15
PREFAZIONE
Lo scopo della tesi è quello di valutare la sostenibilità finanziaria di una Società che
gestisce il servizio idrico integrato. Lo studio si basa su uno schema di lavoro proposto
dall’Ocse, e consiste nell’analizzare se il gestore è in grado di ottenere i flussi di cassa
necessari per riprodurre nel lungo periodo le infrastrutture fisiche. La sostenibilità
finanziaria permette di ottenere l’equità intergenerazionale, intesa come la capacità della
generazione corrente di riprodurre sia il capitale, sia le infrastrutture fisiche, per la
generazione successiva.
Il primo capitolo tratterà le caratteristiche economiche che identificano il settore
idrico-sanitario e la risorsa idrica, dando qualche breve accenno alle recenti tendenze di
privatizzazione.
L’argomento risulta particolarmente attuale, data l’emanazione delle direttive europee,
improntate sul principio di copertura dei costi totali, di efficienza economica e di utilizzo
sostenibile della risorsa, che verranno esposte nel capitolo due. Quest’ultimo si
concentrerà anche sull’assetto regolatorio del settore idrico fornendo qualche esempio dei
modelli gestionali europei.
Il terzo capitolo analizzerà le trasformazioni avvenute in Italia negli ultimi 15 anni,
con riferimento alla legge Galli e al d.lgs. 152/2006, e allo stato di attuazione della
riforma.
Il quarto capitolo introduce il concetto di sostenibilità finanziaria ed espone il metodo
di studio proposto dall’Ocse. Evidenzierà inoltre le principali criticità del settore italiano
in merito alla sostenibilità.
La sostenibilità finanziaria è connessa al bisogno di assicurare dei flussi finanziari
stabili per i prossimi investimenti. Al fine di garantire il mantenimento ed il rinnovo delle
infrastrutture, l’analisi dei meccanismi tariffari come fonti principali di reddito per il
16
gestore e delle modalità di finanziamento degli investimenti sarà approfondita nel quinto
capitolo.
Infine, il sesto capitolo esporrà l’argomento principale.
17
PRIMO CAPITOLO
PECULIARITA’ DEL SETTORE
IDRICO
1.1 INTRODUZIONE
L'acqua rappresenta una delle risorse fondamentali e basilari della vita e ne costituisce
il supporto, in sostanza, per tutte le attività umane.
Essa rientra a pieno titolo nella categoria di “beni pubblici” e di “beni meritori”.
Il settore idrico, fin dai tempi di Adam Smith, è stato considerato un caso eccezionale,
rispetto alla teoria della “mano invisibile” e alla regola di superiorità dei modelli
concorrenziali, a causa dei numerosi “fallimenti del mercato”.
Furono i privati nell’ottocento a realizzare per primi i sistemi di distribuzione a
domicilio nelle aree urbane. La crescita della città si accompagnò a esigenze
igienico ‐sanitarie che chiedevano la connessione universale al servizio, e il costo per
l’estensione del sistema a tutta la popolazione divenne troppo oneroso per alcune classi
sociali, rivelandosi ben presto non sostenibile economicamente.
Tra l’ottocento e il novecento, dagli Usa all’Europa, il sistema passa così in mani
pubbliche, le autorità municipali gestiscono direttamente il servizio, finanziate dalla
tassazione generale. In tempi più recenti, tale modello conosce però una crisi (Massarutto,
2009a).
18
Storicamente, l’acqua ha da sempre influenzato gli insediamenti umani: essa doveva
essere abbastanza vicina da poter garantire l’approvvigionamento idrico, l’irrigazione e lo
smaltimento dei residui antropici, e l’utilizzo come via di comunicazione; ma anche
abbastanza lontana da consentire la protezione da eventuali inondazioni, il riparo da
influenze negative derivanti da acque stagnanti o da contaminazioni dei rifiuti alla
sorgente d’acqua potabile.
Ogni comunità umana deve ricercare un compromesso tra le varie esigenze, specie in
questo momento, dove l’aumento dei livelli di vita, la concentrazione delle attività in aree
urbane e lo sviluppo di attività produttive rendono il tutto più difficile e più costoso
(Massarutto, 2008a).
1.2 L'ACQUA: UNA RISORSA SCARSA
L'acqua è posta, dalla teoria economica, all'interno di quella categoria di beni
denominati: “risorse rinnovabili”. Essa s’inserisce in un ciclo naturale che non modifica la
quantità complessivamente presente sulla Terra, ma ne trasforma costantemente la
posizione, lo stato fisico (gassoso, liquido o solido) e quindi la disponibilità locale.
Non si parla di consumo d'acqua in senso proprio, poiché qualsiasi utilizzo implica la
restituzione all'ambiente. Ciò è rilevante semmai a livello locale, o con riferimento agli
usi cui essa è destinata. Ciò nonostante, la pressione di molteplici usi sulla risorsa e il suo
peggioramento qualitativo, rendono l'acqua un bene scarso (Massarutto, 1993).
Si possono individuare differenti indicatori quantitativi della scarsità del bene. Da
quello basato sul concetto di “water barrier”, che considera la disponibilità pro capite e la
sua evoluzione temporale rispetto alla dinamica della popolazione; all’indicatore
“use/resource ratio”, che mette a confronto il flusso di risorsa rinnovabile disponibile e la
pressione rappresentata dagli usi dissipativi e dalla loro dinamica; o, ancora, quello che
stima il rapporto fra risorse provenienti da altri Paesi e risorse totali, per identificare la
vulnerabilità di certi Paesi al comportamento di quelli situati a monte.
Con riferimento agli aspetti quantitativi e a titolo puramente esemplificativo, nella
tabella 1.1 sono messi a confronto alcuni indicatori di “water stress”: in scala planetaria,
le risorse disponibili (ovvero, il deflusso annuo effettivo) superano largamente quelle
utilizzate.
19
Tabella 1.1: Indicatori di stress idrico in scala continentale
Deflusso effettivo pro-capite Risorse utilizzate / risorse
disponibili
m
3
Livello di stress % Livello di stress
Mondo
7.750 Nessuno 8% Basso
Africa
5.960 Nessuno 6% Basso
Africa centrale 20.587 Nessuno 0% Basso
Africa orientale 1.211 Moderato 5% Basso
Africa settentrionale 442 Molto elevato 173% Elevato
Africa meridionale 3.471 Nessuno 5% Basso
Africa occidentale 4.441 Nessuno 3% Basso
Africa sud-orientale 17.607 Nessuno 5% Basso
Asia + Pacifico
3.690 Molto elevato 18% Moderato
Australia e N.Zelanda
35.015 Nessuno 3% Basso
Asia centrale 3.597 Nessuno 69% Elevato
Asia orientale 2.270 Nessuno 22% Medio
Asia meridionale 1.314 Moderato 54% Elevato
Sud-Est Asia 10.594 Nessuno 6% Basso
Resto Oceania 127.066 Nessuno 0% Basso
Europa
601 Elevato 7% Elevato
Europa centrale 2.962 Nessuno 20% Moderato
Europa orientale 20.020 Nessuno 3% Basso
Europa occidentale 4.588 Nessuno 13% Moderato
America Latina
404 Molto elevato 2% Basso
Caraibi 2.532 Nessuno 17% Moderato
America centrale 7.842 Nessuno 8% Basso
America Sud 34.646 Nessuno 1% Basso
Medio Oriente
885 Elevato 185% Elevato
Penisola araba 147 Molto elevato 397% Elevato
Resto Medio Oriente 894 Elevato 151% Elevato
America del Nord
19500 Nessuno 9% Basso
Disponibilità: >1700: nessuno; 1000-1700: moderato; 500-1000: elevato; < 500: molto elevato.
Usi/risorse: 0-10%: basso; 10-20%: moderato; 20-40%: medio; > 40%: elevato
(Fonte: De Carli et al., 2003)
La stessa cosa si può dire se si sposta l’attenzione verso scale territoriali più piccole,
anche se alcune aree (ad es. il Medio Oriente e l’America Latina) evidenziano
disponibilità pro-capite critica e un’elevata intensità di utilizzo, con (nel caso del Medio
Oriente) evidente sovra-utilizzo delle risorse e ricorso a tecnologie non convenzionali
come la dissalazione.
20
Gli scenari futuri non sono certo incoraggianti. I cambiamenti climatici e l'eccesso
nell'utilizzo della risorsa provocheranno un forte stress idrico per una persona su due
entro il 2030 secondo le stime dell’Ocse.
Le famiglie, l'industria e l'agricoltura saranno sempre più in concorrenza per l'acqua
(grafico 1.1), rimanendo ben poco per la sostenibilità dell'ecosistema.
Dal grafico sottostante, emerge come l’utilizzo dell’acqua per irrigazione abbia una
netta prevalenza (con un assorbimento di circa i due terzi del totale): questo fenomeno è il
risultato di oltre un secolo d’interventi a sostegno dell’agricoltura. Tuttavia, in tempi più
recenti, la consapevolezza della scarsità della risorsa ha suggerito l’adozione d’interventi
d’incentivazione di quelle colture che sono più in linea con le condizioni idrogeologiche e
climatiche dello specifico territorio (Amato, 2008a).
Grafico 1.1: Usi mondiali dell’acqua, divisi per settore (anni 2000-2050)
Fonte: (Oecd.org)
1.3 CARATTERISTICHE DI BENE PUBBLICO
La teoria economica definisce pubblico un bene (o servizio) che non è consumato
singolarmente, ma collettivamente da un gruppo di consumatori; all'interno di questo
settore si collocano le infrastrutture idriche e fognarie (Massarutto, 1993).
La definizione economica di bene pubblico risale alle caratteristiche di non rivalità
(non vi sono costi aggiuntivi per un nuovo consumatore del bene), e di non escludibilità
Agricoltura
Usi civili
Energia
Usi industriali
0
500
1.000
1.500
2.000
2.500
3.000
3.500
4.000
4.500
5.000
5.500
6.000
6.500
7.000
2000 2005 2010 2015 2020 2025 2030 2035 2040 2045 2050
Usi dell'acqua (Km
3
)
Anni
21
(è impossibile o eccessivamente costoso impedire a chi non paga di usufruire del bene).
Nel caso dell’acqua, dimensioni di bene pubblico sono presenti nella protezione delle
piene, nel drenaggio delle acque piovane, negli aspetti igienico-sanitari, nella protezione
del paesaggio, ecc. (Fazioli, 2007).
L'inefficienza del mercato è dovuta al fatto che nessun consumatore ha interesse a
rilevare la propria domanda (e la conseguente disponibilità a pagare), poiché conta sul
fatto che altri provvedano in sua vece, in modo tale che il livello complessivo di domanda
spontaneo sul mercato sia inferiore al livello socialmente ottimale (problema del free-
riding).
L'acqua presenta inoltre un'altra importante caratteristica: quella di essere un bene
meritorio. Rientrano in tale categoria quei consumi che, pur non richiesti dai singoli sul
mercato la società ritiene “meritorio” incoraggiare per ragioni di tipo politico
(Massarutto, 1993). Tali dimensioni sono legate alla natura di “bene essenziale” e alle
esigenze di accessibilità della risorsa (Fazioli, 2007).
Un uso improprio della risorsa determina ciò che in economia sono chiamati “costi
esterni” o “esternalità negative”, ossia quei costi che l’attività di alcuni soggetti scaricano
su altri, senza che per questo avvenga una contropartita monetaria. Vi rientrano, ad
esempio, la possibilità di scaricare inquinanti nel corpo idrico. Un’inefficiente allocazione
delle risorse ambientali avviene poiché le risorse sono utilizzate in regime di libero
accesso. È evidente quindi l’importanza dei meccanismi di allocazione della risorsa.
(Massarutto, 1993).
1.4 METODI D'ALLOCAZIONE DELLA RISORSA
L'acqua è una risorsa limitata e deve essere allocata nel modo più efficiente per
l’intera società. L'esperienza ha dimostrato che gli stessi benefici possono essere ottenuti
mediante quantità inferiori di materia prima, ma con tecnologie innovative. Pertanto, in
alcune circostanze, può essere meno costoso riparare delle perdite idriche che costruire
una nuova diga, oppure è preferibile abbandonare quelle attività con un basso valore
aggiunto derivanti dall'estrazione d'acqua.
Lo scopo nella gestione delle risorse idriche è quello di garantire la migliore
allocazione della risorsa tra usi concorrenti e di salvaguardarne lo stato dallo spreco e
dall'inquinamento (Oecd, 2010).
22
Vi sono vari meccanismi di allocazione della risorsa tra i diversi usi.
Un meccanismo utilizzato in passato è quello dell’anarchia: la risorsa è di tutti e
ognuno ne dispone a suo piacimento. Tuttavia, il criterio della legge del più forte, valido
nell’antichità, non è ora applicabile nei moderni sistemi democratico-occidentali. Altro
criterio, utilizzato in passato negli Usa ai tempi del Far West, è quello della “prior
appropriation” (il diritto di chi arriva per primo), che nonostante l’iniquità del principio,
ha tuttavia una sua validità, come si riscontra nell’ordinamento italiano nella tutela degli
usi che si sono affermati nel tempo.
Altro meccanismo, tipico dei paesi preindustriali e ancora presente nei paesi in via di
sviluppo, è quello dei diritti ripari; in altre parole, l’uso della risorsa da parte del
proprietario di un fondo rientra all’interno di un sistema di norme che garantisce anche gli
altri.
In seguito alla rivoluzione industriale, nuove esigenze si sono affermate:
dall’approvvigionamento urbano, alla produzione di energia, alla messa in sicurezza degli
abitanti, all’irrigazione intensiva. Le regole consuetudinarie non poterono più bastare, ed
è per tale motivo che lo Stato tutela e amministra la risorsa nell’interesse generale. Il
principio cardine secondo il quale l’acqua è un bene collettivo, è consolidato; altri invece
sono i criteri ai quali lo Stato deve ispirarsi per prendere decisioni:
Il principio di equità, secondo il quale la risorsa va allocata equamente tra
usi concorrenti (un po’ per ciascuno), secondo consuetudini radicate nel
tempo e meccanismi di controllo sociale costituiti dalla società.
1
Nonostante
i criteri di giustizia e solidarietà, tale meccanismo lascia da parte il principio
di efficienza: potrebbero sussistere, ad esempio, impieghi poco produttivi o
sprechi della risorsa.
Il principio economico, secondo il quale la risorsa va allocata a chi è
disposto a pagarla di più. Se da un lato assicura che il valore ricavato
dall’uso della risorsa sarà quello massimo, dall’altro sono esclusi oltre agli
usi meno efficienti, anche chi non ha le disponibilità economiche sufficienti,
e ciò in ovvio contrasto con il principio secondo cui l’acqua è anche un
diritto che va garantito a tutti, a prescindere dal reddito.
Il principio politico, secondo il quale è lo Stato che stabilisce delle regole e
arbitra gli eventuali conflitti. Il difetto di tale criterio risiede nel fatto che
1
In Europa tale criterio viene applicato nel settore agricolo, dove la dotazione di irrigazione tra i
diversi consociati è ripartita in base ai “millesimi” posseduti (Massarutto, 2008a).
23
anche lo Stato è un soggetto imperfetto, le cui decisioni prese potrebbero
essere viziate e distorte in ogni modo. E’ quest’ultimo criterio a prevalere in
Europa.
Ogni metodo ha una sua validità, e la scelta dipende da chi deve prendere le decisioni
e dai principi che la guidano. Tuttavia la scelta di un solo principio sicuramente non è la
migliore (Massarutto, 2008a).
1.5 IL SERVIZIO IDRICO: UN CLASSICO ESEMPIO DI MONOPOLIO
NATURALE
Il servizio idrico è un caso tipico di monopolio naturale. Una configurazione
industriale è tale se il numero ottimale d’imprese sul mercato è uno.
Considerando, infatti, come elementi del ciclo idrico la captazione, la purificazione e
depurazione a monte, il trasporto, la distribuzione al dettaglio, lo smaltimento delle acque
reflue e la depurazione, è evidente come tali fasi e servizi connessi non siano gestibili in
condizioni di concorrenza tra diversi soggetti (Malaman, 1995).
Quando le caratteristiche di monopolio naturale si applicano solo ad aree delimitate
geograficamente e non all’intero mercato a livello nazionale, allora si parla di monopolio
naturale locale, peculiarità di alcune public utility, tra cui l'acqua.
Il monopolio naturale si manifesta quando nell'intervallo di produzione rilevante la
funzione di costo è subadditiva, in altre parole i costi sostenuti da una sola impresa nel
produrre l'intera quantità domandata sono inferiori a quelli che sosterebbero due o più
imprese contemporaneamente presenti sul mercato. Ciò è dovuto principalmente alla
presenza delle infrastrutture idriche e fognarie, i cui costi sono elevati, e costituiscono una
fetta elevata dei costi totali (Amato et al., 2005).
La duplicazione degli impianti, anche se tecnicamente possibile, è economicamente
impossibile da realizzare a causa dell’enorme volume di costi fissi e dalla lunghissima
durata utile degli investimenti.
La concorrenza tra soggetti differenti che utilizzano gli stessi impianti fissi non appare
nemmeno immaginabile, a differenza di quanto avviene per gli altri servizi di pubblica
utilità, nel campo delle comunicazioni e dell’energia (Malaman, 1995).
24
L’evidenza empirica internazionale, mostra l’esistenza di classiche curve di costo ad
U, con economie di scala a basse unità di output, e diseconomie a livelli elevati di output,
confermando che l’industria idrica è un monopolio naturale locale.
La realtà internazionale mostra quanto sia difficile determinare esattamente la
dimensione efficiente di monopolio locale, sebbene, a una prima approssimazione, gli
studi econometrici mostrano una dimensione efficiente delle imprese di dimensioni medie
che coprono intuitivamente la superficie di una provincia media. A tal proposito la tabella
seguente evidenzia i vantaggi e gli svantaggi derivanti dalla crescita dimensionale
dell’impresa.
Tabella 1.2 Svantaggi e benefici della crescita dimensionale dell’impresa idrica
Benefici Svantaggi
Facilita l’accesso alle risorse idriche in
zone scarsamente dotate
Comporta un certo distacco con gli utenti,
indebolisce la responsabilità, rende più difficoltosa
l’erogazione di servizi a misura del cliente
Economie di scala nel dimensionamento
delle infrastrutture, nel caso di città
adiacenti
Richiede la volontà politica d’aggregazione a livello
locale, se è l’ente locale il responsabile del servizio
Economie di scala nella gestione Limita gli incentivi alla concorrenza diretta o
comparativa
Economie di scopo nella condivisione dei
costi elevati
Esistono problemi di sussidiazione incrociata
Facilita l’accesso ai finanziamenti privati
Permette l’ottenimento di sussidi
incrociati tra aree povere e ricche
(Fonte: Worldbank, 2006)
L’esistenza di economie di scala non è l’unica variabile rilevante ai fini della
definizione della struttura ottimale dell’industria idrica: questioni legati alle economie
d’integrazione verticale
2
e alle economie di scopo
3
giocano un ruolo centrale.
2
Per economie di integrazione verticale si intende la possibilità di riduzione nei costi medi di
produzione di un dato servizio (es. distribuzione d'acqua) nel caso in cui l'ente che lo produce, produca
anche uno o più altri servizi (raccolta d'acque reflue) verticalmente correlati al primo servizio (Malaman,
1995)
3
Per economia di scopo si intende il risparmio derivante dalla produzione congiunta di prodotti
diversi o con il perseguimento di obiettivi diversi con i medesimi fattori produttivi (stesse risorse, stessi
impianti, stesso know-how)
25
Modelli di economie d’integrazione verticale comportano dei risparmi di costo, dovuti
a integrazioni tra imprese che operano a monte o a valle (ciò si traduce ad esempio
nell’integrazione verticale tra la fase a monte di estrazione e trattamento e la fase a valle
di trasporto idrico). L’esistenza di economie d’integrazione verticale dipende
principalmente dalle caratteristiche degli input e degli output e dalla tecnologia di
produzione da un lato, dalle asimmetrie informative dall’altro
4
. Mediante l’integrazione
verticale, le imprese possono ottenere risparmi di costi condividendo gli stessi costi
d’input, come i costi di pompaggio, oppure internalizzando i costi di transazione
5
(tuttavia
l'evidenza econometrica è insufficiente per quanto riguarda l'esistenza di economie
d’integrazione verticale).
Alcuni economisti ritengono che esempi di economie di scopo possano derivare dalla
produzione congiunta dei servizi idrici e fognari: entrambe le attività di trasporto idrico e
fognario sono operazioni di rete, per cui l’esperienza ottenuta in un settore facilita la
gestione dell’altro; inoltre la fornitura congiunta può permettere d’internalizzare alcune
esternalità che altrimenti non avverrebbero
6
(sebbene l'evidenza empirica non sia
sufficiente a dare un giudizio generale sull’esistenza di economie di scala derivanti dalla
produzione congiunta). Nemmeno a livello internazionale v’è una certa omogeneità:
nell’area inglese vi sono poche, grandi imprese verticalmente integrate, mentre in Francia
alcune grandi imprese integrate coesistono con altre piccole e frammentate; anche in Italia
il settore è largamente frammentato e con poche integrazioni, sebbene la legge Galli abbia
introdotto l’adozione di strutture integrate verticalmente.
Economie di scopo possono derivare anche da attività come la commercializzazione o
il marketing.
Il servizio idrico è offerto a due categorie di clienti principali: utenti domestici e
industriali. Gli utenti sono caratterizzati da differenti elasticità della domanda e implicano
costi differenti: da un lato i maggiori volumi d’acqua consumati dagli utenti industriali,
dall’altro la maggior lunghezza della rete di distribuzione (e le perdite di acqua associate)
necessaria per fornire lo stesso output agli utenti domestici. Pertanto, sembra essere più
corretto trattarli distintamente, ognuno con le sue caratteristiche di domanda e di costo.
4
Maggiori sono le asimmetrie di informazione, e meno efficiente è l’utilizzo di prezzi di mercato
come meccanismo di allocazione delle risorse e più desiderabile "interiorizzare" le operazioni all'interno di
una singola impresa.
5
I costi di transazione sono quei costi, quantificabili o meno, che nascono quando nasce l' "ipotesi"
di uno scambio, ed indicano sia lo sforzo dei contraenti per arrivare ad un accordo, sia - una volta che
l'accordo sia stato raggiunto - i costi che insorgono per fare rispettare quanto stabilito
6
Ad esempio, nel caso in cui un’impresa scarichi residui fognari a monte, con l’integrazione
verticale l’esternalità viene internalizzata.
26
La questione delle economie di scopo tra usi residenziali e non residenziali, e il grado
associato di economie di scala, è stato affrontato da Kim e Clark. Secondo costoro,
esistono economie di scopo, in altre parole la produzione congiunta consente di
risparmiare il 17% di costo che avrebbe caratterizzato la produzione separata (Amato et
al., 2005).
1.6 I COSTI DELLE IMPRESE IDRICHE
I costi delle imprese idriche sono molto eterogenei, dovuti principalmente a:
Fattori geografici e climatici, quali: la presenza di acque superficiali e falde
sotterranee (le prime maggiormente costose da trattare ma in genere vicine al
punto di consumo), la presenza di colline o montagne (l’orografia favorevole
consente di sfruttare la forza di gravità per pompare l’acqua nelle tubature)
(Amato et al., 2005), la regolarità nella distribuzione geografica e temporale
della disponibilità delle risorse (Massarutto, 1993),
Aspetti demografici, quali: la densità di popolazione (in un'area densamente
popolata è possibile fornire lo stesso numero di persone ma con costi di
distribuzione minori, tuttavia la maggiore densità comporta la necessità di
costruire più idranti), la presenza di turismo (e dei relativi problemi di picchi
di domanda)
Aspetti qualitativi delle acque, per i costi di trattamento e di purificazione,
che dipendono dalle caratteristiche dell'area di bacino e dall'inquinamento
(Amato et al., 2005).
1.7 LA DOMANDA D’ACQUA
Il settore idrico presenta alcune importanti caratteristiche anche dal lato della
domanda. Infatti, la domanda idrica, specialmente quella privata, è inelastica al prezzo, in
altre parole piccoli cambiamenti di prezzo hanno limitate conseguenze sulla domanda.
Esistono inoltre differenti elasticità di prezzo per gli utenti domestici e industriali.
E' noto dalla teoria dei prezzi di monopolio che la perdita di benessere per i
consumatori è elevata, perché, a differenza di quanto accade in un mercato
27
concorrenziale, i consumatori non sono in grado di soddisfare la loro domanda
acquistando altri prodotti né riducendo il consumo di acqua.
Per tale motivo, il settore deve rimanere in mani pubbliche, altrimenti va assoggettato
a rigorose regolamentazioni tariffarie. La domanda industriale è invece più sensibile ai
cambiamenti di prezzo, l'evidenza empirica dimostra addirittura anche elasticità negative,
che dipendono dal tipo di settore (Amato et al., 2005).
1.8 PRIV ATIZZAZIONE E LIBERALIZZAZIONE DEL SETTORE
Nell’Europa ottocentesca, la rivoluzione industriale portò a una fuga massiccia di
diseredati che arrivavano in città in cerca di lavoro. La borghesia cittadina capì che, nel
suo interesse, doveva garantire condizioni di vita minimamente accettabili. Fu così che si
realizzarono infrastrutture idriche, reti energetiche, sistemi di trasporto, case per i poveri,
ecc... il tutto a spese della fiscalità generale (e a quei tempi le tasse le pagavano solo i
benestanti) (Massarutto, 2008a).
E’ necessario tener conto della valenza del “capitale artificiale”: in assenza
d’intervento umano, l’acqua sarebbe disponibile in luoghi e momenti diversi dai
fabbisogni della domanda; le infrastrutture rendono disponibili maggiori quantità d’acqua
e con maggior continuità, favorendo l’insediamento umano (De Carli et al., 2003).
Come ben osserva Bernard Barraqué, la risorsa scarsa non è l’acqua, ma il denaro.
Denaro che non poteva che esser fornito dallo Stato, giacché l’industria idrica fornisce
“opere pubbliche”, caratterizzate dalla dominanza di costi fissi, da elevati fabbisogni
d’investimento iniziale e da una vita utile pluridecennale (Drusiani et al., 2004).
E’ solo quasi dopo un secolo che tale modello si rivela bisognoso di adattamenti,
trasferendo il peso dalla finanza pubblica alle tariffe. L’enfasi si sposta cioè dall’”opera
pubblica” alla “gestione del servizio”. Da un lato il bilancio pubblico è gravato da altre
spese più ingenti, dall’altro, l’efficienza della gestione diventa prioritaria rispetto alla
realizzazione della rete (Massarutto, 2008a).
Gli anni 90 sono quelli delle principali liberalizzazioni e privatizzazioni. Le direttive
europee furono improntate per ridurre il coinvolgimento dei governi nazionali e avviare le
liberalizzazioni delle utility a rete. Il trend ha portato alla liberalizzazione di settori a rete
come: il gas, l'elettricità, le telecomunicazioni, ma anche il servizio ferroviario e postale.
Tuttavia, il settore idrico è stato finora largamente immune dalla liberalizzazione.