6
spedizioni contro i Persiani; altri ancora presumono che il pesco vi sia giunto in epoca
romana, durante l’espansione dell’impero, per mezzo degli scambi mercantili con la Grecia.
Non è escluso però che il pesco fosse già conosciuto in Egitto al tempo della dinastia del
faraone Kambise (530-522 a.C.).
Durante l’impero romano (40 d.C.) Columella, nel De re rustica, parla della
provenienza del pesco e traccia una descrizione minuziosa delle prime cultivar (Fideghelli,
1991).
Nel V secolo d.C., con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, la coltivazione del
pesco fu trascurata, scomparendo quasi del tutto dalle campagne dell’Europa. Essa trovò
rifugio tra le mura dei conventi o nelle città non devastate dalle furie barbariche.
Nel tardo Medioevo (XIII-XIV d.C.) due grandi agronomi, Ibu-Al-Awam di Siviglia e
Pier de Crescenzi di Bologna, riportarono notizie dettagliate sul pesco, destando nuovo
interesse (Fideghelli, 1973).
L’introduzione del pesco in America Centrale avvenne verso la metà del 1500 (1565
in Florida) ad opera dei Portoghesi. Gli indiani poi pensarono a diffonderlo in tutto il
continente partendo dal Messico e dalla Florida, tanto che alcuni naturalisti hanno indicato il
pesco come originario del continente americano.
Nell’Africa giunse verso la metà del 1600 (Sud Africa), ad opera della colonizzazione
francese ed inglese e qui si diffuse rapidamente grazie al clima mite, simile a quello
mediterraneo (Scorza e Meglenbacher, 1985).
Ancora la colonizzazione inglese portò il pesco a diffondersi nel “Nuovissimo
Continente”, l’Australia e la Nuova Zelanda (fine 1700-inizi 1800), raggiungendo così una
diffusione mondiale.
7
L’inizio della peschicoltura moderna, caratterizzata da un rapido avvicendamento
varietale e da una razionalizzazione delle tecniche colturali, si può datare per l’Italia, attorno
alla fine del 1800, quando furono introdotte le prime cultivar moderne.
Il pesco è diffuso attualmente tra i 30° e 45° di latitudine, sia nell’emisfero
settentrionale che in quello australe. Alle latitudini maggiori, le temperature invernali ed i
ritorni di freddo primaverili risultano fattori limitanti (Hesse, 1975).
1.2 INQUADRAMENTO SISTEMATICO
L’inquadramento sistematico del pesco ha subito nei secoli diverse modificazioni,
talora contrastanti, che lo hanno affidato ai generi ed alle specie più disparate.
Il primo in ordine di tempo a classificarlo è stato Linneo, nel 1753, sostenendo che il
pesco provenisse dal mandorlo, assegnandolo così al genere Amygdalus ed alla specie
Persica. Successivamente Miller, nel 1758, introdusse il genere Persica e la pianta fu
chiamata Persica vulgaris (Breviglieri, 1950). Nel 1807, Poiteau e Turpen conclusero invece
che le specie coltivate erano tre: Persica sanguinea, Persica prisca e Persica narboniensis.
Tale subdistinzione non convinse i botanici che rielaborarono questi inquadramenti
proponendone nuovi. Il primo fu Batsch all'inizio del XIX secolo che coniò il genere Prunus
al quale fece afferire il pesco, eliminando il genere Persica; così facendo la specie prese il
nome di Prunus persica (L., Batsch). Successivamente Rehder (1949) suddivise il genere
Prunus in tre sottogeneri: Prunofora, Cerasus e Amygdalus e proprio a quest’ultimo vi
assegnò il pesco. Questa classificazione sarebbe stata la prova diretta del legame tra pesco e
mandorlo. Inoltre a questa sezione, sempre secondo Rehder, vi appartengono Prunus
amygdalus Batsch (mandorlo), Prunus davidiana (Carr.) Franch. (pianta spontanea della Cina
8
settentrionale nonché progenitore degli odierni peschi coltivati), Prunus ferghanensis (Kost. e
Riab.) Kov. e Kost., Prunus kansuensis Rehd. e Prunus Mira Koehone.
Queste specie ricoprono un ruolo molto importante per quanto concerne il
miglioramento genetico del pesco; infatti gli ibridi ottenuti dagli incroci di P. persica e P.
davidiana sono impiegati per l’ottenimento di portinnesti resistenti ai nematodi, mentre i P.
ferghaniensis e P. kansuensis sono inseriti nei programmi di miglioramento genetico al fine di
far acquisire al pesco la resistenza all’oidio in quanto immuni a tale patologia. Del P. mira si
tende a sfruttare la fioritura tardiva e le piccole dimensioni del nocciolo.
Il pesco può essere attualmente inquadrato botanicamente come appartenente alla:
-sottoclasse : Dialipetale
-serie: Calciflore
-ordine: Rosales
-famiglia: Rosaceae
-genere: Prunus
-specie: persica (Breviglieri, 1950).
Oppure:
-sottoclasse: Dialipetale
-serie: Calciflore
-ordine: Rosales
-famiglia: Rosaceae
-sottofamiglia: Prunoideae
-genere: Prunus
-sottogenere: amygdalus
-specie: persica (Bellini, 1999).
9
Nell’ambito della specie Prunus persica si riconoscono le seguenti varietà botaniche:
• P. persica var. vulgaris, pesco comune;
• P. persica var. nucipersica, pesco noce o nettarina con il sinonimo botanico P. persica
laevis;
• P. persica var. compressa, pesco piatto della Cina con il sinonimo botanico P. persica
platycarpa;
• P. vulgaris sinensis, pesco ornamentale da fiore.
Più complessa sembra la definizione di appartenenza delle nettarine ad un preciso
inquadramento sistematico, a causa della loro origine da mutazione gemmaria o, per altri, da
chimere settoriali. E' stato dimostrato geneticamente da Rivers (1906) e da Blake e Connors
(1936) che l’assenza della pubescenza sul frutto è un carattere recessivo. Bailey e French
sembrano invece definirlo come carattere monogenetico indicando con le lettere G/g i
corrispondenti geni. I francesi invece distinguono le nettarine dalle pesche noci, le prime per
la sola assenza di pubescenza del frutto, mentre le altre anche per il carattere aderenza al
nocciolo. In Italia tale distinzione non è in uso, eccetto che nella fase di commercializzazione
del frutto tra gli addetti ai lavori (Monet, 1983).
1.3 CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
I caratteri morfologici tipici della specie P. persica, limitatamente alle varietà
botaniche di maggior interesse colturale (P. persica var. vulgaris e P. persica var. laevis)
vengono di seguito riportati:
10
a) Apparato radicale
L'apparato radicale del pesco è molto ramificato, piuttosto espanso (quasi il doppio
dell’espansione della chioma), ed è compreso per la maggior parte della sua estensione da 20
a 60 cm di profondità.
Il colore tipico delle radici è aranciato; più chiaro in età giovanile e più scuro da adulte, con
lenticelle ben evidenti.
b) Tronco
Il tronco, rivestito da una corteccia squamosa di colore grigio più o meno scura, si ramifica in
4-5 branche principali ad un’altezza variabile tra i 40 ed i 100 cm.
Il pesco è una specie acrotona e l’habitus vegetativo più comune è quello regolare con altezze
medie di 4-6 m.; oltre a questa tipologia standard, sono noti altri habitus, quali il compatto, il
seminano, il nano, il colonnare e il piangente, di recente utilizzati nei programmi di
miglioramento genetico (Fideghelli, 1991).
c) Rami
Presentano un colore variabile che va dal rosso scuro al verde e vengono contraddistinti in
base al loro vigore vegetativo ed al rapporto gemme a fiore e a legno in:
• succhioni, vigorosi con prevalenza di gemme a legno; si sviluppano verticalmente da una
gemma latente o avventizia e sono rivestiti di rami anticipati nel terzo distale;
• rami misti, di media vigoria, la cui lunghezza va da un minimo di 20-30 cm fino a 80-120
cm, con gemme a fiore e a legno. Se vigorosi e diretti verticalmente sono spesso provvisti
di rami anticipati;
• brindilli, più esili e corti dei rami misti, di lunghezza variabile dai 10 ai 20 cm, con
prevalenza di gemme a fiore e terminanti di solito con una gemma a legno;
• mazzetti di maggio o dardi fioriferi, lunghi pochi centimetri, aventi una gemma apicale a
legno e numerose gemme a fiore laterali (circa 4-10).
11
d) Gemme
Le gemme sono protette da perule e rivestite da una tomentosità bianco-argentea. Le gemme a
legno sono piccole ed appuntite rispetto alle gemme a fiore, le quali sono più gonfie e di
forma conica, portanti solitamente un solo fiore. Entrambe sono poste all’ascella delle foglie e
possono essere isolate o raggruppate generalmente in numero di 2 o 3 per nodo. Nelle cultivar
a limitato fabbisogno in freddo spesso si contano anche 5-8 gemme a fiore per nodo (Bellini e
Scaramuzzi, 1976).
e) Fiori
I fiori si distinguono in rosacei e campanulacei: i primi presentano petali più grandi, aperti e
hanno una colorazione rosa chiaro; i secondi, di dimensioni più ridotte, assumono un colore
che va dal rosa intenso al rosso e appaiono estesi e meno aperti.
Il calice è gamosepalo, inserito sotto l’ovario ed è caduco dopo l’allegagione che coincide
con la cosidetta scamiciatura dei frutticini. La colorazione interna del calice è correlata a
quella della polpa del frutto. Nelle cultivar a polpa gialla il colore interno del calice è giallo-
aranciato intenso, mentre in quelle a polpa bianca assume un colore giallo-verdastro.
Il gineceo, costituito dal pistillo, è normalmente unico. L’ovario contiene due ovuli, ma in
genere ne porta soltanto uno a maturazione. In talune cultivar è possibile però riscontrare un
certo numero di fiori con doppio pistillo.
Gli stami sono presenti in numero di 20-25, terminando con antere dal colore rossastro; la
deiscenza delle antere avviene dopo l’apertura del fiore, ma esistono cultivar cleistogame.
Il pesco è una specie spiccatamente autogama, ma esistono casi di incompatibilità
gametofitica. Sterilità morfologica può talora riscontrarsi negli organi maschili che possono
presentare antere di ridotte dimensioni che non producono polline. Poche e ormai vecchie
sono le cultivar; tra queste citiamo “J. H. Hale”, “June Elberta”, “Ruby Gold” ed altre.
La fioritura precede la fogliazione ed è scalare nelle diverse cultivar.
12
f) Foglie
La loro forma è lanceolata, con una lunghezza media di 140-180 mm ed una larghezza di 40-
50 mm. Il colore è verde (più intenso nella pagina superiore); la lamina si presenta liscia o
ondulata in alcuni casi sulla nervatura centrale ed i margini possono essere seghettati o
crenati.
Sul picciolo ed alla base della lamina fogliare possono essere presenti glandole di forma
globosa o reniforme, in numero variabile da 0 a 6.
g) Frutti
Il frutto è una tipica drupa , globosa, oblata, sferica, ovata, oblunga o ellittica.
Il pericarpo può essere glabro (nettarine) o tomentoso (pesche), aderente o staccabile dal
mesocarpo.
Il colore della buccia è dato da un colore di fondo che varia dal verdastro al giallo-aranciato e
dal sovracolore che vira dal rosso chiaro al rosso scuro.
La polpa presenta colore bianco, giallo, aranciato o rosso; aderente o spicca al nocciolo.
Il nocciolo è legnoso, di varie dimensioni, con colore che va dal rosso al marrone (Bellini,
1981; Bellini e Scaramuzzi, 1976)
1.4 CLASSIFICAZIONI POMOLOGICHE
La prima classificazione pomologica si può attribuire, con buona probabilità, a
Dahamel du Monceau, distinguendo le cultivar di pesco in quattro gruppi:
• pesche propriamente dette, a buccia tomentosa e polpa non aderente al nocciolo;
• pavies, a buccia tomentosa e polpa aderente al nocciolo;
• pesche violette (nettarine), a buccia glabra e polpa non aderente al nocciolo;
13
• brugnons (nettarine), con buccia glabra e polpa aderente al nocciolo.
Nella pomologia italiana fu per primo Gallesio ad utilizzare classificazioni diverse che
tenessero conto di caratteri pomologici (colore, forma, ecc.) e fenologici come, ad esempio,
l’epoca di maturazione.
Ad Onderdonk, invece, si deve l’unico tentativo di classificazione naturale delle
cultivar di pesco che riunì in base alla loro origine in cinque diversi gruppi (Breviglieri,
1950):
• Peento (pesche piatte della Cina), con i frutti molto appiattiti;
• Cinesi meridionali od Honey, con frutti piccoli ed ovali;
• Spagnole con frutti di varie dimensioni, arrotondati ed ovali;
• Cinesi settentrionali o Chinese cling, con frutti molto grossi e generalmente a polpa
bianca;
• Persiane, con frutti rotondi, più o meno appuntiti, di media grandezza (Bellini,1981).
14
2 IL PESCO: IMPORTANZA DELLA COLTURA
L'importanza economica che il pesco ha avuto in questi ultimi dieci anni, per
l'economia agricola italiana e mondiale, è facilmente deducibile analizzando le produzioni e le
superfici investite a tale coltura nonché i flussi di import-export dell'Italia.
Si può così porre in rilievo la supremazia assoluta di produzione e superficie investita
a pesche e nettarine della Cina a cui, secondo i dati FAO, non corrispondono elevati
rendimenti ad Ha, tipici invece di una frutticoltura più moderna come la nostra o quella
Statunitense; la crescita nel comparto peschicolo di alcuni paesi africani, quali Egitto e Sud
Africa; ed infine la leadership europea dell'Italia nella produzione di pesche e nettarine anche
se in questi ultimi anni la Spagna ci contende il primato.
I dati ISTAT, ci forniscono il panorama regionale delle produzioni e degli investimenti
a pesche e nettarine in Italia, evidenziando l'Emilia-Romagna e la Campania come le regioni
in cui si concentra più del 50% della produzione nazionale.
Infine i flussi di import-export ci danno l'idea della crisi nel comparto peschicolo degli
ultimi anni con segni di ripresa grazie al trend positivo nel 2000 del saldo.
2.1 IMPORTANZA DI PESCHE E NETTARINE NEL MONDO
Il pesco si estende nel mondo con una superficie di oltre 1,7 milioni di ha, con l'Asia
che da sola copre il 62% di tale estensione e l'Europa il 20%. In generale, nell'ultimo triennio,
si è registrato nel mondo, un leggero calo di superfici investite a pesco e nettarine (-3,5%), ad
eccezione dell'Africa e dell'Oceania, emergenti nella peschicoltura, che hanno avuto un
aumento pari rispettivamente al 7,1% e al 2,3% (tab. 1).
15
Tab. 1: Superficie mondiale (ha) vinvestita a pesche e nettarine suddivise per continenti
Pesche e nettarine Medie triennali
1989-1991 1992-1994 1995-1997 1998-2000
Ripartizione geografica della
superficie coltivata
Mt ha Mt a Mt ha Mt ha
Var.*
%
URSS (ex) 116.667 8,10 0 0 0 0 0 0 0
Asia (ex) 739.190 51,35 0 0 0 0 0 0 0
Asia + URSS asiatica 0 0 916.212 58,02 1.135.735 63,25 1.072.095 61,87 -5,6
Europa (ex) 312.516 21,71 0 0 0 0 0 0 0
Europa + URSS europea 0 0 365.173 23,13 346.786 19,31 345.952 19,96 -0,2
America Nord&Centro 123.356 8,57 126.095 7,99 122,426 6,82 120.869 6,98 -1,3
Africa 51.894 3,60 71.545 4,53 88.779 4,94 95.128 5,49 7,1
America del Sud 84.074 5,84 87.233 5,52 87.790 4,89 84.428 4,87 -3,8
Oceania 11.846 0,82 12.744 0,81 14.016 0,78 14.333 0,83 2,3
Mondo 1.439.542 100 1.579.002 100 1.795.530 100 1.732.805 100 -3,5
*Variazione % del triennio 1998-2000 rispetto al triennio 1995-1997
Fonte: FAO (Link: http://apps.fao.org/page/collections?subset=agriculture&language=FR)
Per quanto concerne la produzione mondiale di pesche e nettarine (tab. 2), possiamo
distinguere tre areali in cui si concentra più dell'80% dell'offerta totale:
-territori rivieraschi del Mediterraneo (poco meno del 40%);
-paesi dell'Estremo Oriente come Cina e Giappone (33% circa);
-Stati Uniti d'America (12% circa) (Mazzotti e Miotto, 2001).
A livello di continenti la maggior produzione si ha in Asia con il 40,5%, segue
l'Europa con il 34%; le maggiori variazioni nell'ultimo triennio spettano all'Africa (6,5%).
Tab. 2: Produzioni mondiali di pesche e nettarine suddivise per continenti
Pesche e nettarine Medie triennali
1989-1991 1992-1994 1995-1997 1998-2000
Produzioni (Mt) ripartite
geograficamente
Mt % Mt % Mt % Mt %
Var.*
%
URSS (ex) 481.000 5,2 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0
Asia 0 0,0 3.438.734 30,9 4.338.688 38,2 5.138.103 40,5 18,4
Asia (ex) 2.350.551 25,2 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0
Europa (ex) 3.984.819 42,8 0 0,0 0 0,0 0 0,0 0
Europa + URSS europea 0 0,0 4.830.080 43,4 4.038.273 35,6 4.283.758 33,8 6,1
America Nord&Centro 1.489.359 16,0 1.577.038 14,2 1.443.187 12,7 1.512.171 11,9 4,8
Africa 298.172 3,2 474.097 4,3 662.510 5,8 824.515 6,5 24,5
America del Sud 625.583 6,7 717.859 6,5 773.857 6,8 815.106 6,4 5,3
Oceania 82.245 0,9 82.945 0,7 92.371 0,8 106.349 0,8 15,2
Mondo 9.311.729 100,0 11.120.750 100,0 11.348.890 100,0 12.680.000 100,0 11,7
*Variazione % del triennio 1998-2000 rispetto al triennio 1995-1997
Fonte: FAO (Link: http://apps.fao.org/page/collections?subset=agriculture&language=FR)
16
Tab. 3: Rendimenti (t/ha) di pesche e nettarine suddivisi per continenti
Pesche e nettarine Medie triennali
Rendimenti (t/ha) 1989-1991 1992-1994 1995-1997 1998-2000 media
URSS 4,12 4,12
Asia
3,75 3,82 4,79 4,12
Europa (ex) 12,75 14,43 12,58 13,83 13,40
Europa + URSS europea
13,23 11,64 12,38 12,42
Am Nord&Cent 12,07 12,51 11,79 12,51 12,22
Africa 5,75 6,63 7,46 8,67 7,13
America del Sud 7,44 8,23 8,81 9,65 8,53
Oceania 6,94 6,51 6,59 7,42 6,87
Mondo 6,47 7,04 6,32 7,32 6,79
Fonte: FAO (Link: http://apps.fao.org/page/collections?subset=agriculture&language=FR)
I rendimenti a livello di continenti (tab. 3), vedono una forte predominanza dell'Europa
e del Nord America a testimonianza dell'elevato grado di tecnologia e di ricerca presenti in
questi paesi; ricordiamo che sia nel Vecchio Continente (Italia, Francia, Spagna, Grecia), che
nell'Est degli Stati Uniti, la ricerca, in questi ultimi decenni, ha portato a licenziare numerose
nuove cultivar ad alta produttività, ad opera degli istituti di ricerca sia pubblici che privati.
Analizzando la ripartizione delle superfici investite a pesche e nettarine per nazioni
(tab. 4), la Cina ha più del 50% delle terre occupate dalla drupacea, ma con una tendenza
nell'ultimo triennio negativa. Delle nazioni che seguono, solo Spagna, Messico, Sud Africa e
soprattutto Iran ed Egitto, hanno avuto una variazione positiva nell'ultimo triennio rispetto
agli anni precedenti.
L'Italia, in questo ultimo decennio, ha subito una regressione della superficie investita
a pesche e nettarine, pur mantenendo un ruolo primario a livello mondiale; il calo è da
imputare, soprattutto, alla crisi di mercato della frutta, causata dalla crescente produzione di
paesi emergenti, come la Spagna, che hanno conquistato una grossa fetta di mercato europeo.
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Fig. 1: Superficie mondiale (Mha) investita a pesche e nettarine suddivisa per continenti.
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Fig. 2: Produzioni mondiali (Mt) di pesche e nettarine suddivise per continenti.
18
Tab. 4: Superficie mondiale (ha) investita a pesche e nettarine per nazione.
Pesche e nettarine Trienni
1989-1991 1992-1994 1995-1997 1998-2000
Ripartizione geografica della
superficie coltivata
ha % ha % ha % ha %
Var.
%*
Cina 630.244 43,8 748.555 47,4 973.843 54,2 904.500 52,2 -7,1
Italia 97.577 6,8 99.555 6,3 100.160 5,6 93.378 5,4 -6,8
Stati Uniti 84.193 5,8 81.923 5,2 79.827 4,4 78.453 4,5 -1,7
Spagna 71.633 5,0 72.667 4,6 69.161 3,9 70.000 4,0 1,2
Grecia 44.267 3,1 51.033 3,2 52.800 2,9 52.500 3,0 -0,6
Messico 35.108 2,4 40.215 2,5 39.180 2,2 39.818 2,3 1,6
Egitto 10.581 0,7 21.100 1,3 32.378 1,8 35.386 2,0 9,3
Argentina 29.933 2,1 33.000 2,1 30.233 1,7 24.667 1,4 -18,4
Francia 29.877 2,1 30.269 1,9 27.894 1,6 23.864 1,4 -14,4
Turchia 21.026 1,5 20.770 1,3 21.582 1,2 22.000 1,3 1,9
Africa del Sud 108.333 7,5 12.833 0,8 19.333 1,1 21.333 1,2 10,5
Brasile 19.371 1,3 19.350 1,2 18.686 1,0 21.333 1,2 14,2
Iran 11.097 0,8 15.884 1,0 17.138 1,0 21.170 1,2 23,5
Tunisia 15.000 1,0 21.333 1,4 19.900 1,1 20.000 1,2 0,5
Altri 231.302 16,1 310.515 19,7 293.417 16,3 304.403 17,6 3,7
Mondo 1.439.542 100,0 1.579.002 100,0 1.795.532 100,0 1.732.805 100,0 -3,5
*Variazione % del triennio 1998-2000 rispetto al triennio 1995-1997
Fonte: FAO (Link: http://apps.fao.org/page/collections?subset=agriculture&language=FR)
Leader mondiale per la produzione peschicola è la Cina, che detiene il 30% circa del
mercato, seguita dall'Italia con il 12,7% e dagli Stati Uniti con il 10,6%.
Da rilevare il trend positivo mondiale (+13,6% del triennio 1998-2000 rispetto a
quello precedente) grazie a nazioni come Cina, Italia, Stati Uniti, Spagna e, soprattutto
all'Egitto, all'Iran, alla Turchia ed all'Africa del Sud, che hanno fatto passi da gigante in
questo ultimo triennio (tab. 5).
19
Grec ia
3,0%
Altri
24,0%
Eg i t t o
2,0%
Mes s ic o
2,3%
Spagna
4,0%
Italia
5,4%
Stati Uniti
4,5%
Africa del Sud
1,2%
Turchia
1,3%
Cina
52,3%
Fig. 3: Superficie mondiale (%) investita a pesche e nettarine per nazione nel triennio 1998-2000.
Grecia
6%
Turchia
3%
Egitto
3%
Spagna
8%
Italia
12,7%
Stati Uniti
11%
Altri
25%
Africa del
Sud
2%
Cina
29%
Fig. 4: Produzione mondiale (%) di pesche e nettarine per nazione nel triennio 1998-2000.