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1. INTRODUZIONE
Il notevole sviluppo che negli ultimi decenni è stato conseguito
tramite il continuo progresso scientifico atto alle innovazioni delle tecniche
produttive ha contribuito allo sfruttamento dei sistemi naturali ed agrari e le
loro risorse sono state nel tempo ampiamente utilizzate ed abusate.
Questo sfruttamento coinvolge anche il settore primario attraverso l’estesa
intensivizzazione operata dai Paesi più sviluppati. Il fenomeno ha
contribuito positivamente ad una vasta progressione dei sistemi produttivi
e socio-economici necessari per contrastare l’incessante aumento della
richiesta alimentare dovuta all’innalzamento demografico della Terra. Di
contro ha anche causato rilevanti cambiamenti ecologici ed ambientali
negli ecosistemi naturali. In riferimento alla sola produzione agricola, i
problemi ambientali legati ad essa sono numerosi e relegano la nostra
civiltà come la maggiore (o meglio la sola) responsabile di questo
depauperamento, e ci obbligano a trovare i migliori metodi per la
risoluzione delle problematiche ambientali. Le questioni legate all’erosione
del suolo, la salinificazione, la desertificazione e la carenza idrica sono
solo alcuni dei fenomeni più comuni negli ultimi anni e non è escluso che
nei prossimi se ne possano aggiungere altri.
Da queste valutazioni sorge il problema della sostenibilità
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dei
sistemi agrari. Sostenibilità intesa come “possibilità di operare in sistemi
produttivi moderni con una ragionevole capacità produttiva (quindi
sostenibile), mantenendosi in limiti altrettanto ragionevoli di tutela e
protezione degli ecosistemi (allo stesso modo sostenibili), siano essi
naturali o agrari”. E’ possibile distinguere tre diversi aspetti della
sostenibilità in rapporto al suo campo di applicazione: quella ambientale,
quella sociale e quella economica (Goodland, 1995). La prima si basa
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La sostenibilità ambientale è intesa dalla maggior parte della letteratura in materia così come è
stata definita dalla Commissione Bruntland (Commissione Mondiale per l’Ambiente e lo
Sviluppo, 1987), ossia: “…una forma di sviluppo sostenibile che va incontro alle necessità di
oggi attraverso compromessi con le future generazioni che dovranno avere il diritto di soddisfare
le loro”.
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principalmente sui rapporti che legano il comparto ambientale con le
attività antropiche. La seconda riguarda soprattutto i legami con la società
e la popolazione mentre la terza, gli aspetti correlati al normale
sostentamento economico che ogni comparto produttivo richiede.
Naturalmente, i tre aspetti non possono essere nettamente suddivisibili in
un’ipotetica valutazione della sostenibilità poiché sono strettamente legati
l’uno all’altro. Come facilmente intuibile, tuttavia, questo lavoro si baserà
sull’esclusiva analisi della sostenibilità ambientale, definita come
“mantenimento dell’ecosistema globale (capitale naturale), e, nello stesso
tempo, associando ad esso un adeguato equilibrio tra le fonti in entrata dei
processi produttivi antropici e l’accumulo delle sostanze in uscita (ossia i
rifiuti)” (Goodland, 1995). Il ruolo dell’agro-ecosistema appare così
fondamentale ai fini di questo studio. Considerato come “un ecosistema
costituito da numerose popolazioni di diversi organismi che interagiscono
l’uno con l’altro, con l’ambiente, ma anche con i fattori antropici” (Borin,
1999), esso costituisce la base per ogni altro approccio di analisi.
L’equilibrio tra questi sistemi è così oggi gestito dall’uomo, in riferimento
all’incremento della crescita dello sviluppo economico in rapporto alle
specie animali e vegetali. Nei recenti anni sono in questo modo da più
parte giunte sollecitazioni alla Comunità Scientifica per ottenere maggiori
informazioni a riguardo e per poter stabilire tecniche che associno un
adeguato rendimento produttivo ad un più sostenibile impatto ambientale.
In questo studio, l’applicazione di modelli, indicatori ed indici agro-
ambientali possono aiutare sia studiosi e operatori che hanno compiti
diretti e non in campo, ma anche, più in generale, tutte le persone che
sono sensibili a questa questione. Gli indicatori possono allora essere
definiti come “variabili sintetiche di surrogazione di altre variabili altrimenti
difficili da determinare” (Bocchi, 2003). Sono in pratica dei valori concisi in
grado di schematizzare una situazione che, altrimenti, sarebbe più difficile
da valutare. Diventano quindi degli importanti strumenti che possono
svolgere un’utile funzione di “termometro ecologico”, per poter
comprendere lo stato di salute ambientale, e per aiutare nell’adozione di
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nuove strategie di gestione del territorio. Possono così giocare un ruolo
fondamentale per fornire strutture e metodi per la valutazione degli agro-
ecosistemi ed i loro effetti sull’ambiente. Sono in grado inoltre di
provvedere alle conoscenze utili a migliorare la comprensione dei processi
antropologici e gli impatti degli stessi sul comparto. L’approccio di questi
metodi consente di trattare il problema della sostenibilità attraverso analisi
multidisciplinari che danno la possibilità di trovare valutazioni sotto vari
punti di vista e quindi anche di cercare la migliore soluzione ottenibile. In
particolare, sono quattro gli ambiti più trattati da tali indicatori: sociale,
economico, ambientale ed istituzionale.
Un primo riconoscimento al ruolo degli indicatori venne dal Summit
Internazionale sulla Terra del 1992
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, quando contribuirono a fornire
dettagliate informazioni riguardo la sostenibilità. Da quel momento la
funzione giocata dagli indicatori ha avuto un’importanza sempre maggiore,
rendendo più evidente agli occhi della popolazione mondiale (oltre che a
tutte quelle istituzioni che hanno un ruolo decisionale nell’ambito di
politiche ambientali) l’importante funzione ecologica (oltre che produttiva)
esercitata dal settore primario per la conservazione e la tutela delle risorse
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Il “Summit della Terra” è il nome con cui è meglio nota la “United Nations Conference on
Environment and Development” (UNCED, in italiano Conferenza sull'Ambiente e lo Sviluppo
delle Nazioni Unite). Tenutasi a Rio de Janeiro nel giugno del 1992 è la prima conferenza in
questo senso, senza precedenti in termini di impatto e scopo che l'aveva mossa. Vi parteciparono
172 governi e 108 capi di Stato o del Governo, 2.400 rappresentanti di organizzazioni non
governative e oltre 17.000 persone aderirono al NGO Forum. I problemi che furono trattati sono:
lo scrutinio sistematico dei modelli di produzione, le risorse di energia alternativa per
rimpiazzare l'abuso di combustibile fossile, un quadro sui sistemi di pubblico trasporto con il
fine di ridurre le emissioni dei veicoli, la congestione nelle grandi città e i problemi di salute
causati dallo smog, la crescente scarsità di acqua. Un importante risultato della conferenza fu un
accordo sulla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che a sua volta
portò alla stesura del protocollo di Kyoto. La Conferenza di Rio si concluse nei seguenti
documenti ufficiali: Dichiarazione di Rio sull'ambiente e sullo sviluppo, Agenda 21,
Convenzione sulla Diversità Biologica, Principi sulle foreste, Convenzione sul cambiamento
climatico.
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ambientali. Un’importante citazione compare nell'Agenda 21
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dove sono
specificate direttive rivolte a governanti e non, attraverso le quali sono
invitati ad identificare gli indicatori che meglio possono fornire basi solide
per l’applicazione di decisioni, a tutti i livelli. Questi indicatori, denominati
come ISD’s
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(Indicatori di sviluppo sostenibile), sono diventati da quel
momento degli importanti strumenti che possono aiutare nell’obiettivo
intraprendere i migliori provvedimenti a tutela del territorio. Tutto ciò è poi
stato favorito dal notevole aumento della mole dei dati nel corso degli
anni, ed il ricorso a sempre nuovi sistemi di elaborazione degli stessi che
hanno permesso di migliorare la qualità dell’analisi, la pianificazione, la
gestione, il monitoraggio e la valutazione dei sistemi agricoli. Il loro ruolo
all’interno dell’Unione Europea ha rivestito una sempre maggiore
importanza applicativa con notevoli risvolti nei campi dell’erogazione dei
fondi e degli incentivi aziendali; ed in futuro, è prospettabile un incremento
di interesse da parte degli organismi che legiferano in campo ambientale.
La letteratura in materia fornisce numerose possibilità di applicazioni
pratiche nei diversi piani di studio; infatti, i vari modelli o indicatori sono
innumerevoli, anche se l’eterogeneità delle situazioni a cui ci si può dover
far fronte causa molto spesso problematiche non trascurabili. Perciò, è di
estrema necessità che si abbia la possibilità da parte dell’operatore di
poter lavorare nella maggior ampiezza di studio possibile, ma attraverso
rapide ed efficaci sintesi, che permettano di dare valutazioni nel più breve
tempo impiegabile, in modo di avere la possibilità di fare raffronti
ravvicinati nel tempo e nello spazio, mantenendo tuttavia un’elevata
qualità dello studio (Bocchi). Col passare degli anni, si è così venuto a
creare il bisogno di ottenere uno strumento che possa essere in grado di
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Agenda 21 è un programma delle Nazioni Unite (elaborato durante il Summit Internazionale
sulla Terra del 1992) dedicato allo sviluppo sostenibile: consiste in una pianificazione completa
delle azioni da intraprendere, a livello mondiale, nazionale e locale dalle organizzazioni delle
Nazioni Unite, dai governi e dalle amministrazioni in ogni area in cui la presenza umana ha
impatti sull'ambiente. 21 è riferito al 21° secolo. L’ultimo capitolo, il quarantesimo, denominato
“informazioni per i decisori”, è quello dedicato agli indicatori agro-ecologici.
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“Indicator of Soustainable Development”.
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saper utilizzare al meglio le informazioni disponibili, nel caso si
verificassero mancanze di conoscenze, di competenze o di risorse. A tale
scopo sono stati ideati (soprattutto in Europa) questi indicatori, chiamati
anche indicatori agro-ecologici (IAE); per risolvere i problemi che avevano
i sistemi informativi di tipo soprattutto cartografico diffusi negli anni ’80:
macchinosità nel calcolo, lunghezza dei tempi di elaborazione, notevoli
salti di scala spazio-temporale (Bocchi, 2003). Una insufficienza di metodo
che col passare degli anni è diventata sempre più insostenibile, anche a
causa dell’aumento continuo della capacità di acquisizione dei dati.
Se la letteratura fino ad oggi elaborata dispone di numerosi metodi di
applicazione dei modelli di simulazione, non sono invece allo stesso modo
altrettanto abbondanti, materiali che possano descrivere gli aspetti più
generali dello studio della sostenibilità attraverso questi strumenti. Questa
lacuna non può essere considerata di poco conto ai fini dell’analisi della
sostenibilità; infatti un maggiore studio sulla loro possibilità di
classificazione ma soprattutto di descrizione, può ridurre i tempi di
elaborazione. Tutto ciò, a parziale giustificazione del fatto che tali progetti
sono di datazione piuttosto recente (per lo più risalgono dagli anni ’90 fino
ad oggi). Per ovviare a queste mancanze, nel 2002 il Concilio per la
Scienza (ICSU)
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tentò di elaborare una bozza per ottenere uno schema
generale degli indicatori esistenti. A livello Europeo, il maggiore sforzo
realizzato per l’elaborazione di una classificazione di indicatori agro-
ambientali è rappresentato da IRENA
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(indicatori che si riferiscono
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L'International Council for Science (ICSU), è stato costituito nel 1931 come un'organizzazione
internazionale non governativa dedicata alla cooperazione internazionale per l'avanzamento
della scienza. Sono suoi membri consigli o accademie nazionali dedicati alla scienza e alla
ricerca e associazioni scientifiche internazionali. Le sue finalità sono: identificare e indirizzare
le questioni di maggior importanza per la scienza e la società, mobilitando le risorse e le
conoscenze della comunità scientifica internazionale; promuovere la partecipazione di tutti gli
scienziati, indipendentemente da razza, cittadinanza, lingua, parte politica, o sesso, nelle imprese
scientifiche internazionali; facilitare le interazioni tra differenti discipline scientifiche e tra
scienziati di nazioni "sviluppate" e "in via di sviluppo"; stimolare un dibattito costruttivo agendo
come voce autoritaria indipendente per la scienza e gli scienziati internazionali.
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“Indicator Reporting on the integration of Environmental concerns into Agricoltural policy”
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all’integrazione delle tematiche ambientali nella politica agricolturale), oltre
che al metodo DPSIR, come si vedrà più avanti. Questa iniziativa ha avuto
lo scopo di sviluppare indicatori per monitorare e valutare l’integrazione tra
l’agricoltura e le politiche ambientali in vigore, in modo da poter così
studiare il livello di sostenibilità nel settore primario. L’opera raccoglie 35
diversi indicatori suddivisi in cinque gruppi che li classificano secondo
criteri di: rilevanza politica, sensibilità, solidità analitica, disponibilità dei
dati e facilità di interpretazione (con i minori costi effettivi possibili).
Tuttavia, data la sua possibilità d'applicazione nella maggioranza dei casi
solo a livello nazionale o tutt’al più per macroregioni, nel seguente lavoro
non sarà preso in considerazione per il semplice fatto che la scala di
studio da noi intrapresa sarà soprattutto di campo o, al massimo,
d'azienda. In seguito ad IRENA, una recente (2005) relazione promossa
dall’Agenzia Europea per l’Ambiente (EEA), ha realizzato una selezione di
indicatori raggruppati per l’area dell’Unione Europea a 15 Stati in cui era
promossa una classificazione secondo parametri diversi, vale a dire: uso
agricolo dell’acqua, stato di qualità della risorsa idrica e usi agricoli
correlati, uso agricolo del territorio e del suolo rispetto alle pratiche di
gestione aziendali, cambiamenti climatici, qualità dell’aria, biodiversità e
paesaggio. Nel 2002 l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo
Economico (OCSE)
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ha stabilito il ruolo degli indicatori agro-ecologici
stabilendo tre principali punti:
informare e consigliare tutti quegli organismi (ma anche la
popolazione in genere) che hanno potere decisionale in materie
agricole.
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La creazione dell'Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, da cui
l'acronimo OCSE (o Organisation for Economic Co-operation and Development - OECD in sede
internazionale), nasce dall'esigenza di dar vita a forme di cooperazione e coordinamento in
campo economico tra le nazioni europee nel periodo immediatamente successivo alla Seconda
Guerra Mondiale. Tra gli obiettivi vi è soprattutto quello di usufruire al meglio degli aiuti
statunitensi dell'European Recovery Program, meglio conosciuto come Piano Marshall.
Nell'aprile del 1948 si giunge così alla firma di una prima convenzione per la cooperazione
economica, entrata in vigore il 28 luglio 1948 e ratificata da 16 stati europei.
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aiutare questi decisori a comprendere meglio i profondi legami tra
l’agricoltura e la tutela ambientale.
collaborare per la valutazione dell’efficacia delle politiche intraprese
nel tempo.
Definendo in linea generale sotto la voce di indicatore anche i
modelli, gli indici e gli indicatori stessi, occorre però distinguerli rispetto
alle loro caratteristiche. I modelli, molto complessi ed affidabili, sono di
difficile attuazione, richiedono una quantità di dati considerevole e tempi di
lavoro molto prolungati poiché studiano il fenomeno attraverso simulazioni
semplificate in scala di situazioni reali sotto numerosi punti di vista e
riguardano vari aspetti della questione in analisi. Questi sistemi non sono
spesso validi per un vasto intervallo di condizioni e richiedono misurazioni
preferibilmente dirette che nella maggior parte dei casi sono costose e
dispendiose di tempo; tutto ciò li rende metodi piuttosto rigidi. Nel caso,
per fare un esempio, del modello energetico messo a punto da
Pervanchon
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, ci si trova nella situazione di poter elaborare valutazioni
riguardo l’efficienza energetica dei sistemi irrigui, le concimazioni, le
fertilizzazioni e l’utilizzo di fitofarmaci. Tutti questi valori dovranno poi
coincidere in un unico grande indicatore finale (l’indicatore energetico).
Questo grande risultato è possibile ottenerlo però con l’utilizzo di un
altrettanto gran numero di dati, peraltro molti dei quali di difficile reperibilità
nei sistemi aziendali odierni. Gli indicatori, invece, sono di molta più veloce
attuazione, grazie alla loro necessità di una mole di valori sicuramente
minore rispetto a quella richiesta dai modelli. Presentano in ogni caso una
buona attendibilità dei risultati che dipende comunque dalla veridicità dei
dati, dalla bontà della stima di quelli che non possono essere stati misurati
e dal tipo di indicatore utilizzato (importante è soprattutto che la scelta sia
basata sulla migliore adattabilità di un dato indicatore alla situazione
reale). A riferimento di ciò, gli indicatori sono più veloci anche in
considerazione del tipo di dati che richiedono. Oltre ad essere minori,
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Pervanchon et al., Assessment of energy use in arable farming systems by means of an agro-
ecological indicator: the energy indicator
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sono spesso basati su dichiarazioni degli agricoltori, stime e valori già
conosciuti, senza richiedere perciò misurazioni dirette. Il loro calcolo è così
più rapido e l’interpretazione dei risultati più semplice. Costituiscono quindi
un importante strumento per stilare un’utile classificazione dei sistemi
colturali in rapporto al loro livello di sostenibilità. L’utilizzazione di modelli
può essere interessante in un secondo momento, dopo aver calcolato gli
indicatori, per approfondire specifici processi. Caratteristiche fondamentali
di ogni indicatore sono l’utilità d’uso, la validità analitica del metodo, e la
maggiore o minore facilità d'attuazione (grado di misurabilità). Gli indici,
infine, sono degli strumenti utili per sintetizzare il contenuto di uno o più
indicatori e introdurre un metro di giudizio rispetto ad uno scopo
particolare; possono così aiutare tutti coloro che non hanno una grande
esperienza in materia a valutare più facilmente la situazione. In questa
relazione, saranno presi in esame e sviluppati vari indicatori, sintetizzati in
un indice complessivo di sostenibilità espresso attraverso una
rappresentazione di grafico polare.
L’ analisi della qualità degli IAE deve basarsi sulla valutazione delle
caratteristiche degli stessi che, in generale, dovrebbero essere:
Indipendenza dalla dimensione del sistema considerato.
Robustezza (non deve subire gravi variazioni a causa di eventi
estremi o eccezionali).
Accuratezza
Precisione
Sensibilità
Misurabilità (in rapporto ai dati reperibili, che, dovrebbero essere
prontamente disponibili con ragionevole rapporto costi/benefici,
documentati, aggiornati e di qualità assicurata).
Di facile interpretazione (si ricorda a tal proposito che lo studio degli
indicatori è utile soprattutto a coloro che devono intraprendere
decisioni).