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Introduzione
Nell’ambito di una corretta pianificazione e progettazione territoriale,
una variabile che gioca un ruolo fondamentale è certamente il Rischio
Sismico. Il rischio sismico R può essere calcolato mediante il prodotto
simbolico:
R = P * V * E
dove P è la pericolosità sismica, ovvero la probabilità che in una data
area ed in un certo intervallo di tempo si verifichi un terremoto che
abbia una certa soglia di intensità, magnitudo o accelerazione di
nostro interesse. V ed E sono invece la vulnerabilità e il fattore
esposto rispettivamente, ossia il numero e la propensione di edifici e
vite umane a subire un danno di un determinato livello a fronte di un
evento sismico di una data intensità.
Quindi per mitigare, o quantomeno ridurre il rischio associato ad un
evento sismico, è necessario eseguire uno studio di pericolosità
sismica a diversi livelli di scala (Nazionale, Regionale e Locale), al
fine di ottenere mappe di pericolosità sismica. Esse costituiscono uno
strumento essenziale per la messa a punto di strategie volte alla
riduzione dei danni attesi in occasione di futuri eventi sismici. Dato
che queste carte esprimono lo stato delle conoscenze in un dato
momento, esse vanno periodicamente aggiornate per tenere conto dei
progressi apportati alle conoscenze di base sui processi sismogenetici
nell’area di studio. L’approccio alla valutazione della pericolosità può
essere di due tipi: uno di tipo deterministico ed uno probabilistico. Il
metodo deterministico si basa sullo studio dei danni osservati in
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occasione di eventi sismici che storicamente hanno interessato un
area, ricostruendo degli scenari di danno per stabilire la frequenza con
la quale si sono ripetute nel tempo scosse di uguale intensità. Questo
approccio richiede la disponibilità di informazioni complete sulla
sismicità locale (informazioni relative alla sorgente, al mezzo di
propagazione, e alle condizioni locali di sito), e permette di calcolare i
parametri dello scuotimento sismico del suolo per qualsivoglia punto
del territorio analizzato e qualsiasi sorgente considerata (nota,
ipotetica o storica). Poiché però tale approccio risulta essere in alcuni
casi molto complesso e le informazioni necessarie non sono sempre
facilmente reperibili, gli studi di pericolosità su cui è basata l’intera
normativa sismica nazionale seguono un approccio di tipo
probabilistico. Quest’ultimo, prevede che la pericolosità venga
espressa come la probabilità che in un dato intervallo di tempo si
verifichi un evento con assegnate caratteristiche. Il metodo
probabilistico più utilizzato è quello di Cornell, dal nome del
ricercatore che lo ha messo a punto e prevede che vengano individuate
nel territorio le zone responsabili degli eventi sismici, che sia
quantificato il loro grado di attività e che si calcolino gli effetti
provocati da tali aree in relazione alla distanza dall’epicentro.
Qualsiasi sia l’approccio metodologico scelto per la valutazione della
pericolosità è sempre opportuno preventivamente fare un’analisi della
sismicità storica dell’area oggetto di indagine al fine di avere un
quadro completo del fenomeno e poter fornire con maggiore
accuratezza il grado di scuotibilità. Molteplici applicazioni in campo
sismico richiedono la definizione della scuotibilità di un'area. Tra
queste ad esempio abbiamo studi di qualificazione sismica dei siti
destinati ad ospitare impianti ad elevato rischio o di importanza
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strategica, gli studi di microzonazione sismica di un'area urbana, gli
scenari di terremoto per la pianificazione delle operazioni di
protezione civile, l'analisi del rischio a breve termine di aree ove
allocare risorse per interventi di mitigazione del rischio (recupero ed
adeguamento delle strutture strategiche o più a rischio). Ciascuna di
tali applicazione presuppone un modo diverso di intendere la
pericolosità, sia per il tipo di approccio seguito, ad esempio
deterministico o probabilistico, sia per il modo in cui la scuotibilità
deve essere espressa.
Nel presente lavoro di tesi è stato eseguito uno studio di pericolosità
sismica di II livello (Microzonazione), seguendo le direttive delle
ultime normative sismiche nazionali (ex OPCM 3274/2003, D.M.
14.09.2005 e D.M. 14.01.2008) e regionali (Cascini et al., 2006 -
D.G.R. 1701 del 28/10/2006 ). La zona sottoposta ad indagine è
un’area della Penisola Sorrentina, che fa parte del territorio Comunale
di Gragnano. Tale scelta è avvenuta in quanto quest’area è interessata
sia da zone pianeggianti e maggiormente urbanizzate, che da zone
rurali poste a quote più elevate, tutte con possibile composizione del
sottosuolo fortemente eterogenea. L’esecuzione dei profili sismici in
quest’area è avvenuta nell’ambito di un progetto di Ricerca del
Consorzio Interuniversitario NA-SA sui Grandi Rischi (CUGRI), il
cui obiettivo è quello di fornire alle amministrazioni locali gli
strumenti per operare un’adeguata programmazione dell’uso del
territorio in prospettiva sismica, con la messa in sicurezza delle zone
più a rischio e, la costruzione o ricostruzione, in sicurezza degli
edifici. Per la definizione delle geometrie e delle proprietà fisiche dei
terreni del sottosuolo, sono stati acquisiti in campagna dati con
l’utilizzo di strumentazioni moderne. A partire dalla conoscenza delle
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caratteristiche geosismologiche e geologico-tecniche del territorio i
dati registrati sono stati poi elaborati con tecniche di sismica a
rifrazione, tomografia sismica e tecnica MASW, allo scopo di ottenere
per ogni sito una sezione sismica da interpretare geologicamente, un
tomogramma del sottosuolo per mettere in evidenza eventuali
variazioni laterali di velocità o inversioni di velocità con la profondità
e un modello pseudo 2D della distribuzione della velocità delle onde
di taglio Vs, per il calcolo del parametro Vs30.
La velocità delle onde di taglio (Vs) viene riconosciuta infatti come un
fattore fondamentale nell’amplificazione del moto al suolo ed inserita
nelle normative di costruzione. Seguendo la normativa sismica
italiana, per la definizione dell’azione sismica di progetto sono state
definite diverse categorie di suolo di fondazione sulla base del
parametro Vs30, la velocità media di propagazione entro 30 m di
profondità delle onde di taglio. L’esigenza di misurare rapidamente e
a basso costo le Vs, soprattutto nelle aree urbane, per modellizzare
realisticamente la risposta di sito nelle mappe di pericolosità, ha
stimolato la ricerca di nuovi metodi di indagine sismica. I Log di
velocità Vs in foro sono in genere considerati lo standard per ottenere
i dati di Vs, ma sono molto costosi e spesso non proponibili nelle aree
urbane. Queste misure sono però puntuali e possono essere talora poco
rappresentative del mezzo attraversato dall’onda sismica. Si è quindi
verificato che i metodi più idonei a definire le velocità Vs
rappresentative di un’area sono quelli basati sull’inversione delle
velocità di gruppo e di fase delle onde superficiali di Rayleigh.
Esistono diverse metodologie di misura per studiare le onde
superficiali di Rayleigh (F-k, SPAC, SASW, REMI, FTAN), che si
differenziano sia per il tipo di approccio seguito in campagna
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(configurazione sorgente e ricevitori), che per le procedure di calcolo
in laboratorio. In questo lavoro di tesi si è scelto di utilizzare la
tecnica MASW. Tale scelta è avvenuta per ottimizzare i tempi ed i
costi della campagna, poiché essendo l’analisi MASW multicanale
(così come la sismica a rifrazione classica e la tomografia), è stato
possibile per ogni profilo sismico eseguire contemporaneamente le tre
metodologie d’indagine. Le informazioni ottenute dalle indagini
hanno permesso di eseguire una modellizzazione del sottosuolo, che
ha consentito di definire le Categorie Sismiche di Suolo medie per le
aree indagate, e valutare anche, a titolo esemplificativo, per due
sezioni litostratigrafiche tipo la funzione di amplificazione dinamica
(FAD). Sono disponibili molti codici di calcolo per eseguire
modellazioni numeriche ai fini della valutazione del FAD. Tali codici
differiscono per l’algoritmo di calcolo utilizzato e per le condizioni e
le ipotesi semplificative considerate. E’ possibile ad esempio
utilizzare codici di calcolo monodimensionali come DAF1D (Rapolla,
1987), SHAKE91 (Idriss e Sun, 1992) oppure EERA (Bardet et al.,
2000), che permettono di modellare situazioni piano-parallele a uno o
più strati, considerando una colonna verticale monodimensionale
ipotizzando che sia lateralmente omogenea la stratigrafia presente ai
lati della verticale di analisi. Codici di calcolo più complessi come
QUAD 4M (Hudson et al., 1993) permettono analisi bidimensionali,
in cui alle normali cause di amplificazione del moto sismico si
sommano gli effetti di bordo connessi alle complesse geometrie del
sottosuolo. Nel presente lavoro di tesi si è scelto di utilizzare un
codice di calcolo monodimensionale (DAF1D, Rapolla 1987) essendo
interessati ad una valutazione a carattere generale della funzione di
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amplificazione dinamica, visto il carattere territoriale e non puntuale
della ricerca eseguita.
Infine, per una maggiore completezza dell’indagine, è stata eseguita
anche una valutazione II livello della suscettibilità dell’area di studio
alla franosità sismo-indotta, utilizzando una nuova metodologia,
sperimentata in precedenti lavori di ricerca eseguiti su tutta la
Regione Campania e sull’isola vulcanica di Ischia (Rapolla et alii
2010 a,b).
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CAPITOLO 1 : Le Problematiche
1.1 La Pericolosità Sismica
Ogni otto anni mediamente in Italia si verifica un terremoto con
conseguenze da gravi a catastrofiche (Dario Slejko 1996). Questo
comporta, per i governi che si succedono nel tempo, la necessità di
fronteggiare l'emergenza e la ricostruzione, ma anche di elaborare una
strategia di difesa dai terremoti. Lo strumento di difesa adottato fino
ad oggi in Italia è incentrato sulla normativa sismica, che dovrebbe
predisporre i requisiti antisismici adeguati per le nuove costruzioni in
determinate zone del Paese; in aggiunta un’ulteriore difesa può
avvenire attraverso l'intervento sul patrimonio edilizio già esistente,
operazione che deve essere articolata a valle di complesse valutazioni
socio-economiche, denominate analisi di rischio, in diffusione solo
negli ultimi anni. Entrambi gli strumenti di protezione dagli effetti dei
terremoti hanno un denominatore comune nella pericolosità sismica,
ovvero nella stima dello scuotimento del suolo previsto in un certo
sito durante un dato periodo di tempo a causa dei terremoti. L’Italia è
uno dei Paesi a maggiore rischio sismico del Mediterraneo, per la
frequenza dei terremoti che hanno storicamente interessato il suo
territorio e per l’intensità che alcuni di essi hanno raggiunto,
determinando un impatto sociale ed economico rilevante. La sismicità
della Penisola italiana è legata alla sua particolare posizione
geografica, perché è situata nella zona di convergenza tra la zolla
africana e quella eurasiatica ed è sottoposta a forti spinte compressive,
che causano l’accavallamento e la subduzione di materiali crostali e
subcrostali (Figura 1, fonte www.ingv.it).
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Figura.1. Assetto tettonico nel Mediterraneo (www.ingv.it)
La sismicità più elevata si concentra nella parte centro-meridionale
della penisola - lungo la dorsale appenninica (Val di Magra, Mugello,
Val Tiberina, Val Nerina, Aquilano, Fucino, Valle del Liri,
Beneventano, Irpinia) - in Calabria e Sicilia, ed in alcune aree
settentrionali, tra le quali il Friuli, parte del Veneto e la Liguria
occidentale (Figura 1.1). I terremoti che hanno colpito la Penisola
hanno causato danni economici consistenti, valutati per gli ultimi
quaranta anni in circa 135 miliardi di euro, che sono stati impiegati
per il ripristino e la ricostruzione post-evento. A ciò si devono
aggiungere le conseguenze non traducibili in valore economico sul
patrimonio storico, artistico, monumentale.
Considerando alcuni dei più recenti e maggiori terremoti avvenuti nel
mondo, eventi di energia (magnitudo) equivalente fra di loro hanno
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determinato vittime e danni molto diversi in funzione delle
caratteristiche del patrimonio abitativo (età, tipologia edilizia,uso),
distribuzione dei centri abitati e densità di popolazione, vie di
comunicazione, presenza e dislocazione dei centri operativi di pronto
intervento, attività produttive, industrie a rischio, etc.
Figura 1.1 Carta della sismicità in Italia dal 1981 al 2002 (www.ingv.it)
In Italia il rapporto tra i danni prodotti dai terremoti e l’energia
rilasciata nel corso degli eventi è molto più alto rispetto a quello che si
verifica normalmente in altri paesi avanzati e ad elevata sismicità,
quali la California o il Giappone. Ciò è dovuto principalmente al fatto
che il nostro patrimonio edilizio è caratterizzato da una notevole
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fragilità, a causa soprattutto della sua antichità, e cioè delle sue
caratteristiche tipologiche e costruttive ed allo scadente stato di
manutenzione che non offrono garanzie di resistenza dal punto di vista
sismico. Nonostante si sappia quindi, da sempre, che il nostro è un
Paese fortemente sismico, classificazione e norme antisismiche sono
state introdotte con grande ritardo e da questo dipende l’attuale
elevato livello di rischio.
Le recenti normative sul Rischio sismico (vedi l’OPCM 3274/03, il
T.U. sulle Norme Tecniche delle Costruzioni in zona sismica del C.S.
dei Lavori Pubblici, il DM “NormeTecniche per le Costruzioni” del
14.09.2005, l’OPCM 3519/06 e il più recente D.M. 14 Gennaio 2008)
pongono finalmente in modo molto più attento, anche se non ancora
in modo esaustivo e completo (vedi i recenti fatti accaduti
nell’Aquilano), l’accento sulla importanza di una nuova e moderna
valutazione della Pericolosità Sismica di un sito quale elemento
indispensabile per la valutazione quantitativa del Rischio Sismico e, di
conseguenza, per la valutazione corretta della tipologia e delle
modalità delle azioni e delle opere a carattere ingegneristico da
intraprendere per il necessario adeguamento e la messa in sicurezza di
edifici esistenti e per la corretta progettazione antisismica di nuovi
edifici (Rapolla, 2008). A differenza dei provvedimenti legislativi del
passato (per esempio la legge n. 64 del 2 febbraio 1974) infatti l’intera
normativa antisismica nazionale, prevede l’esecuzione di studi ed
indagini geologiche e geofisiche indirizzate alla zonazione sismica di
territori comunali ed intercomunali e degli specifici siti di costruzione.
In questo modo lo spettro di risposta sismico viene determinato
tenendo conto delle caratteristiche geologico-sismiche dello specifico
sito in esame. Ovviamente uno studio teso a tale obbiettivo non potrà