
(2000), uno sviluppo così grande di questi prodotti si dovrebbe ricondurre, almeno in
Italia, a tre motivazioni:
• la riduzione dei rendimenti degli strumenti obbligazionari tradizionali;
• l’accresciuta propensione al rischio degli investitori italiani;
• le limitazioni di natura regolamentare in campo internazionale all’operatività
diretta in strumenti derivati da parte degli investitori istituzionali.
Questo fenomeno, avverte Filigrana (2000), si è sviluppato benché spesso anche gli
operatori istituzionali non risultino adeguatamente preparati a gestire i rischi generati
da questi strumenti. La notevole diffusione presso gli investitori istituzionali di tali
prodotti, inoltre, viene ricondotta, secondo un’opinione abbastanza diffusa, al fatto
che le obbligazioni strutturate permettono di “nascondere” i contratti derivati da cui
sono composte, consentendo talvolta di aggirare i limiti all’operatività in titoli
derivati fissati dalle regole di vigilanza prudenziale.
In Assoun, Chaussade e Khougazian (2002) ci si concentra sulle possibili
caratteristiche che potrebbero attrarre gli investitori e gli emittenti. Si parte dalla
convinzione che gli strumenti strutturati siano creati per rispondere ai requisiti
personali del sottoscrittore e che per questo motivo la loro appetibilità vari da caso a
caso. Nonostante ciò, si riescono a scovare delle caratteristiche che accomunano tutti
i soggetti che utilizzano gli strumenti, siano essi sottoscrittori od emittenti. Un
sottoscrittore sarebbe, infatti, attirato verso questi prodotti da varie ragioni:
• la facoltà di trovare, tra i vari strumenti strutturati scambiati sul mercato,
quello che più riflette le aspettative dell’acquirente sull’andamento del
mercato (permettendogli, così, di ottenere un tasso di rendimento molto
elevato oppure di coprirsi meglio contro il rischio nel caso in cui le previsioni
di mercato del sottoscrittore si avverino);
2
Dovuta soprattutto alla loro grande complessità e alla difficoltà nell’effettuare una valutazione
efficace.
3
Specialmente nel segmento MTN, sia negli USA che nei mercati europei.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
5
• la possibilità di avere accesso, in questo modo, a mercati ristretti
4
;
• gli strumenti strutturati rappresentano una risposta a problemi specifici,
poiché possono essere costruiti per proteggere dai rischi la gestione delle
attività svolte da alcuni operatori;
• i titoli strutturati permettono all’acquirente di avere uno strumento che opera
su più mercati ad un prezzo abbastanza contenuto
5
.
L’emittente, come già affermato, sempre secondo Assoun, Chaussade e Khougazian
(2002), sarebbe attratto da un simile prodotto soprattutto per la possibilità di ottenere
dei fondi in maniera più economica rispetto al caso dei prodotti tradizionali.
Dopo aver fornito una rapida descrizione delle peculiarità che hanno portato a questa
veloce diffusione delle obbligazioni strutturate, viene naturale soffermarsi
brevemente anche sulle loro caratteristiche “negative”.
La notevole complessità di alcuni di questi strumenti porta, a mio avviso, a quelle
“carenze” a cui, molte volte, vanno incontro soggetti non sufficientemente esperti nel
campo della finanza: la difficoltà nel comprendere appieno il prodotto che si va a
sottoscrivere e, di conseguenza, il valutarlo correttamente. Proprio questi due punti, a
mio parere, sono la maggiore causa scatenante della grande diffidenza con la quale
vengono trattate le obbligazioni strutturate da parte delle associazioni dei
consumatori.
L’Adusbef, ad esempio, nel suo “Decalogo per investire in Borsa”
6
, sconsiglia
fortemente (punto 8) l’investimento in tali prodotti, al punto da ritenere una valida
alternativa il tenersi l’ investimento in titoli di Stato.
L’ADUC, invece, in un documento del 17 maggio 2003
7
descrive quelli che secondo
lei sono i lati negativi di un possibile investimento in obbligazioni strutturate.
Dall’articolo si ricava che:
• la clausola di rendimento “minimo garantito” viene rappresentata come uno
specchietto per le allodole (per i consumatori, ndr) perché gli investitori non
4
Questo riguarda soprattutto operatori istituzionali ai quali è vietato operare in determinati mercati (ad
esempio quello dei derivati) con scopi diversi da quello di copertura.
5
Se l’investitore volesse uno strumento equiparabile all’obbligazione strutturata dovrebbe operare su
più mercati, con costi (di acquisto e di transazione) più elevati rispetto all’acquisto dello strumento
strutturato.
6
www.adusbef.it/consultazione.asp?Id=352&Ricerca=obbligazioni%20strutturate.
7
http://investire.aduc.it/php/mostra.php?id=61116.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
6
sufficientemente attenti si lascerebbero attrarre da essa senza prestare la
minima attenzione al possibile mancato guadagno;
• nessuno può garantire che vengano raggiunti determinati livelli di
rendimento;
• c’è un maggiore rischio di prezzo rispetto ad un normale BTP (non spiegano,
però, che questo è dovuto alla leva finanziaria della parte derivata del titolo);
• c’è un rischio di liquidità (non specificano che questo è presente anche in
alcune obbligazioni tradizionali, ad esempio quelle con rating peggiore);
• c’è un rischio di emittente (per fortuna non hanno consigliato di investire in
obbligazioni Parmalat!).
Dopo aver spaventato per bene il lettore l’ADUC sconsiglia la sottoscrizione degli
strumenti strutturati, salvo una loro buona conoscenza.
Una visione più equilibrata è presentata, invece, dal sito di PattiChiari
8
dove vengono
descritti sia gli aspetti negativi che quelli positivi degli investimenti in titoli
strutturati. Vengono introdotti, inoltre, dei consigli di investimento in base alla
propensione al rischio dell’investitore.
Dopo questa breve premessa, dove siamo andati a scoprire che cosa siano le
obbligazioni strutturate e quali peculiarità le abbiano portate a conquistarsi una così
grossa fetta di negoziazioni e d’emissioni nel mercato obbligazionario, andremo a
presentare alcune tipologie di questi prodotti, per poi cercare di dare una valutazione
ad alcune di loro.
Alle forme più semplici, come quelle costituite dalle obbligazioni convertibili in
azioni, dalle obbligazioni con warrant, dalle drop lock
9
e dalle obbligazioni legate
ad un indice (index-linked bond), si sono recentemente affiancati prodotti che
presentano complicati rapporti rischio/rendimento. Poiché, in genere, il rendimento è
variabile, le obbligazioni strutturate possono presentare un limite massimo di
rendimento (cap), un limite minimo di rendimento (floor) oppure entrambi (collar);
il rendimento, inoltre, può essere determinato da un particolare evento che avviene
sul mercato (trigger o knock out).
8
http://www.pattichiari.it/obs/inside.asp?id=99.
9
Le obbligazioni drop lock sono titoli a tasso variabile convertibili in titoli a tasso fisso mediante una
clausola di conversione automatica. L’intera emissione è convertita qualora il tasso a cui il titolo è
indicizzato risulti uguale o inferiore ad un tasso di conversione prefissato (detto trigger rate).
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
7
Le obbligazioni su più indici (multi-index bond) fruttano cedole in base
all’andamento del paniere (basket) degli indici di riferimento. Le obbligazioni step-
down presentano cedole con un tasso decrescente nel tempo, quelle step-up hanno
cedole con un tasso crescente. Le obbligazioni callable sono titoli che possono
essere “richiamati”, vale a dire rimborsati in anticipo dall’emittente prima della
scadenza del prestito.
Le obbligazioni a tasso variabile limitato superiormente (capped floating rate
note) presentano cedole indicizzate ad un parametro del mercato interbancario (come
Euribor o Libor), abbinate ad un’opzione cap sui rendimenti, che limita per
l’emittente il rischio di un rialzo eccessivo dei tassi. Sono analoghe le obbligazioni a
tasso variabile limitato inferiormente (o floored floating rate note), che presentano
delle limitazioni inferiori sul rendimento, e le obbligazioni a tasso variabile
limitate superiormente ed inferiormente (o collared floating rate note).
Le obbligazioni a rimborso variabile, denominate bull and bear, invece, abbinano
ad un’obbligazione a tasso fisso un contratto d’acquisto (bull) o di vendita (bear) di
future su indici azionari. In pratica il prezzo di rimborso del titolo si accompagna ad
una “scommessa” sull’andamento dell’indice generale dei titoli azionari della Borsa
di Milano (MIB). Il sottoscrittore di un’obbligazione d’acquisto ottiene un prezzo di
rimborso superiore al valore nominale in caso d’aumento del MIB nel periodo
prefissato ed un prezzo di rimborso inferiore in caso di diminuzione dell’indice.
L’opposto vale per l’acquirente di un’obbligazione di vendita.
Le obbligazioni cross category legano i rendimenti del titolo strutturato
all’andamento d’indici esterni al mercato obbligazionario (ad indici azionari, ad un
tasso di cambio, ad un indice rappresentativo di un paniere di materie prime, …).
Le obbligazioni di tipo “index/equity linked” rappresentano una categoria molto
ampia. La fantasia degli emittenti, infatti, ha prodotto una quantità impressionante di
varianti della struttura base. Si tratta in genere di prodotti che offrono all’acquirente
una protezione del capitale investito, spesso associato ad un rendimento minimo
garantito (inferiore ai tassi di mercato) ed inoltre la partecipazione all’incremento di
valore di qualche investimento rischioso (tipicamente un titolo o un indice azionario,
un paniere di titoli, di valute, …). Al loro interno si distinguono le obbligazioni di
tipo standard (o plain vanilla) e le obbligazioni asiatiche (di tipo sentiero-
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
8
dipendenti). Le prime sono le più semplici da valutare ma anche le meno diffuse. Le
seconde, che presentano funzioni di guadagno (payoff) nelle quali medie mensili o
semestrali del prezzo del bene sottostante rappresentano il prezzo di esercizio o il
prezzo finale di tale bene, sono le più diffuse perché permettono di ottenere una
copertura in modo meno dispendioso e di dipendere meno dalla volatilità del
parametro di riferimento
10
.
Per riuscire a determinare il prezzo del titolo di un’obbligazione standard legata
all’andamento dell’indice/azione, è necessario scomporre il titolo nei seguenti
elementi:
• il capitale che verrà rimborsato all’epoca T (pari a 100) più l’eventuale
minimo garantito (
i
m ), per un totale di 100(1+
i
m );
• un’opzione di tipo europeo, con scadenza pari a T, emessa at-the-money.
Il valore alla scadenza T dell’obbligazione suddetta può essere espresso come:
i
()
i
( )
0
0
100
100 1 max ;0
T
IK m
IK
IL m S S
S
⎡ ⎤
−
⎢ ⎥
=++ −
⎢ ⎥
⎣ ⎦
dove:
• S
T
è il valore dell’indice/azione a scadenza;
• S
0
è il valore dell’indice/azione al momento dell’emissione;
•
0
1
T
IK S S=− è l’incremento percentuale.
•
i
m è l’eventuale minimo garantito.
Per ottenere il valore dell’obbligazione all’epoca iniziale, basta attualizzare IL
all’epoca iniziale utilizzando il tasso d’interesse privo di rischio.
Se volessimo, invece, valutare un’obbligazione asiatica dello stesso tipo dovremmo
andare a simulare l’andamento futuro dell’indice/azione tramite il metodo Monte
Carlo
11
. Da Filigrana (2000), si ricava infatti che, per la legge dei Grandi Numeri, il
10
Si ricorda, infatti, come una media abbia sempre una volatilità inferiore rispetto ai singoli
componenti.
11
Si veda il paragrafo 7.3 per una descrizione del metodo Monte Carlo.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
9
valore dell’opzione è dato dal valore medio del valore attuale dei flussi finali
j
F ,
ossia:
() 1
11
1
N
j
T
j
cF
N
i
=
≈
+
∑
dove N è il numero di simulazioni effettuate ed i è il tasso di interesse nel mercato.
L’ultimo tipo d’obbligazione strutturata che andiamo a presentare sono le
obbligazioni di tipo “reverse floater”. Sono prodotti caratterizzati da una durata
elevata e da cedole iniziali (quasi sempre pagate con frequenza annuale) fisse,
talvolta di tipo step up/down, inizialmente di gran lunga superiori a quelle calcolate
in base alle condizioni di mercato registrate al momento dell’emissione. Dopo un
certo numero d’anni, queste vengono trasformate in flussi cedolari inversamente
legati ad un tasso d’interesse a breve termine (ad esempio al Libor a 3 mesi), soggetti
al vincolo di non negatività
12
. Seguendo Filigrana (2000), una delle possibili
scomposizioni di tale strumento è data dalla combinazione dei tre seguenti elementi
di base:
• un titolo a lungo termine con cedola fissa pari a k;
• uno swap su tasso di interesse (IRS)
13
acquistato con data di decorrenza
coincidente con la data di liquidazione dell’ultima cedola a tasso fisso del
titolo reverse floater, con le seguenti caratteristiche: importo pari al valore
nominale dell’obbligazione sottoscritta moltiplicato per
n (fattore
moltiplicativo del parametro di indicizzazione); tasso fisso pari, per
convenzione, allo 0%; tasso indicizzato pari al parametro di riferimento; data
di scadenza coincidente con quella del titolo; date di regolamento
(coincidente con quelle di revisione del tasso variabile) pari alle date di
liquidazione delle cedole del titolo;
12
In altri termini, la cedola, che non potrà diventare negativa, risulterà pari ad un valore fisso k meno
n volte un tasso a breve.
13
L’IRS è un contratto derivato con il quale le parti si impegnano a versare o a riscuotere a date
prestabilite importi determinati in base al differenziale di tassi di interesse diversi. In altri termini,
due soggetti decidono di scambiarsi pagamenti basati su due differenti metodi di calcolo degli
interessi, avendo prepattuito il capitale nominale sul quale verranno calcolati i pagamenti.
Cap. 2 Obbligazioni strutturate
10
• una serie di cap di copertura acquistate al valore attuale d
s
14
, con date di
decorrenza pari a quelle di partenza delle cedole variabili, con prezzo di
esercizio pari a
kn, durata contrattuale pari a quella dell’IRS suddetto ed
importo nozionale pari a quello dell’obbligazione sottoscritta moltiplicato per
n .
Se ipotizziamo che le prime cedole siano pari a
s
Cr
, il prezzo di un tale titolo è pari a
[Filigrana (2000)]:
()
() ()
1
1
max ;0
100
T
s
t
s
s T
s
st
knr
Cr
RF
=
=+
⎡⎤
−
⎣⎦
= +
++
∑∑
r
dove k è pari al valore massimo che la cedola variabile può assumere,
n è il fattore
moltiplicativo del parametro di indicizzazione, T la scadenza del titolo, r
s
il tasso di
attualizzazione privo di rischio sulla scadenza appropriata, C il valore nominale
dell’obbligazione,
s
r
il tasso cedolare forward. Dopo alcuni passaggi, che qui non
riportiamo, Filigrana propone la seguente formula per il prezzaggio di
un’obbligazione reverse floater semplice (ipotizzando ):
s
Cr Cr=
i
()
()
()
()()
11
1 100 100
,
T
s
stT
t
RFVkT kCr n n d
rrr
==
⎡⎤
=−− − − +
⎢⎥
+++
⎣⎦
∑ ∑
dove
i
(
,VkT
)
è il prezzo di un titolo che scade tra T anni e che paga una cedola
annuale fissa pari a k.
14
Con s vengono indicate le epoche temporali.
Cap. 3 Le obbligazioni
11
Capitolo 3.
Le obbligazioni. Il legame tra tasso di interesse e durata
dell’investimento.
Un’obbligazione è un titolo di credito che garantisce al portatore i diritti relativi alla
condizione di creditore e, per converso, rappresenta un debito per l’emittente. Le
obbligazioni fruttano un interesse a tasso predeterminato, fisso o indicizzato, pagabile
con cedole a scadenze fisse (solitamente trimestrali, semestrali o annuali). L’emissione
delle obbligazioni può avvenire alla pari, cioè ad un prezzo uguale al valor nominale,
oppure sopra o sotto la pari. La differenza tra il valore nominale, che generalmente
coincide con il prezzo di rimborso, e un prezzo di emissione sotto la pari è denominata
scarto di emissione e costituisce un’integrazione al tasso di rendimento, rendendo più
conveniente la sottoscrizione del titolo.
I prestiti obbligazionari possono essere rimborsati in un’unica soluzione al termine del
periodo di durata (i c.d. zero-coupon bond) o in modo graduale, secondo un piano di
ammortamento prefissato, attraverso periodiche estrazioni a sorte dei titoli da
estinguere. Il rimborso del prestito obbligazionario può essere anticipato, per decisione
dell’emittente, rispetto ai termini previsti, se questa clausola è contenuta nel
regolamento di emissione del prestito stesso.
Il “tasso di rendimento” (yield rate) di un titolo provvisto di cedole (coupon-bearing
bond) è quel tasso di attualizzazione che uguaglia il valore attuale del titolo alla sua
quotazione di mercato. In altri termini è quel tasso y tale da rendere vera la seguente
uguaglianza:
Cap. 3 Le obbligazioni
12
()
()
1
1
i
n
tt
im
i
Hy
−−
=
P+ =
∑
,
dove H
i
indica l’i-esimo flusso di cassa, P
m
rappresenta il prezzo di mercato
dell’obbligazione con cedole e t è l’epoca di valutazione (
01
ttt≤ < ).
Esempio 3.1:
Supponiamo di avere una obbligazione della durata di due anni, di valore nominale 100,
che paga una cedola semestrale al tasso annuo nominale di interesse convertibile 2 volte
all’anno del 5% e la cui quotazione di mercato è di 99. Il tasso di rendimento alla
scadenza dell’obbligazione, y, sarà dato dalla risoluzione della seguente equazione:
() () () ()
0,5 1 1,5 2
2,5 1 2,5 1 2,5 1 102,5 1 99yyy y
−−− −
++++++ +=
e risulta pari a 5,61%.,
Per la determinazione del tasso di rendimento, quindi, abbiamo bisogno di conoscere il
valore di ogni singola cedola ed il prezzo di mercato del titolo. E’ facile notare, quindi,
uno stretto legame tra prezzo del titolo obbligazionario, tasso d’interesse e durata
dell’investimento. Il prezzo, infatti, può essere visto come una funzione di questi due
fattori, ovvero:
( )
,,
m
PgiTt=−
dove con indichiamo una qualsiasi funzione, con t l’epoca di valutazione e con T
l’epoca di scadenza del titolo. La differenza tra questi due istanti temporali rappresenta
il tempo alla scadenza.
()
g ⋅
Cap. 3 Le obbligazioni
13
3.1. Ipotesi 1: tasso costante nel tempo.
Ipotizziamo che il tasso di interesse, i, sia costante e quindi non dipenda dalla durata
dell’investimento. Seguendo l’impostazione data da Basso e Pianca (1999), indichiamo
con:
• C il valore nominale dell’obbligazione. C è la somma monetaria di riferimento
per il calcolo delle cedole e in generale non rappresenta la quotazione
dell’obbligazione
1
;
• B, il prezzo tel quel
2
del titolo obbligazionario;
• J, il prezzo di rimborso netto
3
;
• , il tasso cedolare, cioè il tasso usato per determinare l’ammontare delle
cedole
r
4
;
• y, il tasso di rendimento alla scadenza netto. Tale quantità rappresenta il tasso di
rendimento relativo all’ipotesi che il titolo venga tenuto fino a scadenza e che le
cedole vengano reinvestite proprio al tasso costante y fino a scadenza;
• n, il numero di cedole non ancora maturate.
La relazione che lega il prezzo tel quel di un’obbligazione con il tasso di mercato si
ottiene immediatamente ricordando che la quotazione di un titolo di credito esprime
l’attualizzazione del flusso delle entrate future (cedole e prezzo di rimborso alla
scadenza). Nell’ipotesi che le cedole siano distribuite annualmente, in forma posticipata,
al momento dell’emissione o alle epoche immediatamente successive allo stacco di una
cedola, si ha:
()
( )
,
1
n
tt
ny
BCra J y
− −
=++
,
1
Normalmente, per motivi di praticità, i prezzi delle obbligazioni sono quotati in funzione di un valore
facciale pari a 100 unità monetarie.
2
Esistono due tipi di prezzi per un’obbligazione: il prezzo tel quel ed il corso secco. Il primo è il prezzo
al quale il titolo obbligazionario può essere negoziato quando si effettua la valutazione dello strumento
in corrispondenza di un’epoca temporale compresa tra lo stacco di due cedole consecutive. Il secondo è
la quotazione riportata sulle pagine finanziarie dei quotidiani. Il corso secco si ricava dal prezzo tel
quel, togliendo da questo ultimo, i dietimi di interesse (che esprimono la parte di cedola maturata
all’epoca di valutazione).
3
Ovvero la somma che viene rimborsata al possessore dell’obbligazione alla sua scadenza al netto della
tassazione.
4
E’ un tasso nominale convertibile m volte all’anno, dove m è il numero di cedole staccate all’anno.
Cap. 3 Le obbligazioni
14
dove
()
()
()
( )
,
0
11
sn
n
tt
n
t
ny
s
ay yy=−+
−
−
=
=+
∑
è il valore attuale di una rendita annua,
unitaria, posticipata, immediata e temporanea dove
s
t indica l’epoca in cui viene
staccata la cedola s-esima.
...
Figura 3. 1: Rappresentazione grafica di .
,ny
a
Avendo ipotizzato che il tasso di interesse sia costante, si deduce che in tale caso non
c’è alcuna relazione tra la durata dell’investimento ed il livello dei tassi. Questa ipotesi,
però, non può essere considerata realistica perché, come facilmente si può vedere da un
qualsiasi quotidiano finanziario, in genere i tassi a breve termine (short term rate) sono
diversi da quelli a lungo termine (long term rate). Dobbiamo, quindi, modificare la
nostra ipotesi per rappresentare meglio la realtà, introducendo una relazione tra tempo
alla scadenza ed il livello dei tassi.
3.2. Ipotesi 2: struttura a termine dei tassi di interesse in condizioni di
certezza.
Come già affermato, la durata dell’investimento è un fattore che va ad influenzare il
livello dei tassi di interesse. In una determinata epoca temporale t, infatti, i tassi a breve
termine sono, generalmente, diversi dai tassi a lungo termine. Questo fenomeno dà
origine alla struttura a termine (o per scadenza) dei tassi di interesse (interest rate
term structure).
La domanda che ci si pone è la seguente: quali tassi vanno utilizzati per costruire la
struttura per scadenza dei tassi? Tra gli innumerevoli tassi presenti nel mercato (ad es. i
1
1 1
1
,ni
a
...
0
t
1
t
2
t
n
t
3
t
Cap. 3 Le obbligazioni
15
tassi di rendimento dei Titoli di Stato, il Libor, ecc.), utilizzo i tassi di interesse relativi
ad obbligazioni che non pagano dividendi. La struttura a termine dei tassi di interesse,
solitamente, è costruita a partire dai prezzi di questi titoli, che prendono il nome di titoli
a cedola nulla (TCN)
5,6
.
Il valore , all’istante , di un TCN con valore facciale unitario, che paga una unità
monetaria all’istante T è
Tt ≤
7
:
( ) ( )[ ]
( )
1,1, ≤+=
−Tt
TtiTtP ,
dove i(t,T) è il tasso di interesse annuo per un’operazione di investimento che ha inizio
all’epoca corrente t e scadenza in T.
Per riuscire a valutare correttamente gli strumenti finanziari presenti nel mercato,
dobbiamo cercare di descrivere bene la curva dei tassi di interesse. Nel perseguire tale
scopo, seguiamo le ipotesi fatte in Canestrelli e Nardelli (2003) sulla struttura del
mercato:
1. i titoli sono infinitamente divisibili, nel senso che è possibile acquistare e
vendere i titoli in qualsiasi quantità;
2. è possibile effettuare vendite allo scoperto, cioè vendere dei titoli che non si
possiedono ancora, assumendo la posizione del debitore (o posizione corta);
3. nel mercato non ci sono né tasse, né costi di transizione;
4. gli operatori agiscono in concorrenza perfetta, pertanto non possono influire sul
prezzo di mercato (sono price-taker);
5. gli operatori sono massimizzatori del profitto ovvero, a parità di altre condizioni,
preferiscono sempre rendere massimi i loro guadagni;
6. è esclusa la possibilità di effettuare manovre di arbitraggio non rischioso (non si
possono realizzare profitti positivi a rischio nullo).
5
Sono detti anche titoli privi di cedole o a capitalizzazione integrale o titoli di puro sconto o zero-coupon
bond.
6
Una curva spesso utilizzata come curva dei tassi di interesse privi di rischio quando si valutano i
derivati, è la curva dei tassi Libor [si veda l’appendice 3.B].
7
Stiamo usando una legge finanziaria a due variabili.