7
b) la decisione in merito alla destinazione di detto
risultato.
La prima esigenza s’inquadra nei più generali compiti di
“controllo” preventivo e consuntivo svolti dall’intero sistema
delle rilevazioni aziendali. Il bilancio appartiene alle
determinazioni consuntive e senza dubbio costituisce una
componente fondamentale di tale sistema informativo.
Il bilancio evidenzia l’andamento economico dell’esercizio
svolto, globalmente considerato. Compiti conoscitivi più
analitici, riguardanti ad esempio le singole classi di produzioni
attuate, sono correttamente affidati ad altre rilevazioni
aziendali, in primo luogo la “contabilità analitica”.
Alla conoscenza dell’andamento economico dell’esercizio,
nel senso precisato, segue il giudizio relativo. In proposito
giova però osservare che tale giudizio pone problemi piuttosto
complessi, data l’interdipendenza dei successivi esercizi. E’
chiaro che, solo attraverso l’analisi delle relazioni esistenti fra
l’esercizio cui si riferisce il bilancio e gli esercizi precedenti e
seguenti, il giudizio in parola può essere formulato
consapevolmente.
La seconda esigenza si ricollega alla concreta necessità di
definire periodicamente la conveniente destinazione del
risultato economico che la gestione produce. Com’è noto, vi
sono fattori produttivi da rimunerare in base a tale risultato, in
particolare il capitale proprio. D’altro canto la gestione in atto e
futura pone vincoli finanziari e diversi che in questa decisione
non possono essere trascurati.
Trattandosi di un risultato economico positivo, cioè di un utile
d’esercizio le possibili destinazioni sono dunque la
distribuzione agli aventi diritto e/o l’accantonamento a riserva
(per potenziamento durevole del capitale, per copertura di
future perdite, per stabilizzazione delle successive distribuzioni
di utili, ecc.).
Nel caso opposto, trattandosi invece di una perdita
d’esercizio, le possibili soluzioni sono la copertura mediante
riserve precedentemente accumulate e, in via subordinata, la
copertura mediante versamenti appositi dall’esterno o il rinvio
8
al futuro in attesa di compensazione (con nuovi utili d’esercizio,
mediante riduzione legale del capitale, ecc.).
A ben vedere, le due finalità ora riconosciute alla
determinazione del risultato economico d’esercizio ad alla sua
appropriata interpretazione non sono in contrasto. Anzi per più
aspetti si integrano opportunamente, cosicché possono essere
concretamente perseguite mediante lo stesso bilancio.
In aggiunta ai documenti principali di cui sopra, il bilancio
d’esercizio può presentare vari allegati.
Nelle nostre società azionarie assume particolare rilievo la
relazione del consiglio d’amministrazione, volta a fornire
notizie sull’attività aziendale (ambiente esterno, ambiente
interno, produzioni e vendite dell’esercizio, nuovi investimenti
effettuati, prospettive e programmi futuri) e sul bilancio
(significato delle principali poste, criteri di valutazione adottati,
giudizio sul risultato economico d’esercizio e proposta circa la
sua destinazione). Ad essa si accompagna la relazione del
collegio sindacale, concernente più specificatamente la
regolarità di forma e contenuto del bilancio stesso, nonché della
contabilità sistemica da cui è tratto.
Altri allegati riguardano le partecipazioni di controllo e varie
possedute nel capitale di altre società ed i bilanci da queste
pubblicati.
Allegati di tipo particolare sono infine il riepilogo variazioni
capitale, riserve ed utili e il prospetto fonti ed impieghi dei
fondi. Diffusi soprattutto all’estero, sono volti a migliorare la
capacità informativa del bilancio, fornendo notizie su taluni
aspetti della gestione, come risulta dalle rispettive
denominazioni.
Il significato economico del bilancio emerge da quanto detto
sopra. Lo stato patrimoniale, il conto economico ed i vari
allegati forniscono dati e notizie di grande utilità per i diversi
soggetti interessati alla vita aziendale.
Il bilancio d’esercizio è uno strumento d’informazione
aziendale interna ed esterna. Pur nella varietà delle situazioni
concrete, il bilancio è infatti chiamato a soddisfare attese
conoscitive di molteplici parti, quali:
9
a) gli organi di governo aziendale (amministratori e
loro stretti collaboratori);
b) i detentori del capitale di rischio (azionisti o altri
titolari del capitale proprio);
c) i creditori (istituti di credito speciale ed ordinario,
obbligazionisti, fornitori a credito, ecc.);
d) i lavoratori dipendenti (e con essi le associazioni che
ne tutelano gli interessi);
e) i pubblici poteri (organi preposti al prelievo fiscale,
organi preposti al controllo politico-economico, ecc.).
f) terzi vari (clienti, fornitori in generale, operatori di
borsa, ricercatori, ecc.).
La nuova normativa civilistica in tema di bilancio d’esercizio
indica espressamente, a quali principi di ordine generale ci si
debba attenere nella redazione del bilancio stesso.
“Nella redazione di bilancio devono essere osservati i
seguenti principi:
1. la valutazione delle voci deve essere fatta secondo
prudenza e nella prospettiva della continuazione
dell’attività;
2. si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla
data di chiusura dell’esercizio;
3. si deve tener conto dei proventi e degli oneri di
competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data
d’incasso o del pagamento;
4. si deve tener conto dei rischi e delle perdite di
competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la
chiusura di questo;
5. gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci
devono essere valutati separatamente;
6. i criteri di valutazione non possono essere modificati da
un esercizio all’altro”.
Dall’esame della norma, si individuano esplicitamente cinque
principi generali:
- prudenza, ai punti 1), 2), 4);
- continuità, al punto 1);
- competenza, ai punti 3) e 4);
10
- valutazione separata degli elementi eterogenei, al punto
5);
- costa dei criteri di valutazione, al punto 6).
Ai fini di specifiche valutazioni assumono particolare
importanza soprattutto due principi:
- di prudenza: “tutte le perdite, ancorché non
definitivamente sostenute devono essere considerate in
bilancio, mentre gli utili presunti non possono essere
contabilizzati fino al momento in cui non siano
effettivamente realizzati”;
- di competenza: “si deve tener conto dei proventi e degli
oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente
dalla data dell’incasso del pagamento; si deve tener conto
dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio,
anche se conosciuti dopo la chiusura di questo.
11
Le valutazioni analitiche: materie, prodotti e
merci
Le rimanenze finali di materie, prodotti e merci figurano,
com’è noto, fra gli elementi attivi dello stato patrimoniale e, in
parallelo fra i componenti positivi del conto economico.
Anche questa classe di valori è assai ampia. In essa sono
comprese rimanenze d’esercizio che si trovano in differenti
stadi del processo produttivo, cosicché risultano espressione di
“operazioni in corso” che in sede di valutazione è bene
considerare distintamente.
Esamineremo quindi in via separata i principali problemi
valutativi riguardanti:
a) i prodotti finiti e le merci destinate alla vendita;
b) i semilavorati ed i prodotti in lavorazione (cenni);
c) le materie e le scorte varie di consumo (cenni).
Merci e prodotti finiti:
La valutazione delle rimanenze di prodotti finiti e merci
destinate a vendita procede in genere per classi merceologiche
sufficientemente omogenee, considerando in ogni caso a parte i
prodotti e le merci avariate, fuori moda ed in condizioni
particolari (obsolete) che ne rendono più o meno difficoltoso il
collocamento.
I termini di riferimento per la valutazione di tali rimanenze
sono il costo sostenuto per il loro ottenimento ed il presunto
realizzo futuro ad esso corrispondente. La maggiore o minore
incertezza dei risultati d’esercizio (per quanto ha relazione col
valore delle rimanenze) dipende sempre dalla maggiore o
12
minore incertezza dei ricavi futuri e non già dalla certezza o
incertezza dei costi passati.
Per quanto concerne il costo sostenuto, si pone anzitutto il
problema dell’individuazione della configurazione di costo più
idonea allo scopo. I costi di prodotto od altro oggetto di
riferimento non sono grandezze assolute, valide cioè per ogni
problema conoscitivo, bensì grandezze relative, che vanno
configurate diversamente secondo gli scopi.
Per la valutazione delle rimanenze finali di prodotti finiti la
configurazione più valida è quella di costo industriale pieno.
Tale configurazione comprende tutti i componenti di costo
diretti ed indiretti, fissi e variabili, concernenti le funzioni di
approvvigionamento e di fabbricazione.
Per la valutazione delle rimanenze di merci si tratterà invece
di costo di approvvigionamento pieno.
I dati di costo ora precisati si desumono dalle rilevazioni
analitiche di magazzino, opportunamente riscontrate mediante
ricognizioni di fatto. Queste rilevazioni possono avere
svolgimento autonomo, oppure possono essere inquadrate in
una più estesa “contabilità analitica”, volta alla determinazione
sistematica dei costi, ricavi e risultati per classi di prodotti e
produzioni varie .
Per i prodotti e le merci ottenuti nel corso dell’esercizio in
successive partite a costi diversi (rispettivamente diverso costo
industriale e diverso costo di approvvigionamento), sorge un
ulteriore problema in merito al “livello di costo adottabile come
base di valutazione. Le soluzioni possibili sono diverse: costo
particolare delle partite esistenti; costo medio periodo
(semplice o ponderato); costo delle partite più vecchie (criterio
LIFO dall’espressione inglese “last in first out”, con cui si
ipotizza che le ultime partite entrate siano le prime ad uscire);
costo delle partite più recenti (criterio FIFO , dall’inglese “first
in first out”, con cui si ipotizza che le prime partite entrate siano
le prime ad uscire).
Il procedimento più opportuno sarà indicato dalle concrete
circostanze. Si osservi che le norme fiscali consentono
l’adozione del procedimento del procedimento LIFO,
13
favorevole alle imprese in periodi di prezzi crescenti, in quanto
da esso discendono valutazioni di bilancio più basse.
Il secondo parametro valutativo è rappresentato dal presunto
realizzo futuro corrispondente. In generale questo valore è dato
dal ricavo che si presume di conseguire dalla vendita dei
prodotti finiti e delle merci in rimanenza, al netto dei costi di
distribuzione, di amministrazione e vari ancora da sostenere per
giungere a detta vendita ed al conseguente realizzo monetario.
Il ricavo di vendita può essere desunto in vario modo. Per i
prodotti e le merci a prezzo già concordato con il cliente (ad es.
i prodotti e le produzioni su commessa) e a prezzo fermo (ad es.
i prodotti e le merci a prezzo imposto o a prezzo fisso di
listino), la previsione è agevole. Per i prodotti e le merci a
prezzo variabile, la determinazione del presunto ricavo può
essere più o meno incerta. Si tratterà di estrapolare la serie
storica dei prezzi di vendita, alla luce delle nuove circostanze
d’azienda e di mercato. Ovviamente le incertezze aumentano
per i prodotti a smercio più lontano.
La determinazione dei costi ancora da sostenere per le stesse
rimanenze sino al loro collocamento sul mercato, ed al
conseguente realizzo monetario, presenta dal canto suo varie
difficoltà. Come accennato, si tratta di costi di distribuzione, di
amministrazione e vari, compresi quelli d’incasso dei relativi
crediti. Il problema può trovare pratica soluzione esprimendo
tali costi in percentuali medie sui ricavi di vendita, percentuali
anch’esse fissate tenendo conto dell’esperienza passata e delle
condizioni d’impresa in atto e future.
Il costo sostenuto ed il realizzo futuro corrispondente
costituiscono, per ciascuna della classe merceologica, le basi di
riferimento per il ragionamento di stima. Il confronto fra questi
due valori evidenzierà un presunto risultato positivo o negativo
dell’operazione in corso.
In caso di presunto utile (realizzo futuro maggiore del costo),
la valutazione delle rimanenze finali si presenta a varie
soluzioni:
• ciascuna classe merceologica esprime un’operazione
che in genere ha avuto inizio nell’esercizio in chiusura e troverà
conclusione nell’esercizio successivo;
14
• tale operazione comporta un investimento di capitale
via via crescente, con il graduale sostenimento dei costi relativi;
• l’utile che si presume di conseguire rappresenta
economicamente il compenso per tale investimento di capitale;
• l’utile stesso presenta un vario grado di attendibilità, in
rapporto alle incertezze e difficoltà connesse alla
determinazione dei parametri valutativi prescelti.
Tenuto conto delle finalità conoscitive proprie del bilancio
d’esercizio, in condizioni di buona attendibilità del presunto
utile derivante dall’operazione, sembra logico attribuire alle
rimanenze in questione un valore intermedio tale da ripartire
detto utile fra l’esercizio in chiusura e quello seguente, in
relazione all’entità ed alla durata dell’investimento di capitale
richiesto dall’operazione stessa in ciascun esercizio.
Per contro, in condizioni di scarsa attendibilità del presunto
utile derivante dall’operazione, è preferibile valutare le
rimanenze stesse al costo sostenuto, lasciando così l’eventuale
utile per intero all’esercizio seguente. Le incertezze e le
difficoltà riguardanti i parametri valutativi adottati, il parametro
prospettico in particolare, consigliano di procedere in questo
modo, evitando ogni “anticipazione” di ipotetici utili.
L’esame delle specifiche condizioni d’impresa e di mercato
indicherà per ciascuna classe merceologica la soluzione più
valida. Si noti che, così operando, non si applicano criteri
diversi, ma soluzioni distinte dello stesso criterio in rapporto
alle concrete circostanze. Del resto, le rimanenze di una
medesima classe merceologica possono nei successivi esercizi
rappresentare operazioni in corso aventi caratteristiche
economiche notevolmente diverse.
In caso di presunta perdita (realizzo futuro minore del
costo), il valore da attribuire ai prodotti finiti ed alle merci di
cui si tratta è rappresentato dal realizzo futuro diminuito come
precisato. Così facendo, il presunto risultato negativo
dell’operazione graverà per intero sull’esercizio in chiusura, il
che appare perfettamente in linea con gli scopi del bilancio.
Ciò che porta a valutare distinte categorie di rimanenze al
“costo”, salvo che questo non sia superiore al presunto valore di
15
realizzo delle rimanenze stesse, quale sicura guida potrebbe
offrire quando le rimanenze fossero costituite di prodotti
ottenuti a costi congiunti e negoziati a prezzi connessi?
Relativamente a questi prodotti la valutazione a “costo” è
palesemente inattuabile o non potrebbe essere effettuata che in
guisa assolutamente arbitraria.
La congiunzione dei costi sembra ignorata o trascurata da
quanti opinano che il costo abbia a costituire base “normale”,
“prudente” e “no arbitraria” di valutazione delle rimanenze.
Eppure non può neanche dirsi che il fenomeno dei costi
congiunti abbia manifestazioni rare nell’economia delle
imprese.
Semilavorati e prodotti in lavorazione
Anche per le rimanenze di semilavorati e di prodotti vari in
corso di lavorazione è opportuno effettuare valutazioni
analitiche per classi sufficientemente omogenee.
I parametri di valutazione più significativi sono il costo
sostenuto per l’ottenimento di tali beni ed il presunto realizzo
futuro ad esso corrispondente.
Materie e scorte di consumo
Anche per le rimanenze di materie prime e sussidiarie e di
scorte varie di consumo sono applicabili la distinzioni in classi
merceologiche, di costo sostenuto e realizzo futuro
corrispondente, quali beni di valutazione, ecc.
La configurazione di costo adottabile sarà quella di costo di approvvigionamento
pieno. Le soluzioni possibili saranno quelle analoghe per le rimanenze di prodotti finiti e
merci ovvero costo particolare, costo medio, costo LIFO, costo FIFO, ecc.