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Introduzione
Il titanio è stato scoperto alla fine del XVIII secolo da W. Gregor, in Cornovaglia, ma solo
nella prima metà del XX secolo, grazie ad efficaci processi di estrazione, è stato possibile
conoscere le sue straordinarie qualità.
Tra tutti i materiali conosciuti, il titanio presenta delle caratteristiche e delle proprietà
meccaniche che lo rendono unico nell’ambito della progettazione strutturale. Alcune
caratteristiche peculiari, quali la bassa densità e l’alta temperatura di fusione unite all’ elevata
resistenza alla corrosione, sono apparse immediatamente interessanti per molte applicazioni
industriali. Ad attirare maggiormente l’attenzione del settore aeronautico e aerospaziale, sono
state soprattutto le notevoli proprietà resistenziali delle sue leghe. Il titanio, inoltre, pur
pesando solo il 60% in più dell’alluminio, presenta una resistenza meccanica doppia,
superiore anche ad alcune classi di acciaio (con il 45% di peso in meno rispetto all’acciaio).
Ancora oggi le informazioni sulla resistenza a fatica del titanio e delle sue leghe sono scarse e,
inoltre, i dati contenuti in letteratura sono insufficienti per realizzare strutture complesse da
sottoporre a carichi di fatica. Anche le normative che regolarizzino in maniera chiara ed
univoca l’uso di elementi complessi in titanio sono ancora poco dettagliate.
L’obiettivo del nostro studio è quello di analizzare e definire la resistenza a fatica di una delle
più utilizzate leghe di titanio: il Ti6Al4V definito anche titanio grado 5.
Il presente lavoro di tesi, oltre all’introduzione e alle conclusioni, consta di quattro capitoli.
Nel primo capitolo si mostra una panoramica delle generalità sul titanio: dai diversi processi
di produzione, come il processo Kroll ed il metodo VAR, agli innumerevoli utilizzi del titanio
in molti settori industriali. Vengono analizzate a livello microstrutturale le classi di leghe del
titanio (leghe , , + e le tipologie degli elementi stabilizzanti per ognuna di esse,
prestando particolare attenzione al Ti6Al4V, appartenente alla classe + .
2
Nella prima parte del secondo capitolo si descrive il fenomeno della fatica, spiegando le tre
fasi di innesco di una cricca. La seconda parte è invece incentrata sulla descrizione delle
prove a fatica con ampiezza di tensione costante. In questa parte sono presentate le ragioni per
cui il nostro studio viene effettuato mediante un approccio sperimentale utilizzando il metodo
della deformazione locale, basato sulla misurazione dell’ampiezza di deformazione
a
attraverso l’applicazione di estensimetri elettrici a resistenza nelle zone critiche delle strutture.
Tale metodo nasce per l’analisi della fatica di strutture saldate, ma nel nostro caso si è pensato
che una misurazione diretta dello stato deformativo dei provini potesse dare informazioni più
dettagliate per quanto riguarda la resistenza a fatica di componenti generici in lega di titanio.
Nella fase iniziale del terzo capitolo, dopo una breve panoramica sulle diverse forme
suggerite in letteratura, sono descritte la geometria e le dimensioni dei provini che sono stati
realizzati e che fossero il giusto compromesso tra le geometrie proposte per prove di fatica e
le esigenze dimensionali della macchina di prova utilizzata. Il capitolo si chiude con la
descrizione della tecnica estensimetrica ai fini dell’applicazione del metodo della
deformazione locale.
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato all’analisi dei risultati ottenuti dalle prove di fatica
effettuate. I provini sono stati sottoposti, inizialmente, a prove statiche per misurare
l’ampiezza di deformazione locale
a
. La tensione nominale
a
e l’ampiezza di deformazione
a
sono state correlate con il numero di cicli di fatica N per costruire, rispettivamente, le curve
a
-N e
a
-N. La curva
a
-N è inoltre stata comparata con le curve di acciaio, alluminio e
giunti saldati in titanio, reperite in letteratura per identificare un coefficiente di confronto.
I risultati ottenuti sembrano essere in accordo con i dati presenti in letteratura, ma un numero
di prove maggiore ed ulteriori approfondimenti sull’argomento sono sicuramente necessari a
dare una visione più completa del comportamento a fatica della lega di titanio.
null nullnull CAPITOLO I
1. STORIA E CLASSIFICAZIONE DEL TITANIO
1.1 Generalità sul titanio
Il titanio, elemento puro presente in natura sotto forma di ossidi, fu scoperto per la prima volta
nel 1791 dal reverendo inglese William Gregor, appassionato di mineralogia, in una sabbia
nera nella zona di Menakine in Cornovaglia. Si presentava come una polvere scura, oggi
chiamata ilmenite (FeTiO
3
), che Gregor trattò con HCl per eliminare il ferro. Il residuo
sciolto, sia pure con difficoltà in acido solforico concentrato, si dimostrò essere un ossido fino
ad allora sconosciuto. Quattro anni piø tardi, il chimico M. H. Klaproth individuò in campioni
di sabbia provenienti dall’Ungheria l’ossido TiO
2
, un minerale chiamato rutilo. Klaproth
chiamò il nuovo elemento scoperto Titanio, riferendosi ai Titani della mitologia greca.
Solo a partire dagli Anni Cinquanta, con la messa a punto dei processi Hunter e Kroll, è stato
possibile effettuare un efficace processo di estrazione del titanio, a causa della sua grande
affinità con elementi molto diffusi nell’aria, come idrogeno, ossigeno e azoto, che dava
origine a soluzioni solide molto stabili e caratterizzate da elevata durezza e fragilità.
All’interno della crosta terreste il titanio è il nono elemento piø diffuso allo stato naturale in
ordine di abbondanza (dopo ossigeno, silicio, alluminio, ferro, magnesio, calcio, sodio,
potassio), infatti, ne costituisce lo 0,6%. A livello strutturale, il titanio è il quarto elemento piø
abbondante dopo l’alluminio, il ferro ed il magnesio (la sua concentrazione è circa 1/20 di
quella dell’alluminio e 1/10 di quella del ferro).
Il titanio è situato nel IV gruppo, IV periodo della tavola periodica, con numero atomico 22 e
peso atomico 47,9. Pur essendo un elemento di transizione, il suo comportamento è
prevalentemente metallico.
¨ un metallo resistente e leggero di color bianco-argenteo, avente bassa densità e proprietà
amagnetiche.
nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null null nullnull A temperatura ambiente il titanio, che ritroviamo in forma compatta, è molto stabile e
resistente alla corrosione in ambienti aggressivi, infatti non viene attaccato dagli acidi , anche
forti, dalle basi e dagli ossidanti grazie alla formazione di un film superficiale molto compatto
e protettivo di TiO
2
, che si rigenera ogni qual volta si rimuove.
Anche se i minerali contenenti titanio in quantità superiore all’1% in peso si trovano in poche
località, gran parte dei minerali, ciottoli e suolo ne contengono piccole quantità, in quanto il
raggio ionico del titanio è simile a quello della maggior parte dei comuni elementi, come Al
3+
,
Fe
3+
e Mg
2+
. Si può trovare principalmente in pietre ignee, dove forma il componente acido di
magmi basici e il componente basico di magmi acidi. Nel primo caso sono presenti titanati,
come ilmenite (FeTiO
3
) e perovskite (CaTiO
3
). Nel secondo caso, invece, sono formati da
ossidi di titanio. Si possono avere anche forme intermedie come nei silicati, dove il titanio è
presente soprattutto come un elemento basico, ma anche in sostituzione del silicio.
I minerali di titanio piø importanti sono l’ilmenite FeTiO
3
(Fig.1.a), generalmente presente
sotto forma di sabbia nera in molte spiagge marine, il rutilo TiO
2
(Fig.1.b) , la perovskite
CaTiO
3
(Fig.1.c) e la titanite (o sfeno o sfenite) CaTiSiO
3
. Il minerale maggiormente
utilizzato per l’estrazione di titanio e composti di titanio è il rutilo, sebbene esso sia piø raro
dell’ilmenite, il suo contenuto di biossido di titanio TiO
2
è piø alto. Infatti il rutilo contiene il
93-96% di TiO
2
, assieme al 10% di impurità , composte da silicio, ossidi di ferro, vanadio e
tracce di composti di stagno, cromo e molibdeno.
Alcune caratteristiche peculiari del titanio, come la bassa densità, l’alta temperatura di fusione
unite a proprietà come l’elevata resistenza alla corrosione, sono apparse immediatamente
interessanti per molte applicazioni industriali, ma sono state soprattutto le elevate proprietà
meccaniche delle leghe ad attrarre l’attenzione di molti settori ingegneristici, soprattutto
quello aeronautico ed aerospaziale.
nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null null nullnull
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1.2 Produzione del titanio
Per l’estrazione del titanio si utilizzano ilmenite e rutilo, anche se si preferisce di gran lunga
quest’ultimo per la sua alta concentrazione di biossido di titanio (il 93-96%).
I metalli a base di ilmenite (piø poveri in titanio) vengono sottoposti a procedimenti per la
separazione della maggior parte degli ossidi di ferro, tramite, per esempio, riduzione a ferro
metallico con carbone in forno elettrico, ottenendo una scoria contenente l’equivalente di
circa l’85% di TiO
2
. La riduzione diretta del diossido di carbone non è possibile, poichØ si
forma un carburo di titanio stabilissimo. Per questo motivo dal diossido di titanio si prepara il
tetracloruro che viene ridotto a metallo. Questo tetracloruro di titanio, contenente impurità,
viene purificato mediante distillazione frazionata fino ad un titolo superiore al 99,9% (Fig.2).
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nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null null
nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null null nullnull null nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull
Il processo industriale di estrazione piø diffuso è il processo Kroll (Fig.3), che consiste nella
riduzione di cloruro di titanio, preparato dal rutilo. La prima fase del processo è la
clorurazione del minerale, che avviene ad una temperatura di 800°C e che porta ad un
composto, chiamato tetracloruro di titanio. Si procede, poi, con la distillazione di
quest’ultimo, che sarà ridotto con il magnesio o il sodio a temperature di 900°C in atmosfera
di elio, ottenendo un metallo in polvere o in fiocchi, chiamato spugna di titanio.
Successivamente, si applica il metodo VAR (Vacuum Arc Remelting), durante il quale, il
metallo, ottenuto dal precedente processo, viene rifuso in un particolare forno elettrico ad arco
in atmosfera di argon per ottenere dei lingotti. Tramite lavorazioni tradizionali, dai lingotti
così ottenuti si produrranno i vari prodotti.
Con il processo Kroll ed il metodo VAR si ottiene un titanio di titolo circa il 99,2-99,8%,
contenente impurità come ossigeno, azoto, carbonio, ferro e magnesio. Il titanio piø puro
(circa il 99,9%) può essere preparato con un processo piø recente, basato sulla riduzione del
tetracloruro mediante elettrolisi, con formazione di spugna di titanio al catodo e cloro
all’anodo. Tuttavia, la notevole quantità di energia necessaria per la trasformazione degli ossi
di titanio per giungere allo stato metallico incide notevolmente sul costo finale.
nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull null null nullnull null nullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnullnull
1.3 Proprietà meccaniche e fisiche
L’utilizzo, sempre piø frequente, del titanio e delle sue leghe in diversi campi, come quello
chimico, aerospaziale, navale e biomedico, è giustificato dalle sue eccellenti proprietà.
Il titanio pesa il 60% in piø dell’alluminio ma con una resistenza doppia. Se si utilizzano
particolari elementi di lega, è possibile ottenere un materiale con la stessa resistenza
meccanica dell’acciaio o addirittura superiore, ma di gran lunga piø leggero (il 45% in meno).
Inoltre, il titanio, in regime elastico, è piø deformabile dell’acciaio, avendo un modulo di
elasticità longitudinale pari a circa la metà di quello dell’acciaio. Per questo motivo, in alcune
applicazioni, le leghe di titanio sono preferibili all’acciaio per la migliore resistenza alla
corrosione, per l’elevata resistenza a fatica e per la maggiore deformabilità, con un basso
modulo di elasticità. Di contro, queste particolari caratteristiche rendono il titanio un
materiale piø costoso dell’acciaio per due motivi: il primo riguarda le difficoltà di produzione,
il secondo, invece, si riferisce alle difficoltà che si riscontrano nei processi di lavorazione.
Se si confronta il titanio con il ferro e il nichel [1], si può verificare che esso presenta:
• Piø alta temperatura di fusione T
m
;
• Minore densità r ;